Lipolisi e stato di allenamento

L’allenamento di endurance incide sull’utilizzo di substrati e sulla capacità di dare luogo ad uno shift metabolico che porta ad una maggiore ossidazione di lipidi riducendo il catabolismo del glicogeno durante l’esercizio. Gli atleti allenati sono capaci di bruciare più lipidi ad alte intensità rispetto ai soggetti non allenati per via di adattamenti muscolari e ormonali alla regolare attività fisica.

I soggetti allenati secernono minori quantità di catecolammine e presentano un’inferiore concentrazione di FFA ematici, permettendo agli atleti di sfruttare maggiormente i depositi di trigliceridi intramuscolari, che aumentano di dimensioni per risultato dell’esercizio di endurance. Inoltre, gli adattamenti muscolari contribuiscono ad un maggiore stimolo sull’ossidazione di grassi negli atleti allenati:

  • aumentata densità mitocondriale;
  • aumentato numero di enzimi ossidativi;
  • aumento della densità capillare;
  • aumento della concentrazione di proteine leganti degli FFA;
  • aumento della concentrazione degli enzimi carnitina palmitoil transferasi 1 e 2;

L’incremento della densità capillare e del numero di enzimi ossidativi nel muscolo allenato aumenta la capacità di ossidare grasso e di sintetizzare ATP mediante fosforilazione ossidativa. L’aumento della densità capillare migliora il trasporto di acidi grassi al muscolo, e aumenta la concentrazione di proteine leganti per facilitare la maggiore richiesta di acidi grassi trasportati nel sarcolemma.

Quando il muscolo scheletrico presenta una maggiore concentrazione enzimatica di carnitina palmitoil transferasi, più acidi grassi possono essere trasportati alla membrana mitocondriale per essere ossidati e usati come combustibile. Una fattore che sembra non essere influenzato dall’endurance è la lipolisi nel tessuto adiposo, come mostrati da tassi lipolitici simili alla stessa intensità assoluta a seguito dell’attività di endurance.

Zona lipolitica e il mito

Molto comunemente viene ritenuto che per bruciare grassi con l’attività aerobica si debba perforza mantenere l’intensità, riconoscibile con la percentuale dei parametri frequenza cardiaca massima (FCmax) o massimo consumo di ossigeno (VO2max), entro certi range definiti. Molte macchine cardiovascolari segnano nelle loro opzioni di allenamento la cosiddetta Fat-burning zone (in italiano: la zona o la fascia lipolitica), cioè la zona di quello specifico range in cui è stato riconosciuto un maggior dispendio lipidico.

Spesso diversi autori hanno segnalato, avvalendosi del supporto di dati scientifici, che la Fat-burning zone sia da ritenere come un mito. Durante l’esercizio aerobico vengono impiegati sia lipidi che glucidi in quantità variabile. Durante l’esercizio ad intensità molto bassa (camminata), i grassi coprono la maggior parte della domanda energetica. Con l’aumento dell’intensità fino alla soglia anaerobica (l’intensità che segna la transizione dal metabolismo prevalentemente aerobico al metabolismo in cui la componente anaerobica diventa prevalente), il contributo dei grassi in percentuale decrementa, mentre aumenta quello dei carboidrati.

Una volta che l’intensità supera la soglia anaerobica, i carboidrati diventano l’unica fonte energetica. Il primo fraintendimento può nascere da questi dati, in quanto viene confuso il consumo dei grassi in percentuale sui glucidi, con il consumo dei grassi totale indotto dall’allenamento. Sono effettivamente due dati diversi. A bassa intensità il corpo ossida una maggiore percentuale di grassi e meno di carboidrati rispetto a intensità più elevate, ma a intensità più elevate (comunque inferiori al livello della soglia anaerobica) si consumano più calorie totali, tra cui anche più calorie totali derivanti dai grassi rispetto alla bassa intensità.

