Più volte si è parlato di allenamento intenso, l’ intensità è un parametro prevalentemente utilizzato nell’esercizio con sovraccarichi (resistance training) e nelle attività cardiovascolari (Endurance trainingInterval training). L’intensità è uno dei principali parametri applicati nell’allenamento con sovraccarichi (power lifting, weight lifting, body building, fitness). Questo parametro è largamente applicato anche in altre attività sportive cardiovascolari o aerobiche.

Definizione di intensità nel Resistance training

L’ intensità esprime il grado di impegno fisico richiesto dall’esecuzione di una data attività. Questo parametro è legato al concetto di carico interno, ed è caratterizzato da una componente strettamente soggettiva. Viene considerato come uno dei parametri più importanti da stabilire in un programma di allenamento con sovraccarichi.

Benché all’interno delle discipline che prevedono un allenamento con sovraccarichi – powerlifting, weightlifting, bodybuilding, fitness – possa essere stabilito con precisione che l’intensità è proporzionale al carico sollevato, nel bodybuilding e nel fitness, al di fuori del contesto formale e scientifico, l’intensità verrebbe influenzata da ulteriori fattori come la velocità del movimento nelle varie fasi di una serie (Speed of movement), dal tempo totale in cui il muscolo è sottoposto a tensione dall’inizio alla fine della serie (Time Under Tension), dai tempi di recupero, e dall’introduzione di tecniche speciali che possono complicare il riconoscimento di tale formula.

Proprio per la sua complicata identificazione all’interno della disciplina del body building secondo questa interpretazione astratta, l’intensità rimane uno tra i parametri più discussi nella sua definizione da parte di diverse scuole. Ciò in quanto si è tentato di introdurre parametri e formule tipiche degli sport di prestazione, in un’attività che non si basa prioritariamente su questo aspetto. Tuttavia i vari tentativi di inquadrare l’intensità in maniera più ampia e alternativa rispetto al metodo scientifico convenzionale possono essere convalidati solo a livello pratico.

Intensità come percentuale di 1 Repetition Maximum (1RM)

La definizione scientifica, nel contesto generale del resistance training o esercizio con sovraccarichi, stabilisce che l’intensità del carico sia la percentuale di lavoro svolto rispetto alle capacità massimali su una ripetizione (% 1RM). Questa definizione potrebbe essere considerata come sinonimo di percentuale di carico, in quanto viene ricavata dal calcolo in percentuale sulla riduzione dello specifico carico che permette una ripetizione massima (1 RM, 1 Repetition maximum). L’ intensità secondo questa definizione potrebbe essere anche nominata semplicemente come resistenza o carico, riferendosi al fatto che ogni carico corrisponde ad una specifica intensità individuale.

Essa è riconosciuta come intensità relativa proprio perché espressa in percentuale rispetto all’intensità assoluta. Se ad esempio un atleta riesce a sollevare 100 Kg su panca piana per una ripetizione al massimo (1-RM), questi 100 Kg rappresentano il 100% dell’intensità (100% 1 RM), e quindi l’intensità assoluta. Se il carico viene ridotto del 20% (80 Kg), l’intensità scende al 80% di una ripetizione massima (80% 1-RM), e si traduce in una capacità di sollevare il carico per più ripetizioni. A sua volta, per ogni intensità relativa (o percentuale di carico) corrisponde una stima approssimativa del numero di ripetizioni che si riescono ad eseguire, naturalmente in condizioni di non affaticamento.

Ad esempio si può stimare che un carico relativo al 80% del massimale possa permettere di eseguire al massimo 8 ripetizioni massime a cedimento (8-RM). Queste stime però non sempre corrispondono esattamente alle capacità individuali, variano notevolmente anche a seconda della variante dell’esercizio (bilanciere o manubri, esercizi a catena cinetica aperta o chiusa), e naturalmente subiscono un’alterazione in base al grado di affaticamento e alla durata dei tempi di recupero.

A volte, per ricavare l’intensità relativa senza eseguire un test massimale che stabilisca l’intensità assoluta, viene proposta l’esecuzione del numero massimo di ripetizioni per un dato esercizio con un dato carico, in modo da risalire alla percentuale di carico in base al numero di ripetizioni massime portate a termine. Se un atleta ad esempio riesce ad eseguire 10 ripetizioni massime sulla panca piana con 80 Kg, questo carico corrisponderebbe approssimativamente al 75% del massimale, in quanto ogni numero di ripetizioni massime ha una corrispondente intensità relativa più o meno definita.

Il test che lavora sulle zone di intensità, denominate spesso “5-RM” o “10-RM”, si riferisce allo specifico carico che limita l’esecutore allo specifico numero di ripetizioni stabilite, ed è più conveniente per i bodybuilder o per gli entusiasti del fitness, poiché il test massimale richiederebbe troppo tempo per essere praticato considerato il largo numero di esercizi previsti nell’allenamento. Nonostante esistano definizioni alternative del parametro intensità, soprattutto nell’ambito del culturismo, questa pare essere la più accreditata e precisa, perché utilizzata da parte del mondo scientifico. Correlazione tra ripetizioni massime e intensità come percentuale di 1RM:

  • 100% 1RM = 1 ripetizione massima
  • 95% 1RM = 2 ripetizioni massime
  • 93% 1RM = 3 ripetizioni massime
  • 90% 1RM = 4 ripetizioni massime
  • 87% 1RM = 5 ripetizioni massime
  • 85% 1RM = 6 ripetizioni massime
  • 83% 1RM = 7 ripetizioni massime
  • 80% 1RM = 8 ripetizioni massime
  • 77% 1RM = 9 ripetizioni massime
  • 75% 1RM = 10 ripetizioni massime
  • 70% 1RM = 11 ripetizioni massime
  • 67% 1RM = 12 ripetizioni massime
  • 65% 1RM = 15 ripetizioni massime
  • 60% 1RM = 20 ripetizioni massime

Queste percentuali possono variare molto leggermente (±0.5-2.0%) in base allo stato di allenamento del soggetto.

