Digiuno notturno

Effettivamente la ricerca mostra che anche l’aerobica svolta a seguito del digiuno notturno è in grado di aumentare l’utilizzo dei grassi durante l’esercizio rispetto allo stesso allenamento a stomaco pieno, ma questo si verifica solo a livelli molto bassi di intensità di allenamento. Durante livelli di intensità moderati o alti, il corpo continua a mobilizzare significativamente più grasso a digiuno rispetto a dopo aver mangiato. In realtà il tasso catabolico supera la capacità del corpo di utilizzare gli acidi grassi in più come carburante. In altre parole, si verifica una liberazione extra di acidi grassi circolanti (FFA) nel sangue che non possono essere utilizzati da muscoli in attività. In ultima analisi, questi acidi grassi vengono riesterificati in trigliceridi nel post-allenamento, e poi riaccumulati nelle cellule adipose.

Bergman e Brooks (1999) valutarono gli effetti dell’aerobica sull’ossidazione dei lipidi confrontando dei gruppi a digiuno con dei gruppi a stomaco pieno. I ricercatori conclusero che l’allenamento di endurance potenzia l’ossidazione dei lipidi nell’uomo dopo un digiuno notturno di 12 ore, ma solo bassa intensità (22 e 40% VO2max). Infatti, l’effetto dell’esercizio sul Respiratory Exchange Ratio (RER o tasso di scambio respiratorio) non era evidente ad intensità di esercizio maggiori (59 e 75% VO2max). Considerando che le basse intensità segnalate non sono associabili all’esercizio aerobico, in quanto corrispondono a movimenti molto blandi come la camminata molto leggera, lo studio mette in luce che nei range di intensità maggiori, come quelli tipicamente utilizzati per massimizzare l’ossidazione di grassi (zona lipolitica: ~65% VO2max), il digiuno non apporta alcun beneficio aggiuntivo sull’ossidazione di grassi.

Anche in una ricerca contemporanea da parte di Horowitz et al. (1999) si scoprì che quando i soggetti moderatamente allenati svolgevano l’attività aerobica a bassa intensità (25% VO2max) o a moderata intensità (68% VO2max), non vi era alcuna differenza nella quantità di grassi ossidati, indipendentemente dal fatto che i soggetti avessero mangiato o meno. Questi risultati valevano per i primi 90 minuti di esercizio, e solo dopo questo periodo, il digiuno ha iniziato a produrre un cambiamento nella quantità di grassi impiegati. Come nella ricerca precedente, da questi risultati sembra che l’attività aerobica a digiuno non produca benefici maggiori sul dispendio lipidi rispetto all’esecuzione a stomaco pieno, a prescindere dall’intensità di allenamento.

Febbraio et al. (2000) analizzarono gli effetti dell’ingestione di carboidrati prima e durante l’allenamento. I soggetti si sono allenati per 2 ore ad un’intensità del 63% del VO2max, cioè nella zona lipolitica. Il risultato che si evidenziò fu che i carboidrati pima e durante l’esercizio migliorarono le prestazioni, ma non ci fu alcuna differenza nell’ossidazione totale di grassi tra i soggetti a digiuno e nutriti. Nonostante gli elevati livelli di insulina nel gruppo che assunse carboidrati, non vi era alcuna differenza nella disponibilità di grassi o nell’utilizzo di grassi.

De Bock et al. (2008) investigarono sull’effetto di un programma di allenamento di endurance aerobico della durata di 6 settimane, 3 giorni a settimana, per 1-2 ore, al 75% del VO2max, su 20 soggetti maschi moderatamente attivi. Questi vennero divisi in due gruppi; uno si allenava a digiuno, mentre l’altro a stomaco pieno assumendo una quantità di carboidrati (1 g/kg). Entrambi i gruppi seguivano lo stesso regime dietetico (65% carboidrati, 15% proteine, 20% grassi). Dopo l’esercizio, le riserve di glicogeno erano maggiori nel gruppo che assumeva carboidrati ma non nel gruppo a digiuno. Il gruppo a digiuno subì un’attenuazione del catabolismo del glicogeno se confrontato al gruppo a stomaco pieno.

