Il Sistema a Fasi

È uno dei più classici tra i sistemi di allenamento e annovera al suo interno una vasta gamma di possibili varianti.

Essenzialmente la sua attuazione viene prevista nell’ambito di programmi basati sul volume ma, talvolta, è usato anche negli schemi di sintesi, soprattutto in sessioni che vogliono essere di appoggio ad altre allenanti.

La fase propriamente detta è costituita da un set cioè da un gruppo di serie, tutte incentrate sulla stessa quantità prefissata di ripetizioni; le fasi possono essere di numero imprecisato (generalmente, però, da 2 a 4), ed a loro volta comprendono un numero illimitato di serie, mentre le ripetizioni cambiano solo da fase a fase.

Facciamo degli esempi pratici:

  • 2 fasi: 3 x 3 e 3 x 5, oppure 3 x 3 e 3 x 2, oppure 5 x 1 e 3 x 5
  • 3 fasi: 2 x 2, 2 x 4, 2 x 6, oppure 2 x 4, 3 x 1, 2/3 x 5, oppure 2/3 x 1, 3 x 5, 2 x 7/8

Affinché l’allenamento possa giungere a buon fine, è fondamentale non arrivare mai all’esaurimento muscolare in ogni fase; pertanto, conviene non adoperare (salvo, forse, all’ultimo allenamento del mesociclo) il carico limite per quel dato numero di ripetizioni ma, più proficuamente, quello immediatamente inferiore; ad esempio, per una fase organizzata in serie di 2 ripetizioni il 3 RM, per una da 3 ripetizioni il 4RM e così via.

Chiaramente è anche importante, in ciascuna fase, non esagerare nelle progressioni dei carichi tra un allenamento e il successivo, per cui sarà consigliabile provvedere a piccoli incrementi e non necessariamente in tutte le fasi previste dalla seduta.

Il sistema vuole infatti essere un’applicazione del metodo degli sforzi ripetuti ad una determinata intensità, (di cui parleremo più avanti a proposito del metodo degli sforzi massimali)  quindi si può procedere all’incremento dei carichi solo se, nella precedente sessione, tutte le ripetizioni di tutte le serie di quella data fase sono state portate a termine positivamente e con apprezzabile esecuzione tecnica.

Le pause di recupero dipendono prevalentemente dal numero di fasi e da quello delle serie in esse comprese che si intendono eseguire; dunque, dalla durata complessiva dell’allenamento oltre che dall’intensità dei carichi.

Diciamo, con una certa approssimazione, che si possono contemplare 2 diversi tipi di recupero : uno più breve, che non dovrebbe in alcun caso oltrepassare i 3′, tra le serie di ogni singola fase; l’altro più ampio, tra fase e fase, che può variare da un minimo di 2′ per gli allenamenti di capillarizzazione fino a 5′ per sessioni protratte per un lungo numero di fasi e serie, soprattutto in sedute e microcicli monospecialistici (esempio 3 o 4 fasi da 3/4 serie ciascuna, che vertano su un unico esercizio della disciplina di gara).

La metodologia incentrata sulle fasi era molto in voga nella ex Germania Est, soprattutto tra i lanciatori (peso, disco, martello) ma era altre sì diffusa tra i sollevatori olimpici di notevole valore, soprattutto negli anni ’70.

Personalmente l’ho attuata e fatto attuare, in ambito di powerlifting, nella preparazione per le specialità di bench press e di squat, mentre non la consiglio per lo stacco da terra (se non con opportune modifiche, consistenti in un allenamento a due fasi dedicate, rispettivamente, la prima alla tecnica esecutiva prescelta per la competizione e la seconda al potenziamento muscolare riservato a quei distretti da rafforzare con lo stile che non verrà, poi, adottato dall’atleta in sede di gara).

Una delle caratteristiche principali delle fasi è quella di consentire all’atleta che le impiega di allenare la forza proprio nei ranges di ripetizioni predeterminati, favorendo in tal modo una preparazione o una specializzazione sui vari parametri presi a riferimento.

