Abbiamo visto cosa mangiare prima dell’allenamento, vediamo cosa mangiare dopo. La finestra anabolica, dall’inglese anabolic window, è un termine usato nell’ambito dell’esercizio coi pesi (Resistance training), soprattutto nel bodybuilding, per riferirsi al periodo post-allenamento a breve termine. Esso descrive quel periodo di tempo della durata che va dall’immediato termine dell’allenamento fino a 2-3 ore circa, in cui si è teorizzato che l’assunzione di specifici nutrienti possa portare il corpo da uno stato metabolico di catabolismo verso un maggiore anabolismo sul muscolo scheletrico.

Nello specifico, durante questo breve periodo di tempo l’introito di particolari nutrienti, primariamente proteine/amminoacidi e carboidrati, si ipotizza possa contribuire all’incremento della massa muscolare, delle prestazioni, ad un recupero delle scorte di glicogeno muscolare, e all’inibizione dell’eventuale catabolismo muscolare, in maniera maggiore e più rilevante rispetto ad altri momenti successivi. Molti aspetti di questa teoria tuttavia sono stati smentiti dalla ricerca scientifica, che ha riconosciuto come l’esercizio coi pesi crei una maggiore capacità di assimilazione ed elaborazione di specifici nutrienti in un periodo di tempo che si estende come minimo 24 ore dal termine dell’attività fisica.

Cosa mangiare dopo l’allenamento

Durante l’esercizio fisico i muscoli utilizzano i combustibili metabolici ad un ritmo accelerato. Per poter sostenere lo sforzo fisico continuato, il corpo mobilita il carburante stoccato nelle riserve endogene per fornire acidi grassi, glucosio e aminoacidi per l’ossidazione. Questo è un processo catabolico e non può verificarsi contemporaneamente ai processi anabolici come la sintesi di glicogeno (glicogenosintesi) e la sintesi proteica (proteosintesi).

Per poter garantire il recupero fisico in seguito allo stress indotto dall’esercizio, l’ambiente catabolico che viene a crearsi deve essere rapidamente modificato per passare ad ambiente anabolico. Il cibo che si assume dopo l’allenamento influisce sull’ambiente ormonale del corpo in modo che ciò possa avvenire. Con la rapida introduzione di carboidrati, proteine ​​e grassi durante il periodo a seguito dell’esercizio, il corpo è in grado di avviare i processi di riparazione del tessuto danneggiato e ricostituire le riserve energetiche.

Nonostante siano stati dedicati molti articoli e documenti dettagliati su questa particolare fase post-allenamento, con svariate citazioni scientifiche a conferma, molte delle conclusioni sono state fatte in maniera molto generica sulla base di risultati che analizzavano le risposte all’attività di endurance aerobica o in generale dell’esercizio cardiovascolare, il quale naturalmente non può essere paragonato all’esercizio anaerobico coi pesi in termini di impatto e risposte metaboliche, e pertanto non può essere valutato in questo contesto. Per questo motivo si cercherà di fare chiarezza su quali siano i risultati certi delle ricerche specifiche sull’esercizio con i pesi, e quali invece sono state impropriamente citate a tale scopo senza in realtà analizzare questo tipo di allenamento.

Carboidrati

I carboidrati sono importanti per favorire la prestazione fisica e forse sono ancora più importanti per il recupero di glicogeno al termine dell’attività. Ricerche hanno dimostrato una maggiore capacità del tessuto muscolare di assorbire il glucosio nel periodo successivo al termine di un intenso esercizio fisico. Ciò è dovuto al cosiddetto “assorbimento del glucosio non-insulino dipendente”. Normalmente, dopo pasto contenente carboidrati, il trasporto del glucosio ottenuto all’interno delle cellule del muscolo scheletrico avviene attraverso la membrana cellulare in risposta all’ormone insulina.

L’insulina si lega con i suoi recettori sulla superficie cellulare causando una cascata di eventi che termina con l’attivazione di una tipologia di proteine​​, chiamate trasportatori di glucosio (GLUT), che vengono traslocate dall’interno della cellula verso la superficie cellulare. Una volta giunti alla superficie cellulare, questi trasportatori di glucosio permettono alla molecola di passare attraverso la membrana dove può essere fosforilata e infine immagazzinata sotto forma di glicogeno (una macromolecola o polisaccaride, composta da tante catene di glucosio).

