So che i miei articoli sono molto seguiti e ad ogni articolo vorrei poter spendere due righe per ringraziare tutti i lettori virtuali (realissimi però) per questa attenzione e questo affetto mediatico. So che mi leggono in tanti, professionisti del settore, appassionati, gente che lavora in ambito accademico e atleti.

Vedo (con assoluto piacere) tecnici e personal trainer che prendono spunto da molte mie idee messe in campo, tante in questo sito.  Ci sono stati professori universitari che hanno citato il metodo distribuito come se l’avessero letto sui libri. Altri che parlano di allenare il sistema e non il muscolo, come se fosse un modo di dire del dopoguerra. Fa sorridere scoprire come i tuoi modi di dire diventino neologismi del settore. Come il dildo squat del mio amico Evangelista. Concetto così evocativo da essere diventato termine universale del settore.

Lo so, ci vuole un libro, che pian piano, si sta costruendo.

Attivazione, nient’altro che questa

Ai corsi istruttori, certificazioni e seminari la tipologia di pubblico è variegata. Ci sono principianti totali, ottimi atleti e una gran parte di intermedi. Appassionati cioè che da tempo muovono pesi. Raramente si incontrano atleti con una grandissima efficienza neuromuscolare sotto carico. Anche perché questi sarebbero lanciatori, pesisti, powerlifters di alto livello o lottatori olimpici.

Questo è stato un gran bene per me : ho corretto una valanga di persone, e correggendole, ho imparato a correggerle in un quarto di tempo di quello che ci mettevo prima. Poi in un decimo con un tasso di successo quintuplicato : ho capito che impulsi aiutano a seconda delle leve e delle tipologie umane. Ho capito come funziona e questo mi ha aiutato pure con quelli che gareggiano.

Più importante di tutto ho visto una cosa inequivocabile e fondamentale: più le persone hanno una carenza di massa muscolare più queste hanno una grossa difficoltà ad attivarsi.

In pratica, quelli più scarsi sembrano scarsi perché non riescono a spingere tutto quello che avrebbero in potenziale. Generando un enorme loop negativo : meno imprimi energia > meno diventi forte > meno cresci, che porta dritti ad una non gradita omeostasi. Cioè quello che non attiva, nel tempo, cresce poco. O niente.

Non mi viene in mente nessuno muscolarmente fiacco e molle, con un ottima attivazione.

Credetemi, la stragrande maggioranza dei secchi sono così secchi perché il loro sistema, prima di tutto neurale, ne limita le capacità di generare forza e di conseguenza il miglioramento.  Uno dei motivi della grande crescita che fornisce l’assunzione di Testosterone via doping, è di natura neurale, anche se non tutti lo sanno.  Parlando della risposta ormonale data dall’allenamento coi sovraccarichi con il Professor Selvaggi, direttore tecnico FIDAL del settore Lanci, si diceva come atleti che assumono Testosterone aumentino di molto la loro esplosività, quanto e forse prima ancora della massa muscolare.

Quindi la questione è ancora una volta prepotentemente neurale, prima che puramente muscolare.

La forza è legata al tempo

Provate a prendere un peso, intendo uno di quelli che si lanciano in atletica nel getto del peso. Anche ammettendo che voi siate più forti della media, nel lanciare questa palla di ferro, noterete immediatamente una cosa inequivocabile: il lancio sarà corto non tanto perché la palla è pesante, quanto perché avrete la sensazione di non riuscire ad imprimere tutta la vostra forza all’oggetto.

Proprio non riuscite (ci ho provato ovviamente) a dare tutta l’energia che avete. Sapete perché questo accade? Certo perché tecnicamente non siete capaci, però il motivo intrinseco è il TEMPO. Il momento di rilascio nella fase finale di lancio della palla da 7,25 kg è troppo basso per riuscire ad imprimere la massima forza. A livello mondiale hanno tempi di circa 300 ms ed una velocità di 14 metri al secondo. Un razzo se confrontata con la ripetizione più esplosiva che avete fatto con un manubrio nella vostra vita.

A mio parere, ciò che rende un tizio che solleva pesi un vero atleta è la capacità di imporre gradienti di forza altissimi in tempi brevissimi.

Ho portato l’esempio estremo del getto del peso perché, in qualche maniera, questo concetto si riversa anche sul sollevamento del bilanciere, quello che interessa a noi.

I più attenti alla fisiologia muscolare sanno che la forza richiede tempo per essere esercitata al massimo potenziale. Da qui il concetto di esplosive strength deficit e tutto quello che ormai ci esce dalle orecchie in argomento.

Potremmo spingerci un pelo più in là : negli angoli articolari più complessi (pensiamo ad una panca piana al petto, o all’affondo nello squat) diventa difficile imprimere la massima energia perché il tempo di passaggio della fase è breve e certi muscoli sono complicati da attivare.

