The perfect squat®™©
Ecco a voi the perfect squat, lo squat perfetto™®©: per fare un po’ di scena ho dato dei nomiin matematichese agli angoli della caviglia, del ginocchio e dell’anca, indicandoli con la pomposissima fi o phi greca. In letteratura troverete angoli differenti ma alla fine sono equivalenti a questi.
In questa esecuzione l’atleta risale “aprendo” contemporaneamente tutti e tre gli angoli, in pratica la caviglia ruota indietro, il femore ruota verso l’alto, l’anca ruota facendo raddrizzare la schiena. Il bilanciere sale bello dritto, senza spostamenti orizzontali o quasi.
Il problema di questa esecuzione è che è dispendiosissima: perché i segmenti connessi alle tre articolazioni ruotino tutti insieme è necessario che le forze muscolari generino coppia contemporaneamente su tutte e tre le articolazioni stesse. Non solo, come indicato nel disegno centrale, i femorali si accorciano perché le tuberosità ischiatiche ruotano verso le tibie: muscoli che si contraggono mentre si accorciano sono meno forti di muscoli che tengono in contrazione isometrica. Ancora, i quadricipiti devono generare un sacco di forza perché una parte viene trasferita all’anca per farla ruotare.
Vi piace questo disegnino? Ha un che di tribale, di trofei e prede… comunque ho semplicemente sovrapposto gli scheletri precedenti considerando solo gli elementi di interesse. A destra le stesse traiettorie unendo i punti corrispondenti, la retta è l’inclinazione della schiena.
In questa esecuzione il tronco ruota indietro fin da subito e perché questo accada è necessario pertanto che ci sia fin da subito una coppia all’anca superiore a quella necessaria a tenere la schiena alla solita inclinazione: la schiena ruota indietro fin da subito.
in questo squat vi è un coinvolgimento dell’anca continuo, dall’inizio alla fine. Analizzando il comportamento al ginocchio scopriremmo la stessa cosa: il cervello deve far contrarre in maniera coordinata tutti i muscoli contemporaneamente per permettere questo tipo di movimento.
Come vedremo, questa è l’esecuzione che pone il minor stress sulla schiena perché la spina è flessa per il minor tempo possibile: in risalita il bacino e la testa tendono ad avvicinarsi mentre i segmenti si “allungano”. Le conseguenti coppie dei muscoli paravertebrali sulle vertebre spinali seguono così l’andamento di quella all’anca: molta coppia fin da subito ma poi la schiena si mette eretta e così lo stress sulla spina diminuisce.
Questo pertanto è lo squat perfetto: l’atleta risale come se non avesse niente sulle spalle.
The Real squat (freeware)
Questo invece è uno squat reale, ciò che potete osservare guardando un atleta “forte”:
- In partenza, vi è un forte coinvolgimento della caviglia e del ginocchio, il femore viene spostato indietro. I “prime movers” sono pertanto i quadricipiti.
- In B la chiave di lettura dell’intero movimento: il femore è spostato indietro, “premendo” indietro il bacino che a sua volta “trascina” tutto il tronco che rimane sempre alla stessa inclinazione. Ciò significa che la coppia all’anca è inferiore in questo caso rispetto al caso precedente.
- Spostando indietro il bacino le tuberosità ischiatiche si allontanano dalle tibie e così i femorali vengono allungati, contraendosi in eccentrica: questi generano così non solo più forza rispetto al caso precedente, ma anche l’allungamento crea uno stretch reflex che verrà utilizzato al momento in cui il tronco verrà fatto ruotare e i femorali si contrarranno concentricamente.
- Poiché lo spostamento indietro non può continuare a meno di non voler masochisticamente cadere indietro, in C viene applicata coppia all’anca per iniziare a ruotare indietro il tronco: parte di questa coppia è dovuta ai glutei e ai femorali, parte al ginocchio che può agire sull’anca tramite i femorali stessi. I femorali giocano così un doppio ruolo: quello di muscoli motori dell’anca ma anche quello di “tiranti” che trasferiscono coppia da una articolazione all’altra.
- E’ così fra B e C che si nota quel tipico rallentamento del movimento, il famoso sticking point: il bacino non può più spostarsi indietro e l’atleta deve andare verso l’alto, ruotando la schiena indietro, cioè passando da una esecuzione di quadricipiti per estendere il ginocchio ad una esecuzione di anca per estendere il tronco.
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Il disegno è ricco di informazioni, specialmente se lo confrontate con il precedente. La traiettoria della testa è una retta inclinata, parallela a quella del bacino fino al momento in cui la schiena si sposta rigidamente in alto ed indietro. Ciò significa che bacino e testa si muovono alla stessa velocità o, in altri termini, che la schiena inizialmente non flette in avanti o si estende indietro, pertanto la coppia all’anca è praticamente quella necessaria a tenerla immobile.
Senza entrare nel merito del calcolo delle coppie, con il simulatore è possibile testare le due esecuzioni.
Questo secondo movimento è ciò che si osserva spessissimo. Attenzione a questo passaggio: poiché viene fatto da tantissimi atleti forti, evidentemente non è pericoloso. Questa non è una prova “matematica”, né “medica” ma una conseguenza del fatto che chi fa così non va all’ospedale. “Si ma fra 20 anni…” fra 20 anni vedremo. Non voglio dire che così va bene, solo che nemmeno non vada bene.
- In alto quella dello squat perfetto, la parte colorata è relativa alla discesa e non è oggetto dell’analisi: nella risalita le coppie all’anca e al ginocchio sono applicate contemporaneamente e decrescono mentre l’atleta raggiunge la posizione di chiusura.
- In basso lo squat reale dove si nota come vi sia un bell’impulso di coppia dovuto ai quadricipiti che sparano le ginocchia indietro, poi c’è l’impulso all’anca per far raddrizzare la schiena. Il movimento è pertanto “spezzato” e vi è una minor coordinazione fra ginocchio/caviglia e anca.
Il punto fondamentale è che il picco di coppia all’anca necessita di un picco di coppia sui muscoli paravertebrali, pertanto in quel momento la schiena è soggetta a forze molto intense.
Questa esecuzione probabilmente è il compromesso ottimale fra complessità del movimento, leve articolari, compressioni e forze di taglio:
La schiena si mantiene sempre parallela a se stessa, nel senso che non flette. Se non flette, non perde la curvatura spinale e ciò significa che l’atleta sta usando bene i suoi muscoli spinali: l’inclinazione viene persa se viene persa la curvatura.
Estendere fin da subito le ginocchia spostando il bacino indietro permette di uscire dalla buca velocemente: la buca è il punto in cui l’angolo delle ginocchia è il più svantaggioso perché i quadricipiti possano generare forza e meno l’atleta ci rimane, meglio è.








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