L’argomento più gettonato è senz’altro uno, ovvero “come aumentare la massa muscolare?” in realtà possiamo dire che viene subito prima dell’altrettanto ricercato “Come perdere massa grassa?”. La risposta a queste domande si traduce spesso in schede d’allenamento senza il minimo senso, un’insieme di esercizi serie e ripetizioni che non hanno alcun legame, neanche nella testa di chi le ha create.

Fare un pò di luce sull’argomento, capire quante serie e ripetizioni sono necessarie per il vostro obiettivo  non è facile, sopratutto perché quello che serve in questi casi è avere almeno delle conoscenze base, imparare che una scheda sola non fa massa, che non esistono schede di definizione (ma questo è un’altro argomento . . .) che serie e ripetizioni  vanno inquadrate in un’ottica più grande che comprenda tutti gli altri parametri dell’allenamento ovvero :

Potrebbe sembrare noioso, ma comprendere questi aspetti vi darà una marcia in più, vi permetterà di capire dove state sbagliando, dove apportare correzioni, come interpretare le reazioni del vostro corpo all’introduzione di determinate metodiche d’allenamento, come e quando introdurre cambiamenti e così via.

Seguire una scheda pedissequamente senza avere la minima idea di perché stata strutturata in quel modo è di sicuro la strada più veloce per l’inconcesso.

Questo articolo nasce dalla discussione omonima aperta nel Forum a cui ha ampiamente contribuito Somoja, moderatore del Forum, e alla quale abbiamo dedicato questo spazio riassuntivo per facilitare la lettura.

La discussione originaria è disponibile qui

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 Quante serie e ripetizioni ?

In genere si tende a schematizzare il numero di ripetizioni da adottare in funzione dell’obiettivo. Ovvero se l’obiettivo sarà la massa muscolare si cercherà di lavorare in un certo range, se invece si cercherà una risposta neuro-muscolare e quindi un incremento della forza si lavorerà in un’altro range, se infine si cercherà la massima definizione . . . avete sbagliato articolo ! la definizione o separazione muscolare, propria di un bodybuilder, non è frutto delle alte ripetizioni come spesso di crede, è una questione di alimentazione e bassa percentuale di massa grassa.

Il concetto fondamentale da capire è molto semplice, fissatelo a mente a memoria perpetua:

Qualunque sia il vostro obiettivo non è una semplice questione di range di ripetizioni, ma di sistemi energetici utilizzati e scarti metabolici prodotti.

La questione sembra complessa, in realtà in parte lo è. Iniziamo con un esempio. La regola empirica vuole che uno schema 3 x 3 sia attribuile ad un piano di forza, ma se pensiamo di eseguire queste 3 serie da 3 ripetizioni con l’80 del massimale (1-RM) con tempi di recupero di 40 secondi, possiamo ancora pensare di aver eseguito un allenamento per lo sviluppo della forza ?

Ancora: 8 x 2 potrebbe anche in questo caso essere interpretato come un allenamento per la forza . . . ma se pensiamo di eseguirlo con recuperi tra le serie di 45 secondi o anche 1 minuto, sarà un allenamento improntato alla ricerca dell’ipertrofia (massa muscolare) piuttosto che alla forza . . . non trovate ? Chiaramente, prima che solleviate delle obiezioni, non è possibile eseguire un 8 x 2 con una carico che permetta solamente 2 ripetizioni, sareste bruciati dopo la seconda serie. . . ma è proprio questo il punto a cui vogliamo arrivare.

La maggior parte degli esercizi spesso viene svolta seguendo la tecnica del cedimento muscolare. Ora il cedimento muscolare ovvero l’incapacità di proseguire in un certo esercizio o in un certo movimento, non è la chiave di volta dei vostri progressi, semplicemente è una tecnica, ma non è la sola, non è l’unica, non va sempre applicata e spesso va evitata.

Se all’inizio abbiamo parlato di parametri di allenamento e li abbiamo elencati dovete sapere che esistono delle tecniche applicate alle diverse tipologie d’allenamento.

Il 3 x 3 di prima non significa eseguire 3 serie da 3 ripetizioni ad esaurimento muscolare con il 92% del massimale e 4 minuti di recupero, l’argomento è tutt’altro che semplice perchè richiama in gioco la frequenza, il volume, il tempo sotto tensione o TUT, la velocità del movimento, il tempo di recupero  . . . ovvero i famosi parametri descritti ad inizio articolo e che dovete avere bene in mente per capire il resto.

