Questo è il racconto “interno”, ecco quello “esterno”. Ok, non è chiarissimo, ma quello che si vede è che il picco di velocità prima dello sticking point prima aumenta e si sposta verso sinistra, cioè la ripetizione è più rapida, poi mantiene la stessa altezza e si sposta a destra, cioè stessa velocità prima dello sticking point ma raggiunta in più tempo, poi crolla di brutto.

Analogamente la velocità minima allo sticking point.
Sarebbe interessante mettere in piedi una ricerca non con un campione marcio come posso essere io, ma con 10-15 atleti di vario livello: correlare la sensazione di “perdita di velocità” o di “lentezza” con la sua quantificazione, in modo da inventarsi un criterio per dire “basta così per oggi”.

Tanto per dire, avrei potuto scalare il peso a 120 e proseguire: mi sarebbe servito? Si, no… ammettiamo che io mostri che la velocità a 120Kg fosse identica a quella a 150Kg, cioè “lenta” per 120Kg, allenarsi con questi Kg avrebbe senso? Non ho le risposte a queste domande!

Ok, questa è una fase del progetto. L’altra è la creazione di un modello biomeccanico fatto in casa che abbia il grado di complessità per poter spiegare movimenti complessi ma che non sia così incasinato da essere ingestibile. Io voglio un modello che faccia stacco da terra, non che si deformi in un crash test o che simuli una artroscopia totale.

Pur essendo quello che tecnicamente si chiama “dito in culo” o, all’americana “pain in the ass”, me lo sto costruendo da solo perché vale sempre il detto “chi fa da se fa per tre”.


Solitamente cerco di far capire che i conti non sono poi così difficili, che la matematica è un linguaggio che va appreso. Però questo… è difficile. O, almeno, lo è per me. E’ sempre trigonometria, però è nello spazio e servono le matrici di rotazione che odio visceralmente, l’algebra si moltiplica.

E’ incredibile come il corpo umano sia così complicato che anche a semplificarlo vengono fuori dei modelli casinosissimi.


Questa è la mia rappresentazione semplificata del ginocchio, ma anche così il modello è complesso. Però posso capire tante cose che trovo sparse e senza legami nel materiale che trovo e che riguarda argomenti del tutto separati fra loro.

Sui testi si legge che lo screw home mechanism assicura stabilità al ginocchio, idem per la presenza di un asse transcondilare ruotato rispetto all’asse principale del grande trocantere. Ok, ma… perché?

Io affermo (e cercherò di dimostrare o di confutare) che se non esistessero uno screw home mechanism o un asse transcondilare ruotato rispetto a quello del trocantere… semplicemente il ginocchio si frantumerebbe in un movimento come è lo stacco sumo, perché il femore ruoterebbe sopra la tibia triturando i crociati e strappando i legamenti collaterali.

La stabilità del ginocchio non è cioè data solo dalla presenza di muscoli e legamenti che lo compattano, ma anche da accorgimenti meccanici che permettono configurazioni geometriche tali da non farlo spaccare. Però, è tutto da (di)mostrare oppure da buttare nel cesso. Comunque sia, avrò imparato qualcosa.

Proprio perché questi argomenti sono interessanti per due persone al mondo, ho pensato di avvertirvi con una diversa simbologia: falegnameria mentale, a livello prosumer (professional consumer, come si legge su PC professionale) e non artigianale.


Attenzione, la falegnameria mentale esiste anche a livelli industriali. Vi avvertirò a tempo debito.