Di Roberto Calandra, a cura di Ado Gruzza.

Questo è un articolo particolare: scritto in pratica a due mani da me (Ado Gruzza) e un mio carissimo amico e uno dei miei migliori atleti: Roberto Calandra (“Zacros” nei forum), che da quasi tre anni si allena con noi ed ha già ottenuto risultati davvero fantastici, come la convocazione alla Western European Cup, una sorta di coppa uefa del powerlifting essendo assolutamente uno dei migliori 75 kg d’Italia. Dire che questi risultati se li è sudati è dire poco, ha fatto 6 allenamenti a settimana dal 20 gennaio al 20 di settembre, senza saltarne uno (solo una settimana ad Agosto) nemmeno con la febbre. Questa dedizione al lavoro accomuna tutti i migliori atleti, e se non si passa attraverso malsane scorciatoie, cari miei, allenandosi per la prestazione:

ci si infiamma, si beccano le contratture, ci si sveglia stanchi perché “questa settimana proprio non l’ho recuperata”, tutti gli impegni della vita reale pesano il doppio! Non mentiamoci, raggiungere alti livelli è logorante, ma non esiste alternativa al duro lavoro. O meglio, l’alternativa c’è ma si chiama “scarsi risultati”.

Anche su T-nation, finalmente ci stanno arrivando! Ho letto per puro caso l’ultimo articolo di Christian Thibaudeau, scrive cose che per noi tecnici degli sport di forza che veniamo da un certo percorso culturale sono la banalità più assoluta, punti di partenza. Però, questi concetti sono presentati ad un pubblico di bodybuilder: non propone altro di fare tante triple con carichi attorno all’80%. Tutti quei giri di parole (prendete il 3RM e moltiplicatelo per 87,5/100 e bla bla bla) per presentare una roba estremamente alla Sheiko (anche se molto meno pianificata ma più fashion) con un esercizio di spinta grossa per le gambe e due di spinta per la parte alta e viceversa nel corso della settimana. In pratica esattamente la stessa logica di base del coach di Ufa. Tutto, ovviamente, decisamente ben confezionato!

La nota interessante non è tanto l’appropriazione delle idee altrui, che in questo contesto non è certo un reato e nemmeno una colpa (anzi se copiassero quelli bravi più spesso sarebbe meglio), la nota interessante è che anche il fitness si sta accorgendo che quello che da risultati, beh, da risultati!

Tornando a noi. Il Calandra, un giorno, eravamo in macchina in direzione Terni per i campionati Italiani di Powerlifting, mi racconta la storia di un suo amico che ha preparato in maniera piuttosto estrema per un test per entrare in un gruppo speciale delle forze armate.

Mi sembrava davvero una storia interessante, perché con tutto questo parlare di Crossfit, cross training cross qui, cross lì, mi è sembrata un esperienza pure questa molto “cross” ma molto solida come basi di pianificazione e, vista la NONCONVENZIONALITÀ di questo sito e la base funzionale di molti dei suoi lettori, mi è parso potesse essere uno spunto di lavoro interessante per tutti.

Ho chiesto allora a Roberto di darmi un resoconto di quello che ha fatto. Di come ha pianificato il lavoro. Me lo ha scritto in forma di resoconto che io ho cercato di rendere articolo fruibile anche per i non avvezzo a certe logiche di pianificazione, mantenendo però sempre lui come “io narrante”.

Non si parla di atleti di elite, anzi, si parla di un povero Cristo costretto per lavoro a mettersi in forma, anzi, in MEGAFORMA. Perché il test era davvero cazzuto, non solo per i minimi che presentava (che per un de allenato sono davvero impegnativi) ma per la mole di partecipanti che rendeva la cosa assai competitiva.

Preparazione Mista gruppo forze armate Speciali.

Una mattina di domenica, mi telefona il mio migliore amico di sempre e mi fa una richiesta che sa di assurdo. Mi chiede di prepararlo per sottoporsi ai test fisici per entrare in un gruppo speciale delle forze armate. Cosa c’è di assurdo?

