Citazione Originariamente Scritto da °°sOmOja°° Visualizza Messaggio
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l'idea che il miglior modo per perfezionare un'abilità sia la ripetizione del gesto specifico è considerata da tutti quasi un dogma (con le dovute varianti).
la logica quindi vuole che se per imparare a guidare il modo + facile e rapido sia quello di guidare tanto e spesso, per apprendere l'utilizzo delle fasce da squat (o altre parti di attrezzatura) è quasi doveroso abituarsi ad utilizzarle quanto più possibile.

l'unico problema (se vogliamo escludere la sopportazione del dolore) è legato all'anatomia del ginocchio, che, come giustamente mi faceva notare Eraser durante la nostra chiacchierata, non prevede la presenza di ulteriori forze compressive sulla rotula e soprattutto non prevede forze lateralizzanti (o medializzanti).

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ma leggendo sui forum e origliando durante le gare ho scoperto che le squadre con gli squattatori più longevi sono quelle che usano meno le fasce.
ad esempio gli atleti di Franco Sala utilizzano solo sporadicamente l'attrezzatura, basando l'intera programmazione sulla ripetizione di gesti atletici raw (con non poche critiche da parte di altri preparatori\atleti)
anche Giorgio Agostinoni (se non sbaglio 270kg di squat @ - 82kg e 50 anni di età) si allena prevalentemente raw

qual'è quindi il giusto compromesso tra risultati immediati e progettualità sul lungo periodo?
naturalmente io non ho i mezzi per rispondere adesso ma leggo moltissimi diari di neo-powerlifters che sulla scia dell'entusiasmo decidono di stra-usare l'attrezzatura competitiva (come ho fatto anch'io finora in alcuni periodi) e mi sembra quantomeno doveroso instillare in loro (e nei rispettivi preparatori) un minimo di dubbio.

ciao Claudio,
come ben sai non ho la preparazione medica per poterti dare una risposta specifica, che sia per giunta attinente ed esauriente, al problema da te sollevato.
Questo a maggior ragione per il fatto che trattasi di una patologia che non ho finora riscontrato in misura evidente negli atleti da me allenati; per cui alla mancanza di conoscenze professionali nella materia si aggiunge la scarsa esperienza pratica maturata...sulla pelle mia e degli altri.
Tuttavia, tralasciando l'aspetto clinico a chi meglio di me può senz'altro trattarlo, un paio di considerazioni più strettamente legate alla preparazione tecnico atletica le posso svolgere, proprio sulla base degli aspetti da te sollevati e riportati in "quote".

Sicuramente la strada ottimale per apprendere un gesto è quello di eseguirlo secondo le modalità previste dal suo campo di applicazione. Pertanto, se il contesto agonistico in ambito di powerlifting è geared, dobbiamo esserne consapevoli anche nella stesura dei programmi ed allenarci ad avere sempre più feeling con l'attrezzatura ed essere, di conseguenza, più performanti.
Tuttavia non dobbiamo dimenticarci che se la massima espressione tecnica di un atleta agonista avanzato è evidentemente nella capacità di eseguire il gesto atletico sfruttando al meglio l'attrezzatura da competizione, è altrettanto vero che la massima espressione di forza atletica si ottiene con l'alzata raw, ovvero in assenza di qualunque tipologia di attrezzatura volta in misura prevalente all'eccellenza della prestazione rispetto alla protezione della persona, come possono essere considerate le ultime generazioni di corpetti, maglie e fasce rispetto - al contrario - a cinte, polsini e pure eventuali ginocchiere o bende elastiche di vecchia fabbricazione.
A mio avviso, qualunque marcato sbilanciamento nella distribuzione del numero di sessioni allenanti a favore del raw o del geared, oltre a inficiare il raggiungimento del top nelle rispettive qualità o abilità legate al protocollo trascurato (qualità di forza per l'unequipped e abilità tecnica per l'equipped), rischia a lungo andare di creare degli squilibri, che facilitano l'insorgenza di punti deboli, lacune o - in certi casi - infortuni, strettamente correlati alla strada intrapresa con insistenza ben maggiore rispetto all'altra.
In altri ternmini, gli infortuni da eccesso di attività raw esistono come quelli da eccesso di attività geared, solo che sono diversi tra loro nelle localizzazioni e nelle caratteristiche proprie ma, purtroppo, entrambi penalizzanti e da evitare o ritardare nel limite delle possibilità concesse ad un'attività comunque rischiosa ed usurante, quale in tutta evidenza è lo sport agonistico.
Credo che l'ideale - aldilà di trovate pubblicitarie e commerciali o obiettivi spettacolari da un lato, come pure di simboli puristi ed eminentemente pratici dall'altro - sia sempre la giusta misura degli ingredienti e la distribuzione adeguata degli stessi nella preparazione di un atleta agonista, sia esso d'elite oppure no purchè agonista e dilettante.
Poichè non sempre questo è possibile, per svariate ragioni alcune volontarie altre imponderabili ed altre ancora determinate dallo sviluppo delle norme regolamentari e delle politiche federali connesse all'attività del paese e dell'epoca in cui ci si trova a vivere e ad allenarsi, occorre spesso far di necessità virtù e ricercare la soluzione più consona, quand'anche non fosse l'ottimale.

Per quanto concerne infine l'aspetto più particolare della fasciatura dello squat, posso dirti la mia esperienza.
Credo che le fasce possano rappresentare persino un deterente all'infortunio, qualora se ne faccia un utilizzo moderato nella scelta delle sedute e delle alzate in cui usarle nonchè equilbrato nelle tipologie di fasciatura e sui soggetti che ne sono i destinatari.
Personalmente cerco di utilizzarle molto spesso nelle alzate massimali e sub massimali equipped ma limitando il numero di queste ultime e prediligendo un tipo di fasciatura morbida, non tanto nella scarsa compressione (poichè difatto tiro molto la fascia nelle prove gara e in pedana), quanto nella modalità di avvolgimento lineare (come del resto avrai osservato recentemente in gara).
Sono perfettamente consapevole che, in certi casi, una fasciatura del genere possa garantire qualche chilo in meno a livello di resa ma ritengo sia meno invasiva per la longevità dell'atleta e, soprattutto, preferisco che quest'ultimo guadagni progressivamente e più lentamente i suoi chili attraverso un naturale progredire del lavoro allenante e dell'apprendimento tecnico, anzichè in virtu' di un'illusoria miglioria contestuale ad una misura inferiore di taglia o ad una compressione poco salubre che, presto o tardi, troverebbero inevitabili limiti legati allo stesso peso ponderale e alla morfologia dell'atleta.
Certamente vi sono poi casi di particolari stazze e somatotipi in certe categorie limite e di taluni squat di alto livello che implicherebbero, in qualche circostanza di contest e di preparazione ai medesimi, di regolarsi in maniera diversa pure con riferimento al discorso appena affrontato ed in deroga allo stesso.
Mi è capitato in qualche raro caso di essere direttamente coinvolto come tecnico in fattispecie del genere ma, all'attualità, non ho (ancora?) atleti squattisti che giustifichino le dovute e proporzionate eccezioni alla regola.

Un saluto a tutti.