Da quando sono andato al seminario sulla panca piana dell’Accademia Italiana Powerlifting a Giugno devo ammettere che mi si è aperto un mondo. Prima di quel momento mi sono sempre allenato e ho sempre allenato seguendo criteri ben precisi, ma mi è sempre sfuggito quello che in quel corso mi è stato sbattuto in faccia con una lucentezza da fare impressione.

Da quel momento ho cercato di approfondire sempre di più ciò che riguarda l’uso delle “powerl lifts” e recentemente, al corso Istruttori FIPL, ho avuto una soddisfazione enorme: Sandro Rossi, nel suo primo intervento, così come poi tutti gli altri docenti del corso, hanno confermato alcune mie teorie su cui già da tempo stavo lavorando.
Quello che scriverò non è il resoconto del corso, non è una verità, non è una novità! È semplicemente la riscoperta “dell’ovvio”, tanto che ad esempio su T-Nation qualche mese fa potevate trovare un articolo di Thibaudeau molto simile:

Look Like a Bodybuilder, Perform Like an Athlete

 

L’esplosività

Tutto è cominciato con il concetto di esplosività, esposto al seminario di cui parlavo sopra. Esplosività significa imprimere al bilanciere una forza tale che esso, durante l’esecuzione dell’esercizio, non deve avere alcun momento, ovvero non deve esservi alcun rallentamento durante l’esecuzione, non deve esservi alcuna forma di tentennamento in quelli che vengono chiamati sticking point, che nel gergo del powerlifting sono punti ben precisi in cui il bilanciere si incolla, i punti più difficili.

Quello che notai applicando il MAV, oltre l’ottima miglioramento delle esecuzioni e della forza, fu l’aumento di massa magra. Da quel momento cominciai a cercare di capire perché un allenamento puramente improntato in ottica powerlifting (PL da ora in poi) potesse farmi ottenere tali risultati. Mi colpì la cosa perché dopo 2-3 anni di Bodybuilding mai ho ottenuto tanti risultati in poco tempo.

Parlo di qualche mese contro anni. Che poi magari io non sia portato per il BBing è un altro discorso, ma qui si parla di risultati di un numero decisamente elevato di persone.
Perché ci si deve allenare in modo esplosivo? Sotto risvolti prettamente pratici nei confronti dell’alzata, la risposta è: perché si evitano gli sticking point. Vi sarà capitato spesso di leggere consigli per evitare gli sticking point.

Poniamo caso che il vostro problema nella panca sia la chiusura o che mentre fate stacco vi blocchiate sempre al ginocchio.

Un motivo può essere sicuramente la debolezza dei muscoli responsabili di quel movimento, nella panca ad esempio tricipiti e spalle, ma è altre sì molto probabile che si tratti di una mancanza di esplosività.

L’alzata fallisce non dove si è più deboli, nel punto dove si deve arrivare veloci. Allenarsi in modo esplosivo fa superare gli sticking point.

Le Fibre Muscolari

La mia analisi cominciò proprio dalle fibre muscolari, dato che erano quelle che si ipertrofizzavano. Dopo aver letto lo splendido articolo di Andrea Biasci, il quale mi aprì un mondo, comincia a studiare bene l’argomento. Da non-tecnico, questo è quello su cui basai le mie teorie.

Il corpo umano è composto da diversi tipi di fibre, le quali hanno differenti tempi di attivazione.

  • Fibre I (rosse) – lente e resistenti, sono le prime ad attivarsi nei normali movimenti.
  • Fibre II x (bianche) – forti e poco resistenti
  • Fibre II a (intermedie) – a seconda dell’allenamento che si è soliti eseguire, il loro carattere viene specializzato in fibre bianche o rosse.

La legge di Hennemann suggerisce che durante le normali attività quotidiane vi sia un coinvolgimento di tipo delle fibre in questo ordine:

I → IIa —> IIx.

A questo punto però mi venne un’illuminazione. Le esecuzioni dei vari esercizi non dovevano essere lente, devono essere una fucilata, si deve imprimere al bilanciere la massima energia possibile per poche (pochissime!) ripetizioni, non più di 5!

Cosa comportava ciò ?

Le fibre di tipo I e IIa vengono sorpassate dalle fibre di tipo IIx, direttamente chiamate in causa in quanto necessarie ad una richiesta di esplosività estrema. Come scritto sopra, le fibre di tipo IIx sono quelle maggiormente ipertrofizzabili, dunque un loro lavoro frequente (in quanto non vengono mai fatte affaticare) e pulito permette loro di lavorare molto e, dunque, di essere stimolate in modo ottimale.

Classificando tutto come fa Bosco, infine, ho capito come l’esplosività sia alla base di ogni attività muscolare. Gli sforzi infatti si dividono in:

  • Sforzo massimale : forza che permette di sollevare un carico con il quale non si può modulare la velocità, la velocità è imposta dal peso.
  • Sforzo dinamico massimo: capacità che permette di sollevare un carico determinandone la velocità (2-5 rep).

