Come eseguire la panca piana: questo articolo scritto da Tonymusante, moderatore del nostro Forum , è uno stralcio del seminario FIBAt , Federazione Italiana Biathlon & Atletica pesante, riguardante la bench press. La parte che si riporta concerne l’esecuzione tecnica del gesto atletico della distensione su panca.

Non vengono riportate le trattazioni inerenti alla fisiologia e biomeccanica del movimento, all’allenamento specifico e relativa periodizzazione ed alle tecniche di preparazione e recupero funzionale derivate dalla Scuola Corevedica ed illustrate dal Maestro Violanti. La discussione è disponibile nel forum a questo indirizzo.

Il Setup alla panca piana

Quando si discute in merito alle alzate classiche della pesistica moderna intesa in senso lato – ovvero come l’insieme delle specialità agonistiche aventi ad oggetto i pesi e non soltanto nell’accezione comune del termine riferita ai sollevamenti olimpici – la bench press o distensione del bilanciere su panca orizzontale è considerata tra gli esercizi multiarticolari di più facile apprendimento.

Probabilmente tale giudizio è riferito proprio al fatto che la specialità si svolge distesi sopra una panca e quindi, almeno apparentemente, sembra richiedere minor abilità e capacità coordinative.
In realtà, pur se in buona sostanza non si tratta di considerazioni del tutto errate, il concetto introduce una serie di riflessioni che ci obbligano a iniziare il discorso dai preliminari – come del resto conviene quasi sempre – partendo proprio da questo postulato.

Il setup alla panca piana

Il primo passo per apprendere come diventare uno specialista della distensione su panca è imparare come posizionarsi su di essa.

Il setup è un fattore fondamentale per una distensione su panca massimale ma purtroppo spesso trascurato.

Si pensi un attimo come ogni palazzo, qualsiasi costruzione si erga sulla base di solide e stabili fondamenta: più grande e più alta è la costruzione, tanto più sono importanti le fondamenta.

La similitudine vale per il bilanciere durante l’esercizio di bench press. Se non si è posizionati in modo da creare una solida base per i muscoli impegnati nell’alzata, il pesante carico sarà staccato dagli appoggi in maniera precaria oppure l’esercizio inizierà con una discesa insicura o il bilanciere non si solleverà dal petto o magari l’ascesa sarà asimmetrica, malferma, irregolare.

Il giusto posizionamento inizia con l’ approccio ideale alla panca. In questa fase si riconosce l’alzatore agonista dal normale utente di palestra.

La distensione inizia con l’avvicinarsi al bilanciere: camminate dritti verso la panca ed osservate il bilanciere, controllate la distanza dei collari dagli appoggi; fate un giro su voi stessi di 180° e date le spalle al bilanciere. Sedetevi ma non crollate sulla panca, i piedi dovrebbero essere ben piantati sul pavimento ed i fianchi ben saldi.

Respirate profondamente, distendetevi indietro cercando con le mani il bilanciere; quando avete preso le necessarie misure e stabilito l’impugnatura, espandete il gran dorsale e contraete la parte bassa della schiena. Piedi, fianchi, schiena e spalle sono ben salde e pronte a fornire una solida base al sollevamento.

Gli occhi dovrebbero essere allineati al bilanciere: se scivolate troppo in alto sulla panca, il bilanciere potrebbe colpire gli appoggi nella fase di risalita, se siete sistemati troppo in basso la posizione risulterà svantaggiosa, il bilanciere si troverà sempre lontano dal piano perpendicolare sul busto o, in alternativa, dovrete dimenarvi per sistemarvi sprecando quindi energie preziose con scarsa possibilità, per giunta, di percepire il giusto posizionamento quando il peso già grava sulle articolazioni.

Le gambe formano un angolo acuto, all’altezza delle ginocchia, con le cosce; i piedi sono poggiati sulla pedana con tutta la suola, vicini alla panca ma senza toccarla. Con i piedi vicino alla panca è più facile mantenere la schiena inarcata e l’angolo acuto delle gambe consente di spingere efficacemente contro il suolo con azione antigravitazionale nel momento topico dell’azione di sollevamento.