Le Fibre Muscolari

Fermiamoci un attimo e analizziamo in breve il discorso fibre muscolari. Senza scomodare “Lezioni di anatomia 1″ dobbiamo sapere che le fibre muscolari non sono tutte uguali. La natura ci ha dotato di un pool di cellule con capacità contrattile elevata ma “specializzazioni” differenti.

Fibre di tipo I

Le Fibre muscolari di Tipo I, sono quelle cosiddette “lente” o “rosse”, lente perché la loro contrazione non è rapida (se paragonata a quella delle altre tipologie di fibre muscolari), rosse per l’alta concentrazione di mioglobina al loro interno (la mioglobina lega l’ossigeno ed è indice della capacità della fibra di utilizzarlo).

Se una cellula utilizza ossigeno è in aerobiosi, quindi produrrà energia a partire da amminoacidi, grassi, carboidrati, ossidandoli completamente e quindi senza produrre acido lattico.

L’acido lattico inibisce la contrazione muscolare, per questo motivo le fibre lente sono quelle resistenti.

Se un corridore di fondo producesse acido lattico (in realtà ne produce comunque un po) durante la corsa non durerebbe 10 minuti.

Fibre di tipo IIa – IIb 

Queste sono le fibre “veloci” o anche dette “bianche”. Le prime in realtà non sono proprio bianche, presentano anche loro una certa quantità di mioglobina, per questo motivo hanno caratteristiche intermedie ed hanno una limitata capacità ossidativa.

Hanno un livello di attivazione più alto di quelle rosse-lente, ma di questo parleremo dopo, e presentano una contrazione molto rapida rispetto alle fibre I

Le seconde, quelle di tipo IIb, non hanno alcuna capacità ossidativa, riescono a contrarsi ancora più velocemente delle IIa e hanno un livello di attivazione più alto in assoluto.

Detto questo possiamo aggiungere al nostro rapido corso di anatomia quanto segue

Le fibre I :

  • sono reclutate sempre
  • sono poco ipertrofizzabili
  • utilizzano principalmente glucosio e grassi come fonte energetica
  • ossidandoli del tutto e quindi senza produrre acido lattico

Le Fibre IIa :

  • sono reclutate oltre certe % di carico
  • sono abbastanza ipertrofizzabili
  • producono acido lattico
  • utilizzano preferibilmente glucosio come fonte energetica

Le  Fibre IIb :

  • sono reclutate ad alte % di carico o quando vi insegue un leopardo
  • sono molto ipertrofizzabili e con grande capacità di sviluppare forza
  • utilizzano preferibilmente fosfocreatina come fonte energetica

(la fosfocreatina è presente in piccole concentrazioni all’interno del muscolo e quindi dura poco : serie a basse ripetizioni)

Adesso semplificherò parecchio fingendo che non esistano i mediatori per la contrazione muscolare come l’acetil colina. Fingiamo che i muscoli si contraggano solo a causa di scariche elettriche. Utilizzerò una metafora per descrivere il tutto più agevolmente.

Facciamo un salto indietro nel tempo di qualche migliaio di anni . . . e viaggiamo fino all’antico Egitto; le nostre fibre muscolari sono degli schiavi egizi, il nostro cervello è il faraone, dobbiamo costruire una piramide, sovrapponendo pietre molto grosse.

Il faraone inizia ad inviare ordini agli schiavi incitandoli a lavorare (gli ordini sono gli impulsi nervosi), all’inizio chiederà a 10 schiavi di lavorare, ma il masso è troppo grosso per loro, quindi sarà costretto ad incitare altri schiavi finché questo benedetto masso non si sarà spostato da dov’è.

Ipotizziamo che la forza complessiva degli schiavi sia di 100 unità, se il masso pesa 80 unità allora per sollevarlo il nostro faraone sarà costretto a reclutare l’80% dei suoi schiavi . . .gli altri, quelli più pigri, staranno momentaneamente a riposare.

Man mano però che questo masso viene spostato alcuni schiavi più mingherlini (non ho detto che avessero tutti la stessa forza) si stancano e vengono sostituiti a suon di frustate, da quelli pigri che prima stavano riposando.

Quando il 20% + 1 unità di forza lavoro saranno esaurite (ipotizziamo 21 schiavi su 100) i nostri schiavi non saranno più in grado di spostare il masso . . . perché 79 unità di forza non possono spostare 80 unità di resistenza.

