Il Metodo degli sforzi massimali

Premesse, descrizioni e considerazioni

Si era già precedentemente accennato e si può, ad ogni buon fine, ulteriormente riassumere di come una tensione muscolare fosse essenzialmente caratterizzata da:

  • Impegno contemporaneo del maggior numero di unità motorie,
  • Frequenza massimale degli impulsi efferenti,
  • Ritmo sincronizzato dell’attività delle unità motorie.

Se, ad esempio, attuiamo uno sforzo muscolare non massimale la frequenza dell’impulso non raggiunge il culmine e il ritmo di attività delle unità motorie coinvolte è asincrono.

Di conseguenza, con l’aumentare della fatica, tali unità smettono di lavorare – per usare termini di facile comprensione – e sono sostituite da altre; per cui, perdurando l’allenamento, migliora questo meccanismo di alternanza tra le unità motorie coinvolte ma ciò agevola la durata e la prosecuzione del lavoro e cioè favorisce il miglioramento della resistenza ma non della forza pura.

Considerando le qualità di velocità e accelerazione che determinano le caratteristiche spaziali e temporali dei diversi movimenti e relative tensioni muscolari, sin dal 1934 Hebstreit aveva osservato che:

  1. Nel sollevamento di un carico massimale o sub massimale, la velocità raggiunge celermente un certo valore e in seguito si mantiene costante; l’accelerazione oscilla di poco; la forza occorrente per vincere la resistenza opposta è all’incirca corrispondente al peso dell’oggetto da sollevare;
  2. Nel sollevamento di carichi medi o deboli, se gli sforzi applicati sono massimi, l’accelerazione ha un picco iniziale, per poi scendere e infine divenire negativa nella seconda parte del movimento; la forza necessaria da applicare è dapprima superiore al peso dell’attrezzo, poi inferiore e il sollevamento si conclude per inerzia; il tempo di tensione è spesso così ridotto da non consentire influenze pratiche sullo sviluppo della forza;
  3. Se gli sforzi applicati non sono massimi nel sollevamento di carichi inferiori, le curve di velocità e accelerazione saranno, invece, analoghe a quelle dello sforzo massimale ma il successivo rallentamento artificiale del movimento porterà all’impiego di muscoli antagonisti e quindi un mutato rapporto di forza (con decremento di quella massima) nei confronti della catena cinetica deputata all’esercizio.

Inoltre, già dalle ricerche dei bulgari Mateev e Akrabov, si dimostrò che le resistenze esterne determinano diversi valori di stimoli fisiologici ai quali si contrappongono reazioni proporzionate. Di modo che, a stimoli (stressor) elevati corrisponde un’alta inibizione mentre, al contrario, stimoli deboli causano risposte deboli: da cui la deduzione che la forza massimale è allenabile e migliorabile con impieghi massimali della stessa e tensioni muscolari massime.

Ecco perché, al fianco del metodo per gli sforzi ripetuti (di cui si è ampiamente trattato) ed a quello degli sforzi dinamici, ha sempre avuto largo impiego il cosiddetto metodo degli sforzi massimali, con opportuni distinguo.

In buona sostanza:

  • Il metodo degli sforzi dinamici : è principalmente rivolto agli atleti degli sport di velocità e potenza ove è fondamentale, con resistenze modeste, imprimere la massima velocità di esecuzione (forza nell’unità di tempo). Si possono considerare quali esempi il pugilato, tutti i tipi di lanci nell’atletica, molte arti marziali, l’attività del battitore nel baseball ecc : in essi la resistenza cui opporsi è costituita da massa non elevata (attrezzi di peso ridotto o addirittura dalla resistenza dell’aria) e, tuttavia, la velocità da imprimervi contro è basilare.

Per tali specialità, il lavoro principale nell’allenamento della forza prevede programmi con alto impiego del metodo di sforzi dinamici e lavoro assistenziale in parte svolto con metodo di sforzi massimali e ripetuti;

  • Il metodo degli sforzi ripetuti : può essere considerato ideale per attività dove sia preponderante l’impiego della forza non massimale: forza resistente o resistenza di forza, forza generale di base; possono annoverarsi gli esempi delle varie forme di lotta (libera, greco-romana, pancrazio), degli strongman, degli atleti di sport di squadra come il rugby e il football americano ed australiano; costoro pur lavorando ampiamente con detto metodo, utilizzeranno saltuariamente anche quello degli sforzi massimali e dinamici;
  • Il metodo degli sforzi massimali : è da ritenersi il più adatto per atleti che debbano appunto opporsi a resistenze massimali e che, pertanto, compiano il loro sforzo in un’unica alzata o movimento (in quanto l’1RM non consentirebbe repliche) e, con altrettanta evidenza, non possano imprimere una velocità apprezzabile al gesto stesso.

È chiaro che si tratterà pur sempre della massima velocità occorrente e sostenibile nella fattispecie ma non avrà, tuttavia, caratteristiche preminenti rispetto alla componente della qualità muscolare di forza massimale.