Beh, in 6 mesi devo preparare una persona con la pancia, fumatore incallito, che negli ultimi 5 anni si è dedicato solo al sollevamento della forchetta! Bene, questo tizio lo debbo preparare ad un test che taglierebbe le gambe al 99% (periodico) di tutte le persone allenate che conosco.

Però ad un vero amico non si dice di no e quindi ci si rimbocca le maniche e si parte!

Il test consiste in:

  • salto in alto;
  • corsa per 1500 metri;
  • trazioni alla sbarra;
  • flessioni alle parallele;
  • piegamenti sulle braccia.

Il tutto va fatto nell’ottica di BATTERE centinaia di altri aspiranti. Non si tratta di essere il più ganzo del condominio qui, qui si tratta di strappare un biglietto per una vita nuova, una possibilità di lavoro nuova dove mezza Italia del settore è lì, alla ricerca di quel benedetto lasciapassare che è il test.

Ecco cosa abbiamo fatto:

La preparazione ha ovviamente seguito due strade parallele: uno in pista d’atletica ed un altro in palestra.

Corsa 1500

Le prime quattro settimane sono per forza di cose incentrate su una rimessa a lucido generale: due sedute in palestra e due sedute in pista. Troppo volume da subito lo avrebbero strapazzato all’inverosimile. Occorre sempre una certa fase di preparazione al volume di lavoro ottimale. Malgrado siamo convinti che il volume sia quello che determina poi in buona sostanza la rottura dell’omeostasi quindi il vero e proprio adattamento dell’atleta ad un livello superiore, non ci si deve mai dimenticare che il volume, come l’intensità è uno stressor che va ottimizzato con buon senso. Col secondo blocco di lavoro, gli allenamenti a settimana sono diventati appunto 6, tre in pista e tre in sala pesi.

Il primo giorno delle prime 4 settimane, si parte con 30′ di fondo lento, cercando un ritmo costante e fluido. Al termine dei 30′, cinque minuti di allunghi ed una valanga di stretching. Tutto qui, massima semplicità.

Il terzo giorno si torna in pista con 20′ di corsa blanda e 10-15 minuti di allunghi. Finite le 4 settimane si inizia un lavoro specifico che deve arrivare fino ai test che prendo in considerazione come giorno di competizione.

Per la pianificazione del lavoro in pista, mi sono ispirato un po’ ai programmi distribuiti, quindi:

  • Giorno 1 lavoro di resistenza intenso
  • Giorno 3 lavoro di resistenza media
  • Giorno 5 lavoro di resistenza alla velocità

Nella pratica il lavoro era di questa entità:

  • Giorno 1: 50′ fondo medio + stretching + andature + 1 x 2000 m 10′ di pausa + 2 x 500 m pausa 6 min + 5 x 80 m in scioltezza
  • Giorno 3: 30′ fondo medio + 4 x 400 m o 5 x 300 m pausa 6′ + 5 x 100 m in scioltezza
  • Giorno 5: 30′ fondo lento + 10 x 150 m + allunghi.

Questo è un esempio di lavoro in pista in fase avanzata, ma diciamo che la logica è sempre la stessa. Il test si effettua sulle distanza di 1500m, quindi il lavoro di resistenza intenso lo calcolo su un “volume” di 3000 m di lavoro effettivo + allunghi come recupero attivo; un secondo giorno dove dimezzo il volume ed aumento l’intensità e di conseguenza un terzo giorno molto veloce.

Mi è piaciuto notare come la logica di razionalizzazione del lavoro di resistenza sia la stessa che ho visto presso le gare di kettlebell agonistico. In pratica, come a dire che ciò che veramente funziona è ed strutturato dalla logica scientifica, funziona per tutto.

Non da sottovalutare che visto il mio passato in atletica leggera ho ricostruito completamente la sua tecnica d’appoggio.

Salto in alto

Il salto in alto è stata la parte meno curata, perché abbiamo pensato di potenziare questa dote facendo un po’ di lavoro tecnico all’inizio di ogni seduta in pista (prima il lavoro neurale poi quello metabolico) e dare benzina a questo lavoro con lo squat profondo fatto in palestra. Quindi lavoro tecnico specifico e potenziamento assolutamente aspecifico. Anche perché l’eccessivo numero di cose da migliorare in pochissimo tempo ha fatto si che questa fosse la via.