Il trasporto del glucosio attraverso la membrana mostra una cinetica di saturazione simile all’effetto di un aumento della concentrazione dei substrati, aumentando l’attività enzimatica. Il numero di trasportatori del glucosio limita la velocità di ingresso del glucosio nelle cellule muscolari. Una volta che tutti i trasportatori di glucosio disponibili sono associati con una molecola di glucosio, il tasso di assimilazione del glucosio non potrà essere superiore.

Ci sono almeno 5 diverse classi di proteine trasportatrici di glucosio. Questo sono denominate GLUT-1, GLUT-2, GLUT-3, GLUT-4, e GLUT-5. Ogni diversa classe di GLUT differisce nelle sue caratteristiche, ed ognuna di queste è distribuita differentemente in diversi tessuti specifici. Il GLUT-4 è la principale isoforma regolata dall’insulina, ed è sensibile anche alla contrazione muscolare.

L’attività muscolare, proprio come l’insulina, causa la mobilitazione dei GLUT-4 verso la superficie della cellula muscolare in maniera indipendente dall’attività dell’ormone. Questo meccanismo aumenta notevolmente la velocità con cui il tessuto muscolare può assorbire il glucosio dal sangue dopo l’esercizio. Gli effetti dell’esercizio fisico sulla captazione del glucosio durano un paio d’ore nel periodo post-esercizio. Se il pasto post-esercizio è privo di carboidrati, il processo di riaccumulo del glicogeno subisce un rallentamento. Se mancano i carboidrati nella dieta, l’esercizio fisico provoca un deficit di glucosio e le scorte di glicogeno continueranno a risultare in deficit senza poter essere ricostituite ai livelli pre-esercizio.

Deplezione del glicogeno

Anche se, come sarà approfonditamente esposto in seguito, si è verificato che l’assunzione di carboidrati nell’immediato post-allenamento non aumentano la sintesi proteica muscolare (MPS, Muscle Protein Synthesis) ​​e non forniscono nutrienti di qualità, sono utili per attenuare il catabolismo proteico muscolare, e necessari per preservare le riserve di glicogeno.

Innanzitutto è necessario precisare che per esaurire le riserve di glicogeno con l’esercizio coi pesi sarebbe necessario eseguire un super allenamento fisico dal volume smisurato, una condizione sostanzialmente impraticabile in sala pesi.

Ad esempio è stato visto che un allenamento Full-body composto da 9 esercizi per 3 serie ciascuno, svolto al 80% 1-RM, esaurisce solo circa un terzo di glicogeno del corpo, e 9 serie svolte per un muscolo specifico risultano in una deplezione di circa il 36% in quel muscolo (Roy & Tarnopolsky, 1998). Dopo l’esecuzione di 6 serie di leg extension al 70% 1-RM fino al cedimento muscolare assoluto, e senza assumere alcun nutriente al termine, il 75% di glicogeno è stato ripristinato dopo 6 ore (Pascoe, 1993).

Tesch et al. (1986) studiarono un gruppo di 9 culturisti, i quali eseguirono cinque serie alla massima fatica per ogni esercizio in cui erano compresi squat frontalesquat baseleg pressleg extension, per un totale di 30 minuti di allenamento. Le biopsie di campioni muscolari ottenute dal vasto laterale prima ed immediatamente dopo l’esercizio rivelarono che la concentrazione di glicogeno muscolare era inferiore del 26% nel post-esercizio rispetto ai valori basali.

Un’altra ricerca successiva condotta da Essen-Gustavsson e Tesch (1990) in cui 9 culturisti eseguirono lo stesso tipo di allenamento previsto nello studio precedente, mostrarono un decremento del glicogeno muscolare del 28%. Robergs et al. (1991) dimostrarono che i soggetti che eseguivano 6 serie di leg extension al 35 o al 70% 1-RM risultavano in un decremento del glicogeno muscolare rispettivamente del 38 e del 39%.

Yström e Tesch (1996) dimostrarono che 4 esercizi consecutivi per i tricipiti, ognuno dei quali prevedeva 4 serie da 8-12 ripetizioni a cedimento, il glicogeno muscolare nel capo lungo del tricipite era ridotto del 25%.

Inoltre, il corpo è in grado di autoregolarsi adeguatamente. Maggiore è l’esaurimento del glicogeno, più rapida è la sua re-sintesi. Maggiore è l’intensità, più rapida è la re-sintesi. Maggiore è la deplezione del glicogeno, maggiori riserve di glicogeno saranno stoccate nel muscolo. Anche negli atleti di endurance la re-sintesi del glicogeno viene spesso completata entro 24 ore. Bisognerebbe allenare un muscolo due volte al giorno con un volume che non permetterebbe di recuperare per non riuscire a ricostituire le riserve di glicogeno in tempo per l’allenamento successivo. Infatti è stato notato che durante le giornate in cui i soggetti si allenano due volte, la supplementazione di carboidrati migliora la performance nella seconda sessione (Haff et al., 1999), presumibilmente perché nel tempo che intercorre tra la prima e la seconda sessione non riescono ad essere recuperare le riserve di glicogeno. Se si esauriscono completamente tali riserve, ci si accorge di ciò in quanto gli atleti di endurance dichiarano di fare fatica anche solo a muoversi.