Non vennero rilevate differenze nel tasso di ossidazione di grassi. Secondo le conclusioni dello studio, l’allenamento a breve termine provoca adattamenti simili sul miglioramento del VO2max. Anche se nel gruppo a digiuno si è verificata una diminuzione dell’utilizzo del glicogeno e un aumento di alcuni marker proteici coinvolti nella gestione dei grassi, l’ossidazione dei grassi durante l’esercizio nel gruppo che assumeva carboidrati non è risultata differente.

In una ricerca recente da parte di Stannard et al. (2010) venne comparato l’effetto del digiuno o dell’assunzione di carboidrati pre-esercizio di prima mattina sull’esercizio di endurance su cicloergometro su due gruppi di soggetti giovani. I risultati suggerirono che gli uomini rispondessero meglio delle donne nello stato di digiuno per quanto riguarda gli adattamenti muscolari. Mentre il gruppo che si allenava a digiuno dimostrò in 4 settimane un significativo aumento del VO2max e delle concentrazioni basali di glicogeno muscolare, indipendentemente dal sesso, rispetto al gruppo che si allenava a stomaco pieno. Non vennero però stabilite le eventuali differenze nella perdita di grasso.

Van Proeyen et al. (2010) analizzarono l’effetto dell’aerobica a digiuno sulla tolleranza al glucosio e sulla sensibilità insulinica sotto regime dietetico ipercalorico/iperlipidico per un periodo di 6 settimane. Entrambi i gruppi si allenavano per 4 volte a settimana, e il gruppo non a digiuno assumeva carboidrati prima e durante l’esercizio. Al termine dello studio, l’equipe stabilì per la prima volta che l’esercizio a digiuno è più efficace rispetto all’esercizio a stomaco pieno, sia per facilitare gli adattamenti muscolari che favoriscono l’ossidazione di lipidi, sia per migliorare la tolleranza al glucosio e la sensibilità insulinica, anche se questo beneficio poteva essere attribuito a soggetti sotto regime ipercalorico/iperlipidico.

Van Proeyen et al. (2011) analizzarono ulteriormente gli effetti dell’esercizio a digiuno di prima mattina. Venti maschi giovani parteciparono ad un programma di endurance di 6 settimane, per 4 volte a settimana allenandosi per 1 o 1,5 ore al 70% del VO2max, seguendo una dieta iperglucidica dallo stesso apporto calorico. I soggetti vennero divisi in due gruppi: uno si allenava a digiuno , mentre l’altro ingeriva un’alta quantità di carboidrati prima (∼160 g) e durante (1 g/kg) l’esercizio. In entrambi i gruppi venne aumentato il VO2max (+9%) e le prestazioni generali.

Nel gruppo a digiuno è avvenuto un utilizzo di trigliceridi intramuscolari, mentre ciò non è avvenuto nel gruppo a stomaco pieno. Il gruppo a digiuno ha aumentato di più di 3 volte il livello della zona lipolitica (l’intensità in cui avviene un maggiore tasso di ossidazione di grassi). Inoltre, solo il gruppo a digiuno ha evitato lo sviluppo del calo delle concentrazioni di glucosio nel sangue. Secondo i ricercatori, allenarsi a digiuno è un metodo più efficace per aumentare la capacità ossidativa del muscolo scheletrico, e al tempo stesso esalta la degradazione dei trigliceridi intramuscolari indotti dall’esercizio. Inoltre, il gruppo a digiuno è stato in grado di prevenire il calo dei livelli glicemici durante l’esercizio al contrario del gruppo a stomaco pieno. Anche in questo caso, non non state misurate le variazioni della composizione corporea tra i due gruppi.

Farah e Gill (2012) confrontarono l’impatto dell’esercizio eseguito prima o dopo la prima colazione sul bilancio lipidico e sul metabolismo post-prandiale. Dieci uomini sedentari leggermente sovrappeso (età media 28 anni) vennero suddivisi in tre gruppi: il primo gruppo era di controllo, il secondo gruppo eseguiva una blanda attività aerobica (camminata) per 60 minuti al 50% del VO2max prima della colazione, il terzo gruppo eseguiva lo stesso allenamento dopo la colazione. Il pasto era una “prima colazione standard”. Il pasto successivo alla colazione avveniva a 3-5 ore di distanza.