Forza

Il secondo, quarto e sesto giorno il lavoro si svolge in palestra.

L’allenamento è sempre e rigorosamente in full body, riteniamo sia assurdo lavorare in maniera split per diverse ragioni troppo lunghe da trattare in questa sede.

Ovviamente il lavoro è stato strutturato SOLO su esercizi multi articolari. La sincronia delle unità motorie, la capacità di rendere il corpo umano una migliore macchina da performance è il nostro obiettivo.

Lo scopo è acquisire LO SCHEMA MOTORIO CORRETTO. In ogni esercizio svolto, raggiunta un ottimizzazione dello schema motorio tutto il resto segue.

Il “grosso” del lavoro viene sviluppato sulle trazioni, visto che è il vero tallone d’achille del concorrente e sulla panca piana, che come insiste spesso il mio coach, ritengo essere il vero motore di tutta la forza della parte alta del corpo.

Se ci pensate, una persona in sovrappeso, che da anni non fa attività fisica, difficilmente brilla nelle trazioni complete alla sbarra. Per “complete” intendo fatte da braccia distese a sopra il mento, senza quella sculata di gambe che va tanto di moda adesso, come se rendesse l’alzata più multi articolare. Cowboys, una persona appena fortina facendo le trazioni con la botta di gambe ne fa tante che ci vuole molto più di un pallottoliere per contarle. Le trazioni sono quelle tutto braccia, fine inciso. Anche chi seguiva i candidati al test si dimostrò giustamente molto severo sulle trazioni.

Partiamo su una base di 0 numero di trazioni! Zero! Ricordatevelo bene, il mio amico faceva, quando abbiamo iniziato non si alzava nemmeno una volta, nemmeno col saltello.

Trazioni

Per quanto riguardo le trazioni, mi ispiro all’articolo di Paolo Evangelista, “Trazioni, da zero a mito”, in particolare nelle prime quattro settimane. Il resto della pianificazione, che andrò a mostrarvi rispecchia il lavoro in cui credo maggiormente: grande volume di lavoro con uno standard qualitativo del 100%, cioè esistono solo alzate perfette. Che poi altro non è che la base logica su cui lavora la squadra del Powerlifting Parma, che la squadra per cui gareggio.

Logica del Piano di Lavoro

Per quanto riguarda la pianificazione in palestra, sono partito da i 3 esercizi da “competizione” ( trazioni, parallele, piegamenti sulle braccia), ovviamente perché quelli erano l’evento.

Essendo però questi esercizi sì dei multiarticolari, ma non dei primari, secondo la logica del reclutamento delle unità motorie ho aggiunto la seguente lista di esercizi per aggiungere alla meccanizzazione del gesto da gara (da test in questo caso) un extra iniezione di forza:

  1. panca piana con fermo al petto da 1 a 3 secondi
  2. squat profondo, sempre e comunque. In particolare questo lavoro di squat è stato incentrato come detto ad incentivo del salto in alto. Malgrado la cosa sia poco accademica ha decisamente funzionato.
  3. stacco da terra, leggero ma tecnico, incentrando sulla capacità di costituire l’incastro iniziale, che a mio parere consiste (quella del cercare di mantenere l’incastro e salire spalle fianchi assieme) come di gran lunga il miglior esercizio possibile per il “core”. I carichi però debbono essere relativi.
  4. push press o distensione in piedi.

Visto che l’obiettivo era quello di essere non solo forti, ma anche resistenti, i 3 esercizi da “test” venivano fatti con la stessa logica del lavoro in pista. Prendo come esempio le trazioni nel secondo blocco di lavoro:

  • Giorno 2: 6 serie x massimo numero di ripetizioni tecnicamente impeccabili possibili: 2 minuti di recupero
  • Giorno 4: 5 x 6 serie con leggero sovraccarico (quando questo è stato possibile)
  • Giorno 6: 15×2 con leggero sovraccarico ( velocità come base logica)

Tenete presente che il test richiedeva almeno 15 trazioni perfette. Quindi, come per la corsa, calcolo un volume totale di lavoro di minimo 30 ripetizioni per ogni giorno di allenamento. Questo è stato possibile solo al raggiungimento di una buona condizione fisica di base, ovviamente.