Questo è il cedimento.

Il cedimento muscolare

Il cedimento muscolare

Il faraone continuerà a frustare gli schiavi pigri incitandoli a lavorare ma non sortirà alcun effetto, anzi inizierà a sudare. Questo è ciò che succede quando continuiamo a spingere un carico che non siamo più in grado di sollevare, il nostro faraone, Sistema Nervoco Centrale, si affatica inutilmente.

Adesso ipotizziamo di dover spostare un masso più piccolo. Questo masso pesa 60 unità. Il faraone inizierà a frustare gli schiavi meno pigri che subito accorreranno senza fare troppe storie per lavorare; questi schiavi sono le fibre lente e le fibre IIa che hanno un livello di attivazione più basso.

Il masso continuerà ad essere spostato abbastanza facilmente perché non troppo pesante però man mano che questo viene trascinato gli schiavi vengono avvolti da sabbia del deserto che impedisce loro di muoversi progressivamente.

La sabbia del deserto è l’acido lattico.

Ad un certo punto per l’eccesso di sabbia gli schiavi saranno costretti a fermarsi ed il vento del deserto (flusso ematico) spalerà via la sabbia-lattato.

Il faraone non sarà molto stanco perché non ha continuato a frustare inutilmente gli schiavi già insabbiati.

Ultimo lavoro: spostare un carico di 95 unità di peso.

Il faraone continuerà a frustare schiavi pigri e non finché il masso non sarà spostato, gli schiavi pigri (fibre IIB) sono dei gran pelandroni ma non a caso: sono dotati di una forza ben superiore a quella degli altri schiavi ma tendono a stancarsi in fretta e non tollerano la sabbia, per questo motivo grazie a loro il faraone sarà in grado di spostare grossi massi ma per piccoli tragitti; per spostare questi pietroni dovrà fare diversi tentativi dando il tempo di recuperare agli schiavi pigri più forti.

Se il faraone si intestardisce già da subito e vuole portare il masso a destinazione in una sola volta, una volta stancati il 5% di schiavi più uno non ci sarà più possibilità di compiere lavoro

Come già fatto in precedenza il faraone continuerà a frustare tutti gli schiavi nella speranza di muovere il masso ma senza sortire effetti, anzi, affaticandosi lui. Successivamente, sebbene gli schiavi forti possano aver recuperato il faraone non avrà più la forza di frustarli a dovere per farli smuovere, ragion per cui serie con grossi pesi a cedimento stancano il faraone, ed impediscono di sollevare ancora grossi pesi nelle serie successive.

Per questo motivo per la forza sono necessarie più serie a basse ripetizioni con un certo recupero e con grossi pesi:

  • bisogna stimolare gli schiavi, ehm, fibre, ad alta attivazione
  • non si deve accumulare acido lattico
  • non bisogna affaticare prematuramente il sistema nervoso centrale

terminata la piramide i nostri schiavi potranno riposare e nutrirsi (questa è una finzione storica perchè stiamo ipotizzando che gli schiavi egizi avessero la possibilità di nutrirsi a sufficienza) e la prossima volta saranno più forti e potranno spostare massi più grossi.

Alla luce di quanto detto, una serie da 12 ripetizioni al 65% del massimale produce acido lattico e ci blocca per le successive, se invece spezzettiamo le ripetizioni in più micro serie con recuperi di 30” o più daremo il tempo all’acido lattico (o a parte di esso) di essere smaltito e saremo in grado di far lavorare più fibre. Addirittura a parità di ripetizioni totali, spezzettando la serie, si possono utilizzare carichi maggiori o eseguire più ripetizioni totali (quindi più schiavi al lavoro)

Aumentando i tempi delle ripetizioni (rallentandole) si ottengono effetti simili a quelli di eseguire più ripetizioni. Per questo motivo una serie da 3 ripetizioni con il 65% del massimale può essere eseguita esplosivamente per allenare la dinamicità e terminata in 3 secondi (e con i movimenti esplosivi la fanno da padrone le fibre IIa e IIb), oppure in 12 secondi, con cadenza lenta, utilizzando l’80% del massimale, e qui saranno affaticate più fibre e lo stimolo ipertrofico sarà maggiore.

