II – Il ciclo di Medvedev

Tra i sistemi che prevedono al loro interno una prima consistente fase di volume cui far seguire quella di intensità, nel caso in esame progressiva e senza soluzione di continuità, vi è senz’altro il ciclo di Medvedev – codificato appunto dall’omonimo allenatore russo di sollevamento pesi olimpico, Alexei Medvedev – che è stato uno dei primi metodi di successo provenienti da oltre cortina ad essere divulgato e tradotto nel nostro paese anche al di fuori della ristretta cerchia degli addetti ai lavori ed in seguito divenuto famoso con l’appellativo di “ciclo russo”.

Quando la ciclizzazione in Italia era ancora praticata ad un livello approssimato e neppure era molto conosciuta la periodizzazione di Tudor Bompa all’interno del BB, questo sistema rappresentò un esempio particolare di ciclo – oggi fin troppo scontato – consistente, tra l’altro, nella successione in consecuzione diretta di una sessione leggera ad una pesante.

Ogni seduta “heavy” è pianificata come più dura della corrispondente che l’ha preceduta, mentre l’allenamento leggero resta costante per tutta la durata del ciclo e sarà, in tal modo, percepito dall’atleta come fosse via via più leggero con il progredire del ciclo stesso.

Così facendo, oltre al necessario recupero, si garantisce varietà al processo di allenamento.

Complessivamente il ciclo consta di 18 sedute, con l’obiettivo generico di incrementare il massimale del 5 per cento.

In realtà il protocollo è molto elastico e tiene conto delle varie necessità, delle diverse individualità, dei curricula, delle realtà territoriali e delle pianificazioni agonistiche che sulla carta è possibile vagliare e perseguire: a seconda infatti dell’opzione prevista, allenandosi 3xweek il programma dura 6 settimane, in 2xweek ne dura 9 e se ci si allena 1 volta ogni 5 gg. il ciclo dura 12 settimane.

Inoltre, si da per scontato che per atleti avanzati un aumento del 5 per cento sia eccessivo e quindi preferibile, in tal caso, ridurre le sedute nn. 16 e 18, rispettivamente, al 97,5 e 102,5 per cento, da intendersi comunque come valori approssimati.

Come sempre nella realizzazione pratica di uno schema, la rispondenza dei risultati dipende da chi lo esegue.

Quel che può apparire poco realizzabile nel concreto ad un agonista anziano in carriera o a un atleta d’élite soprattutto natural, che abbia giocoforza un margine di miglioramento limitato, diventa viceversa più che fattibile se ci prova un ragazzo – cioè un individuo atleticamente se non pure strutturalmente in crescita – a condizione di essere dotato di ottima genetica e buona tecnica di base ma che, tuttavia, si alleni seriamente per la forza soltanto relativamente di recente.

Il ciclo prevede di prendere a riferimento l’80% del proprio massimale – più o meno reale, presunto, sottostimato o approssimato, secondo le valutazioni tecniche e generali del trainer riferite al destinatario del programma – e con esso eseguire 6 serie da 2 ripetizioni.

Lasciando inalterata la percentuale di carico ed il numero delle serie, il sistema si sviluppa andando ad eseguire man mano una ripetizione in più nel corso della seduta “pesante”, fino a raggiungere il 6x6x80% ed alternando detta sessione con una più leggera incentrata su di un 6x2x80% da lasciare inalterato.

Tali numeri rimangono indicativi e sono ovviamente da rapportarsi alle serie che sono solito definire “lavorative” e quindi al netto del preventivo riscaldamento o, in seguito e con intensità maggiori, di possibili serie d’attivazione.

Terminata questa prima fase e senza ravvisare alcuna linea netta di demarcazione, il sistema procede ulteriormente aumentando in progressione di un 5% l’intensità del carico nella sessione pesante – come precisato in precedenza – diminuendo contemporaneamente ed a scalare il numero di serie e ripetizioni, fino a pervenire al nuovo max. finale o ad un test di verifica incentrato su di una doppia singola.

La sessione light resta invariabilmente fissata sul 6x2x80%.

