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Discussione: VLT Motion Analisys

Visualizzazione Ibrida

  1. #1
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    Bene, adesso ho un po’ di materiale consolidato da cui partire. Per prima cosa, ho capito come ottenere risultati decenti con un impegno ragionevolmente contenuto.
    Una prova di tracking bidimensionale: a sinistra sposto la torcia tenendola sempre “sopra” la striscia di nastro-carta, a destra i punti della traiettoria su Excel. Ci siamo, dai…

    Ok, ho fatto un po’ di misure dell’errore, diciamo ±1 centimetro, notevole quando la torcia è a 5 centimetri dal suolo. L’errore ovviamente si riflette maggiormente sul calcolo delle velocità e ancora di più su quello delle accelerazioni ma il punto è che è generato da una serie di fattori:
    • Il marker abbastanza “grosso”.
    • Il tracking del marker da parte del software.
    • L’errore nella misura dei punti di calibrazione nell’ambiente.
    • L’errore nell’identificazione dei punti di calibrazione nell’immagine.
    • L’errore dovuto allo spostamento del marker fuori dal piano di calibrazione.
    Mi sembra pertanto quasi un miracolo che la traccia sia così precisa, e così stabilisco che… va bene.

    Vi ricordate quando si scaricavano le demo dei giochi con il 56K? Io ci ho tirato giù Quake Arena, una notte intera al telefono a tariffa non flat… oggi ci lamentiamo se 500Mb vengono giù in 20 minuti invece che in 10… Adesso è la stessa cosa: da zero a tutto e dato che non devo mandare per aria un satellite geostazionario, questa roba è perfetta.

    Nel fotogramma a sinistra le frecce identificano i 4 punti che formano il quadrato di calibrazione. Notate che ho usato una scala messa a pedate a piombo con una livella a bolla, la freccia più grande identifica degli elementi di disturbo quali panni sporchi che mi sono scordato di mettere nella cesta per la lavatrice e che mia moglie si incazzerà quando vedrà il blog.
    In questo fotogramma un esempio di spadellamento del software (come si dirà “spadellamento” in inglese… depaning?). La freccia indica i punti dove il tracking della lampadina ha bevuto un po’ troppo facendoli uscire dal quadrato di calibrazione, a destra nella traccia appaiono delle estrapolazioni molto ardite.

    Per quello che ho potuto vedere, per avere risultati in fondo buoni è necessario usare molti punti di calibrazione e fare in modo che contengano completamente gli oggetti da tracciare.

    Well, come dicono gli inglesi: le prove hanno fornito un risultato positivo, adesso vediamo cosa tirarci fuori.


    Un intero allenamento di stacco, bello “peso”, in cui mi sono ripreso per vedere se il tutto era fattibile in pratica.

    Ho messo la cam su una mensola, con la prolunga USB avevo il PC di fronte a me quando ero in piedi prima di iniziare la serie.

    Premere un tasto, eseguire e premerlo nuovamente per fermare la ripresa è assolutamente privo di sforzo “mentale” in queste condizioni, perciò è sicuramente fattibile in qualsiasi condizione di impegno.

    Le strisce di nastrocarta identificano 17 punti di calibrazione, la torcettina a led nastrata sul bilancere bene o male è rimasta sulla linea.

    Dopo mi sono fatto due palle a ottenere le tracce del fottutissimo punto, operazione noiosa e anche un po’ complessa perché il software non fa quello che dico io.


    Infine mi sono scritto un po’ di codice per analizzare tutti questi dati e devo dire che saper programmare Excel è un bel vantaggio dato che sicuramente il software non è così cristallino come se usassi Matlab ma di sicuro poter utilizzare la più potente piattaforma di analisi e reporting del mondo rende molto semplice la creazione di relazioni come di fatto è la presenta.