Risintesi e supercompensazione del glicogeno muscolare

Ci sono state alcune polemiche su quale tipo di carboidrati risulti migliore per il recupero di glicogeno dopo l’esercizio. Spesso viene indicato che gli zuccheri semplici come il glucosio/destrosio siano la fonte migliore dopo l’esercizio, perché il loro alto indice glicemico e l’assunzione in soluzione liquida può permettere un’assimilazione molto più rapida rispetto ad un cibo solido o a carboidrati a indice glicemico inferiore. Tuttavia le bevande composte da polimeri di glucosio ad alto indice glicemico (maltodestrine o Vitargo) hanno dimostrato di riuscire ad essere assimilate più rapidamente rispetto al glucosio.

Alcune ricerche hanno trovato beneficio nel combinare carboidrati ad alto e basso indice glicemico nella bevanda (come maltodestrine e fruttosio). Altri ancora sostengono che non ci sia è la necessità di assumere bevande glucidiche sportive e che può essere sufficiente consumare un pasto ricco di carboidrati come la pasta o il riso. Per concludere, ulteriori evidenze segnalano che non ci siano differenze significative tra fonti di carboidrati di diverso indice glicemico nella risposta insulinica e nelle risposte anaboliche.

Va notato che il carico di carboidrati è stato studiato principalmente nell’ambito dell’esercizio di endurance aerobico, non dell’allenamento con i pesi, e ci possono essere differenze nel modo in cui l’organismo gestisce i carboidrati dopo allenamento con i pesi. Alcuni studi (Ivy et al., 1988) hanno rilevato che il tasso di risintesi di glicogeno si può ridurre anche del 45% ritardando l’assunzione di carboidrati di 2 ore nel post-allenamento. L’esperimento però venne condotto eseguendo una Interval training su cicloergometro. Secondi i risultati di Pascoe et al. (1993) analizzando l’esercizio coi pesi, le prime 6 ore dopo l’allenamento sembrano essere le più critiche perché l’attività enzimatica e i ritmi di re-sintesi sono più alti, di circa 12 mmol/kg/ora.

Altri ricercatori hanno osservato che le bevande a base di carboidrati ad alto indice glicemico (rapida assimilazione) assunti nell’immediato post-allenamento elevano l’insulina in maniera significativamente maggiore rispetto a un cibo solido composto dalla stessa quantità di carboidrati apportati da riso e banane (alimenti a indice glicemico tendenzialmente medio-alto). Questo naturalmente perché le bevande riescono ad essere assimilate in tempi molto più rapidi. Tuttavia, anche in questo caso l’esperimento era stato condotto su ciclisti, i quali avevano appositamente esaurito le scorte di glicogeno in una performance di 2 ore (cosa che non si verifica nell’esercizio coi pesi).

Dal momento che queste ricerche analizzavano l’esercizio di cardiovascolare o di endurance aerobica, è logico supporre che tali risultati non siano da ritenere allo stesso modo validi per l’esercizio coi pesi (resistance training). Infatti è stato rilevato che a seguito del resistance training, la re-sintesi del glicogeno post-allenamento avviene anche senza assumere carboidrati, sebbene ad un tasso inferiore di 4-10 volte circa. Un altro studio già citato (Pascoe, 1993) sull’analisi del resistance training, indicò che consumare una bevanda di carboidrati (1,5 gr x kg) dopo l’esercizio aumenta le scorte di glicogeno di solo il 16% in più rispetto al consumo di sola acqua. Dopo 6 ore dall’assunzione, il glicogeno era stato ricostituito del 91% e del 75% rispettivamente, per i soggetti che avevano assunto la bevanda glucidica e l’acqua.