Uno studio molto importante (Romijn, 1993) condotto su ciclisti professionisti ha cercato di determinare più precisamente il grado di impiego dei diversi substrati a diverse intensità. In questa ricerca si concludeva sinteticamente che l’impiego di glucosio e l’ossidazione di glicogeno incrementano di pari passo con l’intensità dell’esercizio aerobico assieme ad una progressiva riduzione del rilascio degli acidi grassi nel plasma; mentre la lipolisi periferica (l’impiego di grassi) viene stimolata al massimo con l’esercizio a basse intensità:

  • al 25% del VO2max, l’80% del combustibile impiegato è rappresentato dai lipidi plasmatici provenienti dal tessuto adiposo;
  • al 65% del VO2max, il glicogeno muscolare copre la maggior parte della richiesta energetica, ma il 50% dell’energia proviene dagli acidi grassi plasmatici e dai trigliceridi intramuscolari;
  • al 85% del VO2max, oltre il 60% della richiesta energetica proviene dal glicogeno muscolare, mentre solo il 28% è coperto dagli acidi grassi.

Dunque, da quanto riscontrato anche da studi successivi (Thompson, 1998), l’attività aerobica di bassa intensità (33% VO2max) e di lunga durata o alto volume (90 min), risultano in una maggiore ossidazione totale di grassi rispetto all’attività fisica di intensità moderata (66% VO2max) e durata più ridotta (45 min), ma dal simile dispendio calorico. Friedlander et al. (1999) segnalano però che nonostante avvenga una variazione di FFA nel flusso ematico a diverse intensità, la loro ossidazione non sembra differire rilevantemente tra prestazioni al 45% e al 65% del VO2max. In base a questi dati si può concludere che nella cosiddetta Zona lipolitica (60-65% VO2max):

  • visto che il consumo di carboidrati è proporzionale all’intensità, la percentuale di ossidazione di lipidi sui glucidi è comunque inferiore rispetto a intensità più basse della Zona lipolitica;
  • nella Zona lipolitica comunque il glicogeno muscolare copre circa metà della richiesta energetica, cioè un contributo maggiore rispetto ad intensità inferiori;
  • nella Zona lipoltica il contributo dei trigliceridi intramuscolari copre parte della richiesta lipidica a scapito dei trigliceridi adiposi rispetto ad intensità minori;
  • i trigliceridi intramuscolari possono coprire dal 20 al 40% della richiesta da substrati;
  • il contributo da parte dei trigliceridi intramuscolari aumenta con l’allenamento;
  • la richiesta lipidica aumenta con la durata dell’esercizio, quindi nelle prime fasi dell’esercizio in Zona lipolitica il contributo del glicogeno muscolare è maggiore;
  • la Zona lipolitica quindi rappresenta il range in cui la spesa a carico dei lipidi può essere potenzialmente massimizzata, nonostante la percentuale sia inferiore sulla richiesta energetica totale rispetto ad intensità inferiori;
  • la Zona lipolitica viene raggiunta ad intensità superiori per i soggetti allenati;
  • i soggetti allenati riescono ad ossidare più lipidi a parità di intensità e di ossidazione di glucidi;
  • i soggetti allenati ossidano più lipidi rispetto ai non allenati;
  • l’aumento dell’ossidazione lipidica nei soggetti allenati può essere dovuto ad un maggiore impiego di IMTG , Trigliceridi intramuscolari, piuttosto che una maggiore lipolisi del tessuto adiposo;
  • a parità di intensità alcuni macchinari consentono una maggiore ossidazione di grasso rispetto ad altri;
  • perde senso allenarsi all’interno della Zona lipolitica per ossidare lipidi durante l’esercizio senza le adeguate scelte alimentari: i carboidrati alimentari sopprimono l’ossidazione di lipidi, mentre i lipidi alimentari ne favoriscono l’ossidazione;
  • basse scorte di glicogeno (connesse con un basso apporto di glucidi) incrementano l’ossidazione di lipidi;
  • anche se la lipolisi aumenta con la durata dell’esercizio, aumenta anche il rischio del catabolismo muscolare da cui derivano gli amminoacidi che vengono utilizzati come substrato energetico;
  • la potenziale riduzione della massa muscolare mediante questo processo porta ad una riduzione del metabolismo basale e della capacità di ossidazione lipidica basale (sul lungo termine);
  • la probabilità di catabolismo proteico del muscolo scheletrico è maggiore nei soggetti non allenati;

