Aprire gli occhi e confermare ancora una volta di vivere morendo.
Arrabbiarsi dentro con una violenza tale da oscurare anche il più piccolo affetto.
Sono stanco.
Sono schifato.
Mi fa schifo uscire e vedere un allevamento di polli in batteria.
Già, è proprio così.
Faccio un salto nei locali trendy e vedo tanti cloni, tutti uguali, tutti palestrati, tutti lampadati, tutti depilati, tutti con l'ultimo paio di jeans, con l'ultima moda addosso.
E le ragazze?
Non si sa mai se amano questi cloni o qualcosa di diverso in ciascuno di noi.
Ma intanto tutti sono lì, tutti si divertono, tutti si scambiano attimi di vita insieme.
Io fingo di essere diverso, ma in realtà vorrei essere lì, ma con il mio me, e non con il me mascherato, non con i me che mi hanno portato a questo malessere.
E lì scaturisce la paura del non sentirsi accettati.
Lì nasce il timore delle proprie idee e del proprio essere.
Lì nasce la paura del conoscere se stessi dal di dentro.
Lì nasce il vizio del distruggersi.
Lì ti accorgi che non hai mai ingoiato uno specchio per vederti dall'interno.
Lì ti sveni cercando un equilibrio che non c'è tra il te distruttivo, e il te che ti ama.
Tracce di vecchi rimpianti si affacciano senza lasciare spazio a nuove idee.
Non riuscire ad abbatterli, solo perchè nel circolo vizioso, fa comodo lasciarli lì.
Lì a condizionarti la vita a tal punto da volerla restituire a chi dall'alto te l'ha data.
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