Le fibre veloci recuperano più lentamente dagli sforzi, per questo è possibile ottenere massa anche con serie da 2-3 ripetizioni e recuperi di 2 minuti (e grossi carichi), ipertrofizziamo le fibre IIb, se però i recuperi sono troppo alti e le serie troppo poche non otteniamo un piffero perché le fibre forti saranno stimolate poco e le fibre IIa per nulla.

Le fibre IIa rispondono meglio a ripetizioni maggiori perché per affaticarle ci vuole più tempo, ma con il trucchetto della fatica cumulata (di spezzettare le serie) si elude l’acido lattico.

Acido lattico e cedimento sono quindi castranti all’inizio di un allenamento, ma possono essere utili alla fine. Il cedimento è comunque uno stimolo sia muscolare che per il sistema nervoso, ma non è l’unico stimolo per la crescita.

Potremmo pensare in quest’ottica di tradurre il tutto in numeri, in qualcosa di più concreto. Abbiamo detto che trovarci inondati di acido lattico all’inizio della serie non è una buona idea, si arriva bruciati prima di partire con l’allenamento vero, e arrivare a cedimento nella prima serie non è da meno. Partire ad esempio con un piramidale secondo lo schema 12-10-8-6-4-2 con le serie a cedimento è del tutto insensato. Mentre impostare un piramidale inverso ad esempio 2-4-6-8-10-12 in cui le serie iniziali sotto eseguite con grossi pesi e un margine (buffer) senza cedimento quindi, può avere una funzione allenante.

Anche un 8 x 5 con l’80% del massimale e 40” di recupero ha un senso allenante, si cede all’ultima serie e si è lavorato in fatica cumulata stancando parecchie fibre, proseguendo anche un 8 x 3 può essere impiegato per la massa se i recuperi non sono troppo alti, anche se c’è da dire che lavorando con l’87% di 1-rm, l’allenamento sarebbe impegnativo sia per il sistema nervoso che muscolare.

8 ripetizioni hanno un senso allenante perché si lavora con un carico generalmente elevato (qualcuno utilizza l’80% altri il 75%), sufficientemente elevato da stimolare le fibre IIa, volendo lavorare con 3 ripetizioni e buffer per stancare le IIa si dovrebbe utilizzare un volume d’allenamento decisamente più alto.

Se volessimo allenare quindi fibre IIb e IIa solo con serie da 3 ripetizioni arriveremmo a fare allenamenti lunghissimi
oltretutto per acidificare la zona ci ritroveremmo a fare una specie di rest pause, che non ha molto senso.

Quindi non è mia intenzione demonizzare le alte ripetizioni, bisogna solo capire che serie-ripetizioni-recuperi sono strumenti, capiamo come funzionano e potremo progettare allenamenti quantomeno sensati, generalmente quando un programma è sensato porta a buoni risultati anche se è imperfetto.

Quindi ricapitolando brevemente quanto detto

  •  le fibre ipertrofizzabili sono IIa e IIb
  •  le fibre più forti sono le IIb
  • per ottenere ipertrofia si dovrebbe lavorare su entrambe:

il che tradotto significa carichi buoni e alte ripetizioni o basse ripetizioni con recuperi bassi per le IIa, e basse ripetizioni e recuperi medi o alti per le IIb. Non tutti rispondono ugualmente a allenamenti uguali perché non tutti siamo dotati dello stesso bagaglio di fibre, ne numericamente ne qualitativamente.

Il succo del discorso è che non esiste una sola combinazione per la massa e per la forza, il mio discorso insomma era mirato a sfatare il mito che 8 ripetizioni fossero per la massa e 3 per la forza, si può ottenere forza anche con 8 ripetizioni, e si può ottenere massa con 3 ripetizioni.

“Dire quindi che un allenamento per la forza preveda sempre e comunque alti carichi, basse ripetizioni e lunghi tempi di recupero è troppo semplicistico.  Approfondiamo di nuovo.”

 

 

La forza massimale può necessitare di Rest (recuperi) più ampi, ma il numero di ripetizioni ed i Rest dipendono da tante cose:

Se ad esempio lavoriamo con buffer (margine dal cedimento concentrico) i recuperi possono essere anche intorno al minuto o meno.

Se utilizziamo un movimento con ROM (range of movement, ampiezza del movimento, escursione) ridotto, a parità di ripetizioni il TUT (tempo sotto tensione) sarà inferiore, lo stress nervoso e muscolare sarà ridotto..

