Alla fine quel dolorino alle mani mi ha svegliata.
Quale dolorino?!
Quello che provo perché le falangette si son scuoiate, tutte nessuna esclusa, mentre tiravo su il corpetto da stacco tra i tonyci nella tana tonyca.
Già, perché per Mister Giovanni e per assaporare queste cose sadiche, si decide senza se e senza ma, senza troppo star lì a programmare, di salire sul treno delle 9 del sabato e riprendere quello delle 9 della domenica, spararsi ore e km per un pomeriggio indimenticabile nella Tana di Tony, con Tony ed i Tonyci che ho visto entrare uno ad uno ed unirsi in gruppo come fratelli.
Il clima è inutile descriverlo, chi ha avuto il piacere di conoscere la squadra ed il Mister sa a cosa mi riferisco.
La Tana in qualche modo mi era familiare avendola più volte vista sia in foto sia in video, ma viverla è un'altra cosa.
Se da un lato tutta 'sta prodigiosa tecnologia ci permette di conoscere, nulla resta paragonabile all'esserci.
Caxxo, è tutto così asettico se, ringraziata l'opportunità, non si passa alla vita, quella vera, quella di una risata fatta in faccia a chi con te ride, del contatto fatto col tatto, del suono delle voci non filtrato che esce da bocche che stai guardando, di visi e corpi che con stupore ti accorgi essere completamente diversi dall'immagine che lo schermo ti trasmette.
Tornando a San Zenone, mi ha impressionata, così tanto che ancora ci penso, l'impatto con Giovanni. E sì che di foto e video ne avevo visti, di cose da lui scritte ne avevo lette ...
La percezione che ho avuto trovandomelo seduto accanto è stata quella del primo incontro.
Nessuna foto, nessuna immagine video, non una delle sue righe scritte con pungente sarcasmo sapevano rappresentare l'uomo che avevo davanti.
È quel che ti aspetti moltiplicato per "n", ed è quello che non ti aspetti.
Ho fatto il viaggio d'andata seduta accanto ad una coppietta di leoni marini che, mentre io mi godevo la lettura del libro appena comprato, "onora il babbuino" di Michele Dalani, che ho divorato tanto è ben scritto e per i contenuti a me congeniali, ha trascorso 3 ore a fissare il telefono, ognuno nel suo Facebook, e lo scambio verbale era ridotto ad un "ha accettato l'amicizia", "postalo su fb", ...
Non a caso ho eliminato l'app dal telefono ed ho ridotto tutte le mie apparizioni virtuali...
Ne ho un po' la nausea, problema che ciclicamente si ripresenta.
Tornando alla Tana, Giovanni mi attendeva fuori dalla metro, esattamente davanti alla porta centrale guardava dritto nella direzione della folla che camminava. Io ovviamente sono uscita dalla porta laterale, perché nel mezzo non mi piace stare e ho camminato lontana dal gruppo, superando a sinistra i lumaconi. Proprio vero quel che dicono i Romani: i milanesi corrono sempre! Vero ma... c'è sempre un perché. Potevo forse far attendere il Mister? Inoltre ero stufa di stare da sola, non vedevo l'ora di riabbracciare lui, Roberta, i ragazzi.
Così gli son apparsa a latere, con un "buh"; deformazione professionale di mamma cogl.ionazza. Tempo mezz'ora Giovanni ha avuto vendetta sbucandomi alle spalle dal nulla, con conseguente nuovo capello bianco e pregiudizio di tutte le alzate del wo.
Abbiamo iniziato dalla panca, come da programma col 7x4. Poi per singole e porca miseria... 'sti 50 non arrivano. Pesanti sin dal settaggio. Mi sono un po' girati gli zebedei perché, al di là del gioco, poi me la prendo.
È quindi iniziato il delirio.
Il corpetto. Stretto, strettissimo, una vita per cercare di far aderire il cavallo, appesa come uno dei maiali sgozzati di mio nonno macellaio al rack.
Un dramma le spalline, tutto comprimeva a tal punto che, cercando i lombari per tirare la maglietta dentro le mutande, avevo il culone ad altezza scapole, con tutto il grasso che cercava vie di fuga che, ahimè, non ha trovato restando soffocato ma sempre a me aggrappato.
Afferrare il bilanciere, quello no, non è stato difficile. Ma accucciarmi è stato terribile.