Scala di percezione dello sforzo OMNI

Più recenentemente è stato introdotto un metodo alternativo di classificazione e monitoraggio dell’intensità (nella sua interpretazione scientifica) chiamato OMNI-resistance exercise scale, o OMNI-perceived exertion scale, cioè una scala di percezione dello sforzo. Si tratta di una scala di 10 punti soggettivi che trae spunto dalla precedente scala di percezione dello sforzo (Rate of Perceived Exertion, RPE), chiamata anche Scala di Borg in richiamo al nome dello studioso che la propose nel 1982, la quale viene usata soprattutto nell’esercizio aerobico in ambito scientifico e professionale.

Ogni punto da 1 a 10 nella scala OMNI rappresenta approssimativamente un incremento del 10% dell’intensità in relazione alla percentuale su 1-RM. Ad esempio l’uso di un carico relativo al 100% di 1-RM rappresenta il punteggio di 10 nella scala OMNI, mentre un carico corrispondente al 50% di 1-RM corrisponde ad un punteggio di 5. La OMNI-resistance exercise scale non è un metodo molto preciso, ma piuttosto qualitativo, in quanto determina quanto è duro l’esercizio secondo quanto percepito soggettivamente dall’esecutore.

Intensità nel bodybuilding come concetto astratto legato alla fatica

Mentre la precedente definizione può essere applicata generalmente nel resistance training in ambito scientifico, e non viene reinterpretata nelle discipline come powerlifting e weightlifting, dove l’obiettivo è unicamente quello di sollevare il massimo peso, nel bodybuilding il concetto di intensità potrebbe assumere ulteriori sfaccettature, in quanto vengono applicati metodi e vengono previste variabili non presenti nelle precedenti attività.

Nel culturismo infatti, alcune metodiche di allenamento hanno l’obiettivo di aumentare il valore dell’intensità, ma non possono essere codificate da una formula o un calcolo. In questa attività lo scopo principale è quello di aumentare l’ipertrofia muscolare, e non strettamente quello di aumentare la prestazione come nel caso del weightlifting e powerlifting, quindi si andrebbe in contro a fattori causali molto più complessi del semplice sollevare più peso possibile in poco tempo.

In questo contesto l’intensità a livello strettamente empirico assume un significato diverso da come viene riconosciuta nel parametro scientifico, e non verrebbe condizionata solo dallo specifico carico utilizzato, ma anche dalla durata della serie (Time Under Tension), la quale può essere a sua volta condizionata da varie tecniche speciali che consentono di prolungare il tempo sotto tensione oltre il cedimento muscolare previsto, oppure dal numero di ripetizioni, o ancora dalla volontaria variazione della velocità nelle varie fasi del movimento (Speed of movement).

Molte scuole di bodybuilding hanno interpretato il concetto di intensità non più come il carico, la resistenza, o la percentuale di carico sul massimale, ma riferendosi piuttosto alla difficoltà, alla durezza, alla fatica o allo sforzo necessarie per poter completare una serie, indipendentemente dal carico utilizzato.

Se ad esempio, una volta raggiunto il cedimento muscolare all’8° ripetizione (indicativamente circa l’80% 1RM), si applica una tecnica che permetta di prolungare il TUT e le ripetizioni, come il Cheating, le Ripetizioni forzate, lo Stripping, o il Super set, l’intensità di questa serie non sarebbe più dipendente solo dalla percentuale di carico su una ripetizione massimale (% 1RM), ma da ulteriori variabili che impongono un aumento della fatica e dello sforzo se confrontatati a quelli riscontrati nel compimento di normali 8 RM a cedimento.

Se un atleta esegue delle ripetizioni con un carico relativo al 80% di una ripetizione massima, le quali sarebbero correlate a circa 8 RM, rallentando la velocità del movimento queste ripetizioni saranno inferiori a quelle stimate dalla percentuale del carico di 1RM. Allo stesso modo, se una serie viene eseguita con movimenti più lenti (come nella tecnica Super slow) o con pesi leggeri al cedimento, questa potrebbe essere considerata una prestazione ad alta intensità perché portata al massimo livello di fatica.

Tuttavia, mantenendosi in linea con la definizione formale e scientifica di intensità, la serie sarebbe definita al contrario a bassa intensità. Un ulteriore esempio può essere il mancato raggiungimento del cedimento muscolare. Se un atleta esegue una serie con un carico relativo al 80% di 1RM, che equivale a 8 RM, ma ne esegue solo 6 senza andare in contro al cedimento muscolare, l’intensità di questa serie sarebbe proporzionalmente inferiore rispetto a quella imposta dal carico.

Oppure, se un individuo svolgesse un esercizio con un carico relativo al 80% di 1RM, ma eseguisse una sola ripetizione, secondo questa reinterpretazione dell’intensità, l’atleta si starebbe allenando meno intensamente di un individuo che svolge una serie a cedimento al 70% d 1RM. Dunque nel bodybuilding, la percentuale di carico su una ripetizione massimale potrebbe essere vista solo come uno dei diversi fattori che condizionerebbero l’intensità, in quanto questa sarebbe più connessa con la percezione della fatica.

Formalmente ciò non viene riconosciuto nel metodo scientifico, poiché risulta come un concetto astratto, legato in parte alla percezione soggettiva della fatica, e che si discosta dalla concezione adottata nel resto delle attività fisiche in cui viene adoperata la resistenza dei sovraccarichi. Pertanto in linea formale viene applicata la definizione di intensità standard e convenzionale precedentemente esposta.