Le progressioni dei carichi, nel succedersi dei microcicli, possono seguire diversi coerenti orientamenti.

  • Uno sviluppo percentuale sulla base di waves tri-settimanali; esempio (i numeri da 1 a 6 indicano le settimane):
  1. 3 x 3 x 75% – 3 x 5 x 65%
  2. 3 x 3 x 80% – 3 x 5 x 70%
  3. 3 x 3 x 85% – 3 x 5 x 75%
  4. 3 x 3 x 78% – 3 x 5 x 68%
  5. 3 x 3 x 83% – 3 x 5 x 73%
  6. 3 x 3 x 88% – 3 x 5 x 78%
  • Uno sviluppo percentuale alternando “fasi” diverse nel corso dei microcicli; esempio (sempre su 6 settimane, come il precedente) :
  1. 3 x 3 x 75% – 3 x 5 x 65%
  2. 2 x 2 x 80% – 2 x 4 x 70% – 2 x 6 x 60%
  3. 3 x 3 x 80% – 3 x 5 x 70%
  4. 2 x 2 x 85% – 2 x 4 x 75% – 2 x 6 x 65%
  5. 3 x 3 x 85% – 3 x 5 x 75%
  6. 2 x 2 x 90% – 2 x 4 x 80% – 2 x 6 x 70%
  • Uno sviluppo percentuale dei carichi delle fasi non contemporaneo tra loro; esempio su 8 settimane:
  1. 2 x 4 x 70% – 2 x 2 x 85% – 3 x 5 x 65% , poi 70% , poi 75% , poi 80%
  2. 2 x 4 x 70% – 2 x 2 x 85% – 3 x 5 x 65% , poi 70% , poi 75% , poi 80%
  3. 2 x 4 x 70% – 2 x 2 x 85% – 3 x 5 x 65% , poi 70% , poi 75% , poi 80%
  4. 2 x 4 x 70% – 2 x 2 x 85% – 3 x 5 x 65% , poi 70% , poi 75% , poi 80%
  5. 2 x 4 x 75% – 3 x 3 x 75% , poi 80% , poi 85% , poi 90% – 2 x 5 x 75%
  6. 2 x 4 x 75% – 3 x 3 x 75% , poi 80% , poi 85% , poi 90% – 2 x 5 x 75%
  7. 2 x 4 x 75% – 3 x 3 x 75% , poi 80% , poi 85% , poi 90% – 2 x 5 x 75%
  8. 2 x 4 x 75% – 3 x 3 x 75% , poi 80% , poi 85% , poi 90% – 2 x 5 x 75%

Ovviamente si tratta di esemplificazioni, che devono essere sottoposte al vaglio quali validi spunti e non come regole da seguire alla lettera ma semmai adattandole caso per caso.

Tra le messe in opera più avvincenti del sistema in parola potrebbe essere menzionato anche il celebre Hepburn system, programma di allenamento ad alta intensità di uno dei più grandi panchisti di ogni tempo, il mitico Doug Hepburn.

Il suo programma consisteva appunto in due fasi di 5 serie l’una, e precisamente: 5 x 1 e 5 x 5 nella stessa seduta di allenamento.

Trattasi di una proibitiva sintesi di allenamento di intensità e volume nella singola unità di sessione ma – proprio per la sua particolarità – ritengo più pertinente relazionarne separatamente, in un capitolo ad hoc dedicato ai sistemi di intensità sulle singole alzate o singole prove.

Per ciò che concerne la durata complessiva di un programma a fasi, possiamo dire che quando tale sistema viene impiegato in una sessione settimanale di volume, in coppia con altro programma basato sull’intensità o la specializzazione tecnica, può essere tranquillamente pianificato per più mesocicli e per un numero di microcicli varianti tra 4 e 12, a seconda della contestuale scelta dello schema allenante cui si intende affiancare; allorché sia invece esso stesso programma dominante, conviene – a parer mio – non eccedere le 6 settimane consecutive, pena lo stallo dei carichi.

