Power thai sotto al tetto che squotta

[Tony24]

Molto fluido, complimenti!
vedo molte ragazze anche presso la mia palestra che eseguono dei discreti squat con buoni carichi ed esecuzione pulita, ma mai una panca o uno stacco fatti bene, mi chiedo se centri qualcosa la fisiologia umana che in alcuni casi ci differenzia a seconda del genere, o molto più semplicemente le donne che hanno il pallinno dei glutei e cosce perfetti allenano seriamente solo quest'alzata..

[Tonymusante]

Molto fluido, complimenti!
vedo molte ragazze anche presso la mia palestra che eseguono dei discreti squat con buoni carichi ed esecuzione pulita, ma mai una panca o uno stacco fatti bene, mi chiedo se centri qualcosa la fisiologia umana che in alcuni casi ci differenzia a seconda del genere, o molto più semplicemente le donne che hanno il pallinno dei glutei e cosce perfetti allenano seriamente solo quest'alzata..

indubbiamente è vero che l'alzata di squat, tra le tre powerlifts, è quella verso la quale una donna può essere maggiormente predisposta per conformazione fisica.
Tuttavia questo è un discorso che riguarda soprattutto l'utenza media, in quanto poi tra le atlete agoniste il discorso si diversifica, perlomeno con riferimento allo stacco.
Nel mio team, ad esempio, avevo soprattutto deadlifters, in quanto sono praticamente tutte forti nello stacco; di queste solo una era originariamente una panchista anche se la loro bench press è per fortuna in ascesa ed ormai almeno un'altra può a buon diritto considerarsi tale; di fatto lo squat sembra l'alzata clou proprio di Valentina.

Chiaramente poi, se si ha a che fare con delle risorse atletiche con buona predisposizione e forti motivazioni, man mano che l'atleta nel tempo e con il dovuto lavoro progredirà verso l'elite porterà di conseguenza le tre alzate su di un livello quasi equipollente, risultando in tal modo completa.

A dimostrazione che non di solo pane vive l'uomo ne ...di solo squat solleva la donna , ti posto un filmato fresco fresco girato ieri sera e caricato da poche ore sul canale della squadra, in cui Roberta/Powerlilly effettua l'ultima serie di un 4x3 di lockouts di stacco (esercizio consistente in una sorta di scrollate specifiche, diverso dal pin pull) con 155kg., solo cinta.

https://www.youtube.com/watch?v=WJfxWRvynwQ

[Tony24]

Mai vista questa variante, nello specifico qual'è lo scopo dell'esercizio? Credo ad occhio che lavori più il trapezio che il dorsale al contrario di quanto avviene nei deadlift classici.. Sbaglio?

[Tonymusante]

Mai vista questa variante, nello specifico qual'è lo scopo dell'esercizio? Credo ad occhio che lavori più il trapezio che il dorsale al contrario di quanto avviene nei deadlift classici.. Sbaglio?

Ciao Tony,

si l'esercizio incide maggiormente sul trapezio, dato l'angolo di lavoro, però non devi vederlo come un esercizio di potenziamento su di un distretto muscolare; ricordati che siamo pl non bb, quindi allorché effettuiamo un parziale del movimento di gara non ragioniamo per distretti muscolari ma per alzate.
In altre parole, quando eseguiamo la panca non facciamo petto ma proprio bench press, ovvero non utilizziamo l'esercizio per sviluppare un muscolo bensì ci serviamo della catena cinetica deputata al fine di migliorare l'alzata.

Nel caso di cui trattasi, parliamo di lockouts di stacco dunque il fine dell'esercizio non è rappresentato dal potenziare il trapezio (ovviamente coinvolto) ma nel migliorare la fase di chiusura del deadlift.
In realtà è una via di mezzo tra le scrollate vere e proprie (shrugs) ed il pin pull: rispetto alle prime è assente la classica fase di rotazione del cingolo scapolo omerale, l'elevazione del trapezio ed anche l'eventuale slancio che invece puoi vedere nei movimenti che mimano la portata al petto dei pesisti; rispetto al pin pull - tipico esercizio del powerlifting rivolto a lavorare sulla parte finale dello stacco - manca il fondamentale momento di riappoggio sugli staggi (pin) della gabbia.

Sono un amante delle diverse tipologie di scrollate e le adatto agli schemi motori che mi interessano maggiormente; però non ho inventato niente, lo fanno da decenni in ambito agonistico .
Così, quando svolgo un lavoro ripetuto per i lockouts (chiusure) nel deadlift preferisco non utilizzare i pin, se non per l'appoggio iniziale.
Infatti il classico pin pull, così come è conosciuto e generalmente svolto, lo ritengo poco similare al movimento di gara e lo somministro solo in single lift di rifinitura: l'atleta solleva il bilanciere da un sostegno che nella realtà non esisterebbe e riappoggiandolo ogni volta su di esso provoca uno schema motorio diverso, talvolta persino una rullata del bilanciere non riproducibile nella realtà.
Questo è comprensibile quando si tratta di eseguire alzate parziali singole ma quando il lavoro vero e proprio consta di un range di 2-6 reps (come nel protocollo da me adottato sin da novembre con i ragazzi che alleno), riappoggiare il bilanciere farebbe perdere di vista il movimento di base e quindi inficierebbe lo sforzo nel lockouts.

Ho visto tra i miei atleti che, spiegato l'obiettivo, ci sono due differenti maniere con le quali hanno soggettivamente scelto di approcciarsi all'esercizio e le ho apprezzate entrambi: di fatto mi ritengo un "relativista" ed ammiro le intuizioni e la ricerca soggettiva delle soluzioni da parte di ciascun atleta con cui mi rapporto, purché beninteso questi abbia un minimo di maturità ed esperienza agonistica.
Il primo sistema è quello che nel video adotta Roberta e seguito pure da Valentina: stacca il bilanciere dal sostegno posto ad una certa altezza per evitare un inutile sforzo suppletivo iniziale, lo posiziona appena sopra le ginocchia, che è il punto stabilito in accordo per lavorare sulla fase di chiusura ed esegue tutte le ripetizioni previste senza riappoggiare (erano inizialmente 6, poi 5, poi 4, ultimamente 3).
Il secondo modus operandi è quello messo in opera da Andrea, Claudio ed altri: staccano il bilanciere ed eseguono un vero pin pull che non verrà comunque conteggiato nel computo complessivo delle scrollate; poi scendono all'altezza delle ginocchia e risalgono per il numero di volte stabilito ma senza riappoggiare.

L'esercizio così eseguito diventa a mio parere anche un modo per abituare la presa e le articolazioni a sopportare il carico ingente: uno dei problemi maggiori, infatti, con carichi limite è che spesso essi non sono tali, cioè limite, per la capacità muscolare dell'atleta di tirare ma esclusivamente per la sua capacità di sorreggere il bilanciere per il tempo necessario. Non è raro vedere atleti perdere la presa all'ultimo o non riuscire a chiudere a causa dell'assetto ormai modificato.
Tipico delle donne molto forti ma leggere, ad esempio, è di riuscire a staccare - grazie alle proprie capacità, alla bravura tecnica, alla preparazione seguita ed alla loro esperienza - carichi notevoli ma poi, esaurito lo slancio della fase di spinta/trazione e giunti alla fase di chiusura giocoforza più lenta, avvertire tutto il peso su spalle, braccia e mani e trovarsi nell'incapacità di riuscire ad opporvisi durante quegli interminabili attimi in cui ci si sforza di serrare le ginocchia e retroporre le spalle.
L'esercizio in questione cerca appunto di fornire un piccolo contributo al deadlifter in questa inevitabile fase.