Flessioni e Parallele

Qui la logica cui mi ispiro è completamente differente rispetto alle trazioni e molto più correlata alla mia storia ed esperienza di powerlifter.

Uso la panca per migliorare la forza di spinta per questi due esercizi! Sempre per la legge del reclutamento.

Quindi la panca come fondamentale, anche se non è l’esercizio da gara! Ovviamente mi sono basato sulla mia esperienza: venendo da lavori a metodo distribuito ho notato che ottimizzando il gesto tecnico più importante tutto il resto segue, cioè, la forza nei complementari è direttamente relazionata (nella mia esperienza) con la forza nel gesto fondamentale. Quando mi sono trovato nelle migliori condizioni possibili nell’esercizio base lo ero per osmosi anche nei multi articolari minori. Il fattore fondamentale è si concentrarsi sull’esercizio a più alto reclutamento ma mantenere sempre assolutamente attivo lo schema motorio del minore, che per essere positivamente influenzato (subire transfer) deve necessariamente essere esercitato con discreta frequenza.

Che è un po’ la logica adottata (in maniera ammetto più ardita) nel salto in alto.

Tutto ciò ha senso solo se si sviluppano tutte alzate fondamentali in maniera esplosiva e tecnicamente perfetta. Per fare questo bisogna ripetere il gesto fino al vomito. Il resto è fantasia floreale.

Dopo la panca inserisco le parallele e subito dopo i piegamenti sulle braccia. Sempre in una logica neurale decrescente.

Gli schemi che uso per la panca, sono semplicissimi: percentuale che varia tra il 75% e l’85% e il volume di carico sufficiente a rompere l’omeostasi. Se volete avere un’idea potreste prendere in mano la tabella Prilepin e avere davanti un “grossomodo” piuttosto preciso. Contando che la maggior parte della lavoro con panca piana è stato dalle 2 alle 3 ripetizioni, che ritengo un range ottimale.

Parallele e piegamenti, invece, li dispongo quasi da “complementari”, con volume intenso, a volte a corpo libero, altre con sovraccarico a seconda della risposta del mio amico. Senza concentrarsi troppo sul raggiungere quel limite ma lavorando su un discreto lavoro metabolico moderato. Insomma mi sono concentrato sul farlo diventare forte, se sei forte, 25 parallele le fai, basta un minimo di adattamento. Se non se forte, ci vuole un livello di resistenza allo sforzo elevatissimo.

Tenete presente che il test doveva essere di 25 flessioni alle parallele complete e 25 flessioni (piegamenti). Il tempo sui 1500 e il salto in alto facevano il resto.

Push press e squat, come detto, mi sono serviti per migliorare l’esplosività nel salto in alto. Per cui tutto il lavoro è stato impostato come una costante ricerca dell’impulso, della velocità e dell’accelerazione del carico.

Ovviamente il tutto è stato impostato in multifrequenza, cioè in ognuna delle 3 sedute si cercava di fare “tutto” o quasi. Non esisteva il giorno “schiena” o il giorno “petto”. Solo il giorno “fatti il c__o” quello sì.

Taper pre gara (test in questo caso)

Nelle ultime 5 settimane, ho preso spunto sulla struttura di uno sheiko da competizione. Anche per la fase di atletica leggera. Quindi un test a 25 o 30 giorni dalla gara, con tutto l’accumulo del lavoro addosso, per poi seguire uno scarico del volume, mantenendo le stesse logiche allenanti, per il seguito delle settimane a venire fino ad una settimana di solo “movimento”, quella appunto che precede il test.

A questo lavoro fisico, ho affiancato alimentazione ed integrazione, soprattutto per perdere i kg in eccesso ed avere un recupero brillante, visti i 6 allenamenti a settimana. Fattore importante ma che qua non tratteremo.