Ciò in quanto la definizione reinterpretata non sarebbe esclusa da alcune problematiche nel suo riconoscimento. Se un atleta eseguisse una serie a cedimento con un carico al 70% di 1-RM e ne eseguisse un’altra a cedimento con un carico al 50% di 1-RM, secondo tale teoria egli si starebbe allenando alla medesima intensità in entrambi i casi poiché le porterebbe entrambe alla massima fatica secondo quanto gli sarebbe permesso dalla resistenza specifica. Pare evidente che la definizione scientifica e quella astratta dell’intensità si trovino abbastanza in contrasto, in quanto indicatori di due concetti relativamente diversi.

Mentre il parametro scientifico può essere nominato anche come percentuale di carico o carico, quello astratto potrebbe essere considerato come il massimo sforzo, la massima fatica, o la massima durezza di una serie. In realtà entrambi presentano un punto comune, cioè che per essere stabiliti necessitano dell’individuazione del punto di cedimento muscolare concentrico.

Si potrebbe concludere che entrambe queste interpretazioni possano essere valorizzate in quanto complementari, utili per la programmazione di un allenamento, e per poter individuare più precisamente il parametro sotto più aspetti. Ad ogni modo alcuni autori hanno tentato di introdurre formule alternative per cercare di stabilire questa variante dell’intensità nel bodybuilding con maggiore precisione.

Intensità come mole di lavoro x unità di tempo

Secondo alcuni autori, l’intensità rappresenta la mole di lavoro x unità di tempo. Intensità (I) = carico (Kg) x ripetizioni (R) / Tempo (T) Tale formula esprime una misura di potenza. Essa esclude però la componente soggettiva del parametro, in quanto l’intensità sarebbe dipendente anche dalla condizione psicologica, la motivazione e la concentrazione dell’atleta, nonché alla sua capacità di spingersi al limite.

Due atleti con diverse motivazioni e condizioni psicologiche, pur eseguendo lo stesso protocollo di allenamento e con gli stessi numeri e risultati secondo le fomule, riuscirebbero ad esprimere di fatto intensità diverse. In particolare nell’attività di bodybuilding, il concetto di intensità potrebbe non essere riconosciuto all’interno di una mera valutazione di potenza. Si potrebbe esporre l’esempio della tecnica super slow – con movimenti molto lenti – molto intensa dal punto di vista effettivo, ma meno intensa secondo i risultati della formula sopra esposta.

Intensità secondo Frederick C. Hatfield

Secondo i noto Frederick C. Hatfield, ex campione di powerlifting e personalità scientifica di rilievo nell’ambito dell’esercizio coi pesi, l’intensità verrebbe condizionata da molti più fattori che renderebbero di fatto questo parametro astratto. I fattori condizionanti sarebbero:

  • amplificazione mentale dello sforzo o esaltazione;
  • approccio di allenamento con intensa passione;
  • aumento delle ripetizioni;
  • aumento del carico;
  • riduzione dei tempi di recupero;
  • riduzione del tempo tra le ripetizioni;
  • aumento degli esercizi per parte corporea;
  • aumentare il numero totale di esercizi o parti del corpo in una sessione;
  • aumentare il numero di sessioni in una giornata;
  • aumentare la velocità di movimento;
  • aumentare la quantità di lavoro alla soglia anaerobica (massima tolleranza al dolore);
  • aumentare la quantità di lavoro eccentrico;

Intensità secondo la teoria di Emilio They

Un concetto di intensità è stato elaborato anche dal compianto Emilio They, noto ex professore di educazione fisica e campione di culturismo del passato. Secondo la teoria di They, l’intensità di allenamento è determinata dalla quantità di unità motorie che vengono coinvolte nell’unità di tempo da un angolo da 0° a uno di 180° (estensione) o viceversa (flessione). Secondo il suo principio, l’intensità sarebbe un valore legato al meccanismo neurofisiologico del reclutamento delle diverse unità motorie, ma non strettamente al peso, alle ripetizioni o al TUT.

Anche questa definizione implica l’impossibilità di misurare il parametro con dei dati esterni. They ha quindi proposto un metodo soggettivo per poter stabilire l’intensità, la quale non sarebbe legata direttamente al carico ma piuttosto al metodo di lavoro. Una volta scelto un carico che permette di portare a termine un determinato numero di ripetizioni durante una serie, si considera fino a che punto del numero di ripetizioni svolte insorge la reale fatica. Nella formula, “CI” rappresenta il numero di ripetizioni mancanti per completare la serie dopo il punto di insorgenza della vera fatica. Intensità (I) = numero di ripetizioni mancanti (CI) / numero di ripetizioni eseguite x 100

Intensità secondo la teoria di Giovanni Cianti

Il parametro intensità, nel contesto culturistico, è stato rielaborato anche da un altro importante esponente del bodybuilding nazionale, Giovanni Cianti. Dal momento che l’intensità nel bodybuilding secondo le varie reinterpretazioni non dipende solo dalla percentuale di carico su una ripetizone massimale, ma viene condizionata largamente da quanto la serie può essere prolungata nel tempo (cioè dal numero di ripetizioni e dal Time Under Tension), Cianti elabora una semplice formula che prende in considerazione lo stretto rapporto tra la percentuale di carico su 1 RM e il numero di ripetizioni eseguite, a cui è indirettamente correlato anche il parametro Time Under Tension (TUT).

