L’evoluzione del mondo dell’allenamento degli ultimi anni ha cambiato un pò la visione che le persone hanno degli esercizi complementari. Si è passato dalla visione stile “west side” che allena i muscoli che intervengono in un movimento determinato, alla visione puramente neurale del gesto motorio, secondo cui l’unica cosa che conta è la frequenza elevatissima del gesto atletico per ottimizzare il reclutamento.

All’idea dell’importanza della sola frequenza dei fondamentali hanno contribuito poi autori come Faleev, che propone di eseguire i soli esercizi fondamentali, oppure l’impronta semplicistica della scuola bulgara, che non eseguiva più di 5 esercizi.

In questo breve articolo ci tenevo a riportare un po alla luce il concetto dell’importanza, spesso dimenticata, degli esercizi complementari.

Per prima cosa ci si deve ricordare che la forza e l’ipertrofia sono strettamente collegate. L’ipertrofia è l’ingrossamento del muscolo dovuto, tra le tante cose, all’aumento della sezione trasversa del muscolo e la forza è in relazione con quest’area.

Ok, forse darsi all’esecuzione di decine di esercizi in stile bodybuilding può non essere la scelta migliore, ma

eseguire esercizi complementari per la catena cinetica dell’alzata che si sta allenando non può che risultare una scelta vincente, a meno che non si tratti di livelli veramente elevati, o al contrario, di neofiti allo stadio iniziale.

Un intermedio può sicuramente trovare fruttuoso, se ad esempio si mira allo sviluppo della panca, nell’eseguire qualche esercizio di tutta la marea di esercizi complementari che la catena di spinta ha a disposizione, come panche con prese e inclinazioni differenti, dip, lento avanti, piegamenti etc…

Il primo dubbio che viene infatti è: c’è transfert? Il transfert è muscolare. Sta poi al lavoro sull’alzata target ottimizzare lo sviluppo di questa massa. In quest’ottica di allenamento trovo ovviamente utile un lavoro sui multiarticolari e per catene muscolari piuttosto che per singoli distretti, altrimenti si ritorna ai concetti di qualche anno fa.

Come ho poi detto sul mio articolo riguardante la scuola norvegese, ci possono essere diversi motivi per utilizzare gli esercizi complementari. Quest’argomento lo tratterò più a fondo in seguito in un articolo a sé, ma usare esercizi differenti dal solito esercizio principale:

Variare esercizi permette di lavorare i muscoli e le articolazioni sotto angoli differenti, in modo da allungare la muscolatura, aumentare il flusso sanguineo e rafforzare eventuali punti deboli non colmabili dall’alzata target. Questa spiegazione porta una spiegazione aggiuntiva anche all’uso di molte varianti sui fondamentali, nonché, sembrerebbe da quel pochissimo materiale a disposizione, all’uso di esercizi stile “strongman” nell’off-season.

Un’altra spiegazione che mi viene in mente è il diverso modo di crescita che hanno i tessuti in relazione al carico. Se tendini, legamenti e fascia modificano il loro contenuto di collagene solo se stimolate da esercizi con % di carico medio-alte, la cartilagine si comporta diversamente.

Al contrario degli altri tessuti, la cartilagine è prima di rifornimento diretto di sangue e dipende dalla diffusione dell’ossigeno e dei nutrienti per via del liquido sinoviale, il che connette direttamente la mobilità articolare con la salute articolare.

Esercizi leggeri, con carichi medio-bassi, che mirano alla mobilità delle articolazioni (ad esempio le croci su panca di sheykiana memoria) permettono di portare maggiori nutrienti alla cartilagine. Alcuni studi sugli animali dimostrano persino che questo genere di attività aumenti lo spessore della cartilagine stessa.”

Più di tutti gli altri, trovo il secondo punto particolarmente importante, magari per portare alla luce anche un ritorno agli esercizi a corpo libero che, con le loro alte ripetizioni, permettono di soddisfare il requisito delle alte ripetizioni e carico leggero. Ovviamente non parlo di calistenia.

Un’altra cosa che mi spinge a considerare l’importanza dei fondamentali, è il concetto di trasmutazione. Secondo questa teoria si decide di modificare gli esercizi, al posto dell’esercizio target se ne eseguono altri che allenano i muscoli coinvolti in quell’esercizio, in modo da migliorare la prestazione in questi, lasciando invariata la prestazione nell’esercizio base.

Non sono molto d’accordo sull’abbandonare completamente l’esercizio base a favore dei soli esercizi complementari, ma l’idea che esista una teoria secondo cui bastano i soli complementari per favorire lo sviluppo di un’alzata mi fa pensare che gli esercizi complementari siano passati da sopravvalutati a molto sottovalutati.

D’altronde, passare dal fare un esercizio per alzata ogni sessione, per fare un esempio di un possibile estremismo faleeviano di panca/squat in una giornata, ad un più probabilmente utile panca/panca inclinata/squat/iperestensioni, non può che fare bene, magari (anche se dubito) non per l’alzata, ma sicuramente per tutti i tessuti che compongono il nostro corpo oltre ai muscoli.