4) Principio della consapevolezza



La consapevolezza del lavoro da svolgere e della preparazione programmata si raggiunge ponendo in essere tutti i mezzi ed orientando l’attività di allenamento in maniera tale che l’atleta si renda appunto consapevole delle proprie abilità e capacità, le assimili compiutamente e sia perfettamente a conoscenza di quali siano gli scopi dell’azione intrapresa, così da poterla svolgere con un livello di autonomia man mano più elevato ed essere in grado, nel corso delle competizioni, di prendere le decisioni migliori nei tempi dovuti.


Il principio della consapevolezza del carico di lavoro parte dal presupposto che l’iniziativa creatrice e l’autonomia dell’atleta costituiscono gli elementi indispensabili per una formazione ottimale del processo di allenamento e per il perseguimento di elevate prestazioni, le quali possono ottenersi solo se gli atleti conoscono la sostanza dei fenomeni e dei processi che essi stessi sono chiamati a portare avanti.


Il concetto del lavoro di formazione ed educazione dell’atleta ha le sue radici nella conoscenza razionale resa possibile in virtù del pensiero umano e postula che “ quanto più profonda e vasta è la conoscenza, tanto più efficace sarà l’azione pratica che ne deriva”.


Se ne deduce che la condizione essenziale per la realizzazione del principio in questione sia l’unità del ruolo guida dell’allenatore insieme alla consapevole, costruttiva collaborazione nonché all’attività responsabile dell’atleta.
Il ruolo di guida dell’allenatore consiste soprattutto nell’organizzare il processo di allenamento e l’attività dei propri atleti in modo che essi possano sviluppare le loro personalità ed individualità. Svolgerà pertanto una particolare attenzione alla crescita della formazione intellettuale e culturale specifica, inducendo allo studio della letteratura sportiva e scientifica del settore.
E’ importante che gli atleti si rendano conto del proprio ruolo che talvolta è pubblico, della rilevanza sociale dei loro comportamenti ed atteggiamenti (in particolare ad alti livelli ma anche come esempio nei più giovani o in chi li circonda – n.d.r.), siano edotti sulle leggi generali che regolano il funzionamento della macchina umana e lo sviluppo della prestazione sportiva, conoscano precise norme igieniche e comportamentali, come pure abbiano solide motivazioni individuali e di gruppo.


D’altro canto, la consapevole e costruttiva collaborazione e l’attività responsabile dell’atleta - cui si è fatto cenno sopra – sono stimolate dalle richieste del coach, della squadra o società e del contorno oltre che dai precisi compiti per la cui soluzione sono necessari un’adeguata capacità di riflessione, l’intensità degli impulsi ed il senso di responsabilità e di appartenenza. Così il coach promuove anche l’interesse dell’atleta all’attività agonistica e la sua compartecipazione intima all’allenamento ed alle gare.
L’aspetto motivazionale è essenziale per lo sviluppo dell’autonomia creatrice, a sua volta basilare in molte discipline e comunque è un punto fermo per la solidità e costanza dell’atleta nel seguire con tenacia nel tempo un programma di preparazione.
Ecco perché è importante che, fin dall’adolescenza, si costruiscano le fondamenta di motivazioni personali e sociali che poi crescano verso forme ancor più strutturate e compiute.
Stubner sostiene come siano indissolubili la collaborazione creatrice e partecipativa dell’atleta con lo sviluppo della propria consapevolezza, in quanto trovano la loro espressione proprio nella stabilità psichica e nella formazione teorica e intellettuale dell’atleta quali indici di una personalità ricca ed evoluta.



Queste le regole che Harre e c. individuano e suggeriscono per la costruzione pratica del processo di allenamento, seguendo il principio della consapevolezza:


a) la comune elaborazione tra allenatore ed atleta di quelli che sono fissati come obiettivi della prestazione.
L’atleta deve esser quindi consapevole di ciò che è in grado di ottenere ma pure di quanto gli è richiesto, sia per gli obiettivi in prospettiva (a lungo termine) come per quelli più ravvicinati;

b) la partecipazione degli atleti alla programmazione e valorizzazione dell’allenamento.
Per rendere partecipe un atleta al programma da stilare occorre educarlo prima all’auto valutazione, quindi a saper valutare ed esprimere coscienziosamente il proprio pensiero, la propria disposizione a quanto previsto, alla convinzione dei propri mezzi come alla consapevolezza di limiti e riserve.
Tutto ciò deve riferirsi a:
- valutazione dei responsi dell’allenamento,
- valutazione dei risultati di gara,
- comportamento nei confronti del gruppo e delle assegnazioni di allenamento,
- obiettivi che si intendono perseguire con la prospettiva finale;
Il diario di allenamento, che l’atleta dovrebbe tenere sempre aggiornato, è un importante ausilio per le esigenze di cui sopra.

c) l’esecuzione di regolari controlli sulla prestazione.
Essi si rivelano importanti per la consapevolezza dello stato di allenamento e delle singole componenti dello stesso nonché per partecipare alle soddisfazioni dei livelli conseguiti con l’applicazione e l’allenamento;

d) l’educazione all’autocontrollo.
È un’esigenza particolarmente rilevante nell’addestramento tecnico tattico e necessita dunque che l’atleta conosca la struttura del gesto motorio richiesto e le leggi biomeccaniche che lo regolano. Deve inoltre mostrare ottime capacità di analisi nella ricerca dei difetti e delle possibilità della loro eliminazione;

e) le prescrizioni domestiche.
Con tale allocuzione (un po’ antiquata - n.d.r.) gli autori non si riferiscono come potrebbe sembrare a norme igieniche e di regolamentazione nella vita di tutti i giorni ma sottendono le simulazioni che aiutino la preparazione tecnico sportiva, alcuni esercizi ginnici o di stretching per il riscaldamento, il recupero o la prevenzione dagli infortuni, lo studio di letteratura specializzata, l’osservazione attenta negli allenamenti dei compagni, l’ampliamento generale delle conoscenze.