questo "limite" del limite gentico è presente un po in tutti gli sport. una condizione mentale che lascia sotanzialmente appagati (chi è realmente dotato) o frustrati (chi lo è, o pensa di esserlo, meno)
un vantaggio dello sport (il bodybuilding non lo ritengo uno sport) è che questa storia del limite finisce presto: se raggiungi un certo livello competitivo hai superato la fase di blocco (la prima almeno) perchè uno scalino della "carriera" lo hai già saltato, quello che definisce chi ha la volontà di proseguire intensamente e chi no.
spesso il limite genetico, almeno nella mia esperienza, è risultato castrante per chi davvero era dotato e non per chi non lo era, per assurdo.
ancora, partendo da persone che hanno superato la fase prettamente di "fitness" e si dedicano all'agonismo (amatoriale intendo), chi arriva a questa seconda fase senza particolari "doni" da mamma natura ha una volontà davvero notevole... "limite" per cause naturali è un concetto a lui ignoto, perchè di limiti ne ha superati già parecchi. c'è naturalmente chi ci arriva perchè oggettivamente "dotato" (ricordo nel nuoto ragazzini che filavano dopo 2 anni in vasca, questi avevano qualità natatorie spiccate) ma purtroppo spesso poichè di fatica ne ha fatta meno, alcuni "limiti" che fenomeno o no tutti incontrano non li ha ancora superati, tutto è filato troppo liscio. questi ultimi a volte si perdono, perchè letteralmente "mangiati" da chi magari meno dotato ha una determinazione superiore (ho visto gente che in allenamento andava come un siluro, tremare sul serio sul blocchetto perchè nella corsia di fianco uno meno "siluro" di loro li intimidiva dalla concentrazione che mostrava... in termini aziendali questa cosa si chiama "fill-in the space", riempire una stanza senza nemmeno aprire bocca)
visto che il bodybuilding (o culturismo, a me piace di piu) non è uno sport, questa cosa del limite genetico viene fuori piu frequentemente... manca un reale confronto OGGETTIVO. in vasca o arrivi primo o arrivi dopo, fine. nel BB chi è migliore? quel'è l'oggettività della valutazione?
visto che ho frequentato una palestra usata principalmente come luogo di "muscolazione" per altre discipline (atletica e rugby in primis), io mi sono sorpreso all'inizio del fatto che i risultati di "building" maggiori li otteneva chi non li cercava come fine utlmo in se, ma li legava ad una prestazione. la spiegazione, banale e schietta che poi gli ho dato, è che chi competeva oggettivamente in qualcosa si faceva parecchie meno pippe mentali su "cosa è meglio", "come fare a far crescere questo", "quanto potro sollevare", ecc... lo faceva e basta, al meglio che poteva e secondo uno schema prestazionale. ecco il punto secondo me: chi ha una visione "prestazionale" dell'attività fisica non si cura (o lo fa meno) di limiti "esterni", ma parte dal presupposto che i limiti siano nel suo modo di allenarsi o nella quantità/qualità di quel che fa. chi non parte da un ottica di questo tipo, sempre secondo me eh, fa piu fatica a "guardarsi dentro" e gli viene piu facile guardare fuori per ricercare le cause del suo fallimento. se non si ha un obiettivo, e quindi neppure un percorso per raggiungerlo, ogni "fallimento" dov'è potrà essere ricercato se non al di fuori del "non-sistema" di allenamento adottato?
chiaro, quando volontà e "dote" si incontrano... vengono fuori i fenomeni veri. ma anche qui, mia esperienza, i fenomeni che ho incontrato (una volta ho visto allenarsi luca sacchi) hanno una dedizione ed una volontà che i comuni mortali si sognano. spesso sento parlare dei mitici "genio e sregolatezza"... bhe relativizziamo questa sregolatezza, va confrontata con un livello medio di dedizione che personalemtne ho visto in cartolina!
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