In questo caso gli istanti sono 6: raccattando informazioni di quello che accade in questi 6 istanti di tempo è possibile capirci qualcosa riguardo a tutto un intero movimento. Una semplificazione notevole perché invece di confrontare curve o video mi basta confrontare una manciata di numeri.
Questo modello di squat semplifica l’osservazione dell’esercizio limitandola a 6 fotografie senza perdere di qualità, qualsiasi sia la durata dell’alzata, il frame rate o la risoluzione del video: nemmeno il più perverso algoritmo di compressione mpeg riuscirebbe nell’impresa!
Facciamo due prove e vediamo che viene fuori (ho provato anche altre curve, con meno segmenti, e anche con dei polinomi, questa è la migliore, sia “visivamente”, sia con il calcolo dei residui sia con i coefficienti di correlazione e tutte le menate di Statistica che io conosco poco e detesto dato che ci ho preso l’unico 24 della mia carriera di ingegnerino studente)
Ecco un po’ di risultati: mi sono meravigliato anche io della bontà del risultato e ci sarebbe da perdere un po’ di mesi per capire come mai la velocità sia approssimabile con una funzione lineare a tratti, come se il nostro cervello fosse in grado di gestire e produrre solo accelerazioni costanti a tratti sotto carico. Ma questa è una vera sega mentale industriale, a livello di multinazionale delle seghe mentali industriali.
Notate come la spezzata approssimi bene la parte concentrica del movimento ma meno bene la parte eccentrica, però la zona di inversione del movimento è correttamente descritta (sovrastima l’accelerazione, ok, m ci siamo, su…). Inserendo un altro punto di “snodo” nella zona eccentrica avrei ottenuto un risultato migliore, ma questo vorrebbe dire che ci sarebbe un punto significativo in più, un modello differente e invece secondo me questo è ok per descrivere una alzata corretta. Se servirà, lo cambierò, è roba mia…
Perciò, il procedimento è un classico di qualsiasi esperimento e per quanto abbia tagliato via parecchie cose, è formalmente corretto. Se non vi torna, chiedete a Galileo ah ah ah
Usiamo questa roba
Ok, adesso che ho fatto due superpalle galattiche a tutti con questi parametri… utilizziamoli, altrimenti a che servono? Il mio approccio è che prima di scrivere dei numeri è necessario osservare le “forme delle cose” perché misurare, cioè “fare” può inizialmente essere fuorviante. Osserviamo le forme: nei grafici seguenti descrivo le velocità semplificate di qualche alzata ponendo i punti significativi sulle relative traiettorie del bilanciere.
Ecco una buona alzata a 140Kg, con un massimale teorico di 185Kg è un classico 75% 1RM. Notate questi aspetti:Ok, adesso guardate quest’altra, con 160Kg:
- La fase di discesa in cui la velocità aumenta rapidamente, quasi a 80cm/sec o 0,8 m/sec per usare le unità di misura corrette, dura un caccolesimo di tempo in cui scendo di circa 10 centimetri: questo è bene o male vero sempre. Ciò significa che la prima parte del movimento è semplicemente un “mollare” il bilanciere per poi iniziare a frenarlo quasi da subito, quando finisce la fase Down (perché ho usato questi nomi? Boh… mi sono venuti così…)
- Al punto C ho quella strana flessione della velocità che apparentemente non ha effetti sulla traiettoria, vedremo meglio in seguito
- L’inversione del movimento avviene fra il punto Min e il punto StIn (Sticking Point In). Bang! Una fucilata, come direbbe un mio amico, di una manciata di centesimi di secondo in cui si percorre pochissima traiettoria, come risulta evidente.
- Poi inizia tutta la regione dello stiking point. Per avere un’idea del posizionamento del punto rispetto alle anche o alle ginocchia StMin (Sticking Point Minimum) è necessario conoscere la posizione delle anche, e dato che non ce l’ho, diciamo che il minimo è poco sopra il parallelo.
