Tutti conoscono le diverse varianti di alzate con busto piegato a 90°, rivolte all'isolamento della sezione posteriore del deltoide. Generalmente però, per qualche oscuro motivo, nelle palestre non viene data altrettanta importanza all'allenamento dell'intera zona posteriore di spalle e dorso, che comprende una serie di altri muscoli sinergicamente funzionali.
Sicuramente, per gli agonisti della pesistica o del PL nonchè per gli atleti di forza in genere, questa fascia viene sufficientemente allenata con gli stacchi da terra ed il rematore mentre, per l'utenza comune, si preferisce sfruttare alcune macchine tutto sommato discrete, quali la "low row" (ottima quella della Hammer Strength) o la "vertical rowing" ad impugnatura alta orizzontale.
Tuttavia, vorrei soffermarmi su di un esercizio poco noto e sfruttato che può, a mio parere, raggiungere in isolamento alcuni muscoli della parte alta del back, con proficua ripercussione su gli equilibri di postura e sull'allenamento tanto della capacità di trazione quanto dei muscoli antagonisti negli esercizi di distensione.
Mi riferisco all'abduzione posteriore delle braccia con bilanciere, altrimenti dette "slanci dietro" (o, meno pregevolmente, "spinte dietro").
Per eseguire questo movimento l'atleta si posiziona in piedi dando le spalle ad un rack (tipo quello della panca "Scott" o la rastrelliera bassa dei bicipiti o la stessa gabbia), dove è stato precedentemente caricato un bilanciere situato, all'incirca, all'altezza dei glutei dell'atleta (o poco al di sotto). L'atleta impugna il bilanciere con le mani pronate, cioè con il dorso delle stesse rivolto in avanti, e le braccia distese lungo i fianchi ad una larghezza appena maggiore di quella delle spalle.
Staccato il bilanciere dagli appoggi, l'atleta dovrebbe trovarsi in una posizione eretta, leggermente piegato sulle ginocchia, con il bilanciere posto posteriormente ad un altezza corrispondente alla parte bassa dei glutei, in una posizione che ricorda vagamente quella di partenza dell'esercizio dell' Haeck Squat.
A questo punto, facendo attenzione a non elevare le scapole, l'atleta spinge con forza il bilanciere indietro ed in alto, senza flettere gli avambracci (come invece nella più sfruttata tirata dietro), tracciando l'inizio di un arco che sarà, fatalmente, molto breve data la posizione di leva decisamente svantaggiosa.
L'azione meccanica principale è la retroposizione del braccio, mentre gli impegni muscolari prevalenti risulteranno a carico non solo del deltoide acromiale ma anche del romboide, del sottospinato e del piccolo e grande rotondo mentre, a livello sinergico, interveranno comunque trapezio (zona posteriore) e gran dorsale.
L'esercizio non consente ovviamente di spostare alti carichi, in quanto resta pur sempre un esercizio di isolamento, tuttavia colpisce una fascia posteriore delle spalle molto più vasta di quanto non avvenga con le più celebri alzate a 90° e con minor rischio di tendiniti, poichè il braccio non si allontana eccessivamente dal baricentro del corpo situato nel busto; analogo rischio inferiore di infortuni pùò essere considerato anche rispetto alla citata "tirata dietro" nella quale, in virtù del richiamo in alto del braccio, si verifica una retroposizione forzata della cuffia dei rotatori, assente viceversa nell'esercizio di abduzione delle braccia ora in esame.
Tanti anni fa vidi eseguire questo esercizio nella prima palestra da me frequentata - la famigerata Budokan di Roma - da Franco Mormile, italiano figlio di emigrati in Australia. Mormile, uomo dal fisico poco elegante ma di grande forza, disputò anche diverse gare con l' allora giovane FIPL e poi, tornato in Australia, continuò con il powerlifting arrivando - già molti anni fa - a staccare 350 kg........ senza corpetto.
Col tempo, come sono solito fare, sperimentai su di me la biomeccanica dell'esercizio e mi accorsi di una particolarità: se mantenevo il trapezio in tensione, come avevo visto fare a Mormile, l'esercizio si concentrava sulla zona posteriore delle spalle, come da accademia insomma.
Se invece abbassavo le spalle sforzandomi di tenere rilasciato il trapezio, andavo anche a contrarre il capo più interno del tricipite, quello più difficile da isolare con gli esercizi ad hoc.
In seguito, dopo essere stato io la cavia

, ho adottato entrambe le varianti nelle routines di potenziamento off season dei malcapitati che allenavo: applicando l'una o l'altra modalità esecutiva dell'esercizio a seconda che il ragazzo/a fosse più interessato a svolgerlo come propedeutico all'adduzione scapolare nella bench press ( variante scapole in basso e tricipite coinvolto, per il panchista) o fosse invece interessato a prevederlo nell'ambito di un programma di potenziamento per il dorso o, specificamente, per gare di trazione (prima variante esaminata).
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