Il Metodo Ladder

Il metodo di allenamento Ladder (letteralmente “scala”) fu proposto da Pavel Tsatsouline con particolare riferimento all’esercizio delle trazioni alla sbarra, ma probabilmente la sua nascita risale alla notte dei tempi (atleticamente parlando).

Trova felice applicazione in quelle programmazioni che si pongono come obiettivo quello di aumentare il numero di ripetizioni eseguite con un determinato carico, può essere quindi utilizzato non solo per le trazioni alla sbarra ma anche per tutti gli esercizi a carico fisso (ad es. a peso corporeo).

Come molti schemi efficaci il ladder è banale nella sua semplicità, la scala infatti consta di serie a carico fisso ma ripetizioni crescenti fino ad una serie ad alte ripetizioni che costituirà l’apice del ladder stesso.

La bontà del metodo dipende essenzialmente dalla possibilità di eseguire un alto volume in poco tempo e senza creare alti livelli di stress nervoso e metabolico. Addirittura è possibile ripetere l’allenamento (che può durare 15-20 minuti circa) più volte al giorno (con gli opportuni accorgimenti).

L’autore consiglia di eseguire il Ladder alternandosi con un compagno, utilizzando quindi come tempo di recupero quello impiegato dal compagno stesso per completare il proprio set.

In assenza di un compagno è possibile “ipotizzare” i recuperi in base alla durata della serie stessa (i recuperi saranno quindi crescenti).

Nel primo set si eseguirà una ripetizione, nel secondo set 2 ripetizioni, nel terzo 3 e così via fino ad una serie ad alte ripetizioni, generalmente nell’ordine di 10-12 (preferibilmente lasciando 1-2 ripetizioni di margine dall’incapacità).

Terminato il primo Ladder è possibile ricominciare da 1 ripetizione eseguendo scale multiple (in genere 3) e totalizzando centinaia di ripetizioni con una fatica percepita relativamente bassa (se considerata la grande mole di lavoro) grazie al grosso buffer presente nella maggior parte delle serie.

Una seduta “tipo” può essere quindi apparire così:
1,2,3,4,5,6,7,8,9,10 . . .  1,2,3,4,5,6,7,8 . . .  1,2,3,4,5,6 (totale: 112 ripetizioni).

Una volta compresa la logica di base del metodo è possibile personalizzarlo nei modi più disparati, utilizzandolo come strumento in base alle proprie necessità.

Mi permetto di riportarne una personale applicazione:

Dopo aver provato lo schema in versione originale sull’esercizio delle trazioni alla sbarra iniziai a sperimentare su diversi esercizi sia mono che multi articolari soprattutto come variante ludica, realizzando però che la possibilità di definire un numero minimo di ripetizioni eseguite, raggiungendo tale numero con una o più scale in base alla condizione del giorno si adattava benissimo alla mia idea di auto-regolazione.

Decisi quindi di applicare lo schema prima all’esercizio della distensione su panca, poi a quello dello squat.
L’obiettivo era quello di strutturare delle sedute di “volume” che avessero una certa elasticità e che mi dessero la possibilità di avere dei record personali da battere non solo riferiti all’aumento di carico sollevato, monitorando così anche i miglioramenti in questo senso.

Le prime serie con grande buffer sono anche un’occasione per curare tecnica e dinamismo, il margine dal cedimento (e il tipo di cedimento scelto) determina il livello di stress che si intende creare.

Pensai anche che potesse essere divertente (e utile ai fini della ciclizzazione di volume e %) utilizzare % variabili nel corso delle settimane, da ripetere in modo ciclico, cercando, qualora fosse possibile, di battere il precedente totale di ripetizioni (mantenendo la tecnica esecutiva di riferimento).

Come numero massimo e minimo di ripetizioni da eseguire scelsi di fare riferimento alla tabella Prilepin (seppure in modo elastico).

Senza girarci troppo intorno riporto lo schema utilizzato (per semplicità scrivo solo lo schema della singola seduta ladder, trascurando l’insieme della programmazione)

  • 1°settimana: Ladder @70% (18> <30 ripetizioni)
  • 2°settimana: Ladder @75% (12> <24 ripetizioni)
  • 3° settimana: Ladder @80% (10> <20 ripetizioni)
  • 4°-6° settimana: ripetere

I recuperi tra le serie sono più generosi rispetto al ladder originale (da 40” nelle prime serie fino a 2.00-3.00′ all’apice del ladder) per via delle % di carico superiori e per consentire una maggiore qualità esecutiva (altrimenti inficiata dalla fatica muscolare).