Ancora differente è il caso in cui il sistema a fasi venga ad inserirsi quale parte integrante di vasti macrocicli a periodizzazione lineare, estesi fino a 20/25 serie per sessione: in tal caso può essere (anzi dovrebbe) essere portato avanti anche per 15-20 settimane.

Tuttavia, tale fattispecie esula dalla trattazione propriamente detta delle fasi e invade il terreno delle grandi pianificazioni annuali, per le quali sarebbe più adatta una discussione a parte.

Un’obiezione che mi è stata mossa sul sistema a fasi è la seguente:

Tony, leggo e rileggo l’articolo sul sistema a fasi ma . . . non riesco a trovare un solo motivo per cui un praticante di atletica pesante debba utilizzare questa metodologia. A differenza di altre metodologie che giocano sul sistema nervoso (eccitabilità e inganno) oppure che riescono ad allenare due abilità motorie nella stessa unità (metodo a contrasto) questa metodologia obbiettivamente non porta nessun beneficio ad un atleta. L’unica applicazione la potrebbe trovare in un ciclo ipertrofico in cui si dedica una prima fase ad eccitare il sistema nervoso con singole pesanti (stimulation method) e poi si lavora su range ipertrofici, a patto che sia proprio quest’ultima fase a costituire il volume allenante della seduta. Esempio 2 fasi ipertrofico : 1 x 3 80-90 % (attivazione) 5 x 8 65-75 % (volume)

Il sistema a fasi è uno dei più antichi e consolidati tra quelli in uso per l’allenamento della forza ed anche, tutto sommato, uno tra quelli di più semplice applicazione, soprattutto in quanto effettuabile – allo stato iniziale – anche senza l’ausilio di particolari attrezzature e dotazioni moderne.

Come ho ricordato sopra, la metodologia era molto in voga . . . soprattutto tra i lanciatori (ad es. Al Fuerbach) ma in generale il concetto veniva applicato da illustri tecnici quali Harre e Paler, al quale ultimo si deve proprio in campo pesistico la doppia codificazione delle fasi 3 x 3/3 x 2 e 3 x 5/3 x 3, note appunto come Paler I e Paler II.

Il frequente uso per l’allenamento della forza in campo pesistico è stata ricordato anche dal preparatore canadese Charles Poliquin e, più specificamente ancora, una delle più mirabili attuazioni del sistema in parola si è avuta con il summenzionato Doug Hepburn – uno dei massimi panchisti di sempre – il cui Hepburn System consistente in due fasi, rispettivamente da 5 x 1 e 5 x 5, ha rappresentato uno tra i più noti e, nel contempo, tra i più duri esempi di questa attuazione sistemica.

Evidentemente, dunque, tutti questi signori sono riusciti a trovare, nel corso degli anni, almeno un motivo (e forse più d’uno) per utilizzare proficuamente questa metodologia.

Probabilmente l’errore di fondo nell’impostazione della critica di cui sopra, sta nel voler considerare basilare solo il fattore dell’eccitabilità nervosa – importantissimo ma che, effettivamente, può essere uno obiettivo ma non certo il principale nell’allenamento con questo sistema – oppure nell’esaminarlo senza essere scevri dall’influenza di altre letture : infatti, perché mai il sistema a contrasto dovrebbe essere utile solo tra diverse abilità motorie e non pure tra diverse qualità muscolari ? e perché l’allenamento di diverse qualità muscolari o quello a diversi sistemi energetici non potrebbe essere contemplato nella stessa sessione, come del resto intende quello per diverse abilità motorie; e perché mai non potrebbe essere svolto a fasi ?