Le spalle non si aprivano, il petto era talmente chiuso che non riuscivo a respirare. Presa aria, in qualche modo, è uscita tutta subito appena ho piegate le ginocchia.
Appena il bilanciere ha iniziato a salire ho sentito la testa scoppiare e la faccia farsi di fuoco. Stelline. Giù.
Fatti alcuni tentativi coi 100 kg, infilati, accappottati.
Giovanni ha fatto scurire una delle 2 cuciture con le quali si era provveduto ad accorciare le spalline e, recuperando quasi 1 cm, pare sia andata un po' meglio.
Non mi resta che insistere, wo dopo wo, per trovare il modo di non soffocare ed il giusto, diverso e nuovo baricentro.
Tra una caduta indietro ed un ribaltamento in avanti sembravo una povera ubriacona.
Togliere il corpetto è stato altrettanto scioccante, perché quel che con tanta fatica era salito, poi non voleva saperne di scendere. Come un anello infilato in un dito affusolato che con gli anni diventa una salsiccia, formando il caratteristico avvallamento, così la cucitura penetrata nella carne delle cosce era ormai intrappolata. Mioddio che dolore!
Piccola precisazione ... Al classic di giugno, (quasi) 100 kg son saliti e senza troppi drammi...
Ma non c'è limite al peggio. Squat. Porcaccia d'una miseria, ho visto andare in fumo 4 mesi di lavoro su femorali e glutei, su cambio di settaggio, stance, apertura punte dei piedi. Di chi è la colpa? Il nome già incute terrore: fasce, morbide e dure di stocaxxo!
Giovanni arrotola e manco in piedi riesco a stare. Mi aggrappo dove riesco, ossia al mio stesso carnefice, mettendo a repentaglio anche il suo equilibrio.
Lui dice che non le stringe forte, io mi sento come in sala parto alle prime contrazioni.
Fatta la gamba destra, inizia ad informicolarsi mentre vien fasciata la sinistra. Polpacci, meno uno. Piedi, meno uno.
Come una mummia mi avvicino al rack e tra un lamento e l'altro i 60 kg salgono come avessi delle molle.
Secondo turno mi fascio da sola. È lunga, sudo dalla fatica e dall'ansia: più tempo ci metto meno sensibilità mi resta ai piedi, che sembrano invasi dalle formiche. Crampi al soleo. Oh... è un laccio emostatico bello e buono!
70 kg, Tony mi ferma alla doppia ma andrei avanti senza problemi.
Fin qui, le fasce morbide di Teresa. Passiamo alle dure di Damiano, che saranno le mie compagne in quel di Lodi.
Un bagno di sangue.
Giovanni stringe (poco, dice lui) e se non fosse per quel briciolo di orgoglio che m'è rimasto, mi metterei a piangere.
Singola da 80 non pesante ma sbilanciata e quindi schienata.
Prendo coscienza del fatto che contino a far l'eccentrica ignorando il movimento, in balia delle fasce, del dolore alla coscia, dei polpacci che si son persi da qualche parte e dei piedi che stanno trasformandosi in moncherini tanto che non mi tolgo dalla mente l'immagine del lodo d'oro.
Non mi concentro sul buttar fuori glutei e femorali, sul petto aperto, sul peso al centro del piede. Niente, comandano loro, scendo alla carlona.
I 90 kg non salgono. Mi siedo e resto a terra. Non voglio nemmeno sapere se raw bla bla bla.
Adesso è una guerra, tra me e questa diabolica armatura.
Adesso me ne torno nel mio angolo, dove riesco a congelare le emozioni e mettere in moto il cervello.
Ammesso che il corpetto salga, adesso ci penso io ad interpretare me stessa semi-equipped, studiando azioni e reazioni.
PL... ora ho una prima idea del perché in molti dicano che il PL sia quello equipaggiato. Che il raw sia cosa diversa.
È come far ballare Carla Fracci, alla Scala, scalza.
Grazie, grazie di cuore Giovanni. Son mesi che ti ripeto quanto ricco sia il valore aggiunto che regali alle mie giornate. Son stata benissimo, siete tutti stupendi. Ma questo già si sapeva.
Alla fine s'è fatta l'ora di andare. Un treno mi attende, i miei bambini mi aspettano per pranzo.
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