Rappresentanti tipici di questa peculiarità sono praticamente tutti i sollevatori olimpici e i powerlifters, che riserveranno al peak della loro preparazione l’esercizio della forza massimale (da allenare peraltro anche off season, in svariate forme) ed avranno come imprescindibile complemento ed assistenza l’allenamento con metodi di sforzi dinamici e quello su gli sforzi ripetuti.

Occorre però fare un’importante distinguo. Quando si parla di allenamento con il metodo degli sforzi dinamici non dobbiamo confondere questi ultimi con la velocità in senso stretto; il metodo prevede l’allenamento esplosivo di un gesto che lo richiede in proporzione alle proprie caratteristiche specifiche; ne consegue che ogni esercizio agonistico improntato alle qualità di forza può richiedere esplosività e necessita pertanto di una preparazione adeguata ma l’importanza che essa avrà all’interno di un’attività sportiva sarà differente da applicazione motoria ad applicazione e, quindi, occuperà un ruolo diverso caso per caso ed a seconda del momento topico della stagione.

Similmente, il metodo di allenamento degli sforzi massimali indica un obiettivo da perseguire e non una sequenza di esercitazioni; non si tratta di prevedere e tentare più volte l’1RM ma di allenarsi con protocolli che mirino allo sviluppo di quella componente basilare, piuttosto che al raggiungimento di una performance ottimale di esclusiva esecuzione dinamica oppure rispetto all’attitudine a svolgere sforzi ripetuti sempre maggiori e protratti nel tempo.

Storia sommaria ed esemplificazioni pratiche

Il metodo degli sforzi massimali è diventato preponderante a partire dagli anni ’50. In precedenza i pesisti dedicavano la maggior parte della loro preparazione a sforzi ripetuti, ricalcando in questo l’allenamento dei primi bodybuilders.

Successivamente, le periodizzazioni delle stagioni agonistiche ed i contenuti delle sessioni allenanti si sono sempre più diversificate e oggi gli atleti di qualificazione olimpica utilizzano in gran parte lavori di tipo sub massimale e tendente al massimale.

Il sommo Zaciorskij riporta il contenuto di una seduta di allenamento del campione olimpico di Roma ’60, Kurinov, categ. medi, che già 50 anni fa utilizzava pionieristicamente tale metodologia.

  • Strappo in piedi: 2×60 – 2x1x80kg.
  • Distensione: 1x2x100 – 1x1x100 – 1×120 – 2x1x130 – 1×120 – 1x130kg.
  • Girate: 2x1x130kg.
  • Tirate: 2x90kg.
  • Strappo in piedi: 1x90kg.
  • Strappo completo: 1×105 – 2x1x110 – 1×120 – 2x1x125kg.
  • Tirata con strappo: 2×130 – 2x2x140 – 2x150kg.
  • Distensione: 2x1x100 – 1×120 – 2x1x130kg.

Da rilevare che le serie non superavano mai le 2 reps e, cionondimeno, non trattavasi di carichi al 100% bensì di carichi sub massimali, in grado di esser sollevati da 1 a 3 volte senza eccitazioni eccessive e totali del sistema nervoso.

La differenza percentuale tra il carico valutabile come massimale per l’allenamento e l’effettiva miglior prestazione raggiungibile in assoluto è soggettiva e perciò varia da atleta ad atleta, con escursioni più ampie man mano che si prendono in considerazione le categorie ponderali maggiori.

Alcuni protocolli di lavoro con il metodo degli sforzi massimali sono riscontrabili in varie sistematiche di allenamento nel powerlifting o in altre specialità di forza.

Vi rientrano parzialmente alcuni lavori di tipo piramidale, altri con le “fasi” ed implicanti almeno un gruppo di alzate singole, il carico a onda di tipo 3/2/1; inoltre qualche applicazione particolare e specifica – che mi auguro di poter esaminare in seguito nel dettaglio – come l’Hepburn System, per la parte in cui si svolgono le 3-5 serie singole, che può essere ricompreso sia in detto metodo, sia parzialmente in quello degli sforzi ripetuti a carico costante (con il gruppo da 5×5), sia infine e complessivamente nel lavoro ripetuto a distribuzione di serie.

Un classico mesociclo che viene programmato con il metodo degli sforzi massimali è quello di “peak” che trovasi spesso al termine di un macrociclo o che talvolta è previsto dopo consistenti lavori di accumulo (ad es. dopo lo Smolov) o ancora, più in generale, si effettua prima di un’importante competizione della stagione agonistica.

Si potrebbe citare una miriade di esempi in proposito ma ripropongo una progressione trisettimanale tipica utilizzata tanto nel WL come nel PL con le opportune discrezionali varianti:

1^ sett. 
sess. a) 7×2/3×80%
sess. b) 6x2x82,5%

2^ sett.
sess. a) 5x1x85% e oltre
sess. b) 4x1x87/90%

3^ sett.
sess. a) 3x1x90% e oltre
sess. b) 2x1x92/95%

4^ sett.
sess. unica) scarico
gara

N.B. alle alzate singole possono essere accompagnate alcune serie a modesta intensità per il mantenimento del volume raggiunto.