Lo sviluppo completo del ciclo, come stabilito in linea puramente teorica, dovrebbe pertanto consistere in:

  1. Sed. A – 6X2X80%; sed. B – 6x2x80% (costante nel ciclo) - segue esplicazione della sola sed. A)
  2. 6x3X80%
  3. 6x4X80%
  4. 6x5X80%
  5. 6x6X80%
  6. 5x5x85%
  7. 4X4X90%
  8. 3x3x95%
  9. 2x2x100%
  10. 2×1.

Il test finale, nella stesura originale del ciclo, consiste in  due “singole”, ossia 2×1 (due alzate a carico progressivo o eguale).

Resta all’autonomia valutativa del tecnico analizzare la struttura di ogni workout e individuare le più opportune varianti, le applicazioni ideali, gli aggiustamenti e le rettifiche in corso d’opera in merito all’intero decorso del sistema.

Scendendo nei dettagli di queste osservazioni e con riferimento alla sessione leggera, per rendere la stessa più performante in relazione alla specialità dell’atleta, si potrebbe prevedere un lavoro tecnico che qualifichi e giustifichi la ridotta intensità a fini particolari che esulino dal puro e semplice bisogno di recupero ed adattamento, condizioni che permangono pur sempre valide e basilari da soddisfare.

Ad esempio, parlando di discipline di potenza o che richiedano un lavoro esplosivo, la seduta in discorso potrebbe svolgersi eseguendo le sei serie da due ripetizioni in “dinamic effort”, ossia prevedendo un lavoro dinamico.

In alternativa, nelle specialità del PL, si potrebbe dedicare quella sessione alla possibilità di iniziare, proseguire o mantenere un lavoro geared che attivi, affini o perfezioni l’atleta nell’uso dell’attrezzatura da gara, in attesa di un successivo programma più ravvicinato alla competizione; predisponendo dunque set variamente equipped, a rom parziali, a stance ed impugnature diverse e variate, con l’aggiunta di mezzi accessori specifici o speciali (come, tra i tanti, le boards nella bench press).

Spesso, nell’attuare un’applicazione del ciclo di Medvedev sull’esercizio di squat, ho alternato le sessioni pesanti a sedute leggere incentrate sul box squat, nelle quali facevo eseguire 6-8 serie da 2 rip. con un carico prestabilito e costante, avvicendando box di diverse altezze.

Per quanto invece concerne la parte del ciclo dedicata all’intensità, cioè al progredire dei carichi, ho sempre pensato che la congiunta eliminazione di serie e ripetizioni nella medesima seduta seguisse una logica valida per le alzate olimpiche – per le quali il sistema era stato all’origine concepito – che però, in altri contesti, rischiasse di decurtare eccessivamente e troppo precocemente il volume di lavoro.

In conseguenza di ciò, a partire dalla sessione del 5×5, integravo le citate serie lavorative già preordinate con altre serie a carichi più modesti e ripetizioni aumentate, così da totalizzare un analogo numero di serie ed un tonnellaggio perfino superiore – seguendo l’esempio dei programmi “a fasi” – senza alterare il livello d’intensità, con ampi recuperi tra le due fasi e, quindi, non compromettendo l’equilibrio d’impegno neurale dell’atleta ne arrischiando, di converso, un possibile scadimento tecnico per overtraining fisico o nervoso.

Passando al pratico, riporto una tipologia dell’applicazione appena descritta:

  • 5x5x85% – 2x8x60%;
  • 4X4X90% – 3X6X70%;
  • 3X3X95% – 3X5X75%;
  • 2x2x100 – 2x4x80% e 2x6x70% oppure 4x4x75%.

Il recupero, che oscillava tra i 2′ e 3′ nell’ambito di ogni fase, poteva tranquillamente raggiungere i 5′ tra fase e fase.

A cavallo dei primissimi anni ’90, il ciclo di Medvedev conobbe una prima discreta notorietà in Italia grazie alla diffusione ad opera di Stuart McRobert, che lo menzionò ed inserì succintamente nel suo “Brawn”, testo all’epoca molto in voga tra gli amanti del ferro.

