I sistemi con serie a ripetizioni costanti

Si tratta di sistemi di allenamento nei quali la costante sicura è rappresentata dal numero di ripetizioni da eseguire nell’ambito delle serie; numero che, appunto, rimane invariato sia nel corso della sessione sia di tutti i microcicli prefissati. (vedi Tecnica del Mantieni Ripetizioni – MR - ndr)

Le variabili possono essere invece rappresentate dal numero crescente delle serie, a costanza di carichi, durante gli allenamenti di volume (es. 4 x 6, 5 x 6, poi 6 x 6 ecc.) oppure dai carichi stessi, che sono incrementabili a costanza di serie e ripetizioni (es. 5 x 5 x 75%, 5 x 5 x 78%, 5 x 5 x 80% e così via).

Queste appena dette sono le progressioni più comuni ma, ovviamente, nulla vieta di aumentare alternativamente, oppure ondulatoriamente, sia carichi che serie o anche di puntare – molto più raramente – sulla progressiva e ciclica diminuzione dei recuperi, in quelle sessioni di condizionamento generale che precedano i mesocicli di forza veri e propri (es. 4 x 6 x 70% rest 3′, 4 x 6 x 70% rest 2’30”, 4 x 6 x 70% rest 2′, segue 4 x 6 x 75% rest 3′ e si ricomincia).

Normalmente tali metodi, nell’ambito dei programmi di allenamento per la forza, vengono utilizzati in apposite sessioni di tipo “medio” o “medium-light”, che definisco di “appoggio” alle vere e proprie sedute di allenamento della forza specifica o sub massimale.

In uno schema, che preveda 2 sedute settimanali dedicate ad un determinato esercizio (o alzata), è possibile portare avanti due diverse metodologie, delle quali una, quella dedicata al volume o al mantenimento della forza generale acquisita e che ci interessa in questo frangente, può ben essere rappresentata da un sistema di progressione dei carichi o delle serie a numero di ripetizioni costanti.

Nella letteratura dell’allenamento e preparazione delle specialità di forza vi sono diverse esemplificazioni pratiche del genere; proverò a ricordarne qualcuna, sicuramente influenzato dalle mie esperienze agonistiche personali e dai settori nei quali ho operato.

5×5 Bill Starr

Per approfondire questa tipologia di allenamento : Bill Starr – ndr.

Nello specifico di questo argomento, è uno dei sistemi a numero di ripetizioni fisse tra i più conosciuti.
Di regola, partendo dal considerare il “5″ come un numero quasi magico , stabilisce l’invariabilità non solo nel numero delle ripetizioni ma anche delle serie, prevedendo un progressivo ma costante aumento dei carichi come fattore intensità.

Tecnicamente e didatticamente è stato formulato dal noto preparatore atletico di livello internazionale Bill Starr.
In realtà, è una versione pressoché corretta e rielaborata del vecchio programma di allenamento seguito negli anni ’50 dal bodybuiler inglese Reg Park.

Siccome Starr è venuto dopo Park e sa vendersi molto bene (oltre ad essere senz’altro molto bravo), quasi tutti conoscono questo sistema tra i metodi di base per l’incremento della forza a partire da quando il celebre allenatore lo ha lanciato pubblicando, circa 30 anni fa, il suo “Only the strongest shall survive”, che fece tale fortuna da costituire tuttora il titolo della sua rubrica fissa sul periodico Ironman.

Il sistema prevede che il carico possa essere aumentato nel corso dei microcicli solo quando nella seduta precedente tutte le ripetizioni di tutte le serie siano state completate con successo; in caso contrario, il carico deve essere mantenuto inalterato; qualora si verifichi addirittura un decremento prestazionale per il quale, con un carico aumentato, non siano state completate perlomeno 14/15 ripetizioni totali nelle 5 serie preventivate, il carico va adeguatamente diminuito (esempio 1 – 100 kg. x 5 /5 / 4 / 3 /3 in 5 serie: il carico resta invariato nella sessione successiva; esempio 2 – 100 kg. x 4 /3 / 3 /2 /2, il carico diminuisce).

