Ecco un titolo che farà impennare le statistiche di accesso, lettura, download, cliccaggi di qualsiasi server che ospiterà questo strano articolo: il cervello del palestrato medio ha uno scanner linguistico che nemmeno l’Echelon della CIA è così selettivo e veloce! “Braccia” e “grosse” sono due parole che accendono una luce nella Matrice, un faro che guida o, se volete, una nenia ipnotica come quella del Pifferaio Magico.
In tutto questo tempo non ho mai parlato dell’articolazione del gomito e dei muscoli che la muovono: il gomito di fatto non è interessante per i pesi dato che è una articolazione definita non weight-bearing, non adatta a sostenere carichi. Siamo noi, nelle nostre follie collettive, che la comprimiamo o la tendiamo con centinaia di Kg ma in realtà il gomito è progettato per fare da supporto alla mano per farci prendere e manipolare oggetti.
Questo non vuole essere un articolo sull’anatomia funzionale del gomito, ma solo due righe per dare la percezione della complessità di questa articolazione, del sincronismo fra i suoi “pezzi” necessario per farla funzionare che si mantiene anche quando la sottoponiamo a sforzi terribili.
Non verrà trattata minimamente l’articolazione del polso e quelle della mano, immensamente complesse e delicate ma che, fortunatamente, non hanno un ruolo attivo quando facciamo i pesi. Ciò che ci interessa è tenere i pesi in mano perché possano fare il loro lavoro sul resto del corpo, suvvia, e infiammazioni, traumi, problemi, trucchi e dritte non riguardano di certo la mano. E’ paradossale ma un programmatore che passa 10 ore al PC deve conoscere più anatomia della mano di un bruto che solleva bilancieri.
Attenzione però a non fare confusione: nel power-bodybuilding la presa è fondamentale ma le dita e la mano vengono utilizzate sempre e solo in un modo, mentre chi fa arti marziali, crossfit, allenamenti funzionali o un semplice tyre flip deve preservare i muscoli che fanno muovere le dita perché in queste attività è possibile creare i presupposti per delle belle tendiniti dato che la mano ha un ruolo attivo nella velocità e nella forza della presa che deve avvenire in condizioni estremamente più varie rispetto ad uno stacco da terra.
Come è fatto il gomito
Nel disegno un’idea approssimata di ciò di cui parleremo: il gomito permette la rotazione di radio e ulna intorno all’omero, cioè la flesso-estensione dell’avambraccio sul braccio. Tutti noi sappiamo, basta toccarle, che l’avambraccio è composto da due ossa, ma come regoletta pratica dovete ricordare che il radio è l’osso dal lato del pollice, l’ulna è invece quello dalla parte del mignolo.
Il complesso radio-ulna si articola sull’omero grazie al gomito tramite una serie di punti di contatto fra loro complementari: il disegno non rende giustizia, ma la testa dell’ulna è formata da una serie di superfici concave e convesse che ruotano scorrendo sopra le controparti dell’omero, analogamente il radio e tutti i “pezzi” di questa, come sempre, incredibile struttura.
Ai lati dell’omero è possibile notare i due epicondili, che costituiscono i punti di aggancio di muscoli e legamenti e sono a noi noti per le infiammazioni tipiche di chi fa i pesi: quando fa male il “nocciolino” interno al gomito ci siamo beccati una bella epicondilite dolorosa e fastidiosa.
Un modo veramente intelligente di distruggersi i gomiti è fare la garetta di braccio di ferro fra amici, magari perché c’è la tipa su cui volete fare colpo, nevvero? Il tizio del Grande Fratello si è disintegrato l’omero con una bella frattura a spirale, ma in letteratura esistono anche delle fratture degli epicondili mediali a causa della pressione del gomito sulla superficie del piano su cui date sfogo alle vostre testosteroniche energie. Non sono molti i casi perché, probabilmente, non piace fare le figure di ***** al pronto soccorso…
Avvicinando il braccio all’avambraccio e facendo entrare a contatto le estremità abbiamo creato un bel gomito. A sinistra le tre articolazioni che si vengono a formare:
A destra in alto i dettagli del gomito nel caso di un avambraccio a mano supinata, cioè con il palmo verso l’alto. In basso invece una rappresentazione del gomito con delle costruzioni virtuali, un modo che utilizzo per schematizzare i dettagli che mi interessano:
- L’articolazione omeroulnare che permette la rotazione dell’ulna intorno all’omero.