In seguito sperimentai l’alternanza dei ladder (@75-80-85%) con altri tipi di scale (dei ramping su 5, 3, 1 ripetizioni da ruotare sempre su 3 settimane), cercando di unire i benefici del lavoro a carico fisso con quello del lavoro a carico crescente, approccio che utilizzo tutt’ora e che mi ha portato ad eseguire 150kg di panca con fermo a 75kg di peso corporeo, rassicurandomi sulla bontà del lavoro svolto, oltre che sulla sua gradevolezza.

Digressione sul lavoro complementare all’esercizio base

Si veda a tal proposito l’articolo:  Ma li devo fare i complementari ? (Ndr)

Gli esercizi complementari sono, come dice il termine, un insieme di esercitazioni di complemento a quello che è il lavoro fondamentale previsto nel workout.

Cosa sia il fulcro fondamentale della seduta o di un microciclo dipende essenzialmente dall’atleta e dai suoi obiettivi ma, principalmente, sarebbero da privilegiare gli esercizi multiarticolari e tra essi, in particolare per gli agonisti, le alzate di gara.

Il lavoro complementare resta utile sia in termini di potenziamento e sviluppo ipertrofico, sia per dare stabilità, armonia e simmetria al corpo.

Non a caso molti esercizi di isolamento sono svolti non solo a fini estetici ma per allenare gruppi stabilizzatori rispetto ad altri che vengono considerati prioritari allo scopo precipuo da perseguire.

Ciò non toglie, peraltro, che in ambito agonistico pure taluni esercizi multiarticolari possano essere considerati complementari rispetto ad altri più specifici per una determinata fattispecie individuale.

Non credo che in assoluto si possa parlare di lavoro leggero o pesante per gli esercizi complementari, in quanto lo stimolo allenante dovrebbe comunque essere sempre sufficientemente pesante per costituire lo stressor, senza esserlo eccessivamente da divenire anti economico o, peggio, provocare l’over training.

Ovviamente se in ottica del bodybuilding si può ricorrere al cedimento sia per i fondamentali che per i complementari, in chiave prestazionale di un atleta praticante la pesistica il discorso analogo non può valere per gli esercizi base e potrebbe esser condotto sulle esercitazioni complementari ma d’isolamento solo sporadicamente e largamente off season.

Se con la dicotomia leggero/pesante intendi invece riferirti al numero ottimale di reps e sets e relativa entità del carico, anche tale discorso andrebbe contestualizzato.

Tuttavia, in generale, può dirsi non conveniente usare carichi troppo elevati per un numero esiguo di ripetizioni su gruppi muscolari ridotti, perché la sollecitazione su articolazioni e tendini, non sostenute da adeguata massa muscolare, risulta eccessiva ed espone a margini elevati di probabilità di infortuni cronici, a fronte di guadagni irrisori o non proporzionati.

D’altra parte un lavoro a carichi troppo leggeri su di un tempo protratto, non si rivelerebbe coerente con un allenamento rivolto a forza ed ipertrofia ma arrecherebbe benefici solo in termini di forza resistente (resistenza alla forza) o resistenza generale.

Ecco perché, limitatamente a quei programmi di allenamento di cui si è potuto leggere nelle pagine precedenti e che sono particolarmente rivolti ad atleti di forza, mi sentirei di consigliare esercitazioni complementari d’isolamento con numero di serie da 4 a 6 su un range di 6/12 reps, da ridurre tuttavia per quegli esercizi sui multiarticolari non di gara (es. trazioni alla sbarra/lat machine o rematore o parallele) nella forbice di 5-8 reps.

Si tratta pur sempre di indicazioni teoriche ed approssimate che non tengono conto dell’individualità dell’atleta che un tecnico può conoscere di persona ed allenare di conseguenza.