È evidente che per ottenere una progressione sufficientemente duratura del sistema è opportuno iniziare con una percentuale di carico moderata – nell’ordine del 75% e anche meno – e procedere con incrementi nell’ordine del 2%.

In alcune varianti apportate al sistema originario, Starr ha previsto – sempre nell’ambito delle 5 serie complessive – 2 serie di avvicinamento all’intensità allenante e 3 successive serie clou, es: 5 x 5 x risp.te 90 / 95 / 100 /100 /100 kg.

A mio avviso, le progressioni di carico e il sistema in generale così concepito funziona con efficacia quanto più l’atleta sia in fasi iniziali o intermedie; con l’atleta avanzato e ancor più sull’esercizio dove è maggiormente avanzato non funzionano più; ecco perché Starr aveva buon gioco a prevedere questo sistema su esercitazioni di potenziamento funzionali al gesto di gara, nella preparazione di atleti sui quali dovesse esser rivolto un transfert successivo nella loro specialità, ma non sul gesto stesso; chi le ha utilizzate sull’esercizio di gara, dopo 1 o 2 esperienze, generalmente, non ha raccolto risultati apprezzabili.

Il “Sollevatore paziente”

È il sistema elaborato e diffuso da Charles Poliquin e fondato sulla metodologia degli “sforzi ripetuti”.

Non differisce granché dal precedente sistema di Starr poiché, come quello, si basa sulla ripetitività dello stesso numero di ripetizioni a costanza di serie, prevedendo un graduale incremento dei carichi.

Le sole differenze sono date dal numero di ripetizioni che scendono da 5 a 4 e dal numero complessivo delle serie che sale a 6, quasi come si intendesse in tal modo lasciar inalterato il volume complessivo delle alzate.

Il celebre preparatore canadese prevede un carico base oscillante tra l’80 e l’87% (a seconda del periodo temporale per il quale si intenda protrarre lo schema), con un incremento sui carichi solo allorché vengano completate tutte le previste 4 ripetizioni delle 6 serie, pena una ripetitività estenuante della routine da parte del lifter che, proprio per questo, deve essere necessariamente…molto paziente.

In un programma a medio/lungo termine, che preveda una sessione fissa basata sulle serie a numero di ripetizioni costanti, i sistemi di Starr e Poliquin potrebbero completarsi vicendevolmente, con i dovuti accorgimenti, e succedersi nei mesocicli : esempio 5 o 6 settimane con 5×5 e successivo mesociclo di analoga durata con 6×4.

La variabile della serie

A differenza dei precedenti casi menzionati, in questa applicazione si da per costante non solo il numero delle ripetizioni (generalmente 5) ma anche un carico prestabilito (vedi La tecnica del Mantieni peso (MP) – ndr) ; la variabile è invece rappresentata dal numero delle serie che aumenta in ogni microciclo, per totalizzare, al termine del mesociclo, un cospicuo volume di lavoro di forza alla data intensità di carico predeterminata.

Esempio 6 microcicli con il seguente sviluppo: 5 / 6 / 7 / 8 / 9 / 10 x 5 x 80%

La scelta delle 5 ripetizioni non è casuale ma dettata da alcune considerazioni, pur sempre approssimate e convenzionali, ma che tuttavia scaturiscono da basi di fisiologia muscolare.

Si parte dal presupposto che il tempo necessario ad effettuare non oltre 6 ripetizioni, con un carico ad esse proporzionali, possa incidere considerevolmente sulla qualità di forza muscolare e che, nel contempo, tenersi sopra il range delle 2-3 ripetizioni consenta di non sovraccaricare l’SNC (Sistema Nervoso Centrale) in maniera apprezzabile.

Ecco perché le sessioni che tendono a migliorare o mantenere i livelli di allenamento della forza generale – e quindi i volumi di lavoro su detto parametro – senza sfociare nella forza sub massimale o in quella specifica per le prove di gara, si incentrano prevalentemente tra le 4 e le 6 ripetizioni.