- Lo spostamento orizzontale è di circa 10 centimetri fra discesa e risalita (l’asse orizzontale non è in proporzione con quello verticale per fare apprezzare l’”anello” che si forma)
Ecco qualcosa di interessante! La velocità di discesa si appiattisce parecchio e… guardate il punto C, che prima era una lieve flessione come invece rappresenta un punto in cui la velocità si mantiene costante. Sulla traiettoria dal punto C inizia uno spostamento anche in avanti del bilanciere, perciò di tutte le spalle.
Ma certo! La velocità verticale si stabilizza perché una parte della forza è “dissipato” per spostarsi in avanti perciò deve aumentare la velocità orizzontale! Come non averci pensato! Ecco una delle cose che “si sapevano” ma che però io non ho mai letto.
Poi rapida inversione, risalita, sticking point. La durata della regione dello sticking point è paragonabile a quella dell’alzata precedente e la sensazione è stata di una alzata “buona”, “aggressiva”, “dinamica” anche se 160Kg sono l’85% del massimale cioè un carico notevole. Notate come in risalita il bilanciere “torni indietro” seguendo abbastanza la stessa traiettoria della discesa.
Infine, l’ultimo caso che presento: l’alzata peggiore delle quattro fatta a 170Kg, “lenta”, “sofferta”.
Si nota una prima parte a velocità “piatta” dopo il Down sempre rapido ma una lunghezza dello sticking point di ben un secondo superiore alle precedenti due e un secondo con il bilanciere che si ferma quasi a mezz’aria è assolutamente poco divertente.
Notate come la traiettoria sia molto spanciata, mi sposto in avanti in discesa come nel caso precedente ma in risalita non percorro la stessa traiettoria, ma tendo a risalitree rettilineo e anche un po’ in avanti.
Solo per precisare, notate come non dobbiamo farci fuorviare dai parametri e dai numerelli: in questo caso il punto C calcolato dall’algoritmo di minimizzazione del risolutore di Excel (come lo adoro il risolutore… una genialata assurda) sia troppo in basso sulla traiettoria che flette ben prima, pertanto se quest’idea avrà valore è necessario sviluppare un diverso calcolo del punto C (e non G che tanto non esiste per buona pace dei nerd che leggono su Men’s Health gli articoli della serie falla godere). Un’idea è considerare dove inizia la deviazione orizzontale, cioè dove la velocità orizzontale aumenta. Vedremo.
Il lavoro da fare
A questo punto le idee sono tantissime:Un vantaggio di essere soggetto degli esperimenti e “ricercatore”: di sicuro non è il peso che determina queste condizioni, o meglio è anche il peso perché a 170 ho spanciato di più in avanti, a 130 e 140 molto meno o per niente però molte ripetizioni sono state peggiori del previsto. L’altro vantaggio: se mi viene un’idea, posso provarla in tempi relativamente rapidi.
- E’ possibile che lo sticking point sia dovuto ad uno sbilanciamento in avanti?
- Perché c’è uno spostamento orizzontale in discesa? E’ “corretto” o da evitare?
- La schiena che fa in queste situazioni?
Quando avrò le idee più chiare cercherò delle cavie per contestare o confutare ciò che affermo. Per adesso mi diverto come un pazzo. Domani esperimento con l’aggiunta della posizione dell’osso sacro L5-S1, se non trovo un modo per fissare sul mio fondoschiena me la incollo con la loctite dato che non posso di certo inchiodarla (sicuro? Forse qualche millimetro non è doloroso…)
Conclusioni… per ora
Ragazzi, ve la ricordate quella pubblicità del noto formaggio con il tizio che dice “è solo un puntino”? Ecco, questo è un puntino, un solo puntino, ma è significativo e si possono dire un sacco di cose.
E, ancora, vi prego di notare (“notare”, quante volte l’avrò detto?) come non abbiamo scritto nessuna tabella o numero, solo osservato le forme.
Prima si osservano le forme, poi si misurano le forme, prima le forme, poi le misure, forme, misure, dai la cera, togli la cera, dai la cera, togli la cera. Solo così è possibile sferrare il colpo mortale del Drago Schizoide e non soccombere al tizio che ci dice che siamo carne morta.
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