I ricercatori notarono che il bilancio lipidico era inferiore nel gruppo che si allenava prima della colazione, ma entrambi presentavano un’inferiore risposta insulinica al pasto rispetto al gruppo di controllo. Non ci sono state differenze nel consumo di cibo ad libitum (a sazietà) tra i 2 gruppi che affrontavano l’allenamento. Gli scienziati suggerirono che ci potesse essere un vantaggio nel eseguire l’esercizio aerobico a bassa intensità prima della colazione, tuttavia segnalarono che fossero necessarie ulteriori conferme per verificare se questa strategia possa effettivamente essere utile nei risultati a lungo termine e in condizioni normali.

Anche Deighton et al. (2012) investigarono sugli effetti dell’esercizio a digiuno o a stomaco pieno, sul consumo di cibo ad libitum e sulle risposte metaboliche associate. Venti maschi sani normopeso (età media 23 anni) vennero divisi in tre gruppi: il primo di controllo, il secondo svolgeva attività aerobica sul treadmill per 60 minuti a moderata intensità (∼70% VO2max) a digiuno, mentre il gruppo a stomaco pieno svolgeva lo stesso allenamento a distanza di 4-5 ore dalla colazione. Una “prima colazione standard” veniva somministrata a circa 1.5 ore dal risveglio, mentre i pasti ad libitum vennero somministrati a 5.5 e 9.5 ore di distanza.

L’esercizio nel gruppo a stomaco pieno ha soppresso l’appetito in misura maggiore rispetto al gruppo a digiuno. L’apporto energetico ad libitum non è risultato differente tra i due gruppi di studio, risultando in un bilancio energetico negativo in entrambi rispetto al gruppo di controllo. I risultati suggerirono che 60 minuti di corsa sul tapis roulant portano ad un bilancio energetico giornaliero negativo rispetto al giorno di riposo, ma non risulta più efficace se eseguito prima o dopo la prima colazione.

Gonzalez et al. (2013) esaminarono l’impatto della prima colazione e dell’esercizio fisico sul metabolismo postprandiale, sull’appetito e sull’equilibrio dei macronutrienti. Un gruppo di dodici uomini attivi venne suddiviso in 4 gruppi: a riposo senza colazione, esercizio senza colazione, colazione senza esercizio, colazione seguita da esercizio. L’allenamento consisteva in un’attività aerobica ad intensità moderata e frequenza costante.

Un frappè al cioccolato da 1500 kJ (circa 358 kcal) è stato somministrato a tutti i gruppi dopo 90 minuti dall’esercizio, seguito da un pranzo a base di pasta ad libitum. L’appetito a seguito della bevanda era inferiore nel gruppo a stomaco pieno. Dopo il pranzo, il bilancio energetico meno positivo tra tutti i gruppi è stato osservato in quello che si allenava a stomaco vuoto. Indipendentemente dal consumo della prima colazione, i ricercatori hanno scoperto che coloro che avevano svolto l’allenamento mattutino non hanno consumato calorie aggiuntive o percesipto un aumento dell’appetito durante la giornata per compensare la spesa calorica indotta dall’attività fisica.

La prima colazione ha migliorato le risposte generali all’appetito al consumo di cibo nel corso della giornata, ma ha annullato l’effetto sulla soppressione dell’appetito indotta dall’esercizio fisico. Il dato significativo è che coloro che si erano allenati a digiuno avevano consumato quasi il 20% in più di grasso rispetto a coloro che avevano consumato la prima colazione prima dell’allenamento.

Influenza del cibo e del digiuno sul EPOC

Il cardio a digiuno può avere meno senso quando si prende in considerazione l’impatto dell’EPOC. L’EPOC, comunemente denominato “afterburn”, rappresenta il consumo di ossigeno, o il dispendio energetico, al di sopra dei livelli basali (o pre-esercizio) che si verifica nelle ore successive all’esercizio. In termini semplici è la quantità di calorie consumate dopo l’allenamento.