Intensità = % di 1 RM x maggior numero possibile di ripetizioni . Se ad esempio l’80% di 1 RM massimale consente di eseguire 8 ripetizioni massime (RM) ma con tale carico se ne eseguono solo 6, l’intensità è inferiore a quella teoricamente imposta raggiungendo il cedimento; se se ne eseguono 8 fino al cedimento il lavoro è sufficientemente intenso ed è proporzionale all’intensità intesa come percentuale di carico; ma se in qualche modo si superano le 8 ripetizioni valicando il limite del cedimento imposto dal carico (ad esempio mediante l’applicazione di tecniche speciali ad alta intensità), lo stimolo risulterà ancora più intenso di quanto imposto dalla normale esecuzione a cedimento.

Questa interpretazione comunque non tiene conto dello Speed of movement, e quindi del fatto che il numero di ripetizioni massime viene largamente condizionato anche dalla velocità del movimento. Più la velocità di esecuzione delle ripetizioni è lenta, e meno ripetizioni massime a cedimento riescono ad essere portate a termine a parità di carico. Se una serie con movimenti lenti viene portata a cedimento, non si potrebbe dire che sia meno intensa di una serie con movimenti più rapidi a cedimento con lo stesso carico, nonostante le inferiori ripetizioni nella prima modalità.

Intensità nell’esercizio cardiovascolare

Nell’attività cardiovascolare è possibile misurare l’intensità in maniera molto più precisa mediante cardiofrequenzimetro e la frequenza cardiaca, o la percentuale del volume massimo di ossigeno. Questi parametri, in quanto espressione del carico interno, possono riflettere esattamente l’intensità del lavoro. Per quanto riguarda la frequenza cardiaca, si può fare affidamento sui valori della formula di Cooper (220-età), o delle più complesse e precise formule di Tanaka o di Londeree.

Tipi di esercizio aerobico in base alle zone di intensità

Una volta stabilita la percentuale allenante della frequenza cardiaca tramite formule più o meno precise, è possibile risalire all’intensità relativa, per poter ottenere diversi risultati dalla prestazione. In generale le zone sono 5:

  • Zona 1 (molto leggero): raggiungibile tra il 50 e il 65% della FC max, è un’attività blanda, ideale come prestazione tonificante, capillarizzante, riabilitativa, per mantenersi in forma. La zona 1 è definita la “fascia capillarizzante”, utile a ridurre le resistenze periferiche, aumentare il numero e rafforzare la struttura del letto vascolare, e diminuire la pressione. Il principale substrato energetico utilizzato, considerando anche le giuste scelte alimentari, sono principalmente i lipidi plasmatici (sistema aerobico lipidico).
  • Zona 2 (leggero): raggiungibile tra il 65 e il 75% della FC max, è per definizione il range di intensità adatto al massimo consumo di lipidi a scopo energetico (lipolisi), adatto anche per la prestazione di durata. La zona 2 è quindi generalmente definibile come la “fascia lipolitica”. Verso le zone alte di questo range inizia ad avviarsi un importante consumo di carboidrati (transizione o punto di “crossover”, dal sistema aerobico lipidico al sistema aerobico glucidico).
  • Zona 3 (moderato): raggiungibile tra il 75 e l’85% della FC max, è l’allenamento adatto al miglioramento della prestazione e capacità cardiovascolare e cardiorespiratoria, della resistenza, e della potenza aerobica. In questo range (80-85% FCris Karvonen) si raggiunge il punto di “crossover, cioè una zona di intensità in cui cominciano a prevalere i glucidi come principale substrato energetico, risultando pienamente nel sistema aerobico glucidico.
  • Zona 4 (elevato): tra l’85 e il 90% della FC max, rappresenta approssimativamente la soglia anaerobica, oltre il quale vengono utilizzate esclusivamente riserve glucidiche per la prestazione. È un allenamento di potenza anaerobica lattacida utile per lo sprint o la preparazione atletica, ma è sconsigliato se non da parte di atleti esperti. Entro questo range, il sistema aerobico quindi viene sostituito prevalentemente dal sistema anaerobico lattacido.
  • Zona 5 (massimale): tra il 90 e il 100% della FC max, è una prestazione che non può essere mantenuta se non per brevissimi periodi. È il range della soglia alattacida, in cui subentra il sistema anaerobico alattacido con il consumo dei fosfati muscolari (ATP, creatinfosfato).

Intensità nell’esercizio con sovraccarichi

Il parametro intensità è ampiamente utilizzato nel mondo scientifico in quanto misura necessaria per poter stabilire, ad esempio, i guadagni di forza, ipertrofia o resistenza muscolare, gli adattamenti muscolari, le modificazioni fisiologiche, i sistemi energetici prevalentemente in attività, o gli stimoli ormonali indotti da diversi carichi di lavoro. Bisogna precisare che il concetto di intensità applicato nel contesto scientifico fa riferimento unicamente alla sua definizione intesa come percentuale di 1 ripetizione massima (% 1Repetition Maximum) o percentuale di carico, e non ad altre formule o definizioni alternative, spesso utilizzate in un contesto empirico.

Tipi di resistance training in base alle zone di intensità

In linea generale esistono tre tipi di resistance training, che vengono distinti proprio in base all’intensità del carico (o percentuale di carico). Ai giorni nostri, grazie al contributo delle numerose ricerche scientifiche, e prove ed errori da parte degli atleti, è stato più precisamente stabilito che per ogni range di intensità corrisponde un relativo risultato sugli adattamenti muscolari.