In questo intervallo è possibile allenare la forza nella sua accezione più classica dell’espressione muscolare; con un’intensità maggiore, che implichi un ridotto numero di ripetizioni, la qualità di forza si mescola alle qualità di potenza ed esplosività – peraltro non meno importanti – ed entra anche massicciamente in gioco il ruolo del sistema nervoso; con un’intensità minore (e più ripetizioni) la forza permane ma trasforma le proprie caratteristiche in forza resistente e resistenza alla forza.

Come sempre, tutto dipende dagli obiettivi contingenti ed a medio termine, dalle specialità praticate e dai parametri che si intendono allenare, migliorare o, semplicemente, a cui dedicarsi in quel frangente temporale.

Lo schema a fasi del volume di forza

Nel corso degli anni si è tentato di periodizzare il lavoro sulla forza generale non limitandosi a dedicarvi un unico mesociclo o una sessione stabile di mantenimento e richiamo ma ciclizzando i microcicli fondati su sistemi a numero di ripetizione costante nell’ambito di più mesocicli.

Tra i tentativi del genere, si può segnalare quello del Dott. Mauro Di Pasquale, campione di powerlifting italo canadese e medico ricercatore di chiara fama.

In alcuni scritti su riviste specializzate, egli ha sostenuto di aver preparato la partecipazione ai Campionati del Mondo con programmi di allenamento articolati in 18 settimane e suddivisi in 3 mesocicli ciascuno.

Nei primi 2 mesocicli attuava un lavoro incentrato esclusivamente sulla forza generale e consistente in media di 5 micocrocicli + 1 di scarico in ogni mesociclo: in ciascuno di essi, lavorava l’alzata in 2xweek con, rispettivamente, 5 serie da 6 ripetizioni nel primo mesociclo e 5 da 4 nel secondo.

Dopo 12 settimane si procedeva al mesociclo di intensità fondato su 5 microcicli, nei quali la sessione di forza generale si riduceva ad una sola e veniva inserita la sessione di forza specifica e massimale (che esula dall’odierno articolo); in un’altra seduta settimanale erano trattati i complementari agli esercizi di gara.

Stephan Korte, campione di PL degli anni ’90, ha anch’egli dedicato un intero mesociclo – da lui definito 1^ fase – al lavoro di volume con serie a numero di ripetizioni costanti. Tale fase durava 4 settimane, in un ciclo di 8 settimane complessive da 2 fasi.

Korte eseguiva dai 2 ai 3 cicli così pianificati in previsione di una competizione mondiale, per un totale di 17-25 settimane compreso lo scarico pre-gara.

Pur essendomi ripromesso, nel prologo dell’articolo, di non trattare programmi specifici di PL già ampiamente descritti o commentati da altri autori nel forum, farò prossimamente un’ eccezione per il Korte  3 x 3.

In materia di ciclizzazione del lavoro di volume sulla forza, vorrei esporre un programma che mi fu proposto diversi anni or sono e che attuai con discreti risultati.

Consiste in un macrociclo di 14-15 microcicli settimanali, raggruppati in 3 mesocicli, rispettivamente di 4 – 4 – 5/6 microcicli (più quello finale di scarico), con tre sessioni settimanali di allenamento.

In esso e per tutta la durata del programma, è previsto stabilmente il lavoro di forza generale con serie a numero di ripetizioni costanti, nella misura di 1 seduta settimanale.

Attuai il programma ovviamente . . . per la specialità di bench press . . . (e come potevasi dubitarne), inserendovi ed applicandovi gli accorgimenti che tale fattispecie richiedeva; analogamente, negli anni successivi, l’ho propinato a molti ragazzi perché lo considero un buon approccio per creare le giuste basi della forza, inserendo contestualmente delle esercitazioni tecniche “ad hoc” (l’assimilazione del “fermo”, nel caso della panca).

Rappresenta, a mio avviso, un mezzo utile e di facile assimilazione per un graduale ma consistente passaggio dall’allenamento con i pesi generico e della forza più in particolare a quello con velleità agonistiche e peculiarità di specializzazione, che tuttavia non trascuri appunto le solide basi di forza generale, importanti per tutti ma ancor più per i giovani e gli atleti in fase di sviluppo e maturazione a livelli intermedi.