Altri studi hanno dimostrato che non vi fosse alcuna differenza tra l’assunzione di diversi tipi di carboidrati nel periodo post-esercizio e la velocità di riaccumulo del glicogeno purché venga consumata una quantità sufficiente di carboidrati (il documento anche questa volta non si rivolgeva nello specifico all’esercizio coi pesi). Anche quando il pasto post-allenamento contiene gli altri macronutrienti, ovvero proteine ​​e grassi, il tasso di ricostituzione di glicogeno non verrebbe quindi ostacolato, purché vi sia una sufficiente quantità di carboidrati nel pasto. Questi studi sostengono che il fattore limitante nel ripristino del glicogeno dopo l’attività fisica non è la digestione o l’indice glicemico di una determinata fonte di carboidrati. Nel corso di un periodo di 24 ore post-esercizio assume una maggiore importanza la quantità totale di carboidrati consumati. Il fattore limitante nell’assorbimento del glucosio durante l’esercizio è determinato dalla velocità di fosforilazione del glucosio, una volta entrato nella cellula muscolare.

Anche l’attività dell’enzima glicogeno sintasi risulta un possibile fattore limitante. Questi processi non sono facilmente influenzati dalla composizione del pasto post-esercizio, ma piuttosto dal grado di esaurimento del glicogeno durante l’esercizio, così come la quantità di carboidrati e di lipidi assunti con la dieta.

Si raccomanda il consumo di almeno 0,7-1,0 g di carboidrati per chilo di peso corporeo immediatamente dopo l’esercizio, e poi ancora 1-2 ore più tardi. In caso di disturbi gastrici provare ad aumentare la quantità di acqua che si consuma con i carboidrati. Potrebbero essere consumati un totale di 7-10 grammi di carboidrati per chilo di peso corporeo entro un periodo di 24 ore per il massimo accumulo di glicogeno. Questa quantità potrebbe risultare superiore al fabbisogno calorico, ma risulta ottimale se obiettivo primario è l’accumulo di glicogeno.

Sensibilità insulinica e tolleranza glucidica

Dal momento che uno studio sull’attività di endurance riportò una maggiore capacità di stoccaggio del glicogeno quando i carboidrati erano assunti entro distanze più brevi dal termine dell’attività, si è supposto che questa aumentata abilità sia dovuta ad un temporaneo aumento della sensibilità insulinica, che si protrarrebbe solo entro quel breve periodo di 2-3 ore post-allenamento in cui viene riconosciuta la cosiddetta Finestra anabolica e andrebbe riducendosi col passare delle ore.

Significherebbe che il muscolo è più recettivo nella capacità di assimilazione di sostanze nutritive insulinogeniche (soprattutto glucosio e amminoacidi), in modo che le quantità di insulina richieste per captare le stesse siano proporzionalmente inferiori rispetto ai livelli basali per poter garantire lo stesso effetto. Oltre a menzionare il fatto che tale studio non può essere valutato nel contesto dell’esercizio coi pesi in quanto analizzava appunto la prestazione di endurance, la questione è più complessa. Svariati studi hanno univocamente segnalato che l’esercizio eccentrico (in cui la fase negativa delle ripetizioni viene enfatizzata), un metodo largamente utilizzato nel Resistance training, crea una riduzione temporanea della sensibilità insulinica. L’esercizio eccentrico sembra causare un danno muscolare con diminuzione del numero di GLUT-4 (le molecole responsabili del trasporto di glucosio all’interno della cellula), e una conseguente riduzione dell’insulino-sensibilità. Tuttavia queste potrebbero rivelarsi come condizioni eccezionali, in quanto non è necessario allenarsi sempre con ripetizioni eccentriche enfatizzate. In aggiunta è stato visto che questa riduzione della sensibilità insulinica è solo transitoria, infatti sul lungo termine lo stato di sensibilità insulinica migliora.

Normalmente infatti, l’allenamento coi pesi crea un aumento della sensibilità all’insulina, si crede soprattutto grazie all’effetto favorevole indotto dall’aumento della massa muscolare (il muscolo scheletrico è il principale tessuto insulino-dipendente). Il Resistance training ad intensità media-alta (60-85% 1-RM), tipico dei programmi di ipertrofia muscolare, porta ad aumentare la capacità del muscolo di captare glucosio (migliorata tolleranza al glucosio), mentre il Resistance training a bassa intensità (45-65% 1-RM), cioè di endurance muscolare, porta ad un aumento vero e proprio della sensibilità insulinica. Tralasciando i risultati sul lungo termine, dati recenti mostrano che l’effetto acuto di una singola sessione con i pesi dura per oltre 24 ore.

La sensibilità insulinica e la tolleranza al glucosio quindi non vengono solo migliorate sul lungo termine grazie all’aumento della massa magra, ma ulteriormente sul breve termine, il che però non coincide necessariamente con i tempi della Finestra anabolica, ma si protrae per molte più ore.

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