Per atleti con arti inferiori particolarmente lunghi, lo stesso arco potrebbe ottenersi accentuando la divaricazione delle cosce e ponendo quindi i piedi in posizione più alta rispetto al limite inferiore della panca ( cioè più vicini alla perpendicolare con i gomiti ) quasi a delimitare con la base della panca i vertici di un triangolo.

Le scapole sono addotte, retratte e ben poggiate sulla panca, così da avvicinare il torace al bilanciere; la zona lombare è contratta e consente l’arco dorsale. Più breve è la distanza che il bilanciere deve percorrere e più elevato sarà il carico che riuscirete a sollevare.

Si riporta spesso una frase di Ian King, allenatore australiano di powerlifting :

Inarcare la schiena è probabilmente la tecnica più potente tra tutte quelle relative alla bench press e può conferirvi fino al 20% in più sul vostro massimale.

Non è detto che si tratti di un’affermazione condivisibile in toto, ma è senz’altro utile tenerla ben presente.
Il gluteo è saldamente a contatto con la panca e pronto a contrarsi, senza sollevarsi, nella fase di risalita del bilanciere dal petto.

L’azione sinergica di glutei, lombari, dorsali e zona posteriore del trapezio consente l’innalzamento della cassa toracica e la contemporanea tensione dei muscoli coinvolti, determinando un percorso del bilanciere inferiore, sia in fase eccentrica verso il torace, sia in quella concentrica durante l’alzata.

La Presa alla panca piana

La presa alla panca piana

Sono state scritte molte cose sulla presa migliore per la distensione su panca. Alcuni sostengono una presa larga per abbreviare l’escursione, altri una più stretta per coinvolgere maggiormente il tricipite o per adattarsi ad alcune “maglie” di supporto. In realtà è opportuno adattare la presa alle caratteristiche morfologiche del soggetto.

Un importante punto di riferimento è costituito dalla posizione degli avambracci e dei gomiti rispetto alle mani. La presa migliore dovrebbe essere quella che consente, in fase di discesa, di portare gli avambracci in posizione verticale rispetto alle mani allorché il bilanciere si trovi a contatto con la parte inferiore del petto.

Questo però è un concetto di postura da sempre raccomandato in didattica e sempre valido per un’ esecuzione pulita dell’esercizio, anche se per l’atleta, il powerlifter agonista, la situazione è parzialmente diversa. Come vedremo nelle descrizioni delle fasi di discesa e salita del bilanciere, la posizione dei gomiti subirà piccoli correttivi pur rimanendo rivolta a formare un angolo acuto tra il braccio e l’avambraccio, senza tuttavia risultare spesso decisiva nella scelta dell’impugnatura ottimale.

In ogni caso, indifferentemente da quanto distanziate le mani (nei limiti degli 81 cm. da indice a indice), c’è una regola inflessibile che dovete seguire per ragioni di sicurezza e regolamentari oltre che per ottenere il massimo risultato: non eseguire mai la distensione con una presa digitale (senza pollice); il bilanciere deve essere impugnato con il pollice in chiusura (in opposizione alle altre dita). Non c’è alcun vantaggio ad usare una falsa impugnatura ma al contrario una discreta probabilità che il bilanciere possa scivolarvi nel corso dell’alzata senza possibilità per lo spotter o gli assistenti in pedana di intervenire e causarvi gravi infortuni.

Uno sbaglio comune nell’impugnatura è quello di tenere il bilanciere troppo alto sui palmi della mano, cioè in prossimità delle dita; questo causa l’iperpronazione del polso (eccessivo piegamento all’indietro) con conseguente perdita di potenza e, a gioco lungo, il possibile insorgere di tendinite.

Al contrario il bilanciere va poggiato al centro del palmo, verso la base della mano, tenendo i polsi dritti. Questo consente di trasferire la potenza espressa dai pettorali, dai deltoidi e dai tricipiti direttamente sul bilanciere e di sfruttare al meglio la capacità di spinta dell’avambraccio nell’ultima fase della salita quando lo stesso imprime una leggera rotazione al movimento della barra.