Il programma consisteva in 3 sessioni nell’ambito del microciclo settimanale, con due sedute dedicate all’alzata/alzate clou.

Tralascio di descrivere l’intero programma, in quanto non pertinente, ed espongo lo schema di lavoro sull’esercizio prioritario nelle due sessioni, l’una di volume sulla forza generale e l’altra più specifica su quella sub massimale, prendendo sempre ad esempio la bench press.

  • I mesociclo (4 microcicli):

sessione A : 4/5/6/4 x 5 x 75%,
sessione B : 3×3 (1” fermo) x 75-80-85-87% e 2×3 (3”)x 70-75-80-82%;

  • II mesociclo (4 microcicli):

sessione A : 4/5/6/4 x 5 x 78-80%,
sessione B : 3×3 (1”) x 77-82-85-90% e 2×3 (3”) x 72-77-82-85%

  • III mesociclo (6 microcicli):

sessione A : 4/5/6/5/5/4 x 5 x 80-85%,
sessione B :
1×1 f. x 88-90-92-94-90-90%
2×2 f. x 85-88%
3×3 no f. x 85%

Se si prescinde dall’esecuzione del “fermo”, uno schema analogo può essere utilizzato in 2xweek anche per lo squat o la distensione lenta; idem per lo stacco da terra, qualora si applichino degli esercizi specifici nella sessione B (rialzi e pin pull) con le serie da 2/3 rip. e venga magari eseguito lo stacco in stile non conforme alla gara in alcune sessioni A.

Come si può vedere le possibilità di spaziare sono molteplici.

Dunque . . . la forza sia con voi (ma non soltanto quella massimale).

Anche in questo caso mi sono rivolte delle domande, una per tutte:

Tony, quando parli del Bill Starr indichi che questo metodo è utilizzato spesso nelle sedute di volume, con percentuali tra il 75% e l’85% se non sbaglio. Questo è quello che riguarda una seduta. Rimanendo sulle 4-6 RM non si stressa il SNC con i conseguenti problemi che ne seguono. Ok, fin qui ci siamo. Una domandina . . . dopo un volume di circa 25-30 rep, reputi necessario inserire complementari in questa sessione? e se si quanto/i? io sono uno di quelli che odia i manubri, preferisco lavorare con il bilanciere. Poi indichi che l’altra seduta dovrebbe essere più diretta verso la forza sub-massimale. Ecco, qui mi sorge un dubbio. Allenando la forza sub-massimale prevede anche un certo tipo di % almeno un giorno per settimana giusto? non È nocivo per il SNC ? hai altri approcci che siano diversi dal Korte?

Cercherò di rispondere per punti

1) Per quanto riguarda i complementari : per mie convinzioni e impostazioni ricevute da chi in passato mi ha guidato, non inserisco mai i complementari sinergici – ossia riguardanti la stessa catena cinetica dell’esercizio base – nella medesima sessione in cui ho allenato l’alzata principale; a meno che chiaramente non sia stata una sessione squisitamente tecnica e blanda come intensità.

Non prediligo routine nelle quali alla bench press (ad esempio ) discretamente pesante segua il lento avanti, la french press, i dip o la panca stretta, poiché parto da quest’ordine di considerazioni: nel fare la bench press, i deltoidi e i tricipiti si stancano prima del pettorale per minor estensione volumetrica delle fasce muscolari e ridotta capacità di carico; in altre parole, quando non completo l’ultima serie prevista di bench, è presumibilmente perché va in stallo il tricipite e non il gran pettorale.

Dunque, se dopo una buona seduta di panca riesco ad allenare isolatamente il tricipite o il deltoide anteriore, vuol dire che ho sotto allenato l’alzata clou; se invece ho rispettato il programma allenante sulla bench press, i lavori di isolamento sui muscoli più piccoli ne risentiranno e mi condurranno il muscolo in overtraining lattacido per la prossima seduta o, quanto meno, non sarò in grado di allenarli in sufficiente condizione di integrità di ATP.