Durante il periodo in cui si manifesta l’EPOC, il corpo avvia i processi di recupero e di ripristino dei livelli pre-esercizio, utilizzando energia supplementare per completare questo processo. Il dato interessante è che durante l’EPOC, il metabolismo energetico si sposta su un utilizzo preferenziale di lipidi piuttosto che di glucidi, il che significa che maggiore è l’EPOC e maggiore sarà l’utilizzo di grassi post-esercizio. Svariati studi hanno dimostrato in maniera univoca che mangiare prima dell’esercizio favorisca un notevole aumento del EPOC, e quindi del metabolismo basale, rispetto al digiuno.

Lee et al. (1991) analizzando soggetti maschi del college, compararono gli effetti termogenici e lipolitici dell’esercizio somministrando prima della prestazione una bevanda a base di latte e glucosio, valutando gli effetti che questa aveva sull’esercizio ad alta intensità o bassa intensità. Prevedibilmente, l’assunzione della bevanda aumentò l’entità del EPOC (connesso con la termogenesi misurata) in maniera significativamente maggiore rispetto ai gruppi che non avevano assunto la bevanda in entrambi i casi. Altrettanto prevedibilmente, il protocollo ad alta intensità aveva provocato la maggiore ossidazione di lipidi durante il periodo di recupero rispetto al protocollo a bassa intensità.

Hackney et al. (2010) vollero stabilire quale nutriente, tra proteine e carboidrati, fosse in grado di massimizzare l’EPOC dopo un allenamento con i pesi ad alto volume. I risultati dello studio indicarono che la fonte proteica (un integratore proteico) era in grado di aumentare il metabolismo basale e quindi l’EPOC in maniera significativamente maggiore rispetto all’assunzione di una quantità isocalorica di carboidrati.

Uno studio di Paoli et al. (2011) ha voluto esaminare le differenze tra l’EPOC a digiuno, o assumendo precedentemente del cibo. Anche questa ricerca venne condotta per risolvere alcune controversie che vedono nell’esercizio aerobico di prima mattina a digiuno un metodo per bruciare più grassi rispetto allo stato nutrito. Da questa analisi è emerso che, dopo un allenamento aerobico lipolitico (36 minuti sul treadmill al 65% FCmax), il gruppo che consumava cibo prima dell’esercizio riusciva ad aumentare significativamente lEPOC e quindi l’ossidazione di grassi fino a 24 ore dal termine.

Conclusioni

Ossidazione di grassi e riduzione della massa grassa

Dall’analisi della maggior parte degli studi sull’esercizio a digiuno si riescono ad estrapolare dei dati controversi che necessitano di un’attenta interpretazione. Come prima segnalazione, è necessario considerare che diversi cibi riescono ad avere un diverso impatto metabolico sull’utilizzo di substrati durante l’esercizio, e queste variazioni dipendono anche dall’intensità dell’esercizio stesso.

Viene ampiamente constatato che l’assunzione di carboidrati prima e durante l’esercizio porti a sfruttare prevalentemente carboidrati durante l’allenamento, inibendo l’utilizzo di lipidi a basse intensità. Al contrario, l’ingestione di alimenti ad alto contenuto lipidico, o l’infusione di lipidi, stimolano la produzione di energia dall’ossidazione di lipidi sopprimendo l’utilizzo di carboidrati. Anche i cibi proteici assunti pre-allenamento hanno un effetto analogo all’assunzione di lipidi sull’ossidazione di lipidi durante l’esercizio: proteine e grassi hanno un effetto permissivo sull’ossidazione di grassi, mentre i carboidrati hanno un effetto inibitorio.

Da queste osservazioni si può concludere che la mobilizzazione dei grassi durante l’esercizio non dipende strettamente dall’assunzione di cibo di per sé, ma dal tipo di cibo e/o dalla composizione del pasto assunto. Come si può notare, nelle varie ricerche vengono utilizzati dei metodi ampiamente differenti nel contesto dell’assunzione di cibo, il che può in parte spiegare le differenze nei risultati ottenuti.

In una buona parte dei casi, per i gruppi a stomaco pieno vengono utilizzati grandi quantitativi di carboidrati, noti per il loro effetto sull’inibizione dell’ossidazione lipidica durante l’esercizio, soprattutto a basse intensità, oltre che in stato di riposo. In alcuni studi, i soggetti assumono carboidrati anche durante l’esercizio oltre che precedentemente. In diversi altri casi il pasto pre-esercizio consiste in una “prima colazione standard” cioè un pasto misto, che più si avvicinerebbe a condizioni di vita reali.

