Oggi è previsto uno dei tanti gran premi: il pilota arriva al paddock, controlla la propria vettura, si informa con i meccanici sulla taratura delle sospensioni, sull’incidenza degli spoiler, sui rapporti del cambio, sulle gomme…
Indossa la tuta ed il casco, si siede al volante, allaccia le cinture, un respiro più profondo degli altri e via…
La gara sarà lunga e difficile, il circuito è impegnativo: una lunga e tortuosa parte mista che mette a dura prova telaio, assetto e freni, si alterna a lunghi rettilinei dove la vettura dovrà far valere tutta la propria potenza.
Difficile trovare il giusto compromesso tra scorrevolezza e tenuta, per fortuna che il pilota ha a sua disposizione strumenti elettronici che gli permetteranno di variare, entro certi limiti di tolleranza, i parametri significativi della propria auto: la pressione del turbo, la rigidità delle sospensioni, il controllo di trazione.
Ma è giunto il momento: semaforo verde…via!
Il pilota parte dolcemente per il giro di ricognizione, si accerta delle condizioni del circuito mentre controlla che le temperature di acqua ed olio salgano sino ai valori prestabiliti e che le gomme raggiungano il giusto grado di riscaldamento.
Quello che a prima vista potrebbe sembrare un discorso di Formula Uno, in realtà non è altro che la trasposizione di un problema comune a tutti gli sport: utilizzare al meglio le risorse psicofisiche a disposizione dell’atleta al fine di ottimizzare il suo rendimento in funzione degli obiettivi prefissati.
Mentre il pilota ha a disposizione i propri meccanici e numerosi strumenti di controllo e regolazione del veicolo, il nostro ipotetico bodybuilder potrà contare soltanto su un numero limitato di variabili fisiologiche il cui bilanciamento peraltro non potrà mai raggiungere la sofisticazione tecnica garantita dall’elettronica e dalla meccanica.
L’unica cosa di cui abbiamo la certezza è l’obiettivo da perseguire: la massima ipertrofia muscolare.
Per raggiungere tale scopo l’atleta ha a disposizione le proprie capacità di analisi e di ricerca, il proprio spirito di osservazione e la propria attitudine a documentarsi al fine di disegnare un regime alimentare, un programma di allenamento e, eventualmente, di supplementazione in grado di esaltare le caratteristiche genetiche del proprio organismo.
Per ora ci siamo occupati di fare un po’ di luce sulle variabili che influenzano il singolo momento allenante, tralasciando (per il momento) gli aspetti dell’alimentazione e della supplementazione.
Vi immaginate cosa accadrebbe se un pilota di F1 non conoscesse le caratteristiche tecniche del proprio mezzo e variasse a caso le regolazioni della vettura senza un programma preciso?
Bene! E’ quello che accade spesso alla maggior parte dei ragazzi che decidono di dedicarsi con serietà alla costruzione del proprio corpo o, peggio, all’agonismo: conoscono bene o male la struttura muscolare del loro corpo ma hanno cognizioni vaghe e frammentarie di quelli che sono i processi fisiologici che sono alla base del loro obiettivo, per non parlare poi della teoria dell’allenamento… In questo contesto ci si trova a provare questo o quel metodo o programma di allenamento senza saper bene cosa si sta facendo e quale funzione si sta cercando di allenare, senza nessun tipo di programmazione.
E’ chiaro poi che atleti dotati di maggiore spirito di osservazione e di maggiore esperienza specifica riescono, dopo vari tentativi, a trovare degli schemi che sembrerebbero adattarsi meglio degli altri al loro fisico: questo non significa però che non si debbano avere conoscenze tecniche specifiche, per provare a migliorarsi e a non perdere tempo.
Nel precedente intervento ho parlato in maniera sufficientemente diffusa dei tre parametri fondamentali dell’allenamento: il Volume, la Densità e l’Intensità.
Riassumendo brevemente potremmo sintetizzare dicendo che al Volume corrisponde una misura quantitativa del carico di allenamento, all’Intensità compete l’aspetto qualitativo dello stimolo mentre la Densità caratterizza la specificità dello stimolo stesso o, in altre parole, determina la funzione organica bersaglio dell’allenamento.
Ho letto che, tra i vari interventi, si è sviluppata una discussione su quali delle tre variabili fosse superiore alle altre o, è la stessa cosa, se si potesse fare una classifica di importanza: la risposta è ovviamente negativa.
Per rendere più chiaro il concetto proseguiamo con l’analogia dell’automobile: supponiamo che intensità, volume e densità dell’allenamento equivalgano alla potenza del motore, all’assetto e all’impianto frenante della vettura.
Nell’ottica di ottenere il miglior tempo in un giro di pista, è evidente che non servirebbe a nulla avere una grandissima potenza se questa non potesse essere gestita da un assetto efficace e da un impianto frenante all’altezza della situazione.
Lo stesso discorso viceversa vale per un assetto fantastico non supportato da un’adeguata potenza del motore.
I migliori risultati si ottengono attraverso un equilibrio mirato dei tre componenti; tale equilibrio può variare nel bilanciamento dei singoli fattori in funzione dell’obiettivo che si sta perseguendo al momento (tipologia della pista, condizioni atmosferiche…) ma deve sempre essere rispettato.
Ritorniamo al nostro discorso.
Le conclusioni a cui per ora siamo arrivati sono state sviluppate prendendo a riferimento la singola serie: in realtà dovremmo generalizzare i concetti estendendoli all'intero esercizio o, meglio ancora, all'intero allenamento se non, addirittura, all’intero microciclo.
Per quanto concerne Volume non ci sono tante difficoltà concettuali: si tratta di eseguire una sommatoria dei volumi delle singole serie allenanti:

Vtot = V1 + V2 +….+ Vn = Kg1 x Reps1 + Kg2 x Reps2 + …..+Kgn x Repsn = Sommatoria (Kgn x Repsn)

Seguendo un ragionamento di questo tipo potremo facilmente ottenere il volume di lavoro di un esercizio, quello relativo al singolo gruppo muscolare, quello dell’intero allenamento o, addirittura, quello del microciclo completo.
E’ bene ricordare che il concetto di Volume non è altro che una semplificazione del concetto di lavoro muscolare, quindi per calcolare con esattezza il carico quantitativo che stiamo sopportando occorrerebbe moltiplicare ogni volta i Kg sollevati per il numero delle ripetizioni eseguite per lo spostamento subito dal carico durante il singolo movimento.
Tale puntualizzazione non è solo accademica, ma assume fondamentale importanza quando occorre monitorare con attenzione il carico effettivo di lavoro per evitare problemi da sovrallenamento: un esercizio base, eseguito con un movimento ampio, determina un carico di lavoro ben maggiore rispetto ad un altro esercizio, eseguito con il medesimo carico ma con escursione ridotta.
Per quanto concerne l’estensione del concetto di Densità occorre fare delle distinzioni: tale parametro conserva il senso che gli abbiamo attribuito soltanto se riferito al singolo esercizio o, al limite, al singolo gruppo muscolare.
Da quanto detto nei precedenti post sappiamo infatti che il nostro lavoro è di tipo settoriale, ossia si concentra di volta in volta sui singoli gruppi muscolari: se la densità equivale alla specificità dello stimolo, appare evidente come tale parametro possa tranquillamente variare da un gruppo muscolare all’altro; non avrebbe dunque un grande senso porre troppa attenzione alla densità mediata dell’intero allenamento.
Il parametro densità, esteso al microciclo, in realtà si trasforma nel concetto più ampio di frequenza di allenamento.
Per l'Intensità il discorso diventa più ricco ed interessante: da un punto di vista puramente matematico nulla ci vieta di impostare un discorso simile a quello fatto per il Volume, per cui si avrebbe:

Itot = I1 + I2 +..+ In = (Kg1 x Reps1)/Max1 +…+ (Kgn x Repsn)/Maxn = Sommatoria (Kgn x Repsn)/Maxn

Oppure, scritto in altra maniera: Itot = V1/Max1 + V2/Max2 +….+ Vn/Maxn = Sommatoria Vn/Maxn

Ad una analisi superficiale potrebbe sembrare che l’Intensità diminuisca serie dopo serie in ragione del fatto che, a parità di carico sollevato, il numero complessivo delle ripetizioni va progressivamente calando.
In realtà le cose non stanno proprio così, infatti se è vero che le ripetizioni calano, è anche vero che il massimale Max diminuisce anch’esso serie dopo serie, quindi potremmo affermare che, lavorando al massimo delle proprie possibilità, l’Intensità rimane pressappoco costante durante l’esercizio. Questo non deve sorprendere più di tanto poiché se è vero, come abbiamo sottolineato, che l’Intensità esprime la qualità dell’allenamento, ossia il grado di impegno dell’atleta in base alle proprie capacità del momento, è ovvio che essa non possa cambiare di molto serie dopo serie.