Il discorso sarebbe al contrario valido se fossi interessato ad una routine di bodybuilding : in tal caso il muscolo pre-stancato lavorerebbe a bassa intensità ma in alta acidosi e mi condurrebbe (si spera) ad un buon pompaggio o grado di resistenza al volume di lavoro per le serie a cedimento; già . . . ma poiché non alleno bodybuilders , questa condizione non mi interessa e cerco di mantenere le migliori condizioni di integrità alattacida dell’atleta affinché esprima il proprio potenziale di forza e potenza ed evito di abbinare esercizi che lo costringerebbero ad affrontare, ad esempio, 8 serie allenanti sul gruppo muscolare maggiore (nel caso della bench press, sul pettorale) e 12 sul minore (ad esempio 4 di lento avanti + 8 di bench per il deltoide anteriore), che per me rappresenterebbe un controsenso.

Quindi, in un eventuale programma 2xweek sull’alzata “X”, mi regolo così:

  • Sessione A) bench / squat
  • Sessione B) complementari di bench o di squat o entrambi
  • Sessione C) bench/ squat

È un esempio tra i più classici ma vi sono anche altre possibili combinazioni.

In un programma 3 x week sull’alzata, il discorso cambia (non a caso Korte non prevede complementari) ma esula dalla trattazione degli schemi sopra descritti.

Alla luce di ciò, se ti piace la panca stretta (grande esercizio pure per me) e la vuoi inserire in un contesto che preveda il sistema di volume con ripetizioni costanti (per restare in tema), io non la farei seguire ad una routine di bench nella medesima seduta, bensì prevederei:

  • 1^ seduta bench press di volume con una delle tipologie descritte,
  • 2^ seduta bench press close grip o altro complementare (anche 1 compl. tricip. e 1 deltoide da 4+4 serie contro ev.li 8 di panca nelle altre sessioni
  • 3^ seduta bench press (2° sess.) di forza sub mass.le o special.ne tecnica o ecc.

Invece, nelle sessioni dedicate alle alzate principali, inserirei gli esercizi o i complementari per gli antagonisti (es. trazioni, curl bicipiti) che non sono stati già stressati e possono quindi lavorare anch’essi sul parametro forza con serie da 5/6 rip (multiarticolari) o stile BB (in isolamento: es, bicipiti e polpacci).

Per quanto riguarda i manubri, non li utilizzo molto ma . . . li uso : distensioni per le spalle, su panca inclinata, rematore, bicipiti, sempre nel rispetto delle osservazioni sopra accennate.

È chiaro che poi, in chiave agonistica, questi esempi non sono applicabili per tutta la durata della stagione ma opportunamente ciclizzati, soprattutto se deve essere inserito il lavoro equipaggiato.

2) Non stressare l’SNC, non vuol dire non coinvolgerlo mai . . . altrimenti dobbiamo rinunciare al PL, a tutti gli sport di potenza che su esso si basano ed in generale all’allenamento di qualità atletiche importanti (potenza, esplosività, destrezza, ecc.).

Il discorso era un altro: poiché coinvolgiamo appunto in maniera preponderante il Sistema Nervoso nell’allenamento delle potenza, della forza max e sub massimale, nell’allenamento delle specialità di gara e così via – dalle quali l’agonista non può prescindere – se vogliamo pure dedicare una sessione o un microciclo o anche un intero mesociclo all’allenamento della qualità fisica della forza, generalmente intesa nel suo approccio più squisitamente muscolare e senza che siano percentualmente altrettanto coinvolte altre qualità come la potenza, la reattività ecc, in questo caso possiamo mantenerci su quel range di 4-6 ripetizioni che – approssimativamente – è stato dimostrato allenare la forza senza ricorrere a parametri diversi di esplosività, specializzazione tecnica dell’esercizio, risposta neuronale come nel range 1-3 e, contemporaneamente, senza rischiare di transitare eccessivamente sul piano del lavoro lattacido e della forza resistente, come nel caso di serie superiori alle 6 ripetizioni.