Sappiamo che se, nell’ambito di una stessa seduta di allenamento, vogliamo raggiungere ed allenare più specificità dovremmo – a grandi linee – seguire l’ordine preferenziale che segue, legato a ovvi fattori e meccanismi di successione energetica e biochimica:

  1. Allenamento della tecnica, in piena freschezza del sistema nervoso ed al massimo delle nostre capacità di attenzione,
  2. Allenamento della potenza o della forza esplosiva (secondo la specialità), legato ai concetti sopra accennati ma riferito all’applicazione sul lavoro muscolare (sistema alattacido)
  3. Allenamento della forza sub massimale (più che propriamente massimale), sempre in ambito di sistema alattacido ma con minor impiego di energie nervose (es. lavoro di forza sulle 3 ripetizioni),
  4. Allenamento generale della forza (forza resistente o misto forza) oppure dell’ipertrofia (nel progressivo passaggio al sistema del lattato) o anaerobico lattacido (sempre a seconda delle specialità di cui si parla),
  5. Allenamento della resistenza o vascolare o progressivo muscolare solo di volume (sempre a seconda della specialità);

fin qui come canoni generali, senza scendere nei dettagli della singola attività sportiva dell’atleta.

Bene, l’allenamento a fasi, applicandosi alla pesistica o, più in generale, all’atletica pesante, cosa si propone? Esattamente questo : eliminando di volta in volta – tra quelle generiche sopra descritte – quelle fasi non attinenti alla specialità che si vuol preparare, consentire la preparazione di più fattori o qualità nella medesima seduta di allenamento, onde permettere all’atleta una pluralità di obiettivi :

  1. Influire sul fattore volume; non limitandosi ad allenare in una sessione una sola qualità muscolare, l’atleta esegue più serie che se rivolte ad una sola qualità avrebbero portato ad esaurimento (si pensi ad un 10 x 3 x 90%); invece, interrompendo sempre al momento giusto lo stressor di ciascuna fase di allenamento ma proseguendo allenando parametri ancora relativamente vergini in quel giorno, si mira (oltre al resto) a far salire il tonnellaggio complessivo che, in una seduta rivolta esclusivamente alla potenza, sarebbe al contrario rimasto basso.
  2. Influire sul fattore frequenza e sulla molteplicità di obiettivi; allenando in una sessione soltanto una qualità muscolare ed alternando l’allenamento delle varie qualità muscolari necessarie alla disciplina in successive sessioni (ogni specialità è comunque una somma e sinergia di abilità tecniche e qualità muscolari), l’atleta avrebbe modo di ripetere la stessa sessione solo a distanza: magari con più serie, ma sempre di là nel tempo. Perseguendo invece, con il sistema delle fasi, l’allenamento di più qualità nella stessa seduta – beninteso nel rispetto dei meccanismi di succedaneità sopra esplicati – l’atleta aumenterà la frequenza di ciascun lavoro specifico (esplosività, forza, forza resistente o eventuale ipertrofia) con conseguenti probabili benefici nell’adattamento agli stimoli.

In altre parole, facciamo ora degli esempi : dopo essermi debitamente riscaldato, io posso eseguire un certo numero di alzate singole allenanti, cioè stimolanti la mia esplosività ed il gesto tecnico, prima che la forma esecutiva o la freschezza scadano.

Dopo potrei andarmene a casa , ma, se recupero 5′ sono ancora in grado di eseguire 2 o 3 triple con l’85% del carico e con 3′ di intervallo, perchè mi richiedono minor integrità neuronale (compromessa dalle singole) ma una sufficiente forza sub massimale che le singole alzate non hanno compromesso e mi tornerà altrettanto utile per la specialità che pratico.

Ora, potrei sempre andarmene a casa perché, nel frattempo, la pasta è scotta ma, se recupero altri 5/6′ ed abbasso il carico, con il 75% dell’1RM posso ancora fare anche 5 serie da 5 o 6 ripetizioni che sono comunque utili, nel computo complessivo, a raggiungere un certo tonnellaggio, che – apparentemente insulso – si farà sentire beneficamente quando lo avrò moltiplicato per il numero delle sessioni in cui l’ho eseguito, per i microcicli, per i mesocicli ecc.