La forza massimale, se si guarda in ottica powerlifting, la si allena tramite la Fdm, perché altrimenti significherebbe allenarsi utilizzando solo sforzi massimali (simil West-Side, metodo che non mi piace molto, forse perché non l’ho capito del tutto).

Se ci si allena in quest’ottica si riesce a sviluppare la propria capacità di imprimere forza al peso, si migliora la coordinazione delle unità motorie e per il principio di estrapolazione di Sheiko si riesce poi a gestire situazioni nuove in base alle proprie esperienze passate (cioè, sei sempre esplosivo, dunque con il massimo vai esplosivo, anche se quel peso non lo provi quasi mai).

Dal concetto di Fdm poi si può parlare anche di “resistenza all’esplosività“, poniamo l’esempio dei Kettlebell, vogliamo fare 50 ripetizioni? Le si fanno solo se si è esplosivi, se si sanno trovare i momenti di riposo tra le serie, se sai far andare il peso per inerzia…

Buttata giù questa teoria comincia a capire che il lavoro di “qualità” dovesse essere fondamentalmente alla base di tutto, tanto che comincia ad allenare su alcuni forum alcuni ragazzi con obiettivi diversi, ma con gli stessi principi, l’obiettivo variasse dal bodybuilding alla preparazione atletica, dal powerlifting al fitness. Badate, ho detto gli stessi principi, non allo stesso modo.

Non parlerò dell’applicazione nel powerlfiting, sia perché confronto a chi ne parla mi sento totalmente impreparato, sia perché non potrei dire altro che ovvietà già proposte.

Le Power Lifts

Parliamo ora delle protagoniste di questo articolo, le alzate del powerlifting: squat, panca, stacco.

 

Lo Squat

Squat, una delle alzate principali del power lifts

Lo squat è l’esercizio principale delle gambe. L’atleta sostiene il bilanciere sulle spalle impugnandolo saldamente con le mani e flette le gambe fino a che l’angolo della gamba con l’anca non sia al di sotto della linea superiore del ginocchio. Poi dovrà, con un movimento continuo, tornare nella posizione di partenza.

Su come si esegue lo squat vi sono numerose guide e trattare qui l’argomento svierebbe troppo dallo scopo dell’articolo, quindi mi limito ad un linea guida per stabilire alcuni punti per i quali si sta eseguendo uno squat in modo accettabile. Tutti i punti sono facilmente verificabili anche da chi non è seguito e si allena nel proprio garage, per verificare quanto segue, basta riprendersi e riguardarsi. Riporterò le linee guide esposte da Matt Wenning, powerlifter americano, nel video che potete trovare su youtube chiamato “so, you think you can squat?”.

Partiamo dall’alto del corpo e andiamo verso il basso:

Lo sguardo deve essere rivolto in avanti o in alto, verso un punto lontano, in modo che se i pesi si faranno elevati, non ci si piegherà in avanti. Il collo tuttavia dovrà rispettare le normali curvature fisiologiche.

Il petto va sparato in fuori, in quanto insieme allo sguardo verso l’alto, permette di mantenere una postura eretta sono pesi elevati.

gomiti vanno sotto il bilanciere per aiutare la spinta in fuori del petto.

La muscolatura scapolare che sorregge il bilanciere non deve muoversi, mentre la muscolatura del collo non deve essere tesa, bensì rilassata. Le spalle vanno abbassate e addotte. Il bilanciere deve poggiare sui deltoidi posteriori o sopra. Capita spesso di vedere “esecuzioni da forum” in cui l’atleta tiene il bilanciere in una posizione a dir poco scomoda. Imparate a fare squat con il bilanciere in una posizione per voi comoda, anche se poco alta, con il tempo lo abbasserete.

Si inspira e si riempe la pancia d’aria. Non si deve infatti commettere l’errore di gonfiare il petto. Questo infatti è il fattore chiave per eseguire la manovra di Valsalva, una respirazione a glottide chiusa che permette di riempire la pancia d’aria e mantenere eretta la schiena.La vostra esecuzione dovrà concentrarsi prevalentemente sull’addome e sulla sua contrazione.

La bassa schiena deve essere iperestesa, se non iperestendete non potete fare lo squat. La schiena durante l’esecuzione deve sempre avere ben accentuate le normali curve fisiologiche, se la lordosi si perde, rischiate di farvi male. Può capitare che andando sotto il parallelo si perda un po’ e si retroverta il bacino. L’importante è riprendere immediatamente le proprie curve fisiologiche non appena usciti dalla “buca” del parallelo.