Proprio Mc Robert ricordava come una variante della metodologia in questione fosse quella di progredire per alcune settimane con sedute di intensità sempre maggiore per poi prevederne una o due con riduzione dei carichi; in seguito, riprendere nuovamente con alcune settimane progressivamente più intense, poi una leggera e da ultimo partire per la tirata finale.

Si tratta di un’ulteriore, efficace applicazione per prolungare il periodo dei guadagni acquisiti.

Il metodo bulgaro del “contrasto”

Il metodo originario consiste nell’alternare, nella medesima sessione, le serie con carichi elevati, non oltre il 6RM, a quelle di intensità più modesta, fin’anche nell’ordine del 40-50% o 60%-65% del proprio 1RM.

Dal momento che tutte le serie devono essere eseguite alla massima velocità possibile, questa sarà forzatamente ridotta nelle serie ad alta intensità, così da ottenere un duplice contrasto sia tra i carichi che nella velocità di esecuzione.

La ratio del metodo in questione persegue quindi, rispetto ad altre filosofie di allenamento, due concetti e principi ben definiti : uno è quello dell’alternanza tra i carichi, che si ripropone di raggiungere diversi ranges di preparazione muscolare oltre a consentire una attivazione nervosa ed una capacità di attenzione maggiore; l’altro, quello della varietà che si prefigge di prevenire o ritardare una stanchezza, peraltro più psicologica che fisica.

Nella pratica e nelle stesure più convenzionali, il numero delle serie oscillava da 3+3 a 5+5, il numero delle ripetizioni da 1-3 nei set pesanti a 5-8 in quelli leggeri ma poteva tranquillamente prevedere lo stesso numero di rip., tipo 5 e 5, qualora lo scopo fosse stato solo quello di variare la velocità esecutiva; le intensità dei carichi, infine, erano da rapportare alla consistenza delle serie, per cui potevano essere nell’ordine dell’80-95% nelle serie pesanti e, come si è visto, dal 40-50% fino al 60-65-70% in quelle leggere, secondo la specialità e l’obiettivo prestabilito.

Riguardo appunto alla disciplina, possiamo ricordare che il metodo bulgaro – così detto perché utilizzato per la prima volta, appunto, in Bulgaria – deriva dalla pesistica olimpica e, successivamente, ha subito come sempre adattamenti per altre discipline.

Passiamo adesso ad approfondire altri aspetti.

Introducendo degli esercizi a carico naturale, da effettuare di conseguenza in serie eseguite alla massima velocità, il metodo risulta applicabile a diverse specialità sportive a componente di forza esplosiva.

La raccomandazione in questo caso è di scegliere esercizi di semplice realizzazione, che non pongano problemi tecnici tali da snaturare, con l’incedere della stanchezza, l’esecuzione tecnica ottimale.

Un esempio potrebbe essere costituito dall’esercizio di squat seguito dai balzi dalla o sulla panca, utile ad esempio per i saltatori ed in particolare per quelli a più alto interesse di coinvolgimento pliometrico, come i triplisti.

Se ne deduce che pur se il metodo, nel suo insieme, non pare adattabile sic et simpliciter all’allenamento del PL, ha tuttavia ottime referenze e precedenti nel campo della preparazione di discipline e specialità in cui le qualità di forza rivestano un ruolo determinante – soprattutto nell’abbinamento di più aspetti della stessa qualità, come l’esplosività e la forza di base – e può essere produttivamente inserito per colmare alcuni deficit funzionali o completare certi standard preparativi anche in un atleta agonista delle three lfts, sempre rapportando il tutto a chi, perché e quando.