La differenza tra usare grasso durante l’esercizio e perdere grasso

Dal momento che l’impiego di grasso è inversamente proporzionale all’intensità dell’esercizio, e che quindi a basse intensità è usata una maggiore percentuale di grasso, mentre nell’esercizio cardiovascolare ad alta intensità si utilizzano solo carboidrati, è stato spesso giudicato scontato che l’esercizio aerobico a basse intensità sia migliore per bruciare grassi rispetto all’esercizio ad intensità superiori, o addirittura che lo svolgimento di una prestazione anaerobica ad alta intensità non serva a ridurre il grasso corporeo.

Ciò ha fatto in modo che venisse coniato il termine Fat-burning zone, o Zona brucia grassi, deducendo che solo l’esercizio cardiovascolare svolto in determinate fasce di intensità possa essere effettivamente utile per dimagrire. La fisiologia dell’utilizzo di substrati ignora un dato importante e fondamentale: l’utilizzo di grasso durante l’esercizio ha poco a che vedere con la perdita di grasso corporeo.

La teoria sopra accennata, oltre a non essere supportata da alcuna ricerca scientifica diretta, non considera che a basse intensità anche il dispendio energetico totale per unità di tempo è più basso, di conseguenza il dispendio stesso di grassi è molto basso, e anche l’incremento del metabolismo e della termogenesi durante (EAT) e dopo (EPOC) l’allenamento sono minimizzati.

Con l’aumentare dell’intensità (attorno a valori medi del 65% del VO2max, cioè moderata intensità), mentre la percentuale di energia ricavata dai grassi è minore, la quantità totale di grassi impiegati è superiore. Mentre l’esercizio aerobico ad intensità moderata (60-75% del VO2max) richiede una maggiore percentuale energetica/calorica da fonti glucidiche, l’ammontare delle calorie totali, e delle calorie da fonti lipidiche, è maggiore rispetto all’esercizio adintensità inferiori.

Questa zona di intensità è stata denominata da alcuni ricercatori come “Fat(max) zone” (termine scientifico per identificare la zona lipolitica), cioè alla zona di intensità in cui il dispendio lipidico per unità di tempo è massimizzato. Tuttavia, anche questo dato ha portato all’equivoco a sostegno del fatto che le zone moderate dell’intensità, a causa del maggiore dispendio di grassi per unità di tempo, fossero più efficaci per ridurre il grasso corporeo.

Anche questa teoria tuttavia è stata smentita, perché l’esercizio cardio ad alta intensità (cioè a valori anaerobici) accelera il metabolismo dei grassi e il metabolismo basale potenzialmente per 24 ore più dell’esercizio cardio a intensità moderate o basse. Questo incremento acuto del metabolismo e del metabolismo dei grassi, e quindi del dispendio lipidico a scapito dei carboidrati, ha un effetto positivo sulla perdita di grasso.

Diversi studi hanno inoltre paragonato l’effetto dell’esercizio cardiovascolare a differenti intensità per la perdita di grasso, notando che fintanto che il dispendio calorico rimanesse identico, anche la perdita di grasso a lungo termine fosse analoga, sia che l’esercizio fosse svolto a bassa o ad alta intensità. In altri casi fu addirittura notato che, a parità di dispendio calorico, l’esercizio ad alta intensità avesse prodotto un effettivo o superiore dimagrimento rispetto all’esercizio a bassa o moderata intensità, rimettendo in discussione anche la teoria del deficit calorico per il dimagrimento.

Nonostante i diversi equivoci e luoghi comuni su questo tema, ciò che la ricerca ha evidenziato negli ultimi decenni è che in realtà non c’è la necessità di impiegare i grassi durante l’attività per perdere efficacemente grasso corporeo. Ciò può essere dimostrato ad esempio dai velocisti, i quali si allenano i modalità anaerobica, per definizione caratterizzata dall’utilizzo esclusivo di carboidrati come carburante energetico, pur presentando una percentuale di grasso corporeo molto bassa.