  • Allenamento per la forza massimale (alta intensità: 85-100% 1RM), si riferisce ad un allenamento dove viene ricercato prevalentemente lo sviluppo della forza e potenza, viene eseguito in generale con i bilancieri, e con movimenti rapidi ed esplosivi. Questo metodo di allenamento prevede carichi che partono dal 80-85% di 1RM fino al 100% di 1 RM, all’incirca da 1 a 6 ripetizioni massime. Sebbene sia indicato per migliorare l’aspetto della forza massimale, questo metodo, ad intensità submassimali, viene giudicato comunque molto efficace anche per produrre ipertrofia muscolare. Viene riconosciuto che la massima crescita muscolare avviene con carichi tra l’80 e il 95% di 1RM. L’alta intensità nel resistance training è utilizzata dai powerlifter, weightlifter, e bodybuilder.
  • Allenamento per l’ipertrofia (media intensità: 65-80% 1RM), si riferisce ad un allenamento dove viene ricercato in prevalenza lo sviluppo del volume muscolare. Questo metodo prevede una maggiore variabilità, e può essere eseguito con bilancieri, manubri, macchinari e cavi, con movimenti rapidi ed esplosivi o lenti e controllati, diversi carichi di lavoro, diversi tempi di recupero, e TUT maggiormente ampi. Le intensità tipiche adottate in questo metodo di allenamento spaziano dal 65-70 al 80% di 1 RM circa, cioè circa dalle 8 alle 15 ripetizioni massime. Questo range di intensità nel resistance training è in genere utilizzato soprattutto dai bodybuilder, e dagli entusiasti del fitness.
  • Allenamento di endurance o di durata (bassa intensità: <65% 1RM), da non confondere con il vero e proprio allenamento aerobico di endurance durante il quale il sistema energetico prevalente è appunto quello aerobico, viene anch’esso rivolto ad un tipo di allenamento con sovraccarichi dove la principale finalità è quella di sviluppare la resistenza alla fatica, e dove la forza può essere mantenuta oltre un certo TUT, una qualità denominata anche come forza resistente. Anche questo metodo di allenamento prevede una grande variabilità di attrezzi e tipi di movimenti, ma si distingue per intensità pari al 65-70% di 1RM o inferiori, cioè da 15 o più ripetizioni massime, pause molto brevi, e TUT molto lunghi. Ricerche confermano che un allenamento di tale natura, promuove comunque una certa ipertrofia delle miofibrille, e un aumento della densità mitocondriale. Questo range di intensità nel resistance training è utilizzato dai bodybuilder, dagli entusiasti del fitness, ma anche dalle donne, o dai soggetti decondizionati o anziani.

Questi adattamenti muscolari indotti da diverse modalità di lavoro e diverse intensità sottolineano l’importanza della periodizzazione per produrre i migliori cambiamenti, che l’obiettivo sia lo sviluppo della resistenza muscolare o della forza massimale. Questo perché ogni adattamento è correlato a un altro. Ad esempio, migliorando sia gli aspetti della resistenza muscolare che della forza (con intensità molto diverse) portano entrambi anche ad incremento della forza massimale. Quindi mentre viene in genere dedicato la maggior parte del tempo nell’allenamento per migliorare una specifica qualità muscolare, la periodizzazione ciclica applicando altre intensità avrà effetti benefici sullo sviluppo della stessa qualità. Sintesi

  • Forza massimale: 1-6 ripetizioni massime (85-100% 1RM);
  • Ipertrofia muscolare: 7-12 ripetizioni massime (67-83% 1RM);
  • Resistenza muscolare: 12-25 ripetizioni massime (55-67% 1RM);

Reclutamento delle unità motorie in base all’intensità

L’intensità ha un importante ruolo nel reclutamento selettivo delle unità motorie, ovvero l’insieme dei nervi e delle fibre muscolari innervate da quel nervo. Il corpo genera forza tramite uno di due diversi meccanismi. Esso può reclutare più fibre (detto reclutamento o recruitment) o inviare più segnali così che le fibre si contraggano più intensamente (detto frequenza di scarica o rate coding). Per i muscoli grandi, il corpo usa il meccanismo del reclutamento fino a circa l’85% 1-RM, un punto in cui tutte le fibre disponibili sono state reclutate.

Oltre a questo punto, la produzione di forza avviene solo tramite il meccanismo della frequenza di scarica, cioè un aumento degli impulsi che i motoneuroni inviano alle fibre muscolari. I soggetti non allenati non sono capaci di reclutare tutte le loro fibre muscolari di tipo 2b, ma con l’allenamento regolare questa capacità può essere sviluppata.

Il principio della dimensione (size principle), indica che le unità motorie sono per la maggior parte reclutate in ordine di dimensioni crescenti dalle più piccole (tipo 1) alle più grandi (tipo 2b), poiché la dimensione (diametro) del gruppo di unità motorie è direttamente correlato alla sua capacità di produrre forza. Una richiesta più leggera forza (e di intensità) verso il muscolo porrà l’accento sull’attivazione delle fibre di tipo I a contrazione lenta. Come la forza richiesta ai muscoli aumenta, le fibre intermedie di tipo IIa sono attivate con l’aiuto delle fibre di tipo I.

Con richieste di forza muscolare più impegnative, intervengono le più potenti (e più grandi) fibre di tipo IIb, col supporto delle fibre di tipo I e di tipo IIa. Le fibre di tipo 1 vengono reclutate da 0 a circa il 60% 1-RM. Attorno al 20% 1-RM alcune fibre di tipo 2a vengono reclutate, ma il loro massimo reclutamento avviene a circa il 75-80% 1-RM. Le fibre di tipo 2b non iniziano ad essere reclutate fino a circa il 60-65% 1-RM, e continuano ad essere reclutate fino a circa l’85% 1-RM. Quindi il massimo reclutamento delle unità motorie si ottiene quando vengono coinvolte anche le fibre di tipo IIb, che intervengono per ultime, a partire da carichi moderati fino a carichi molto elevati.