È ovvio che poi, se ci interessa la potenza e l’attività agonistica nelle specialità di forza, dovremo ben dedicare delle sessioni all’allenamento di queste qualità, coinvolgendo l’SNC senza timore (in quel caso) di stressarlo; intanto perché recupera celermente, secondo perché deve essere allenato a sua volta per farci eccellere dove desideriamo.

L’importante è scegliere il giusto mezzo allenante per ciascuna qualità che si voglia allenare, nella seduta prescelta e nel periodo in cui è pianificato che venga allenata.

3) Riguardo al 3° punto, ogni approccio è valido se parte da premesse fondate ed è adatto a chi lo mette in opera e nel momento in cui lo fa.

Quasi tutte le metodiche descritte hanno ben poco a che vedere con il Korte: “onde”, “fasi”, “Starr”, ecc. ; la stessa ciclizzazione del lavoro di volume su serie a ripetizioni costanti può essere attuata con il Korte (1^ fase) ma altrettanto bene senza (ho citato Di Pasquale, Starr e Poliquin).

L’ultimo esempio del mio post – quello basato su una seduta A) di volume della forza generale e B) sull’allenamento sub massimale e tecnico della specialità – è uno schema di allenamento sulla forza (sia generale sia submax.), che ho applicato più volte in passato e fatto fare, praticamente, a tutti i ragazzi che ho allenato : ma non è il Korte.

Ho attuato il Korte – è vero – e ne ho una ottima considerazione ma lo ritengo un programma comunque specialistico su “the three lifts” per atleti che abbiano già maturato diverse esperienze di sistemi, non lo utilizzerei come primo metodo di allenamento per un atleta, almeno integralmente; perché prima di fare panca, squat e stacco 3 x week, credo che si possa transitare per altre strade di maturazione.

Una domanda su quest’ultimo punto che mi è stata mossa e che mi dà la possibilità di un’ulteriore digressione è questa : Non capisco la sessione B dell’ultimo mesociclo . . . non è un po limitata come intensità? mi spiego : per la panca ho un massimale di 120 Kg, non sono un agonista, quindi massimale raw, senza fermo. Con questo massimale mi risulterebbe, nel 3° mesociclo alla 4° seduta, di lavorare con 1x1x113 kg, 2x2x106 kg, 3x3x102 kg. Quando, già alla fine del 2° mesociclo, farei un 3x3x108 kg, 2x3x 102 kg mi sembra che quest’ultima seduta sia ben più intensa di quella del 3° mesociclo, mentre in teoria mi aspettavo il contrario. Per quale motivo allora dovrei ottenere dei guadagni in forza? il problema è forse il mio massimale troppo basso e che quindi provoca percentuali così ristrette e poco sensate?

Il programma a cui mi riferisco è stato pensato in chiave agonistica – come del resto quasi tutti i sistemi di periodizzazione per le specialità di forza – e questo aldilà del livello tecnico dell’atleta, di cui pure bisogna tener conto per i dovuti adattamenti ad personam.

La chiave di lettura resta sempre quella competitiva, per la quale mi occorre essere al top della forma e della condizione in un dato momento, per sfruttare al massimo le potenzialità dell’applicazione prescelta lì, in quel giorno (o in quei giorni), non prima perché sarebbe troppo presto e la forma rischierei di non mantenerla, ne dopo perché sarebbe evidentemente troppo tardi.

Allora proviamo a scendere nel dettaglio dell’argomento che ci interessa.

Il macrociclo – citato peraltro ad esempio di una metodologia di lavoro – consta di 3 mesocicli, ciascuno dei quali con un obiettivo prevalente anche se non esclusivo, organizzati, rispettivamente, in 4-4-6 microcicli di 3 sessioni settimanali complessive.

La sessione intermedia è dedicata ai complementari sinergici sulla catena cinetica e su essa quindi, in questa fase, non ci soffermiamo.