    Questa parte del progetto è da un lato interessante perché io adoro programmare, ma dall’altro è estremamente noiosa perché costruire programmi che importano dati di testo e li “gestiscono” permettendo di saltare da una tabella all’altra è veramente una lagna: tanto tempo per creare lo strumento, non per usarlo… e poi, regolarmente, nell’uso lo strumento si rivela inadatto. Vabbè… conosco questo film da 30 anni, perciò inutile fare le cose tanto di fino, per poi sbudellarle la settimana dopo.
    6×200Kg di stacco in un assurdo lavoro a carico costante 1-2-3-4-5-6-1-2-3-4-5…2. In alto gli spostamenti (la traccia blu è lo spostamento verticale), in basso le velocità.

    Nuovi dati, nuove info. Per prima cosa. La pausa a terra in una esecuzione di stacco con un carico impegnativo fluida ma non “sfiora-e-riparti” dura circa 0,7 secondi, qualcuno lo sapeva? Serve a qualcosa? E’ un dato in più, forse inutile… ma una nuova informazione. Magari quando mi rapiranno dei terroristi islamici mi chiederanno davanti ad una telecamera “quanto dura la pausa a terra di un infedele?” e se non lo so mi tagliano la testa.

    Poi, nuove domande: manca lo sticking point, perché? Che significa? Che il carico per quanto impegnativo “metabolicamente” non lo è neuralmente? Eppure 200Kg sono l’80% del mio attuale massimale di 250Kg (ok, stimato, ma di sicuro non così distante) e con l’80% del mio massimale di squat lo sticking point si notà già! Oppure il fatto che io sia uno stacchista “veloce” fa si che la comparsa di un evidente rallentamento decreterebbe il fallimento dell’alzata? Oppure che 200Kg sono comunque un carico assolutamente gestibile e “facile” con una scala delle difficoltà non lineare dove 200Kg sono “facili” ma 210Kg sono “difficili”? Vedremo prossimamente, ma comunque il punto è proprio questo: se non sai un ***** qualsiasi teoria è plausibile perché non dimostrabile, ma appena conosci qualcosa, ciò che è certo diventa meno certo…
    Lo spostamento del bilanciere in tutte e sei le ripetizioni, la traccia viola a pallini è relativa alla ripetizione analizzata. A sinistra un tipico esempio di interpretazione errata dei dati: sembra che, a fronte di uno spostamento verticale, sia presente un grande spostamento orizzontale ma ciò è dovuto alle scale non in proporzione, mentre nel grafico a destra lo sono. Ok, siete tutti intelligenti, ma io ci sono cascato come sempre.
    Isolando la ripetizione si nota come il bilanciere una volta staccatosi dal suolo salga rettilineo per poi deviare verso sinistra. Il segmento che esce dal pallino giallo è il vettore della velocità, che punta proprio orizzontalmente a sinistra, ad indicare che in chiusura io “tiro” verso di me il bilanciere ruotando tutto il tronco indietro.

    Anche qui, nuovi elementi da studiare: il bilanciere sale rettilineo fino al passaggio alle ginocchia (non si vede di certo da qui ma visivamente sembra essere così, almeno per le mie esecuzioni), poi la traiettoria diventa obliqua. Il passaggio al ginocchio è il punto di cambiamento del tipo di traiettoria da estensione gambe/estensione anche a estensione anche/estensione gambe.

    Un’altra cosetta da confermare o confutare: chi stacca molto di schiena al passaggio al ginocchio non mostra una lieve infilata e il bilanciere rimane più scostato dalla coscia, chi stacca meno di schiena invece non esibisce questo comportamento. Sarà vero quello che ho scritto? Altre domande!

    Adesso, comunque, mi sento più sicuro su questa roba e spero al più presto di passare dalla fase “esplorativa” di comprensione della tecnologia a quella di utilizzo della stessa.

  2. #2
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    fantastico paolo...come sempre...questo a mia impressione è l'articolo piu tecno che tu abbia mai fatto!!purtroppo ho la 56 k non l'adsl...quindi devo guardare da qualche mio amico tutto l'articolo...ma farai una cosa del genere anche per la panca!??