- L’articolazione omeroradiale che permette la rotazione del radio intorno all’omero.
- L’articolazione radioulnare che permette, come vedremo, la rotazione del polso.
Notate come la troclea e il processo coronoideo siano complementari in modo che, quando l’ulna ruota intorno al gomito il processo coronoideo “scorra” sulla troclea. Analogamente, la testa del radio ruota sul capitello. Entrambe queste superfici sono ricoperte da cartilagine che rende l’attrito minimo.
Il gomito è avvolto e tenuto insieme da una fittissima rete di legamenti, che non analizzeremo: se poteste sezionare un gomito notereste come i legamenti costituiscano una capsula fibrosa che avvolge tutte le tre articolazioni creando una struttura di contenimento passiva estremamente robusta, tanto che l’articolazione è stabile anche senza il supporto muscolare. I pezzi del gomito rimangono insieme a differenza della scapola che non ha legamenti che la tengono appiccicata al torace o della spina dove i legamenti tengono vicine le vertebre ma non possono mantenere la forma dell’intera struttura.
Nei disegni una estensione del gomito. Adesso attenti a non fare casino: per avere i disegni simili la rotazione è sempre antioraria, ciò significa che in alto ho disegnato un gomito destro a mano supina visto dall’interno, medialmente, in basso un gomito sinistro a mano supina visto dall’esterno, lateralmente.
Sembrano scioglilingua, ma vi prego di prendere un po’ la mano con questo linguaggio, non tanto per leggere questa roba quanto nel caso vi interessaste autonomamente: se scambiate destra con sinistra o non avete idea di come sia piazzata la mano potreste capire esattamente il contrario di cosa state leggendo.
Notate come la rotazione del gomito sia possibile grazie alla congruenza delle forme articolari, cioè al fatto che le superfici di contatto siano complementari e se sull’omero la troclea è concava, sull’ulna è convessa e viceversa.
La testa del radio è una specie di cilindro che è sempre a contatto con la superficie cilindrica del capitello, perciò la superficie di contatto è inferiore a quella fra omero e ulna: è infatti l’ulna che ha il principale compito di sorreggere i carichi tenuti dalla mano, mentre come vedremo è il radio che ha il compito di farla ruotare.
Mentre l’avambraccio ruota sul braccio l’olecrano, la punta ossea del gomito che tutti possiamo sentire penetra nella cavità olecranica fino a che il contatto non è completo: a questo punto il gomito non può più ruotare indietro e la cavità olecranica costituisce di fatto la “battuta d’arresto” dell’ulna. Chi può iperestendere l’avambraccio o ha un olecrano più piccolo della media o una cavità olecranica più profonda della media.
Quando il gomito è alla massima estensione sotto carico, ad esempio nelle posizioni iniziali e finali di panca e parallele, il carico che grava sulla mano è sostenuto dalla troclea, dal capitello e dall’olecrano: la posizione è così mantenuta senza un contributo determinante dei muscoli e sono le cartilagini e il materiale osseo che si fanno carico di assorbire le forze.
A mano in giù, a mano in su
Nei disegni una mano nelle sue tre posizioni di base: neutra quando è praticamente perpendicolare di taglio al terreno, supina quando il palmo è verso l’alto, prona quando il palmo è verso il basso.
Il gomito permette, come vedremo, la rotazione del polso e la pronazione e supinazione della mano per permetterci i compiti più disparati. La mano supina può pronare e la mano prona può supinare.
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