Di conseguenza, i substrati energetici usati durante l’esercizio sono di secondaria importanza rispetto al altri fattori. I carboidrati sono in realtà il combustibile preferito dei muscoli durante l’esercizio. A moderata intensità nella zona lipolitica, una buona parte del grasso che viene utilizzato in combinazione con i carboidrati proviene dalle scorte di trigliceridi intramuscolari o IMTG (fino al 40%) e non completamente da quelli del tessuto adiposo. Si è addirittura evidenziata la possibilità che l’aumento della capacità di ossidazione lipidica nei soggetti allenati sia dovuto ad un maggiore impiego di trigliceridi intramuscolari piuttosto che ad una maggiore lipolisi del tessuto adiposo.

Questo perché durante l’esercizio fisico, quando si necessita di rigenerare rapidamente l’ATP per la contrazione muscolare, è conveniente utilizzare il grasso fisicamente più vicino ai mitocondri. Mentre per utilizzare il grasso depositato nel tessuto adiposo, gli acidi grassi liberi, pur essendo effettivamente sfruttati, devono appena attraversare il circolo ematico per essere trasportati all’interno dei mitocondri muscolari dove possono essere ossidati.

Il grasso adiposo inoltre è altamente ossidato durante le ore post-allenamento, e questo processo viene enfatizzato in proporzione all’intensità dell’esercizio. L’allenamento di endurance non porta necessariamente al dimagrimento mediante un dispendio di lipidi durante l’allenamento, ma portando ad un miglioramento degli adattamenti muscolari che favoriscono cronicamente una maggiore efficienza nell’ossidazione dei grassi:

  • aumentando le proteine di trasporto degli acidi grassi (FABP), che regolano il trasporto degli acidi grassi;
  • aumentando i livelli dell’enzima carnitina transferasi, che facilita il trasporto degli acidi grassi attraverso la membrana mitocondriale;
  • aumentando la densità e il numero di capillari nel muscolo scheletrico, che aumenta il trasporto di acidi grassi ai muscoli;
  • aumentando la densità di mitocondri nei muscolo scheletrico, che aumentano la capacità di ossidazione dei grassi;

Uno degli adattamenti più distintivi dell’allenamento di endurance è che il metabolismo nel tempo si adatta ad un maggiore impiego di lipidi e meno di carboidrati alla stessa intensità di allenamento. In conclusione, ciò che è emerso dalla ricerca scientifica, è che non c’è necessariamente una correlazione tra il dimagrimento e la prevalenza di grassi come combustibile durante l’attività cardio ad intensità bassa o moderata, in quanto devono essere previste molte più variabili ed è necessario considerare la spesa lipidica sul breve, medio e lungo termine per poter stabilire l’effettiva validità di un protocollo di allenamento.

Stando ai risultati diretti effettuati da parte delle varie ricerche, lo Steady State Training ad alta intensità (HIET) e lInterval training ad alta intensità (HIIT), ovvero due modalità cardiovascolari in cui viene intensificata la spesa di glucidi durante l’attività a scapito dei lipidi, hanno mostrato di riuscire a favorire una perdita di grasso molto spesso in maniera superiore rispetto alla classica aerobica ad andamento costante (Steady State) a moderata intensità (LISS training) a parità di dispendio calorico e di frequenza di allenamento.

I ricercatori hanno supposto che l’esercizio di endurance ad alta intensità possa indurre a un maggiore dimagrimento, in particolare del grasso viscerale, per diverse ragioni: 1) esso induce ad una maggiore secrezione di ormoni lipolitici tra cui GH e catecolammine, che possono facilitare un maggiore dispendio energetico post-allenamento, 2) è stato riportato che ad un livello equivalente di dispendio energetico, l’esercizio ad alta intensità favorisse un maggiore bilancio energetico negativo (mediante una minore assunzione calorica) rispetto all’esercizio a bassa intensità.

Quindi, come sarà possibile approfondire in seguito, la spesa lipidica e calorica durante l’attività non sono degli indicatori dell’efficacia dell’esercizio cardiovascolare per il dimagrimento sul lungo termine.

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