Nel frattempo, mi hanno sbattuto fuori di casa, ma in compenso . . . mi sono allenato cazzuto e pesante!

Come si evince facilmente da quanto sopra detto, l’applicazione del sistema a fasi non si esaurisce affatto nella ricerca dello stimolo ipertrofico e, difatti, nessuno tra gli esempi di serie sopra riportati (3 x 1 – 3 x 3 – 3 x 5) può essere ragionevolmente fatto corrispondere ad un allenamento per l’ipertrofia e questo è il motivo per cui è stato ripetutamente adottato da atleti di valore di varie discipline inerenti alle specialità di forza.

Allo stesso modo, sarebbe fuorviante pensare all’utilità di una ipotetica “prima fase” come attivazione per le successive.

Esaminando gli esempi, appare infatti chiaro che sia le percentuali di carico adottate in ogni fase, sia le caratteristiche delle serie ed il range delle ripetizioni, mettono tutte le fasi sullo stesso piano qualitativo; la differenza sta nello scegliere delle tipologie allenanti che abbiano ciascuna in obiettivo una diversa qualità o specificità allenante e che le medesime siano poste in un ordine di successione tra loro compatibile con i meccanismi energetici e di lavoro dell’atleta e rispettose dei necessari tempi di recupero.

Si vengono quindi a formare dei set (gruppi) che costituiscono tante mini sessioni, quante sono le qualità allenate, racchiuse però in unica unità di allenamento.

Avrei, cioè, potuto eseguire questo protocollo:

  • Lunedì : riscaldamento – 5 x 1 equipped e passo ad altro esercizio o alzata
  • Mercoledì : 5 x 5 x 80% secondo il metodo Starr e passo ad altro esercizio
  • Venerdì :  8 x 3 dinamiche e cambio esercizio

Invece, preferisco fare:

  • Lunedì : riscaldamento – 3 x 1 equipped o raw – 3 x 3 – 4 x 5
  • Mercoledì e Venerdì : inserisco altro programma che esula dalla presente trattazione.

Chiaramente, affinché ciò sia possibile, allenante e redditizio occorre:

  • Primariamente, rispettare i recuperi (più brevi tra le serie di ogni fase e più lunghi tra le fasi);
  • Partire con carichi più bassi del proprio RM per ogni fase e incrementare periodicamente – anche non contemporaneamente in tutte le fasi – lasciando buffer, tranne che alla fine del mesociclo;
  • Contestualizzare il tutto in un ciclo di preparazione agonistica avente come scopo una gara o un test particolare, poiché altrimenti il raggiungimento di un picco di forma, al termine del programma ed in quella singola specialità, limitato ad un breve arco temporale, perderebbe molto del suo senso se non tradotto efficacemente in un evento che cada in quel periodo.

Questo è ciò che hanno svolto, con comprensibili varianti, molti grandi atleti di forza, tra i quali alcuni già accennati.
Per quanto riguarda la mia più modesta, particolare e semplice esperienza, posso rammentare – oltre agli esempi di cui al post in argomento – due ulteriori possibili traduzioni pratiche, già sperimentate in occasione di Campionati nazionali di PL o di specialità e riferite, in questo caso, all’applicazione del sistema a fasi con l’uso dell’attrezzatura specifica da gara (non mi dilungo sul loro sviluppo):

3 x 1 equipped – 3 x 2/3 con board – 5 x 5 raw (75-80%)F

2/3 x 1 in stile gara (convenzionale o sumo) – 3 x 3 altro stile 80% – 3 x 5 di volume a medio/bassa percentuale di carico.

Fermo restando che potrei proseguire all’infinito sull’argomento , spero di essere comunque riuscito a chiarire alcuni tuoi dubbi e di aver fornito sufficienti esemplificazioni pratiche.

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