
Originariamente Scritto da
Tonymusante
e perchè dovresti essere arrogante? Io non sono mica Dobrev

chiariamo subito un punto onde evitare qualunquismi.
Il campione che si dopa per raggiungere certe prestazioni è - a mio modo di vedere e, spero, pure al vostro - condannabile moralmente ed esecrabile sotto diversi aspetti umani ma, atleticamente, piaccia o non piaccia, resta un fenomeno.
Se un qualunque ragazzotto o utente di palestra assume steroidi e similari (e, purtroppo, ce ne sono tanti) senza avere una base genetica predisposta ad una determinata attività sportiva nè la testa e le doti caratteriali per emergere in un certo sport, rimarrà quello che è, fondamentalmente un poveraccio: primo perchè ha imbrogliato gli altri e se stesso, secondo perchè lo ha fatto senza che neanche il fine (per quanto condannabile) giustificasse il mezzo; avrà qualche centimetro di braccio in più, farà il fichetto al mare per qualche estate finchè gli dice bene, avrà un po' di ritensione idrica e, molto probabilmente, solleverà pure di più in palestra suscitando l'ammirazione di qualche sprovveduto, ma....finisce qui. Non diventa Belajev, Katzmaier, Siders per restare nel PL ma neanche Arnold, Coleman e compagnia BB; anzi, con ogni probabilità, non vince neanche un regionale.
Chi invece solleva 400 chili di stacco o squat oppure 300 di panca grazie al doping, anche qualora fosse stato natural non avrebbe alzato solo 120 di panca e 180 di squat...non so se mi spiego.
Il campione è un soggetto con caratteristiche particolari specifiche per lo sport in cui eccelle, è sopra la media, è ben predisposto all'attività atletica, ha le fibre ad hoc, una genetica d'eccellenza, insomma il papà e la mamma lo hanno rifornito dei cromosomi giusti: il problema è che non è proprio l'unico e non si accontenta nè, spesso, si accontentano le varie realtà che gli sono alle spalle e lo supportano.
I primi 10 del mondo in uno sport forse lo sarebbero lo stesso anche se non esistesse il doping: magari la graduatoria non sarebbe prioprio quella, forse si inserirebbe il quindicesimo o il ventesimo, sicuramente tutte le prestazioni sarebbero livellate - e di gran lunga - verso il basso.
Allora inizia la corsa al "di più a qualunque costo" all' andare oltre perchè "tutto sommato che male c'è" o perchè "la posta in palio è troppo alta" o perchè "lo faccio ancora per 4 anni e poi smetto" o anche perchè "mi hanno detto che o ci sto oppure mi tagliano fuori" o infine perchè "lo fanno tutti, non mi va di farmi scavalcare da gente che starebbe dietro di me".
Questa è la spirale senza via d'uscita che si innesca, alimentata da interessi, denaro, contratti nei casi degli sport maggiori, o soltanto brama di emergere, riscatto sociale, eccitazione e soddisfazione immediata negli sport d'elite o in quelli dei poveri. Aggiungi una società dove le barriere ed i limiti morali e di gusto vengono ogni giorno abbattuti, aggirati, derisi, non considerati, ed hai il quadro approssimato di una situazione sportiva dove alligna e dilaga questa piaga sociale.
Il campione "non natural" è consapevole di essersi aiutato ma è convinto di aver utilizzato le stesse armi del suo avversario e, pertanto, è indulgente con se stesso e si autoassolve.
Le leggi servono ma relativamente; dovrebbero essere gli istruttori, gli educatori e tutti quelli che operano nello sport a formare i giovani e gli atleti, quando è ancora possibile intervenire, secondo determinati principi in sintonia, ovviamente, con quelli che dovrebbero essere gli insegnamenti e gli esempi pratici da raccogliere in famiglia.
Le cose, però, sappiamo tutti come vanno. Sono comunque contento della sensibilità che manifesti su questo argomento e la pacatezza con la quale è stato possibile affrontarlo. Sarei già soddisfatto se questo breve dialogo costituisse un minuscolo contributo - anche nei confronti di una sola persona - alla ben più grande causa dello sport pulito.
Un saluto pesante.
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