Valutazioni e differenze

Fondamentalmente, come nella maggioranza dei casi, “virtus in medio stat” e infatti il risultato più soddisfacente si ottiene con la sapiente mistura di più ingredienti tutti utili a diversi fini e sovente capaci, in sinergia, di produrre un risultato migliore rispetto alla stessa somma aritmetica degli addendi.

Cosicché la combinazione omogenea dei metodi di allenamento di sforzi ripetuti, massimali e dinamici trova largo impiego nelle pianificazioni più moderne e conduce alla performance più elevata.

È proprio il concetto che dapprima lo stesso Zaciorskij fino poi a Verchosanskij hanno sostenuto concependo il “metodo coniugato” – che pure mi riprometto di trattare – che già dal nome sottintende l’amalgama di tanti principi e che ha trovato proprio nel settore del Pl diverse applicazioni pratiche, tra cui il celebre “Westside”.

Tornando però al tema odierno, restano molti punti pro e contro il metodo degli sforzi massimali, che lo inducono talvolta ad essere preferito, tal’altra scartato a vantaggio del più sicuro (ancorché monotono) metodo degli sforzi ripetuti; questo aspetto andrebbe vagliato anche in rapporto a chi siano i soggetti verso i quali entrambi i metodi siano eventualmente diretti e dedicati.

Come già detto, il metodo degli sforzi massimali è stato negli ultimi decenni quello preferito da gli atleti di più elevato livello e qualificazione.

Sul piano puramente energetico, nel campo delle discipline prestazionali di forza pura e potenza, è da evitare un lavoro volto al cedimento che intacchi la freschezza e l’integrità atletica e conduca all’esaurimento delle forze fisiche.

L’attività riflesso condizionata si sviluppa meglio con sforzi brevi ed intensi, qualora questi non eccedano toccando i massimali reali nell’eccitazione del sistema nervoso.

Inoltre per un atleta agonista è importante sollevare carichi alti senza dispersione di forze in un ambito di tempo ristretto (considerando pure i necessari ampi recuperi occorrenti) e l’elevato impegno delle odierne stagioni agonistiche nonché le esigenze sociali della vita esterna porterebbero l’atleta di picco, che può permetterselo per caratteristiche personali, curriculum, spessore tecnico ed esperienza a preferire una preparazione incentrata su serie ad alzate singole o comunque a ripetizioni limitate, per evitare che un volume di lavoro, che abbia già valicato livelli limite negli anni pregressi, rischi di divenire insostenibile nel tentativo di determinare ulteriori miglioramenti.

D’altro canto, il metodo degli sforzi ripetuti presenta altrettanti numerosi e indubitabili vantaggi da non sottovalutare e, semmai, da integrare opportunamente.

Il lavoro di volume produce e mantiene effetti positivi sul metabolismo, quindi sui processi trofici e sugli incrementi plastici; diventa allora importante per un lavoro ipertrofico basale su cui operare i successivi transfert di forza; con esso si riduce la tetanizzazione e dunque l’assuefazione a certi stimoli massimali localizzati, che possono indurre ad una stagnazione dei risultati.

In poche parole, l’atleta di livello è, in tale frangente, come un cane che si morde la coda: necessita di ripetere sempre più uno schema motorio ed una certa intensità per abituarsi ad essi e a non perdere il feeling con il gesto di gara ma, paradossalmente, ripetendolo soltanto e pedissequamente si stalla nel livello già conseguito.

Si può aggiungere che gli esercizi di tipo massimale non agevolano il controllo dell’attrezzo e la padronanza tecnica dell’esecuzione e neppure la coordinazione dei movimenti.

Il rischio di infortuni con carichi ingenti e prossimi al proprio limite è naturalmente più alto.
Infine, in atleti di livello non apicale la percezione dell’eccellenza prestativa non risulta evidente come in quelli di maggior qualificazione, mentre l’allenamento con sforzi ripetuti ha un approccio più semplice per tutti e anche in condizioni logistiche eventualmente disagiate.

L’importanza di tutti questi rilievi, la necessità di una linea programmatica che tenga conto, in chiave agonistica, di tutte le componenti in proporzione alle percentuali di rischio e agli elementi negativi insiti in esse nonché alle risultanti effettive delle componenti stesse, ha indotto la maggioranza dei tecnici a pianificare protocolli di lavoro che pongano sulla bilancia tutte le analisi sopra espresse e prevedano, in successione e in simultanea, l’effettuazione di lavori incentrati su più di una metodologia – sia pur in misura e frequenza diversa a seconda delle scuole di pensiero – per avvalersi dei relativi vantaggi pratici, stemperando o limitando le inevitabili controindicazioni comunque contenute.

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