Le ginocchia devono essere buttate in fuori, se non buttate in fuori le ginocchia, le buttate in avanti e lavorate maggiormente di quadricipite, quando in realtà la spinta in fuori permette di reclutare in modo ottimale femorali e glutei. Matt Wenning definisce lo squat in questo modo:

The squat is not an up and down exercise, is a pushing out exercise

Il peso deve essere sentito sulla parte esterna del piede. Se la pressione va sulla pianta, le ginocchia andranno in avanti e userete il quadricipite. Durante la risalita si deve cercare di ripartire con le spalle in leggero anticipo sulla schiena, altrimenti se la bassa schiena si alza prima delle spalle modificherete la traiettoria che avete eseguito nella discesa e vi “infilerete” sotto il bilanciere, come succede in questo video:

Notate bene cosa succede dopo il 28esimo secondo. L’alteta spinge prima il sedere e si inclina un poco in avanti. Poi recupera e spinge in alto. Lo schema motorio di discesa e salita deve essere il medesimo.

 

La Panca Piana

Panca Piana, una delle alzate principali del power lifts

In questo esercizio l’atleta è disteso su una panca piana e dalla posizione di braccia completamente distese porta il bilanciere al petto, per poi ri-spingerlo verso l’alto distendendo completamente le braccia.

La panca piana è un esercizio molto sottovalutato. Ricordo ancora le chilometriche discussioni che si facevano sui forum per litigare su come si facesse la panca piana. Una spiegazione dettagliata, come per lo squat, sarebbe qui fuori luogo, mi limito dunque ad elencare i punti base.

Dopo aver staccato il bilanciere si deve accentuare leggermente l’arco dorsale. Questo permetterà di settare nel modo corretto l’alta schiena. Di solito si critica l’arco, si dice che faccia male alla schiena. In realtà non occorre eseguire un arco particolarmente accentuato, bensì semplicemente mantenere le normali curve fisiologiche che, spesso, vengono annullate. Classico è l’esempio delle panche che hanno il poggia-piedi per aria.

Le scapole vanno avvicinate tra loro e le spalle vanno abbassate. In questo modo si diverrà più compatti e le spalle saranno in una posizione più sicura. L’adduzione impedisce l’effetto opposto, cioè l’anteposizione delle spalle durante l’esecuzione, che potrebbe causare danni alla cuffia dei rotatori.

L’abbassamento delle spalle invece (contraendo i dorsali) permette di aumentare lo spazio di movimento dell’omero, evitando il conflitto acromiale, fenomeno che porta l’omero a schiacciare i tendini della cuffia dei rotatori contro il processo osseo dell’acromion.

Come per lo squat, occorre riempire la pancia d’aria.

piedi vanno ben saldi a terra.

Durante l’esecuzione i gomiti devono rimanere sotto il bilanciere. Quest’affermazione spesso viene fraintesa. La posizione dei gomiti sotto il bilanciere è da guardarsi di lato, non da davanti. Quest’ultima angolazione infatti porterebbe ad un’angolazione troppo stretta. Se dal punto di vista laterale i gomiti fossero avanti o dietro il bilanciere si andrebbe fuori spinta.

Il bilanciere deve toccare in prossimità dei capezzoli, non troppo in basso (alto addome) o troppo in alto (centro del petto).Il discorso del fermo al petto è spesso “pericoloso” da effettuare per i lunghi dibattiti che porta. Sinceramente lo consiglio sempre.

 

Lo Stacco da terra

Stacco da terra, una delle alzate principali del power lifts

(Per Approfondimento : Guida allo stacco – ndr)

Nello stacco da terra l’atleta flette le gambe e afferra il bilanciere posizionato a terra e solleva il bilanciere fino ad arrivare ad una posizione eretta con le gambe completamente tese.

La bassa schiena deve essere ben iperestesa e come per lo squat e la panca, le scapole vanno addotte e le spalle abbassate. Come sempre, occorre riempire d’aria la pancia.

Una cosa che considero fondamentale durante l’esecuzione dello stacco è la tenuta isometrica della schiena nella prima parte in cui avviene la spinta di gambe, con solo un leggero anticipo delle spalle.

Passato il ginocchio, occorre chiudere l’alzata ed iperestendere.

È importante, durante lo stacco da terra, cercare di spingere con i talloni e buttare il peso all’indietro. La chiave è immaginare che il bilanciere sia semplicemente un perno a terra e noi dobbiamo spingere il pavimento tenendoci ad esso. Chi immagino di sollevare il bilanciere e basta, spesso si sbilancia in avanti.

Nel prossimo articolo esporrò qualche mia idea sul loro utilizzo nelle varie attività fisiche.

 

 

Alessio Ferlito, conosciuto su vari forum come Leviatano89, è un istruttore FIPL (Federazione Italiana Power Lifting), vive a Genova, studia giurisprudenza e si allena con i pesi da quando aveva 14 anni.
Dopo qualche anno di bodybuilding ha sviluppato un maggiore interesse per l’allenamento della forza, il powerlifting e il RawTraining. Condivide i suoi interessi e le cose che apprende dalle sue letture sul proprio blog che trovate all’indirizzo Leviatano89′s PRUDVANGAR