La Respirazione alla panca piana

La Respirazione alla panca piana

Il terzo elemento fondamentale per la massima distensione è la corretta respirazione.

Quando dovete eseguire una singola alzata o una prova di gara, avvicinatevi alla panca cominciando a respirare profondamente. Continuate con questa ossigenazione quando siete già sdraiati, come se foste un sub che cerca la “compensazione” prima dell’immersione.

Avrete la sensazione che il tempo stia rallentando; sarete in grado di eliminare tutte le possibili distrazioni e di concentrarvi solo su una cosa: il sollevamento massimale. Esistete soltanto voi e il bilanciere sopra i vostri occhi. Lui è inerte ma tra non molto vi minaccerà dall’alto come una spada di Damocle…..ma voi siete tremendamente convinti, cazzuti!

Il vostro “ultimo respiro” dovrebbe essere fatto appena prima di sollevare il bilanciere dagli appoggi, l’espirazione dovrebbe accompagnare lo stacco dai ritti. Evitate di forzare la respirazione quando state già trattenendo il bilanciere con le braccia distese sopra il petto; il peso renderà impossibile un respiro veramente profondo e influirà negativamente sulla capacità di espansione della cassa toracica.

Inspirate senza forzare all’inizio della fase discendente e trattenete l’aria mentre avvicinate il bilanciere al petto, proseguite l’apnea nella fase di “fermo” al petto ed anche nella fase immediatamente iniziale della spinta.

Trattenere il respiro al momento giusto è importante, in quanto l’aumento della pressione intra – addominale vi aiuta a superare il punto critico e vi da la sensazione di stabilità e fiducia durante l’inversione di marcia. Senza quella spinta psicologica vi sentireste schiacciati sotto un carico pesante, cosa che potrebbe farvi fallire il sollevamento mentalmente prima ancora che esso sia iniziato.

Cominciate poi ad espirare il più violentemente possibile immaginando di condurre il bilanciere grazie alla sola potenza del respiro. Fate finta di usare il respiro per spingere il peso oltre il punto di arresto, raggiungendo la massima espirazione nella fase finale dell’alzata.

Quando invece vi trovate a completare serie che prevedano più di una ripetizione usate lo stesso modello di respirazione ma non espirate altrettanto violentemente, poichè altrimenti rischiereste, buttando fuori tutta l’aria ad ogni ripetizione, di andare fuori ritmo, costretti ad ansimare e ad inspirare di nuovo prima di cominciare la ripetizione seguente.

Dovreste espirare vigorosamente ma non completamente mentre spingete il carico verso l’alto; cominciare ad inspirare quando bloccate le braccia e state per iniziare la discesa, quindi proseguite trattenendo il respiro come precedentemente descritto.

La Fase Eccentrica nella panca piana

La Fase Eccentrica nella panca piana

Il momento successivo nella corretta esecuzione della bench press è costituito dalla fase eccentrica dell’esercizio, vale a dire nell’abbassamento del peso.

Se abbassate il peso troppo lentamente vi stancate troppo ma se lo abbassate troppo velocemente non sarete in grado di posizionarlo nel modo giusto per esercitare il massimo sforzo nella successiva fase ascendente.

In tutte le palestre in cui vi capita di andare potete vedere atleti, anche potenzialmente discreti, che lasciano cadere i pesi fino al petto per aiutarsi con il successivo rimbalzo nella risalita.

Osservate pure il loro sviluppo e la qualità muscolare e poi confrontateli con quelli di un sollevatore di pesi che abbassa il carico sotto controllo per poi rialzarlo usando la forza muscolare e la tecnica appropriata.

Alcuni sono convinti che il metodo del “rimbalzo” sia utile per allenare l’esplosività. In realtà, lasciando crollare il bilanciere si cerca l’effetto pliometrico conseguente ad una qualunque caduta dall’alto; tale effetto impedisce proprio di esprimere la potenza esplosiva necessaria per partire da una condizione di fermo.