Tuttavia, il pasto misto utilizzato negli studi come prima colazione può differire largamente in termini di composizione. Inoltre, viene ampiamente riconosciuto che il pasto misto (che compone l’ipotetica prima colazione) sia in grado di aumentare la risposta insulinica rispetto alla stessa quantità di carboidrati assunta da sola, e quindi potenzialmente esaltando la soppressione della lipolisi durante l’esercizio. Sarebbe dunque un errore scambiare i risultati delle ricerche per validi in qualsiasi contesto senza considerare quale cibo, con quale composizione, e in quale quantità venga consumato dai gruppi che si allenano a stomaco pieno.

Bergman e Brooks (1999) conclusero che l’allenamento a digiuno esalta l’ossidazione di lipidi ma solo a bassissime intensità (22 e 40% VO2max, cioè sforzi minimi come la camminata blanda), quando il gruppo a stomaco pieno assumeva una colazione standard da 550 kcal ricca di carboidrati (87% carb., 2% grassi, e 11% proteine). Horowitz et al. (1999) segnalarono che non vi fosse alcuna differenza nella quantità di grassi ossidati, indipendentemente dal fatto che i soggetti avessero mangiato o meno, nei primi 90 minuti esercizio.

Il gruppo a stomaco pieno assunse delle barrette energetiche a base di carboidrati ad alto indice glicemico. De Bock et al. (2008) confermò questi risultati, non rilevando alcuna differenza nel tasso di ossidazione di grassi tra i due gruppi (il gruppo a stomaco pieno assumeva 1 g/kg di carboidrati pre-esercizio). Nello studio di Van Proeyen et al. (2011), venne trovato che i soggetti a digiuno migliorarono le capacità di ossidativa del muscolo, quando i soggetti a stomaco pieno assumevano carboidrati prima (∼160 g) e durante (1 g/kg) l’esercizio.

Per quanto riguarda gli effetti cronici indotti da questa metodologia, cioè i dati di maggior interesse per avere una definitiva conferma sulla presunta efficacia dell’esercizio a digiuno sul dimagrimento, non sembra essere mai stato analizzato l’aspetto della riduzione della massa grassa sul lungo termine tra i gruppi a digiuno o a stomaco pieno, per tanto la conclusione che vedrebbe l’esercizio a digiuno un metodo superiore per il dimagrimento ad oggi rimane priva di riscontro scientifico.

Per altro, ciò che la letteratura scientifica ha stabilito negli ultimi decenni, è che non c’è necessariamente una correlazione tra il dimagrimento e la prevalenza di grassi come combustibile durante l’attività cardio, quindi il fatto che si consumino grassi durante l’allenamento non indica che il metodo utilizzato sia più efficace per la perdita di grasso corporeo.

Ciò in quanto devono essere previste molte più variabili ed è necessario considerare la spesa lipidica sul breve, medio e lungo termine per poter stabilire l’effettiva validità di un programma di allenamento dimagrante. I risultati di un importante numero di ricerche hanno infatti dimostrato che l’allenamento cardiovascolare ad alta intensità, in cui per definizione viene intensificata la spesa di glucidi a scapito dei lipidi, portasse ad una riduzione della massa grassa sul lungo termine paragonabile o superiore rispetto a quella ottenuta con l’allenamento cardio a moderata o bassa intensità (in cui prevale il dispendio di grassi) a parità di dispendio calorico.

Sia l’allenamento cardio a frequenza cardiaca costante ad alta intensità (High Intensity Endurance Training, HIET), sia l’interval training ad alta intensità (High Intensity Interval Training, HIIT) sia l’Aerobic Circuit Training (ACT) ad alta intensità, cioè metodi di allenamento durante il quale avviene un preponderante utilizzo di carboidrati piuttosto che di lipidi, hanno mostrato di portare sul lungo termine ad una riduzione del grasso corporeo simile o spesso superiore alla normale attività aerobica a intensità bassa o moderata.

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