Per poter riuscire a reclutare tutti i tre tipi di fibre muscolari e il maggior numero di unità motorie in base all’intensità, è stato riscontrato che debba essere utilizzata un’intensità minima relativa al 85% di 1 RM, corrispondente a circa 6 ripetizioni massime. Come accennato in precedenza, questo range di intensità è tipicamente applicato per sviluppare la forza massima, tuttavia è stato riconosciuto come molto efficace anche per produrre ipertrofia muscolare.

È stato anzi riscontrato che la massima crescita muscolare avviene con carichi tra l’80 e il 95% di 1RM, proprio perché si riuscirebbero a reclutare tutte le unità motorie incluse le fibre IIb, le quali sono le più ipertrofizzabili. Alcune ricerche tuttavia suggeriscono che le fibre IIa e IIb possono essere usate rilevantemente anche con carichi relativi al 60% 1-RM.

Ciò può essere più significativo per i soggetti non allenati, in quanto hanno dimostrato di sviluppare adeguatamente la forza a basse intensità (60% 1-RM), contrariamente ai soggetti allenati per i quali sono più adatti carichi ad alta intensità (80% 1-RM)

  • Fibra di tipo I: a contrazione lenta, alta capacità ossidativa (alta densità di mitocondri, organelli cellulari che sintetizzano ATP attraverso la respirazione cellulare), bassa capacità glicolitica (cioè di ricavare energia dal glucosio e glicogeno), velocità di contrazione lenta, elevata resistenza alla fatica, unità motoria più debole;
  • Fibra di tipo IIa: a contrazione rapida, capacità ossidativa moderatamente elevata, elevata capacità glicolitica, alta velocità contrattile, moderata resistenza alla fatica, ad alta resistenza dell’unità motoria;
  • Fibra di tipo IIb o di tipo IIx: a contrazione rapida, bassa capacità ossidativa, alta capacità glicolitica, velocità contrattile molto elevata, bassa resistenza alla fatica, più forte unità motoria;

In generale, nelle prestazioni a bassa intensità, sono principalmente coinvolte le fibre muscolari di tipo I. Come la richiesta di forza e l’intensità aumenta, vengono reclutate in aggiunta le fibre di tipo IIa (indicate anche come glicolitiche).

Una richiesta di forza ancora maggiore fa affidamento sul reclutamento ulteriore delle fibre più forti del corpo, ovvero quelle di tipo IIb o fibre di tipo IIx (la “x” segnala che esistono diverse varianti di questo tipo di fibra).

Proprio per questo motivo, nell’ambito del resistance training, i diversi tipi di atleti mostrano un’ipertrofia selettiva di diversi tipi di fibra a causa delle differenze nei loro protocolli di allenamento: i wheight lifter (sollevamento pesi), e i power lifter (sollevamento di potenza), cioè atleti che si allenano con carichi submassimali ad alta intensità, mostrano una maggiore ipertrofia della fibra di tipo 2 (rapida), mentre i body builder (culturismo) sembrano mostrare un’iperotrofia sia nelle fibre di tipo 2, che di tipo 1, proprio per la maggiore varietà di intensità e carichi.

Sistemi energetici in base all’intensità

Nell’ambito del resistance training i sistemi energetici principalmente coinvolti sono in predominanza anaerobici. I meccanismi anaerobici si suddividono a loro volta nei sistemi anaerobico alattacido (o sistema dei fosfati o fosfageni o della fosfocreatina), e anaerobico lattacido (o sistema anaerobico glicolitico). L’intervento predominante di uno dei due meccanismi è condizionato essenzialmente da due fattori, l’intensità (% 1RM) e la durata, quest’ultima riconoscibile con il parametro Time Under Tension (TUT), il quale rappresenta la durata dell’attività muscolare o della serie.

Per quanto riguarda le intensità molto elevate (80-100% 1 RM) e TUT particolarmente brevi (fino a 15-20 secondi al massimo), si parlerà di prestazioni anaerobiche alattacide, mentre per le intensità medie e basse (<75% 1 RM) e TUT moderati o lunghi (dai 20 secondi in poi) il sistema energetico prevalente è quello anaerobico lattacido.

Il sistema aerobico comincia ad assumere un ruolo più importante quando l’intensità è sufficientemente bassa da poter permettere che la prestazione possa essere protratta oltre i 60 secondi di TUT. Ad ogni modo, anche in quest’ultimo caso il sistema lattacido rimane preponderante per una buona quantità di minuti.

Si sottolinea che i parametri intensità e TUT in genere sono inversamente proporzionali, in quanto maggiore è il valore dell’uno, minore sarà il valore dell’altro, sempre se la serie viene portata al massimo della fatica.

  • il sistema anaerobico alattacido (o dei fosfageni), fornisce energia tramite l’mpiego dei fosfati muscolari quali ATP e creatinfosfato (CP) per attività molto intense (intensità 80/85-100% 1RM) della durata (TUT) da 1 a 10-15 secondi;
  • il sistema anaerobico lattacido (o anaerobico glicolitico), provvede a fornire energia principalmente mediante l’impiego di glicogeno muscolare, per attività mediamente intense (65-80% 1RM) della durata (TUT) di 20-60 secondi
  • il sistema anaerobico lattacido assieme al sistema aerobico (o ossidativo), producono energia con l’impiego principale di glicogeno muscolare, per attività poco intense (<65% 1RM) della durata (TUT) tra 1 e 3-5 minuti;
  • il sistema aerobico copre un ruolo prevalente sfruttando glucidi e lipidi a partire da sforzi minimamente intensi (<20% 1 RM) e/o della durata (TUT) di circa 3-5 minuti in poi;

Tempi di recupero in base all’intensità

I tempi di recupero tra le serie vengono stabiliti in base ad alcuni parametri, e tra tutti l’intensità sembra uno dei più condizionanti. Analogamente a quanto accade per la scelta del carico, e quindi dell’intensità, anche i tempi di recupero influiscono allo stesso modo sulle risposte ormonali e metaboliche, e sugli adattamenti muscolari specifici.