C’è anche un altro fattore da prendere in considerazione allorché un carico venga abbassato troppo velocemente e cioè che la quantità di forza necessaria per invertire la direzione, una volta esaurito l’effetto dello slancio pliometrico, è decisamente maggiore del peso del bilanciere.

Quindi se abbassate il peso sotto controllo avrete bisogno di meno forza per sollevarlo, avrete maggiore padronanza e stabilità nell’esecuzione dell’esercizio ed eviterete gran parte degli infortuni al petto, alle spalle ed ai gomiti, conseguenza appunto di atteggiamenti scriteriati.

Ovviamente è altrettanto controproducente una discesa eccessivamente lenta, utile solo nel body buiding per cercare una progressiva situazione di acidosi nei muscoli. Nell’allenamento per la forza massimale, l’obiettivo primario è forzare il sistema nervoso a reclutare con maggiore efficienza le fibre a contrazione veloce. Con una velocità eccentrica maggiore, pur se controllata, si concede al sistema nervoso più di una pausa tra le esplosioni, in quanto la tensione è ridotta; così facendo i muscoli devono contrarsi da una posizione più rilassata forzando in tal modo il sistema nervoso ad adattarsi.

Un altro aspetto fondamentale dell’abbassamento del peso riguarda la posizione dei gomiti.

Molte persone hanno sviluppato l’abitudine di tenere la parte superiore delle braccia (cioè il braccio propriamente detto che va dalle spalle al gomito) ad un angolo quasi retto rispetto al tronco, quando il bilanciere tocca il petto. Questo significa che se tracciaste una linea dal gomito sinistro del sollevatore a quello destro questa passerebbe direttamente sopra entrambe le spalle o, quanto meno, vicino ad esse. Significa anche che i gomiti sono in linea con la gola del sollevatore o, nel migliore dei casi, con la parte superiore del petto.

La posizione ora descritta è assolutamente svantaggiosa nella distensione.

Come vedremo, l’esercizio di bench press è una combinazione di movimenti verticali e orizzontali.

Il modo appropriato per eseguire la distensione è quello di abbassare il bilanciere fino alla parte inferiore del petto e spingerlo in alto (movimento verticale) ma all’indietro (movimento orizzontale), cosicché alla fine del sollevamento il bilanciere  si sia spostato in alto ma orizzontalmente rispetto alla parte inferiore del petto fino a trovarsi sopra la faccia dell’atleta che esegue l’alzata.

Questa combinazione di movimento orizzontale e verticale è il modo biomeccanicamente più vantaggioso per eseguire l’esercizio con un carico massimale.

Ora, uno dei problemi nel tenere il braccio quasi in linea con le spalle nella fase di discesa del bilanciere è che diverrebbe molto arduo inserire poi il movimento orizzontale nel sollevamento.

I sollevatori che abbassano il bilanciere con questa tecnica sono costretti a toccare la parte superiore del petto. Quando però iniziano la fase di risalita, il loro arco di movimento è limitato in pochi centimetri e, immancabilmente, falliscono i tentativi pesanti non appena il bilanciere ha valicato il tratto iniziale.

Lo sticking point avviene in questo punto perché esso è esattamente il momento dove avrebbero dovuto inserire un lieve scivolamento orizzontale, risultato di fatto impossibile in quanto sono partiti con il bilanciere posizionato sulla parte superiore del petto.

D’altra parte, seppur extra contest e qualora intendessero effettuare delle ripetizioni al posto dell’alzata singola, sarebbero svantaggiati dalla leva di sollevamento utilizzata, che li costringerebbe a cedere molto prima che subentri l’effettiva incapacità muscolare. Inoltre, tenendo i gomiti all’indietro e quasi in linea con le spalle, restano tagliati fuori (al contrario di ciò che comunemente si pensa) proprio i più potenti muscoli del petto.

Le solite leggende nel mondo delle palestre sostengono che effettuare la distensione su panca con i gomiti larghi serva a costruire i muscoli del petto. Peccato che l’anatomia e la fisiologia non siano d’accordo.