Per mie convinzioni e impostazioni ricevute da chi in passato mi ha guidato, non inserisco mai i complementari sinergici – ossia riguardanti la stessa catena cinetica dell’esercizio base – nella medesima sessione in cui ho allenato l’alzata principale, a meno che chiaramente non sia stata una sessione squisitamente tecnica e blanda come intensità.

Non prediligo routine nelle quali alla bench press (ad esempio) discretamente pesante segua il lento avanti, la french press, i dip o la panca stretta, poiché parto da quest’ordine di considerazioni: nel fare la bench press, i deltoidi e i tricipiti si stancano prima del pettorale per minor estensione volumetrica delle fasce muscolari e ridotta capacità di carico; in altre parole, quando non completo l’ultima serie prevista di bench press, è presumibilmente perché ad andare in stallo è stato il tricipite e non il gran pettorale.

Dunque, se dopo una buona seduta di panca riesco ad allenare isolatamente il tricipite o il deltoide anteriore, vuol dire che ho sotto allenato l’alzata clou; se invece ho rispettato il programma allenante sulla bench press, i lavori di isolamento sui muscoli più piccoli ne risentiranno e mi condurranno il muscolo in overtraining lattacido per la prossima seduta o, quanto meno, non sarò in grado di allenarli in sufficiente condizione di integrità di ATP.

Il discorso sarebbe al contrario valido se fossi interessato ad una routine di bodybuilding: in tal caso il muscolo pre-stancato lavorerebbe a bassa intensità ma in alta acidosi e mi condurrebbe (si spera) ad un buon pompaggio o grado di resistenza al volume di lavoro per le serie a cedimento . . . ma poiché solitamente non alleno bodybuilders, questa condizione non mi interessa e cerco di mantenere le migliori condizioni di integrità alattacida dell’atleta affinché esprima il proprio potenziale di forza e potenza ed evito di abbinare esercizi che lo costringerebbero a contare – ad esempio – 8 serie allenanti sul gruppo muscolare maggiore (quindi sul pettorale, nel caso della bench press) e ben 12 sul minore (ad esempio 4 di lento avanti + 8 di bench per il deltoide anteriore), che per me rappresenterebbe un controsenso.

Dunque, sempre parlando di esemplificazioni generiche (prendiamo ad es. esclusivamente lo squat e la bench press), in un eventuale programma 2xweek sull’alzata “X”, mi regolo così:

  • sessione A) bench/squat,
  • sessione B) complementari di bench press o di squat o entrambi,
  • sessione C) squat/bench.

È un esempio tra i più classici ma vi sono molteplici possibili combinazioni.

In un diverso programma 3xweek sull’alzata il discorso cambierebbe (non a caso Korte non prevede complementari) ma ora esula dalla trattazione degli schemi appena descritti.

Alla luce di ciò, se per fare un esempio si predilige la panca ad impugnatura stretta (che reputo un grande esercizio) e la si vuol inserire in un contesto che preveda il sistema di volume con ripetizioni costanti (sempre per restare in tema), non la farei seguire ad una routine di bench press nella medesima seduta, bensì prevederei:

  • 1^ sed.) bench press di volume con una delle tipologie descritte,
  • 2^ sed.) bench press close grip o altro complementare (anche 1 complementare per il tricipite ed 1 per il deltoide da 4+4 serie a fronte di eventuali 8 di panca nelle altre sessioni),
  • 3^ sed.) bench press (2°sess.) di forza sub massimale o specializzazione tecnica, ecc.

Invece, nelle sessioni dedicate alle alzate principali, inserirei gli esercizi o i complementari per gli antagonisti (es. trazioni, curl bicipiti) che non sono stati già stressati e possono quindi lavorare anch’essi sul parametro forza con serie da 5/6 rip (multiarticolari) o stile bodybuilding (in isolamento: es, bicipiti e polpacci).

Per quanto riguarda i manubri, che non utilizzo molto (ma tuttavia….uso), adotto shoulder press e distensioni su panca inclinata, rematore, vari curl per i bicipiti, sempre nel rispetto delle osservazioni sopra accennate.

È chiaro che alla fine, in chiave agonistica, questi esempi non sono applicabili per tutta la durata della stagione ma occorre che siano anch’essi opportunamente periodizzati, soprattutto se si vuole inserire il lavoro equipaggiato.

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