Ad esempio panca piana e board press (che è una panca piana fatta con delle tavolette sul petto che accorciano il Rom). Se il mio 90% di panca è 90kg e con questo peso eseguo 3 reps, lavorando con la board potrò eseguire 4-5-6 ripetizioni (in base alle mie caratteristiche personali e a quanto in effetti  il Rom è ridotto) con questo stesso peso o alternativamente utilizzare recuperi inferiori.

Oltretutto per la forza esistono anche i rest pause (ma non alla morte come quelli classici che si vedono in palestra).

Comunque, in linea di massima superato l’80-85% dell’1RM (1 repetition max, cioè del massimale) si stimola la forza,  poi per ottenere una buona risposta lo stimolo deve essere: sufficiente (TUT sufficientemente lungo\volume sufficiente\frequenza sufficiente), insomma bisogna lavorarci abbastanza con questo peso, non basta una ripetizione eseguita con il rimbalzo.

Per queste cose chi si allena per la forza fa riferimento alla tabella Prilephin. (potete far riferimento alla seconda parte dell’articolo la Bibbia della Periodizzazione a tal proposito)

“Detto questo per la forza, è ancora troppo semplicistico dire che per la massa si debba lavorare all’80% di 1-rm con tempi di recupero intorno al minuto, un tut maggiore e range di ripetizioni tra le 6 e le 8.”

 

 

Per la massa abbiamo visto potrebbero essere sufficienti 3 ripetizioni, il tutto dipende da quanto dura la serie, e quindi ritornaimo all’importanza del tut e del rom.

L’esempio classico è lo squat, una ripetizione di squat può durare anche il doppio di una di panca, quindi 8 reps potrebbero corrispondere a 16 ripetizioni di panca.

In generale la % di carico dovrebbe aggirarsi tra il 75% (a volte anche 70) e l’85% (a volte anche 90) (normalmente in un allenamento si dovrebbero utilizzare prima le % maggiori e poi le minori), poi più che di ripetizioni si dovrebbe parlare ancora di tut, il tut per ottenere una buona risposta ipertrofica secondo me va da 10 secondi fino a 30, a volte 40.

Ancora una volta, utilizzerei ad inizio sessione i TUT bassi e ad alla fine gli alti, altrimenti questa variazione la si può utilizzare tra una sessione e l’altra

“All’interno della stessa seduta si può variare?
Ad esempio posso fare alzate laterali con 8/10 ripetizioni poi magari un lento avanti con 5×3?”

 

 

No, perché non ha senso fare un esercizio di isolamento prima di un esercizio multiarticolare e soprattutto eseguirlo ad alte ripetizioni. Ha certamente senso variare (anzi, non ha senso fare una sessione intera stimolando lo stesso gruppo muscolare con lo stesso tipo di stress), Piuttosto potresti fare il lento avanti 5×3 (ma le 3 ripetizioni devono essere eseguite con un TUT adeguato, una serie che dura 3-5 secondi non è sufficientemente lunga per ottenere una buona risposta ipertrofica)

“Per l’intensità e definizione recuperi brevissimi e carichi intorno al 70% cercando l’esaurimento nelle serie finali?.”

 

 

No. L’intensità è fondamentalmente determinata da quanto peso stai utilizzando rispetto al massimale. Il 70% è un carico di pompaggio, non è di certo intenso. Se ti alleni con recuperi ridotti ti stai allenando in modo denso. Per carità la riduzione dei recuperi può essere un buon metodo per aumentare lo stimolo ma non è di certo l’unico. Poi smettiamola con questa fesseria che la definizione si fa con bassi recuperi e alte ripetizioni, perché le alte ripetizioni non utilizzano il grasso come fonte di energia (visto che ci troviamo in metabolismo anaerobico latticido utilizzeremo fosfocreatina, glucosio, amminoacidi convertiti in glucosio)

In linea di massima i parametri su cui si può giocare per incrementare lo stress allenante sono:

  • carichi utilizzati
  • recuperi
  • volume d’allenamento 

Volume

Se oggi faccio 3×8 con 100kg e tra 2 mesi a parità di TUTROMREST e compagnia bella riesco ad eseguire 5×8 con lo stesso carico avrò incrementato lo stress e visto che mi trovo in un range di condizioni adatte alla massa otterrò anche una risposta ipertrofica.