  3. #3
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    La panca è molto più complicata da analizzare perchè non ho ancora un modello decente di pettorale, tricipite e deltoide. Ma ovviamente, ci sarà. Il progetto è annuale... speriamo che non sia come il libro ah ah ah

  4. #4
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    E' la quarta volta che ricarico la pagina e mi si vedono le immagini a metà o non si vedono affatto, mi sembra che c'era uno affare negli strumenti della discussione per scaricarla in formato doc o pdf, nn lo vedo più!
    Il quadro però di solito è simile a questo:
    - tiro alla morte, riposo 7 giorni (per muscolo) - rialleno lo stesso muscolo ritirando alla morte, riposo 7 giorni ma arranco
    - rialleno lo stesso muscolo ritirando alla morte, riposo 8 giorni - rialleno lo stesso muscolo ritirando alla morte e togliendo alcune serie - scarico perchè mi sento uno straccio. - ritiro alla morte, riposo 8 gg ma arranco peggio di prima - rialleno lo stesso muscolo ritirando alla morte, riposo 9 gg e tolgo altre serie...ma sto sempre peggio. Ragazzi, sono in sovrallenamento. Sbagliato! Lo chiamerei "overreaching da sottoallenamento"...BII

  5. #5
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    Predefinito the vlt motion analisys manifesto

    Ok, ho rifatto il verso a Ian King con il suo “The wave loading manifesto”, ma dato che cercherò da ora in poi di tirare fuori dei risultati, vorrei chiarire con i lettori (rimango sempre perplesso quando uso la parola “lettore”, cioè gente che legge quello che scrivo…) il significato di tutto questo uso di pseudotecnologia.

    Oltre ad un sacco di immeritati apprezzamenti che fanno ovviamente piacere ma comunque non ho mandato uno shuttle oltre Plutone, ho ricevuto sia osservazioni interessanti sia interessanti-ma-con-una-punta-di-saccenza, della serie “questo si sapeva”.

    Rispondo subito alle seconde: ma certo che queste cose sono note! Di punto in bianco un ******** con una webcam da esibizionisti fetish del web scopre quello che laboratori con fior fiore di telecamere e attrezzature non sono riusciti a scoprire?

    Tutto noto, tutto stranoto. Però… però se tutto “questo si sapeva”, come mai porca ***** ******* maiala (ok ok, lo spirito toscano…) queste cose che “si sapevano”… non si leggono mai mai mai mai e poi mai? Perciò, oltre a dire che sono cose note, prego di scriverle, qualche volta.

    Rispondo alle altre osservazioni facendo una premessa. Traduco un pezzo tratto da “Biomechanic in Sports”, pagina 104. Secondo me costituisce “lo spirito della Biomeccanica” e in generale delle Scienze applicate allo Sport.

    “I gesti atletici non possono essere spiegati in termini di biomeccanica, fisiologia controllo motorio, psicologia o ogni altro dei singoli fattori che sono diventati importanti specializzazioni dello sconfinato campo delle Scienze dello Sport. Invece, il gesto deve essere considerato come la sinergia di ognuna di queste componenti, agenti in un dato sport in una data situazione per un dato individuo in un dato istante di tempo.

    (…)

    Perciò, se può sembrare adeguato applicare modelli analitici meccanicistici come i diagrammi di corpo libero per la comprensione di alcuni aspetti della comprensione dei movimenti sportivi, è necessario comprendere ogni implicazione e limite nel contesto del controllo completo mediato dai messaggi bioelettrici che attraversano il sistema muscoloscheletrico e il sistema nervoso.

    (…) affidarsi puramente sui metodi della biomeccanica per analizzare il corpo umano equivale ad analizzare un conterto sinfonico esclusivamente sul suono e gli strumenti musicali coinvolti ignorando il direttore e gli strumentisti.

    Come esempio, è inadeguato testare la velocità e la potenza degli atleti affidandosi esclusivamente su precisissime piattaforme dinamometriche e test in laboratorio con video ad alta velocità o con test speciali sul campo senza esaminare il sottostante processo di controllo motorio. La capacità di generare performance suggerita dai salti verticali, dalle misure pliometriche o dai vari test di agilità sono relativamente senza senso se l’atleta reagisce lentamente o inappropriatamente agli stimoli sensori durante le reali condizioni sportive. Questa è una delle ragioni per cui i cosiddetti esercizi pliometrici o di accorciamento-allungamento possono essere di pochissimo beneficio per ogni atleta.