Il risultato è stato un successo, visto che il mio amico è risultato idoneo, sbaragliando la concorrenza di una valanga di atleti e soprattutto andando ben oltre i minimi richiesti per disciplina. Negli esercizi di forza ha fatto 16 trazioni alla sbarra e nelle parallele e flessioni lo hanno fermato quando ancora con margine ha raggiunto il numero target di 25 ripetizioni. Purtroppo abbiamo smarrito i tempi sui 1500 (contate che a fare il test c’erano atleti provenienti dal fondo) e un notevole metro e cinquanta sul salto in alto. Notevole per il contesto, non certo per un atleta olimpico, ma per il contesto, NOTEVOLISSIMO.

Nota a margine

Non ho insistito molto sulla programmazione in sé cercando di sintetizzare al massimo e lasciando agli occhi di chi legge solo un concetto di base: il lavoro duro e pianificato. L’amico di Roberto si è spaccato in due per ottenere il risultato, picchiando al massimo su se stesso, investendo sulla propria capacità di darsi da fare. Quantità e qualità, costanza, frequenza e insistenza sul bersaglio grosso. A cosa può servire questo articolo?

Di certo non è un manuale per migliorare nel salto in alto e nei 1500. Più probabilmente vi vuole invitare a dare uno sguardo un pelino più pianificato sul lavoro, anche quando questo è un lavoro ibrido, una ricerca di un mix di qualità. Visti i tempi e i protagonisti, i risultati sono eccezionali (non si discute), ma questo perché alla base della strutturazione di Roberto c’è stata una ricerca nel suo passato agonistico (atletica prima e powerlifting poi) di quanto saggiamente strutturato e logicamente pianificato potesse funzionare. Il fatto che abbia usato un piano di taper fatto dal più importante allenatore di Powerlifting al mondo anche per ottimizzare i 1500 metri (con successo per altro) non significa che quella sia la via per chi GAREGGIA nei 1500. Significa che le basi del corpo umano sono sempre quelle e solo la logica vera predispone a risultati VERI, anche in condizioni non ottimali applicazioni di buon senso portano a risultati di buon senso.

Però ragazzi, sono i risultati che contano, se non hai risultati minimi il tuo protocollo non è un protocollo performante, a meno che non si parli di fitness (che non è una parolaccia, ma è un’altra cosa).

Come dicevo nella premessa, anche chi si allena per il CrossFit potrebbe indirettamente trarre qualcosa da questo articolo, malgrado le distanze tra i due eventi siano abissali. Se fossi in chi si allena per il CrossFit probabilmente cercherei soluzioni un pochino più incentrate sul tipo di sistema energetico (come ordine di seduta allenante) e sulla gerarchia del reclutamento (come scelta degli esercizi di forza), piuttosto che sulla variazione degli eventi come vedo fare da alcuni atleti d’oltreoceano che sembrano muoversi con un velo di casualità puntando troppo sulla variazione degli stimoli. Questo per dire che la strutturazione di un piano di lavoro in maniera razionalizzata a quanto i cinquanta o sessant’anni di letteratura scientifica ci consiglia, anche se con delle semplificazioni spaventose come nel nostro caso, è sempre la via da seguire.

Mi raccomando rawer, in qualsiasi maniera se potete fate agonismo, perché confrontandovi (non c’è bisogno di essere dei campioni dell’universo per gareggiare, alla mia prima gara feci 100 di squat) avrete le idee molto più chiare. L’avversario non te la lascia mai passare. Il personal trainer si.

Di Roberto Calandra, a cura di Ado Gruzza.

 

Ado Gruzza, emilianissimo (al punto da amare la nebbia), Powerlifter agonista fino al 2005 (discreto ma senza lasciare il segno), diventa in seguito ad infortunio allenatore della squadra di Parma. Convinto sostenitore del “metodo distribuito” convinto sostenitore della necessità della cura maniacale del gesto tecnico per ottimizzare la performance. Ha avuto il merito di portare in pedana moltissimi giovani atleti. Neo papà. Ado è RawTraining Strength Master Coach e autore del libro Il metodo distribuito. Il futuro dell’allenamneto della forza e dell’ipertrofia funzionale