Il volume si può incrementare:

  • aumentando il numero di serie
  • aumentando il numero di ripetizioni per serie (ma entro certi limiti, con 30 ripetizioni di squat non ottengo un bel nulla)
  • aumentando il TUT della serie o il ROM (se lavoravamo con dei parziali)
  • aumentando la frequenza settimanale per quel gruppo muscolare

chiaramente il volume nn si può aumentare all’infinito, altrimenti ci ritroveremmo ad allenarci 24h al giorno.
dovremo quindi agire su altri parametri.

Recupero

Se oggi eseguo 5×5 con un dato peso e recuperi di 2.30 minuti e tra 2 mesi riesco a fare lo stesso lavoro ma con rest di 40” , avrò aumentato un’altra mia abilità, visto che mi trovo in un range di stimolo adatto alla massa otterrò ancora una volta una risposta ipertrofica.

Chiaramente neanche questo è un lavoro che può essere utilizzato all’infinito, altrimenti rischio di ritrovarmi a fare un 10×10 con un secondo di recupero tra le serie, non sarebbe allenante.

Quale sia il recupero minimo accettabile tra una serie e l’altra non è facile da dire. In generale comunque non scenderei sotto i 20” anche perché per definizione una serie è caratterizzata da movimenti cadenzati distanziati da una pausa di massimo 20” , quindi sotto questo recupero ci ritroveremmo a fare un rest pause.

Non dico che un rest pause con recuperi di 20” sia insensato, ma è un attimino più complicato da programmare.

Carichi

Questa è banale, inutile spiegare che se mi alleno nel range di massa con carichi sempre maggiori divento più grosso, non ci vuole un genio a capire che se oggi eseguo 10 ripetizioni di panca con 110kg sono più grosso di quando le eseguivo con 40kg (il tutto a parità di volume e rest !)

Ho cercato davvero di semplificare e sintetizzare, spero di essere stato un po esplicativo, in linea di massima dovremmo giocare con le variabili citate, tempi di recupero, volume allenante, carico e tut, se poi si vuole rendere il tutto più scientifico si potrebbe impostare una programmazione in cui le variabili sono modulate. Ad esempio inizialmente si potrebbe mantenere costante l’intensità e il resto e aumentare solo il volume e poi in una seconda fase a parità di volume ridurre i tempi di recupero.

Per gli manati delle schede facciamo un esempio pratico.

1° mesociclo (4 settimane) Accumulo Volume 2° mesociclo Densità 3° mesociclo Intensità
1° sett.Rematore 3×6 @80%trazioni 2×8 @75% 1° settrematore 6×6 @80% rest. 2′trazioni 4x8 rest. 2′ 1°sett rematore 7×5 @82% rest 1′ (tot. 35reps)trazioni 4×8 @75% rest 40” (tot. 32reps)
2° settrematore 4×6 @80%trazioni 2×8 @75% 2° settrematore 6×6 @80% rest. 2′trazioni 4×8 @75% rest. 1.30′ 2°settrematore 8×4 @85% rest 1.30′ (tot. 32reps)trazioni 5×6 @80% rest.40” (tot. 30reps)
3° settrematore 5×6 @80%trazioni 3×8 @75% 3°settrematore 6×6 @80% rest 2′trazioni 4×8 @75% rest 1′ 3° settrematore 8×2 @87-90% rest 2′ (tot. 16reps)trazioni 6×5 @82% rest. 60” (tot. 30 reps)
4°settrematore 6×6 @80%trazioni 4×8 @75% 4° settrematore 6×6 @80% rest 1.30′trazioni 4×8 @75% rest 1′ 4° settrematore 10×2 @87-90% rest 2.30′ (tot 20 reps)trazioni 8×4 @85% rest 60” (tot 32 reps)
5° sett (optional)rematore 6×6 @80% rest. 1′trazioni 4×8 @75% rest 40”
  • Il rest nel 1° esercizio sono di 2.30′, nel 2° 2′
  • Il tempo esecutivo è nel 1°esercizio: veloce in concentrica e 2” nell’eccentrica
  • Nel 2° esercizio controllato (ma nn lento) in concentrica e 2” in eccentrica
  • Il volume resta costante, sono ridotti i recuperi.
  • Qui fondamentalmente si mantengono costanti (o in leggera diminuzione) le ripetizioni totali e i recuperi (in leggero aumento)aumentando però la % di carico utilizzata.

 

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