I muscoli del petto hanno due funzioni principali: una è di addurre il braccio verso il corpo, l’altra è di anteporlo ed extra ruotarlo.

Nello specifico della nostra trattazione, lo spostamento del braccio in basso ed all’interno dovrebbe costituire la funzione principale dei muscoli del petto riferita alla distensione su panca.
S

e ci si pone dinanzi ad uno specchio e si contraggono i muscoli del petto, mantenendo al contempo i gomiti in linea con le spalle, si vedrà che il coinvolgimento del petto non è apprezzabile in quella posizione; ma se si abbassano le braccia, incrociandole sul corpo, come nella posa del “most muscolar” (quindi con le mani unite all’altezza della cintura), ci si accorgerà che i muscoli del petto si gonfiano considerevolmente.

Questa è all’incirca la posizione che devono avere i gomiti e le braccia quando il bilanciere si trova sul petto, nel punto basso della distensione su panca.

Iniziando il sollevamento con i gomiti e la parte superiore delle braccia posizionate in quel modo, potrete esplodere tutta la forza dei vostri muscoli del petto mentre, al contrario, persistendo nell’uso della tecnica con i gomiti larghi, taglierete fuori i pettorali ed accentuerete lo sforzo sull’articolazione delle spalle con la conseguenza che, oltre a ridurre considerevolmente l’arco di movimento nella fase di spinta, aumenterete le percentuali di rischio di infortuni a danno della cuffia dei rotatori e del cingolo scapolo omerale.

In conclusione la posizione biomeccanica più favorevole prevede un angolo di circa 45° del braccio propriamente detto rispetto al tronco (cioè l’angolo tra il braccio e la cassa toracica). L’angolo effettivo ovviamente varia da sollevatore a sollevatore a seconda della lunghezza degli arti, della dimensione del tronco e di altri fattori collegati.

È doveroso soggiungere che queste considerazioni riguardano la biomeccanica essenziale dell’esercizio di bench press così eseguito senza l’uso di una particolare attrezzatura.

L’utilizzo di quest’ultima, invece, modifica e devia concretamente alcuni canoni del setup e della traiettoria del bilanciere in assetti unequipped, come precedentemente descritti.

Tuttavia, poichè l’attrezzatura regolamentare è sottoposta, nel corso degli anni, a continue approvazioni ed omologazioni da parte di Organismi e Federazioni, non può costituire nella presente trattazione iniziale una base di partenza e un presupposto per la didattica elementare e basilare dell’esercizio in parola.

La Pausa al petto nella panca piana

La Pausa al petto nella panca piana

Massimizzare la produttività della distensione è possibile utilizzando anche in allenamento la pausa al petto di ca. 1” ( contare: milleuno)

È un modo per allenarsi brutale ma molto efficace che, inizialmente, vi costringerà ad abbassare percentualmente i vostri carichi ma, poi, ve li restituirà in termini di resa in gara (dove il “fermo” è notoriamente obbligatorio).

Quando effettuate la pausa al petto dovete restare comunque contratti, duri, non potete rilassarvi pena la perdita di efficacia di tutto il setup iniziale e del pre stiramento fornitovi dalla fase eccentrica del movimento.

Tutto il vostro corpo in sinergia deve essere pronto ad esplodere la potenza  della successiva alzata.

Chiaramente, l’allenamento con il “fermo” richiede anche notevole dispendio di energie nervose e, pertanto, può essere un mezzo importante ma non l’unico in preparazione ad una gara.

Quando si eseguono le alzate senza la pausa al petto, può essere opportuno ricorrere alla cosiddetta “inversione di marcia”, che da soluzione di continuità tra le due fasi del movimento, eccentrica e concentrica, senza sottoporre il fisico allo stress del “fermo” vero e proprio.

Tra le esercitazioni che vi abituano al “fermo” di gara, vi sono le parziali al power rack (“gabbia”) e le board press, soprattutto per chi fa uso dell’attrezzatura specifica. L’illustrazione di questi esercizi esula tuttavia da questa parte della presente trattazione.