In genere, nel resistance training vengono utilizzati tre principali periodi di riposo: breve (30 secondi o meno), moderato (60-90 secondi) e lungo (3 minuti o più). La durata degli intervalli influisce sul recupero fisico che avviene tra le serie e tra gli esercizi, influendo anche sul grado di fatica e sulla prestazione durante la progressione dell’allenamento. Ad esempio, è stato riscontrato che con 3 minuti di recupero tra le serie (in questo caso di pressa e panca), può essere mantenuta un’esecuzione di 10 RM (ripteizioni massime) per 3 serie.

Ma se viene impostato solo 1 minuto di recupero tra le serie, l’andamento delle ripetizioni massime cala progressivamente da 10, 8 e 7 RM in 3 serie consecutive. Esiste uno stretto rapporto tra intensità e tempi di recupero, in quanto più basse sono le ripetizioni (RM) – e quindi più alti sono i carichi e l’intensità – e più lunghi dovrebbero essere gli intervalli tra le serie.

In altre parole, con l’incremento dell’intensità, il corpo richiede più tempo per recuperare in preparazione della serie successiva. I tempi di recupero lunghi, sono più adatti ad essere applicati tra le serie ad alta intensità; i tempi di recupero intermedi sono adatti per le serie a media intensità; e i tempi di recupero brevi sono ideali per la bassa intensità.

Linee guida generali sui tempi di recupero

  • Otre 5 minuti di riposo: tra le serie con un carico che permette meno di 5 ripetizioni massime a cedimento (>85% 1RM);
  • 3-5 minuti di riposo: tra le serie con carichi che permettono tra i 5 e i 7 RM (~85% 1RM);
  • 1-2 minuti di riposo: tra le serie con carichi che permettono tra 11 e 13 RM (65-70% 1RM);
  • circa 1 minuto di riposo: tra le serie carichi che permettono 13 o più RM (<65% 1RM);

Riscontri scientifici

Per quanto riguarda lo stimolo ormonale anabolico, la ricerca suggerisce che sia necessario stabilire una soglia sull’intensità. In generale, l’intensità relativa sembra rappresentare il 18-35% della variazione della risposta all’ipertrofia nel resistance training. Vanhelder et al. (1984) paragonarono due protocolli con identici tempi di recupero e durata dell’allenamento. Entrambe le sessioni duravano 20 minuti.

Il primo protocollo consisteva in 7 serie di sollevamento gambe da supini, al 85% 7-RM, mentre il secondo protocollo, eseguito 5 giorni dopo, consisteva in 21 ripetizioni dello stesso esercizio con un terzo del carico precedentemente usato. Mentre venne rilevano un incremento del GH a seguito del primo protocollo, ma non a seguito del secondo, suggerendo che l’intensità fossa un’importante parametro per permettere l’elevazione dei livelli di GH. Pyka et al. vollero stabilire le diverse risposte dell’ormone somatotropina (GH) su soggetti giovani in risposta al resistance training ad intensità del 60, 70, e 85% di 1RM.

Notarono che la secrezione di GH in risposta ad un’intensità del 60% non risultava significativa, mentre nel range tra il 70 e l’85% il rilascio ormonale incrementava progressivamente. Kraemer et al. (1990), paragonarono gli effetti ormonali di 6 diversi protocolli di resistance training su 9 soggetti maschi. I diversi protocolli erano impostati con lo stesso ordine di esercizi, ma differivano per numero di ripetizioni massime (RM) tra 5 e 10 RM, e tempi di recupero, tra 1 e 3 minuti. Ognuno di questi 6 allenamenti presentava una diversa combinazione di questi 2 parametri.

Tra le varie osservazioni, notarono che non tutti i protocolli producevano lo stesso incremento del GH. Le più alte risposte di questo ormone erano osservate nei protocolli dal maggiore lavoro totale, con 1 minuto di pausa, e 10 RM (correlati indicativamente con un’intensità relativa al 75% 1RM). Häkkinen e Pakarinen (1993) esaminarono le risposte ormonali in risposta a diversi protocolli di resistance training. Dieci atleti di forza maschi effettuarono 2 diversi tipi di allenamento pesante in giorni diversi. Nella sessione A il carico dello squat era massimale (100% 1RM) e prevedeva 20 serie x 1 ripetizione massima (a cedimento). Nella sessione B il carico sullo stesso esercizio era submassimale, impostato al 70% 1RM con 10 serie da 10 ripetizioni massime (cedimento).

Il tempo di recupero tra le serie in entrambi i protocolli era di 3 minuti. Nella sessione B ebbe luogo un incremento dei livelli di testosterone, cortisolo, e GH, mentre nella sessione A venne rilevato solo un leggero aumento del GH. In definitiva, il programma da 10 RM (75% 1RM) era correlato ad un maggiore stimolo ormonale anabolico, e la maggiore secrezione di GH in questo protocollo sembrava essere correlato con una maggiore produzione di lattato. Schwab et al. (1993) paragonarono gli effetti di una prestazione ad intensità alta e moderata sulla produzione di testosterone. La prestazione ad alta intensità consisteva in 4 serie di squat al 90-95% di 6-RM, mentre quella a moderata intensità consisteva in 4 serie da 9-10 ripetizioni al 60-65% del carico utilizzato nella prestazione ad alta intensità.