Infatti l’atleta tende (se non ottimamente indirizzato) a schivare i punti più difficili, di solito con un compenso tecnico (altro neologismo) o semplicemente rimbalzando. Quelli poco dotati tendono a rimanere schiacciati ancora di più nei punti più complessi.

Quando vedete uno scarso, non vedete uno debole in senso assoluto, vedete spesso uno che non ha nemmeno una direzione coerente verso cui imprimere energia al bilanciere. Vedete uno che non riesce a dare tutto quello che ha. Allora, a costui occorre tempo!

Partiamo dall’assioma secondo cui all’avanzato bastano meno ripetizioni a parità di obiettivo allenante e arriviamo direttamente al concetto di oggi.

Se guardiamo 6 mesi di programmazione di Andrei Belyeav noteremo che raramente fa più di 2 o 3 ripetizioni nella panca piana. Questo non gli ha impedito (anzi) di avere pettorali così sviluppati da non saper più a che tendine attaccarsi.

Se la forza dipende da IPERTROFIA, coordinazione INTRAMUSCOLARE e coordinazione INTERMUSCOLARE, questo significa, volendo vedere questo come una formula matematica, che anche l’ipertrofia sarà influenzata dagli altri tre parametri. Migliorare la capacità di attivazione non è così semplice ed è estremamente sottovalutato.

Torniamo al nostro soggetto magro e poco performante: in questi anni abbiamo spesso detto che deve curare la tecnica, lavorare di qualità e cercare l’esplosività. Perché con il metodo del bodybuilding classico a 4×10 non è cresciuto una virgola e col mangia e spingi è quasi calato.

Allora che fare?

Se il nostro, che ormai è convinto di essere un UltraHardGainer, si mette a fare 3 ripetizioni tecniche con l’80% perché lo ha letto magari da me o nei libri di Pavel Tsatsouline, probabilmente attiverà tanto come Belyaev quando si siede sul WC per andare in bagno.

Costui non è detto che sia un ultra hard gainer, con ogni probabilità semplicemente non riesce a reclutare al meglio.

Il punto è che quello scarso ha bisogno di tempo per attivarsi. E allo stesso tempo di un carico ottimale!

Un carico che permetta all’atleta di produrre un buon volume di lavoro, arrivando stanco alle ultime ripetizioni, ma non dilaniato da una ricerca impossibile dell’ultima ripetizione target. Un carico che permetta di mantenere un assetto perfetto, un carico che permetta un lavoro propriocettivo, che sta alla base di quello che serve, ad uno scarsetto per evolversi e raggiungere risultati eccellenti.

Allora dobbiamo prendere in considerazione anche metodologie teoricamente non efficienti: range dalle dieci alle quindici ripetizioni.

Deve in pratica avere tempo per lavorare sulla tecnica, sul controllo e sull’accelerazione. Tempo per lavorare questo muscolo che altrimenti non si accende, generare quella tensione che altrimenti non si crea. Tempo all’interno della serie. Trattando sempre ogni ripetizione, come un santuario.

Serve che la stanchezza funga da sovraccarico, perché se si esercitano sovraccarichi troppo elevati il soggetto diventa incapace di mantenere controllo ed incastro. Così la frittata è fatta. Ed è quello che vedo quasi regolarmente ad ogni coaching.

Ovviamente le alte ripetizioni vanno fatte a regola tecnica. Cioè si lavora secondo i parametri tecnici fondamentali, a costo di scaricare il peso fino a bilancere vuoto, a costo di usare un bastone, a costo di fare 30 serie fin che non si riesce ad abbassare le spalle o a trovare la traiettoria ottimale. A costo di fare 300 squat a corpo libero.

In Italia una volta era prassi sviluppare la tecnica in questa maniera. Credo sia uno dei casi in cui le robe di una volta erano meglio.  Quando da ancora agonista agli albori non riuscivo a tenere la schiena iperestesa nello stacco da terra, mi consigliarono di provare a seguire questo metodo: fai 10 serie da 10 ripetizioni usando il carico minimo (in quel caso era il 60 kg ovvero circa il mio 30% di allora) ed aumentare 5 kg ogni seduta. Funzionò alla grande.

Riassumendo

In questi anni abbiamo visto come non sempre nell’allenamento della forza, quello che appare è sul serio. Quello che oggi penso della velocità di esecuzione, ad esempio è molto distante da quello che pensavo al tempo dell’articolo sul MAV. Perché il concetto si è sviluppato attorno all’osservazione. Se penso a quanto ritenevo importante la verticalità, mi rendo conto oggi che è stata una analisi primordiale di un evento più complesso.

Ora vediamo come ad un livello medio basso forse è meglio apprendere tecnica ed esplosività utilizzando un range di lavoro non convenzionale.

Paradossalmente potremmo dire che per un principiante il miglior modo per allenare la forza sia attraverso un lavoro ad alte ripetizioni, come altrettanto paradossalmente possiamo dire che un atleta attivo ed efficiente abbia un ritorno molto favorevole sull’ipertrofia sfruttando i vantaggi delle basse ripetizioni.