L’alzata alla panca piana

L'alzata alla panca piana

L’aspetto principale della bench press è ovviamente il sollevamento del bilanciere dalla posizione di “fermo” al petto fino alla completa distensione delle braccia.

Il punto chiave di questa fase dell’esercizio consiste – come si è già detto – nell’unire all’essenza verticale del sollevamento una concreta componente di spostamento orizzontale. In altri termini, oltre a sollevare il bilanciere fino alla completa estensione dell’avambraccio sul braccio lo si spinge contemporaneamente all’indietro.

Il bilanciere dovrebbe muoversi da un punto che per taluni si trova immediatamente sopra i capezzoli, per altri appena sotto e leggermente sopra lo sterno, fino a trovarsi perpendicolarmente rispetto al naso (o tra il naso e gli occhi).

La componente di spostamento verticale è calcolabile tra i 30 ed i 35 cm. mentre quella orizzontale tra i 24 ed i 28 cm.

Sostanzialmente e con le opportune approssimazioni dovute alla lunghezza degli arti ed alle tecniche di esecuzione, possiamo dire che ogni 5 cm. di ascesa il bilanciere si sposta indietro per 4 cm.

Il movimento orizzontale è fondamentale, in quanto qualsiasi riduzione di questa componente nella traiettoria del sollevamento causa una drastica riduzione nel carico massimo spostabile stimabile all’incirca nel 10% del totale.

Per apprendere l’esatto movimento orizzontale occorre innanzi tutto pensare alla posizione delle mani: esse condurranno il bilanciere in alto e indietro dal petto verso gli occhi.

La larghezza della presa prescelta deve essere tale da consentire, allorché il bilanciere si trova poggiato sul petto, di mantenere i gomiti in verticale sotto le mani. In caso contrario, gli avambracci non saranno perpendicolari al pavimento ed una parte sostanziosa della potenza di spinta andrà perduta poiché sarà trasferita in traiettoria obliqua anziché spingere il bilanciere verso l’alto.

Con la presa ottimale ed i gomiti in linea con le mani, gli avambracci potranno tracciare il percorso già ricordato di spostamento verticale ed orizzontale al tempo stesso. E’ tuttavia necessario che le mani ed i gomiti continuino a viaggiare insieme: se infatti le mani dovessero allontanarsi dai gomiti nella posizione finale del sollevamento, sarebbe quasi impossibile raggiungere il blocco dell’articolazione con un carico pesante, in quanto la distensione su panca si sarebbe trasformata in un esercizio di isolamento per i tricipiti (french press).

Talvolta, nelle gare di bench press o di powerlifting, si vedono sollevatori “esplodere” letteralmente con il bilanciere dalla posizione bassa allontanandolo di ca. 6/7 cm. dal petto; tuttavia proprio a questo punto si bloccano. Appena raggiunto il punto di difficoltà (cd. “punto morto”), hanno permesso ai gomiti di scivolare verso i piedi.

Quando i gomiti ruotano verso i piedi, i tricipiti diventano i soli  muscoli deputati in maniera sostanziale al sollevamento ma chiaramente, da soli, non sono in grado di supportare l’intero sforzo dell’alzata consistente in un carico determinato per un intervento multiarticolare.

Il buon esecutore della distensione su panca, viceversa, raggiunto il punto di difficoltà a 5/7 cm. dal petto, inizia a spostare il bilanciere all’indietro orizzontalmente verso il viso. Esegue questo movimento con una retro posizione del braccio propriamente detto, avendo cura che i gomiti restino perpendicolarmente in linea con le mani.

Potremmo semplificare l’azione suddividendola in tre fasi.

Fase 1

La prima richiede un movimento esplosivo che allontani nel modo più repentino il bilanciere dal petto. Il gran dorsale ed i bicipiti (poiché si trovano più in basso rispetto alla panca) svolgono un ruolo spesso sottovalutato ma in realtà fondamentale.