Il primo mesociclo di lavoro rappresenta il primo reale costruttore di forza specifica – attenzione sempre e comunque forza specifica e specialistica – soprattutto per il neofita del metodo o per l’atleta non del tutto avanzato in generale.

Per costoro, oltre che incidere su di una costruzione di forza piuttosto rapida, il mesociclo dovrebbe rappresentare un periodo di progressivo adattamento alla nuova concezione di lavoro, presumibilmente diversa da quella precedentemente svolta dall’atleta in questione, vuoi perché molto giovane, vuoi perché non ancora dedito a quelle specialità agonistiche.

Per l’atleta più navigato che decida, per motivi personali, di intraprendere comunque quel programma, il predetto mesociclo potrebbe essere un utile ricondizionamento per riacquistare agevolmente dei livelli pregressi di forza in momentanea flessione per svariati motivi: un leggero infortunio, una sosta protratta ecc.

Così abbiamo le due sessioni, A e B, in progressiva ascesa di intensità e volume nel corso delle 4 settimane.

Il secondo mesociclo presuppone, invece, un già raggiunto buon livello di forza ed un altrettanto adeguato adattamento al sistema e si incentra sul tentativo di raggiungere un nuovo picco.

Si badi però che non parliamo ancora di picco massimale bensì di migliorata capacità di lavoro sulla di forza. Prevede dunque lo stesso procedere del volume, identico numero di set e ripetizioni dedicate in buona parte alla forza sub massimale ma percentuali in aumento nei microcicli, se confrontati a quelli rispettivi del mesociclo precedente.

L’alternanza ondulatoria tra i due mesocicli parte dal presupposto che la qualità allenata non sia migliorabile in estensione illimitata di sessioni ma che il lavoro debba essere necessariamente pianificato, prevedendo delle settimane di calo e recupero per una successiva, ottimale risalita.

Per questo motivo ogni microciclo del secondo mesociclo, pur qualitativamente inferiore alla parte terminale del primo ciclo è, tuttavia, di intensità più alta rispetto al microciclo corrispondente della precedente fase.

A questo punto dovremmo aver raggiunto un ragguardevole livello di intensità nel lavoro di forza, perlomeno in misura proporzionale a quanto realisticamente attendibile nel corso di un periodo di 8 settimane.

La raggiunta massima capacità lavorativa, però, non si traduce purtroppo quasi mai per un agonista in un transfert sicuro nella prova da gara o nel test inteso come obiettivo finale. Questo perché l’esecuzione della prova gara, cioè nel nostro caso quella massimale, presuppone all’origine il lavoro di base svolto per l’accrescimento della qualità specifica ma cionondimeno non soddisfa appieno i criteri e le modalità di svolgimento di quello che sarà poi l’esame a cui l’atleta si sottopone.

In altre parole potrei aver accresciuto la mia forza assoluta anche sulla prova specifica ma non aver migliorato la mia massima capacità espressiva sulla singola alzata massimale, soprattutto non nell’immediato. Ad es. progredisco nel 5RM e non in proporzione nell’1RM, oppure sono in grado di incrementare il numero delle serie in cui eseguo 3 rip. con il carico x, senza che ciò incida in modo apprezzabile sul mio max.

Allora si rende necessario un periodo di consolidamento della forza ottenuta per far si, da un lato, che il vantaggio acquisito non sia effimero e possa esser ripetuto in pedana – a breve – con moltiplicate percentuali di successo, dall’altro che i guadagni generali si trasformino proficuamente e progressivamente in un picco sulla prestazione massimale.

Nel terzo mesociclo cerchiamo appunto di ottimizzare tutto questo.

L’atleta si abitua a maneggiare carichi più elevati, in singola alzata ed esecuzione tecnica inappuntabile – così come del resto gli verrà richiesto in pedana – pur se con una sforzo di durata percentualmente inferiore, perché è ben vero che 3 rip con il 90 per cento giustificherebbero una singola a quota maggiore del 94, ma è importante che la dimostrazione di ciò venga fornita due settimane dopo in gara e non al quarto microciclo di un meso finale – magari nel chiuso di una palestra, con la ragazza che ti applaude e l’amico che ti dice “aho li hai fatti da solo eh” – rischiando poi di non ripetere l’impresa nel momento topico.