    Mentre questi esercizi possono migliorare la velocità e la potenza in movimenti semplici, non necessariamente potenziano il tempo di reazione, il tempo di decisione o le capacità di problem-solving in complesse azioni sportive durante una competizione.

    Perciò, un giocatore di baseball che evidenzia un modesto salto verticale ma tempi di decisione superiori può essere molto più performante di colui che ha un notevole salto verticale ma scarsi tempi di reazione e di decisioneo una coordinazione motoria inefficiente.

    In altre parole, test biomeccanici di forza, potenza e velocità presi a se stanti possono suggerire che un atleta è notevolmente portato per uno sport ma nel contesto complessivo che coinvolge i vitali processi di controllo neurale e motorio, può invece risultare seriamente mancante.

    Similarmente, test fisiologici possono indicare un quadro incompleto delle capacità sportive. Per esempio, le biopsie muscolari che rivelano un alto tasso di fibre veloci (FT, tipo Iib) possono indicare che l’atleta è molto portato per attività che richiedono velocità, forza o potenza ma leve svantaggiose, curve di produzione della forza scarse e abilità motorie inefficienti possono portare al fatto che l’atleta è un esecutore mediocre di attività come correre o saltare.

    Perciò, nell’utilizzare i metodi della biomeccanica all’allenamento sportivo, informazioni rilevanti dalle discipline “alleate” sono necessarie per offrire una visione più completa e bilanciata di ogni specifica situazione”

    Perciò, attenti a non farvi fregare: due sensori appiccicati addosso non forniscono necessariamente più info rispetto al non averli e affidarsi esclusivamente a numerini per descrivere cose complicate può essere pericoloso. La tecnologia va inquadrata nel suo complesso nello studio del corpo umano, non settorialmente. Questo è il primo punto, centrale. L’altro è che la tecnologia è d’ausilio all’atleta e non viceversa. Spiego.


    Questo è un classico del Controllo Motorio, riadattato da me. “Allenarsi” per un gesto altetico in pratica è l’esecuzione di movimenti confrontati con un movimento ideale. Spero di poter illustrare con una serie di articoli questo aspetto, che è incredibilmente interessante, ma possiamo già adesso affermare che a pedate sia plausibile, no?

    Provo un esercizio, guardo come lo faccio. Se lo faccio bene, ok, altrimenti correggo. Rallentando questa frase banalissima è possibile notare cose che non sono invece per niente banali. Essenzialmente, operiamo un confronto.
    • E’ necessario sapere cosa osservare.
    • E’ necessario conoscere una tecnica definita “ottima” con cui confrontarsi.
    Se io faccio uno squat sbilanciato in avanti da ammazzarmi ma vengo comunque su, il mio babbo mi dice “bravo” perché ce l’ho fatta. Enrico o Ado invece mi scriverebbero un elenco di almeno 15 warnings, 5 several errors e 2 fatal errors.

  6. #6
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    Il primo passo per migliorarsi è smettere di guardare i video degli altri per iniziare a guardare i propri perché, per coloro che non l’avessero ancora capito, sotto il bilanciere non ci sono gli “altri” ma loro e se guardano i difetti degli “altri” difficilmente correggeranno i loro.

    Però, è necessario guardarsi sapendo cosa guardare. Per il principiante è facile crearsi una mappa mentale di una esecuzione decente: nello squat compattezza senza oscillare, non fare “chiappe su e spalle ferme”, non sparare subito le ginocchia in fuori. Il problema inizia quando le esecuzioni diventano ben fatte ed il miglioramento comincia a basarsi su un controllo motorio sempre più fine. Un bravo allenatore è capace ad osservare particolari insignificanti per i più ma risolutivi se da questi vengono applicate le giuste correzioni.