Abbiamo parlato in precedenza di uno spostamento variabile dai 5 ai 7 cm., ma ovviamente la circostanza risente dell’equipaggiamento dell’atleta: ovvero se il medesimo sia provvisto della speciale attrezzatura di supporto (maglia omologata) o se esegue la distensione in assetto “raw”.

Alcuni lifters – a seconda della lunghezza delle leve articolari, della dimensione del busto e della forza dei diversi gruppi coinvolti nel sollevamento – preferiscono allontanarsi dal petto con un’inclinazione di ca. 60°, altri alzare il bilanciere verticalmente per i primi centimetri di escursione.

Fase 2

Adesso inizia la seconda fase. A questo punto l’iniziale contrazione del muscolo pettorale supportata dalla spinta di reazione alla fase eccentrica fornita dal gran dorsale si è esaurita, portando il bilanciere alla sua altezza massima. Se in questa fase non si inserisce un movimento orizzontale a carico dei deltoidi e del trapezio, con un carico pesante si è quasi certi di fallire l’alzata.

In questa situazione il serratus svolge un importante lavoro isometrico di sostegno per il quale sarebbe opportuna un adeguato allenamento nelle fasi e nei cicli preparatori precedenti la gara principale.

Lo spostamento deve avvenire con determinazione in una frazione di tempo per consentire di opporsi duramente al peso e, nel contempo, muovere il bilanciere dalla parte inferiore del petto gradualmente verso la faccia.

Fase 3

Nella terza fase si completa la distensione. Lo spostamento del bilanciere, di cui si è parlato prima, si tradurrà solitamente in un allontanamento delle mani dai gomiti; ecco perché è necessario correggere immediatamente la situazione con una presa molto salda e l’intervento dei muscoli dell’avambraccio, in particolare l’anconeo, mentre il tricipite (capo laterale e mediale) effettua la chiusura dell’escursione.

Esistono principalmente due diverse impostazioni tecniche per portare a compimento la fase terminale del movimento. La prima tecnica fa capo ad Arthur Jones – l’inventore delle popolari macchine “Nautilus” – il quale, rivolgendosi all’epoca ad atleti non provvisti delle maglie di supporto, teorizzò il famoso movimento a “J” delle braccia; l’atleta in sintesi chiudeva la distensione con una leggera intrarotazione del polso provocata dall’intervento determinante dei muscoli dell’avambraccio, che lasciava appunto intravedere il disegno di una lettera J nel movimento coordinato di spalle e braccia accompagnata dalla rotazione dello stesso bilanciere facilitata anche dal sistema dei “cuscinetti”. Jones sosteneva essere questa la biomeccanica più favorevole al movimento di specie.

Successivamente Louis Simmons, l’ideatore del “Westside system” propugnò la tesi della traiettoria non curvilinea del bilanciere in salita, fondata sulla legge che la via retta è certo la più breve ma, soprattutto, rivolgendosi ad atleti equipaggiati con l’attrezzatura specifica e mirante, di conseguenza, ad ottenere da essa il maggior vantaggio possibile. Si trattava in questo caso di sfruttare al massimo la spinta verticale dei tricipiti ( il cui allenamento è preponderante in Simmons) per ovviare all’esaurimento, nel punto “morto”, della fase di esplosività iniziale agevolata dalla maglia.

Come si potrà vedere in altra sede, per l’intervento dei tricipiti si possono eseguire le distensioni a presa stretta su panca sia orizzontale che inclinata mentre per abituarsi al superamento del cosiddetto “punto morto”, in special modo per chi usa l’attrezzatura, è di grande utilità la floor press ( distensione dal pavimento) da eseguirsi, preferibilmente, con il bilanciere al fine di simulare la situazione di gara.

Logicamente queste tre fasi devono essere svolte senza soluzione di continuità, velocemente ed alla massima sincronia possibile di tutte le catene cinetiche interessate, poiché chiaramente un sollevamento ottimale richiede, oltre alla forma di esecuzione tecnica migliore, la sinergia ed il coordinamento perfetto di tutti i momenti dell’alzata.

Continua con The Raw Bench Press : Analisi e riflessioni in ordine alla biomeccanica dell’alzata alla panca