Il massimale presunto attesterebbe la forza ma non l’allena mentre a noi servono una o più singole allenanti.

Il nostro atleta si abitua a reclutare nuove unità motorie, concentrandosi meglio sul movimento richiesto in quanto singolo ed a percentuale di carico maggiore, senza tuttavia stressare troppo l’SNC e mantenendo in ogni caso i livelli di forza raggiunti ed il volume acquisito – difficilmente migliorabile ulteriormente in altre 4 o 6 settimane, se ha lavorato bene in precedenza – grazie alle serie da eseguire in successione.

Se infatti andiamo a farci un rapido calcolo matematico, scopriamo questo:

  • Nel quarto microciclo, sess. B, del secondo meso, il lavoro previsto era 3x3x90 e 2x3x85, cioè 15 ripetizioni ad intensità media dell’88 per cento distribuito in 5 serie.
  • Nel quarto microciclo, sess. B, del terzo meso, il lavoro è 1×94, 2x2x88, 3x3x85, cioè 14 ripetizioni ad intensità media dell’86-87 per cento distribuito in 6 serie.

Praticamente volume inalterato su di un diverso sviluppo del programma atto a consolidare appunto il livello raggiunto trasformandolo in acquisito e, nel contempo, a perfezionare l’alzata di picco mantenendo le necessarie doti di integrità e freschezza atletica.

Ovvio che poi occorrono le inevitabili personalizzazioni del sistema. Conoscendo l’atleta, il tecnico può far lievitare o abbassare le percentuali in relazione al suo curriculum pregresso, può rendere più elastico o incrementare il volume se l’atleta stesso ha già lavorato secondo questi parametri, soprattutto può aumentare a 2 o 3 il numero delle singole se l’atleta ha sufficiente maturità tecnica e fisica e reagisce bene agli stimoli, può anche accorciare le due settimane finali di scarico o prolungare a 5 i microcicli di uno o più dei mesocicli, a seconda anche della calendarizzazione dell’evento.

È altrettanto chiaro però che estrapolando il sistema enunciato dal contesto agonistico originariamente previsto – sia pure esso a livello nazionale o locale, promozionale o professionale ancorché non professionistico, consistente o meno in un campionato o in un semplice test – la ratio in base alla quale è stata concepita tutta l’impalcatura decade.

L’applicazione in discorso è inserita nel tema dei sistemi di allenamento delle specialità di forza, che sono quelle generalmente ricomprese nell’attività agonistica e che pertanto ricercano il raggiungimento di uno stato di forma in una disciplina in occasione del prestabilito momento clou ed a questo si dedicano, almeno all’origine, gran parte dei sistemi descritti.

Per fare un esempio, agli ultimi Campionati italiani di bench press ho totalizzato un’alzata di 140kg. nella categ. -60KG. Se ripetessi il mio tentativo oggi, in condizioni analoghe, presumibilmente non ripeterei il risultato, ma non perché sia diventato più debole o definitivamente decrepito – che potrebbe tutto sommato pure essere – ma semplicemente perché non ho focalizzato lo standard della mia attuale preparazione su di un evento specifico.

Insomma ho perso smalto.

Quanto sopra per dire che se lo scopo è il miglioramento generale della qualità di forza, sia pur in una data specialità ma senza l’interesse per le scadenze agonistiche, occorre valutare ed eventualmente riconsiderare quale sia la metodologia migliore di allenamento su cui far ricadere la scelta.

Se si vuol migliorare la propria forza nel distretto dei pettorali si potrà anche prescindere dalla bench press o inserirla in un ciclo di lavoro non periodizzato poiché il fine prioritario non è la forza specialistica.

Se si vuol invece incrementare la distensione su panca senza tuttavia vincolarla ad una competizione o ad un giorno prestabilito o a delle regole convenzionalmente intese, si potrà seguire una metodologia di lavoro pianificata su altra base temporale oppure un sistema diversamente strutturato.

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