    Il problema è che il “bravo allenatore” sa cosa guardare ma magari non sa formalizzarlo per altri, non sa scrivere ciò che vede.

    E’ in questo momento che entrano in gioco i nuovi strumenti con la loro capacità di “svelare” meglio i particolari sepolti sotto migliaia di movimenti insignificanti. L’armamentario tecnologico ha un ruolo didattico spaventoso se si usa in quest’ottica: migliorare la comprensione dei movimenti, migliorare le proprie capacità osservative.

    Dopo, via cam, luci, sensori: sappiamo cosa e come osservare nei nostri movimenti e in quelli degli altri. Considero tutto questo grande casino come un vero e proprio processo di apprendimento, viceversa non credo assolutamente che qualsiasi macchinetta possa fornire indicazioni più valide di un occhio esperto.

    Non ho la pretesa di scoprire nulla di nuovo ma, ragazzi, vedere la curva della propria potenza generata in uno squat è ben più istruttivo che leggerla su un libro, vi posso assicurare.


    Queste sono le disastrate condizioni in cui lavoro: niente è gratis ma tutto guadagnato. Ad esempio, il fogliaccio di plastica si è reso necessario per aumentare il contrasto fra sfondo e luce, mi sto attrezzando con lenzuoli neri o carta adesiva scura. Dopo, è facile dire “eh ma non ci hai pensato…”

    No, non ci ho pensato perché chi cacchio le ha mai fatte queste cose qua?
    Se in questo sono sfavorito, mi accorgo che ho un incredibile vantaggio rispetto agli ambienti di ricerca: è vero che il numero di soggetti è pari ad 1, N=1 e varianza nulla, però questo unico fottuto individuo è:
    1. Più forte della media e perciò gli eventuali effetti migliorativi delle supposizioni fatte non sono di certo dovuti al fatto che un “recreational trained subject” può essere uno che ha visto una palestra in foto e pertanto gli basta strisciare su una panca per migliorare.
    2. In grado di dare un feedback totale alle misurazioni fatte e, a meno che non sia schizofrenico, è in grado di eseguire al meglio i movimenti come il ricercatore desidera.
    Sembrano *******te ma vi mostrerò alcuni vantaggi di entrambi questi aspetti.

    Osserviamo lo squat


    Questa è la curva della velocità del bilanciere nello squat, con cui vi ho massacrato i testicoli in innumerevoli articoli. Ho cerchiato un elemento che non ho compreso leggendo i vari studi, mentre degli altri ho trovato spiegazioni plausibili (sempre che le abbia comprese): cosa è quella specie di flessione della curva? Boh…

    Ok, adesso passiamo al mondo reale.


    Ecco una curva della velocità verticale di un mio squat con 150Kg: wow… è identica! Ho segnato per ogni alzata un “giudizio”, del tipo “potente”, “decisa”, “chiavica” e questa è una alzata fatta bene. Però mica sono tutte così belline…


    Questa è più brutta: notate come ci sia proprio una “fossa” nella zona dello sticking point e come la velocità sia molto più bassa inizialmente. Non solo, l’alzata è più lenta della precedente, ben un secondo e mezzo cioè il 50% in più.


    Quale è l’ordine delle alzate? Quale ho fatto prima? Il secondo grafico è la prima alzata, la sesta serie dopo un 2×3x130 e un 2×2x140, il primo grafico è la seconda ripetizione dopo 12 serie di squat. Ma… è un altro argomento.

    Per gli amanti della pratica che detestano i secchioni nerd della teoria, posso assicurare che certe discussioni esistono, e sono roventi, anche fra Fisici Teorici e Fisici Sperimentali: leggere il grafico spiegato in un libro è “teoria”, tutti sono capaci a studiarselo e a memorizzarselo, quando si hanno di fronte serpenti come quelli dei grafici qua sopra, le cose diventano più incasinate.