Ci fu un incremento significativo delle concentrazioni di testosterone sierico a seguito della quarta serie in entrambi i protocolli, e in entrambi i casi le concentrazioni dell’ormone tornarono ai livelli basali dopo 10 minuti dall’esercizio. I risultati indicarono che l’incremento dei livelli di testosterone post esercizio è simile nelle prestazioni a mdoerata e alta intensità.

Bush et al. (1999) dimostrarono che la produzione di forza e potenza influenzavano la risposta di adrenalina e noradrenalina, osservando che maggiore era la produzione di forza maggiore era l’elevazione delle molecole per con dell’attività della midollare del surrene. Inoltre venne osservato che maggiore è l’intensità dell’esercizio, più a lungo saranno prodotte tali molecole fino a 5 minuti post-esercizio.

Raastad et al. (2000) analizzarono le diverse risposte ormonali indotte da due differenti protocolli a moderata e alta intensità. Le protocollo ad alta intensità, il carico era equivalente al 100% di 3-RM per lo squat e lo squat frontale, e il 100% di 6-RM per il leg extension. Nel protocolli a moderata intensità il carico era equivalente al 70% del protocollo ad alta intensità. I tempi di recupero tra le serie in entrambi gli allenamenti era di 4-6 minuti.

La risposta acuta del testosterone e del cortisolo furono superiori nell’allenamento ad alta intensità. La risposta del cortisolo era associata all’incremento dell’ormone ACTH. Le risposte del GH non furono differenti tra i due protocolli, ma ci furono delle grandi differenze individuali nella risposta dell’ormone in entrambi gli allenamenti.

Non ci fu una significativa differenza tra i protocolli in relazione alla risposta ormonale prolungata per ogni ormone. In entrambi gli allenamenti, le concentrazioni di IGF-1 erano significativamente inferiori alle ore 08:00 la mattina dopo l’esercizio, rispetto alla stessa ora della mattina prima dell’esercizio.

In conclusione, le risposte ormonali tra i protocolli ad alta e moderata intensità differivano essenzialmente nelle concentrazioni di testosterone e cortisolo superiori nel protocollo ad alta intensità. Goto et al. (2004) studiarono diversi protocolli di resistance training con varie combinazioni tra alta e bassa intensità per rilevare le risposte ormonali ed i guadagni di forza, resistenza e ipertrofia muscolare. Vennero esaminati 3 diversi protocolli applicati sul leg extension:

  • Protocollo ipertrofia: eseguito a media intensità (approssimativamente 10 RM), brevi tempi di recupero (30 secondi), con carichi progressivamente ridotti;
  • Protocollo forza: eseguito ad alta intensità (90% of 1RM) e basse ripetizioni;
  • Protocollo combinato: una serie singola che combinava il protocollo forza seguito immediatamente da un’ulteriore serie a bassa intensità e late ripetizioni (Drop set);

Gli incrementi di GH post esercizio mostrarono una maggiore correlazione con il protocollo ipertrofia (a media intensità, 10 RM), seguito dal tipo combinato, e dal protocollo forza. Successivamente, sono stati studiati gli effetti sul lungo termine di questi protocolli sull’adattamento muscolare. Sedici soggetti di sesso maschile sono stati assegnati a svolgere diverse combinazioni di questi allenamenti: ipertrofia/combinato o ipertrofia/forza, sul leg press e sul leg extension per 2 volte a settimana per 10 settimane.

Durante le prime 6 settimane, entrambi i gruppi hanno utilizzato il programma ipertrofia per guadagnare massa muscolare. Durante le successive 4 settimane, i 2 gruppi ipertrofia/combinato e ipertrofia/forza hanno eseguito rispettivamente il tipo combinato e il tipo forza. La forza muscolare, la resistenza e la sezione trasversale sono stati esaminati dopo 2, 6 e 10 settimane.

Dopo le prime 6 settimane, non è stata osservata alcuna differenza significativa nelle variazioni percentuali di tutte le variabili tra i gruppi.

Dopo le 4 settimane successive, tuttavia, la forza massima sul leg press, la massima forza isocinetica, e la resistenza muscolare sul leg extension hanno mostrato aumenti significativamente maggiori nel gruppo ipertrofia/combinato rispetto al gruppo ipertrofia/forza. Inoltre, l’aumento della sezione trasversale del muscolo dopo questo periodo tendeva ad essere maggiore nel gruppo ipertrofia/combinato rispetto al gruppo ipertrofia/forza.

I risultati hanno suggerito che una combinazione dei regimi ad alta e bassa intensità (la tecnica del Drop set doppio) è efficace per ottimizzare l’adattamento della forza muscolare in un programma di allenamento periodizzato. Una review più recente di Kraemer e Ratamess (2005) segnalò che i protocolli ad alto volume, ad intensità moderata o alta, usando tempi di recupero brevi, e stressando una maggior quantità di muscoli, tende a produrre le maggiori risposte ormonali acute (testosterone, GH e l’ormone catabolico cortisolo) se comparati con i protocolli a basso volume, alta intensità, con tempi di recupero lunghi.

Burd et al. (2010) vollero stabilire quale rapporto tra volume e intensità riuscisse a influire maggiormente sulla sintesi proteica muscolare, sui segnali anabolici e sull’espressione miogenica. 15 uomini (età media 21 anni) eseguirono 4 serie di leg extension unilaterale e differenti intensità e volume: 90% 1-RM a cedimento, 30% 1 RM al 90% del cedimento, e 30% 1RM a cedimento. I risultati suggerirono che il resistance training a bassa intensità e alto volume erano più efficaci nell’indurre l’anabolismo muscolare acuto rispetto all’esercizio ad alta intensità e a basso volume.

Altri parametri di allenamento

 
Articolo a cura di Wikipedia, l’encilcopedia libera .