Se i vostri risultati non vi aggradano, con ogni probabilità voi avete un difetto di attivazione e prima di pensare ad ogni altro problema, ad inventarvi qualche complicatissima programmazione che nemmeno Alexeyev utilizzava, dovreste cercare di risolvere questo problema.

Per questo molti riportano storie di successo dal powerlifting: in qualche maniera, a contatto con una squadra o realtà agonistiche questi hanno migliorato di molto la loro capacità neurale, rompendo il loop negativo ed iniziando, finalmente, a produrre risultati.

Il principiante o quello con livelli di forza non ancora adeguati faticherà a stare incastrato nelle alzate, che è quello che ti permette di imprimere la massima energia nel minor tempo. Per imparare deve fare come fanno nei balletti russi: ripetere, ripetere, ripetere, ripetere.

In modo da poter fare quel gesto in condizioni decontratte.  Bisogna spingere. Anche se le gambe non spingono più, tu dagli lo stesso l’input, dice la firma virtuale su un forum di un amico powerlifter, riportando una affermazione di Sala, uno dei tecnici nazionali premiati ad Honorem dalla FIPL all’ultima Coppa Italia. Questo è il punto. Però per dare l’input quando il muscolo è stanco, occorre radicare un automatismo motorio. Occorre trovare un incastro.

Ricordate: non ho mai visto un atleta forte che fosse natural e non avesse un ottimo incastro.

Postfazione

Ci viene incontro la letteratura Sovietica: nel famoso esperimento di Dvorkin su atleti Junior e Cadetti, apparve che i maggiori risultati per i più giovani si ottenevano con % di carico decisamente basse (anche del 60 percento) e con un numero di ripetizioni elevate. Questo sembra confermare la nostra tesi. Più l’atleta ha bisogno di ‘imparare ad attivarsi’ più deve martellare il movimento a basse intensità, quasi indipendentemente dal carico.

Sempre il professor Silvaggi e in prima battuta il professor Alberti, nel bel libro ‘Allenamento della Forza a bassa velocità‘ notano come protocolli di lavoro lenti, con carichi modesti producano incrementi anche nella potenza in taluni soggetti. Protocollo particolare che in parte conferma i nostri ragionamenti. Atleti ed appassionati probabilmente non pulitissimi tecnicamente danno tempo di lavoro a taluni angoli articolari perfezionando la traiettoria (grazie a tempi lenti di esecuzioni e carichi molto modesti) e hanno miglioramenti anche su qualità non cercate direttamente in quella fase di lavoro.

Andando ancora più nel pratico, sappiamo che il guru dell’atletica nella Germania Est Ekkart Arbeit faceva iniziare le fasi off season di forza con protocolli che ballavano tra le 75 e le 150 ripetizioni per esercizio a serie di 15 alla volta. Tre volte a settimana.

Non è solo una questione puramente tecnica. Poi spesso la tecnica è mal compresa. Ancora c’è chi presenta Kostantinov come uno scarso tecnicamente, quando credo che sia il miglior staccatore classico di tutti i tempi per ricerca postura ed incastro. Anche se i chili sono poco credibili in senso assoluto.
Guardate un video dell’amico Rudy Agus da Nuoro:

I carichi sono pazzeschi. Anche se la tecnica può sembrare non convenzionale, in realtà l’atleta ha un grande incastro e una granitica compattezza. Questo è un atleta incredibilmente attivo a livello neuromuscolare, in particolare in questa alzata, dove rappresenta un elite mondiale.

Dove lo è meno, risulta (relativamente) meno performante. Ho la fila di gente venuta a fare un coaching a Parma che era impantanata da anni tra un Bill Starr e uno Starting Strength. Tutta sta roba, se non si riesce ad insegnare al soggetto a muoversi correttamente sotto il bilanciere, credetemi, non è altro che concime per i fiori.

Perché si concentrano sulla cosa sbagliata, e il programma non li aiuta. In certe condizioni non serve un programma, serve una logica.  Ho in palestra gente un tempo considerata universalmente Hardgainer che adesso potrebbe fare il buttafuori e con i carichi di un pilone di Top Ten. Se il pilone è forte.

C’è un’ottima soluzione per tutti, basta saperla trovare.

Ribadisco la mia massima: ho visto e continuo a vedere una enormità di soggetti deallenati. Di superallenati per ora, nemmeno l’ombra. Almeno nel fitness.

 

Ado Gruzza, emilianissimo (al punto da amare la nebbia), Powerlifter agonista fino al 2005 (discreto ma senza lasciare il segno), diventa in seguito ad infortunio allenatore della squadra di Parma. Convinto sostenitore del “metodo distribuito” convinto sostenitore della necessità della cura maniacale del gesto tecnico per ottimizzare la performance. Ha avuto il merito di portare in pedana moltissimi giovani atleti. Neo papà. Ado è RawTraining Strength Master Coach e autore del libro Il metodo distribuito. Il futuro dell’allenamneto della forza e dell’ipertrofia funzionale