    Scopo di tutta la trattazione è capire come migliorarsi: provate a dedurre da questi grafici quale alzata sia venuta bene e quale male, cercando di legare il “bene” o il “male” con alcuni parametri quali il peso sul bilanciere o la durata dell’alzata o il rallentamento allo sticking point o quant’altro.
    In teoria, con 170 avrei dovuto eseguire peggio che con 130, ma alla fine l’alzata a 170 è quella con meno rallentamento e tutte le alzate durano circa allo stesso modo.

    Con questi grafici è facile calcolare la potenza e potrei stabilire un criterio che più potenza genero e più l’alzata è buona. Però, come nella premessa, può un numero o anche molti numeri darmi un’idea della “bontà” di quello che faccio e segnalarmi cosa cambiare? Questa è la sfida.

    Approssimiamo

    La prima cosa che fa il Fisico Sperimentale è cercare di creare un modello della realtà, una sua versione semplificata perciò gestibile.

    Scrivo tutto questo perché vorrei cercare di comunicare alcuni messaggi: uno di questi è che un modello descrive un’idea: una connessione logica fra fatti osservati. Sembra complicato, ma tutti ragionano per modelli, tutti semplificano la Realtà per poterla gestire.

    Una idiozia di idea: l’acqua bolle, buttiamo la pasta. Nessuno misura la temperatura dell’acqua, nessuno si preoccupa della temperatura di ebollizione, nessuno pensa: “l’acqua è alla temperatura di ebollizione che coincide con la temperatura corretta per far svolgere le reazioni chimiche di rottura dei ponti amidacei dei fusilli”, basta sapere che se ci sono le bollicine su una pentola sul fuoco la pasta si cuoce. Una notevole semplificazione. Ok, ripetiamo lo stesso giochetto a 5000 metri di altezza, l’acqua bolle a temperatura più bassa e la pasta si cuoce male: non funziona più l’idea che l’acqua bolle ed è possibile buttare la pasta. La semplificazione è errata.

    Ciò significa che qualsiasi idea abbiamo, qualsiasi modello costruiamo di ciò che ci circonda, è necessario conoscerne i limiti per non fare arrosti.
    La mia idea è che le curve delle velocità siano approssimabili con dei segmenti rettilinei, qualcosa del genere:


    Non fatevi spaventare dai simboletti e dai punti: l’idea è che quando faccio uno squat esistano degli istanti di tempo, dei momenti, più significativi di altri in cui accade qualcosa che vedremo.

  7. #7
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    In questo caso gli istanti sono 6: raccattando informazioni di quello che accade in questi 6 istanti di tempo è possibile capirci qualcosa riguardo a tutto un intero movimento. Una semplificazione notevole perché invece di confrontare curve o video mi basta confrontare una manciata di numeri.

    Questo modello di squat semplifica l’osservazione dell’esercizio limitandola a 6 fotografie senza perdere di qualità, qualsiasi sia la durata dell’alzata, il frame rate o la risoluzione del video: nemmeno il più perverso algoritmo di compressione mpeg riuscirebbe nell’impresa!

    Facciamo due prove e vediamo che viene fuori (ho provato anche altre curve, con meno segmenti, e anche con dei polinomi, questa è la migliore, sia “visivamente”, sia con il calcolo dei residui sia con i coefficienti di correlazione e tutte le menate di Statistica che io conosco poco e detesto dato che ci ho preso l’unico 24 della mia carriera di ingegnerino studente)


    Ecco un po’ di risultati: mi sono meravigliato anche io della bontà del risultato e ci sarebbe da perdere un po’ di mesi per capire come mai la velocità sia approssimabile con una funzione lineare a tratti, come se il nostro cervello fosse in grado di gestire e produrre solo accelerazioni costanti a tratti sotto carico. Ma questa è una vera sega mentale industriale, a livello di multinazionale delle seghe mentali industriali.