Poiché è ragionevole considerare l’attuazione del metodo del contrasto come una successione ed alternanza di sforzi ripetuti e sforzi dinamici, a livello di pianificazione può ben essere codificato all’interno dell’organizzazione sistemica elaborata da Zatsiorski e, pertanto, prevedere alcune varianti di applicazione così riassumibili:

  1. Serie pesante – leggera – pesante – leggera – pesante – leggera
  2. Fase di 2 serie pesanti – fase di 2 serie leggere
  3. Fasi non omogenee, tipo 2 set pesanti – 3 leggeri oppure 3+2
  4. Fasi alternate di serie pesanti intervallate da una leggera
  5. Fasi classiche dove ad un gruppo di serie pesanti o leggere segue, per contrasto, il gruppo opposto, composto o meno dallo stesso numero di serie.

Considerando, inoltre, che la peculiarità della disciplina allenata potrebbe richiedere una preferenza o una precedenza esecutiva di sforzi esplosivi rispetto ad altri ripetuti, di sforzi massimali rispetto ad altri dinamici, di sforzi dinamico-reattivo-balistici rispetto a sforzi sub massimali, di sforzi sub massimali rispetto ad altri ripetuti ecc . . . la gamma delle varianti e possibili applicazioni si diversifica ulteriormente, finendo per contemplare altre sottocategorie.

Dando come legenda: M=mass.li e SM=sub mass., R=ripetuti, D=dinamici e S=sforzi – come in glossario di dottrina – oppure set, potremmo dunque avere, tra le molte altre, le seguenti combinazioni:

  • SM o SBM – SR, es. 2×90% e 6×70% in successione; oppure 1×95%, 1×90% e 2x6x70% ecc.;
  • SM o SBM – SD, es. 1×95%, 6×50% ecc. oppure 3x2x90%, 8x3x65%;
  • SD – SBM, es. 3X2X70%, 3X3X85% e ripetere;
  • SM o SBM – SD – SR, es. 2x2x90%, 5x2x70%, 4x5x80%.

Gli esempi riportati sono da intendersi esclusivamente esplicativi delle connesse sigle e di una tipologia di programmazione per forza di cose astratta.

I tempi di recupero variano ovviamente in base alle diverse esigenze del lavoro dinamico o esplosivo o ripetuto o sub massimale che si persegua e in considerazione di quale voglia essere la caratteristica da privilegiare, in coerenza con la disciplina praticata e con il periodo della stagione agonistica nel quale il lavoro secondo metodologia a contrasto venga a giusta ragione inserito.

Gilles Cometti rammenta come, oltre che tra serie e serie, il concetto di contrasto possa essere applicato anche nell’ambito della stessa serie tra ripetizione e ripetizione.

Es. su 6 ripetizioni: 2 pesanti, 2 leggere, 2 pesanti.

Chiaramente il discorso non è estrinsecabile per qualunque disciplina e presuppone una consolidato aspetto organizzativo di partner e spotter per ottimizzare il sistema di carico e scarico.

Calcolando come quest’ultima applicazione sia più dispendiosa delle precedenti descritte a livello lattacido ed anche aerobico, il numero delle serie dovrà giocoforza essere inferiore a quello dei sistemi a contrasto più tradizionali.

Infine si può annoverare tra le possibili applicazioni della metodologia del contrasto anche quella che preveda sussistere il medesimo nella consecutività ed alternanza di esercizi diversi.

Il concetto può assomigliare a quello delle super serie o delle serie giganti in uso in ambito BB.

In realtà si tratta di un accostamento solo apparente, poiché mentre in quel caso non si verifica soluzione di continuità tra due serie di esercizio coinvolgenti muscoli antagonisti (superserie) o tra due esercizi diversi riguardanti la stessa catena cinetica (serie giganti), nel caso nostro di specie avremo si alternanza ma pur sempre comprensiva di tempi di recupero, tra una serie di tirata ed una di push press – ad esempio – o tra una serie di bench press classica ed una a presa stretta e così via.

Un utilizzo di quest’ultima tipologia di metodo a contrasto è confrontabile con quella in uso per l’allenamento di lanciatori, pallanuotisti ed altri giocatori e traducibile – ad esempio – nell’abbinamento di una serie di pull over ed una di lancio del pallone medicinale, per la consecuzione delle due particolari gestualità.

Pagine: 1 2 3 4 5 6 7 8 9