    Notate come la spezzata approssimi bene la parte concentrica del movimento ma meno bene la parte eccentrica, però la zona di inversione del movimento è correttamente descritta (sovrastima l’accelerazione, ok, m ci siamo, su…). Inserendo un altro punto di “snodo” nella zona eccentrica avrei ottenuto un risultato migliore, ma questo vorrebbe dire che ci sarebbe un punto significativo in più, un modello differente e invece secondo me questo è ok per descrivere una alzata corretta. Se servirà, lo cambierò, è roba mia…


    Perciò, il procedimento è un classico di qualsiasi esperimento e per quanto abbia tagliato via parecchie cose, è formalmente corretto. Se non vi torna, chiedete a Galileo ah ah ah

    Usiamo questa roba

    Ok, adesso che ho fatto due superpalle galattiche a tutti con questi parametri… utilizziamoli, altrimenti a che servono? Il mio approccio è che prima di scrivere dei numeri è necessario osservare le “forme delle cose” perché misurare, cioè “fare” può inizialmente essere fuorviante. Osserviamo le forme: nei grafici seguenti descrivo le velocità semplificate di qualche alzata ponendo i punti significativi sulle relative traiettorie del bilanciere.


    Ecco una buona alzata a 140Kg, con un massimale teorico di 185Kg è un classico 75% 1RM. Notate questi aspetti:
    • La fase di discesa in cui la velocità aumenta rapidamente, quasi a 80cm/sec o 0,8 m/sec per usare le unità di misura corrette, dura un caccolesimo di tempo in cui scendo di circa 10 centimetri: questo è bene o male vero sempre. Ciò significa che la prima parte del movimento è semplicemente un “mollare” il bilanciere per poi iniziare a frenarlo quasi da subito, quando finisce la fase Down (perché ho usato questi nomi? Boh… mi sono venuti così…)
    • Al punto C ho quella strana flessione della velocità che apparentemente non ha effetti sulla traiettoria, vedremo meglio in seguito
    • L’inversione del movimento avviene fra il punto Min e il punto StIn (Sticking Point In). Bang! Una fucilata, come direbbe un mio amico, di una manciata di centesimi di secondo in cui si percorre pochissima traiettoria, come risulta evidente.
    • Poi inizia tutta la regione dello stiking point. Per avere un’idea del posizionamento del punto rispetto alle anche o alle ginocchia StMin (Sticking Point Minimum) è necessario conoscere la posizione delle anche, e dato che non ce l’ho, diciamo che il minimo è poco sopra il parallelo.
    • Lo spostamento orizzontale è di circa 10 centimetri fra discesa e risalita (l’asse orizzontale non è in proporzione con quello verticale per fare apprezzare l’”anello” che si forma)
    Ok, adesso guardate quest’altra, con 160Kg:


    Ecco qualcosa di interessante! La velocità di discesa si appiattisce parecchio e… guardate il punto C, che prima era una lieve flessione come invece rappresenta un punto in cui la velocità si mantiene costante. Sulla traiettoria dal punto C inizia uno spostamento anche in avanti del bilanciere, perciò di tutte le spalle.

    Ma certo! La velocità verticale si stabilizza perché una parte della forza è “dissipato” per spostarsi in avanti perciò deve aumentare la velocità orizzontale! Come non averci pensato! Ecco una delle cose che “si sapevano” ma che però io non ho mai letto.

    Poi rapida inversione, risalita, sticking point. La durata della regione dello sticking point è paragonabile a quella dell’alzata precedente e la sensazione è stata di una alzata “buona”, “aggressiva”, “dinamica” anche se 160Kg sono l’85% del massimale cioè un carico notevole. Notate come in risalita il bilanciere “torni indietro” seguendo abbastanza la stessa traiettoria della discesa.

    Infine, l’ultimo caso che presento: l’alzata peggiore delle quattro fatta a 170Kg, “lenta”, “sofferta”.


    Si nota una prima parte a velocità “piatta” dopo il Down sempre rapido ma una lunghezza dello sticking point di ben un secondo superiore alle precedenti due e un secondo con il bilanciere che si ferma quasi a mezz’aria è assolutamente poco divertente.

    Notate come la traiettoria sia molto spanciata, mi sposto in avanti in discesa come nel caso precedente ma in risalita non percorro la stessa traiettoria, ma tendo a risalitree rettilineo e anche un po’ in avanti.

    Solo per precisare, notate come non dobbiamo farci fuorviare dai parametri e dai numerelli: in questo caso il punto C calcolato dall’algoritmo di minimizzazione del risolutore di Excel (come lo adoro il risolutore… una genialata assurda) sia troppo in basso sulla traiettoria che flette ben prima, pertanto se quest’idea avrà valore è necessario sviluppare un diverso calcolo del punto C (e non G che tanto non esiste per buona pace dei nerd che leggono su Men’s Health gli articoli della serie falla godere). Un’idea è considerare dove inizia la deviazione orizzontale, cioè dove la velocità orizzontale aumenta. Vedremo.

    Il lavoro da fare

    A questo punto le idee sono tantissime:
    • E’ possibile che lo sticking point sia dovuto ad uno sbilanciamento in avanti?
    • Perché c’è uno spostamento orizzontale in discesa? E’ “corretto” o da evitare?
    • La schiena che fa in queste situazioni?
    Un vantaggio di essere soggetto degli esperimenti e “ricercatore”: di sicuro non è il peso che determina queste condizioni, o meglio è anche il peso perché a 170 ho spanciato di più in avanti, a 130 e 140 molto meno o per niente però molte ripetizioni sono state peggiori del previsto. L’altro vantaggio: se mi viene un’idea, posso provarla in tempi relativamente rapidi.

    Quando avrò le idee più chiare cercherò delle cavie per contestare o confutare ciò che affermo. Per adesso mi diverto come un pazzo. Domani esperimento con l’aggiunta della posizione dell’osso sacro L5-S1, se non trovo un modo per fissare sul mio fondoschiena me la incollo con la loctite dato che non posso di certo inchiodarla (sicuro? Forse qualche millimetro non è doloroso…)

    Conclusioni… per ora

    Ragazzi, ve la ricordate quella pubblicità del noto formaggio con il tizio che dice “è solo un puntino”? Ecco, questo è un puntino, un solo puntino, ma è significativo e si possono dire un sacco di cose.

    E, ancora, vi prego di notare (“notare”, quante volte l’avrò detto?) come non abbiamo scritto nessuna tabella o numero, solo osservato le forme.

    Prima si osservano le forme, poi si misurano le forme, prima le forme, poi le misure, forme, misure, dai la cera, togli la cera, dai la cera, togli la cera. Solo così è possibile sferrare il colpo mortale del Drago Schizoide e non soccombere al tizio che ci dice che siamo carne morta.

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da IronPaolo Visualizza Messaggio
    Le strisce di nastrocarta identificano 17 punti di calibrazione, la torcettina a nastrata sul bilancere bene o male è rimasta sulla linea.

    Dopo mi sono fatto due palle a ottenere le tracce del fottutissimo punto, operazione noiosa e anche un po’ complessa perché il software non fa quello che dico io.


    Infine mi sono scritto un po’ di codice per analizzare tutti questi dati e devo dire che saper programmare Excel è un bel vantaggio dato che sicuramente il software non è così cristallino come se usassi Matlab ma di sicuro poter utilizzare la più potente piattaforma di analisi e reporting del mondo rende molto semplice la creazione di relazioni come di fatto è la presenta.

    Questa parte del progetto è da un lato interessante perché io adoro programmare, ma dall’altro è estremamente noiosa perché costruire programmi che importano dati di testo e li “gestiscono” permettendo di saltare da una tabella all’altra è veramente una lagna: tanto tempo per creare lo strumento, non per usarlo… e poi, regolarmente, nell’uso lo strumento si rivela inadatto. Vabbè… conosco questo film da 30 anni, perciò inutile fare le cose tanto di fino, per poi sbudellarle la settimana dopo.6×200Kg di stacco in un assurdo lavoro a carico costante 1-2-3-4-5-6-1-2-3-4-5…2. In alto gli spostamenti (la traccia blu è lo spostamento verticale), in basso le velocità
    OMG! E 'un lungo lungo post lungo. Sarà sicuramente prendere la mia notte piena di leggere. Ma informativo!
    Ultima modifica di KaylaKiker; 01-08-2013 alle 03:51 PM

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