Spinto dai post di Ct-7b che hanno suscitato in me grande curiosità (e per questo lo ringrazio, perché, forse inconsapevolmente, ha utilizzato ars maieutica sul sottoscritto) ho vagato sulla rete per scovare tracce e scritti su Low carb in generale ed alimentazioni iperproteiche ed iperlipidiche.
Al termine della "cerca", posto ciò che ho trovato (e, soprattutto, capito nonostante il mio inglese sia fallibile).
Al di là delle considerazioni di natura etnologica e paleologica, di cui parlerò tra poco, il fenomeno affascinante è costituito dalla mutazione degli scenari degli studi nutrizionali che, per certi versi, non sono immuni da mode, benché alla ricerca di fattori che possono promuovere la nostra qualità della vita.
In tempi piuttosto recenti, alcuni studiosi, non necessariamente nutrizionisti, hanno elaborato la teoria che la tipologia dei carboidrati possa essere suddivisa in "paleocarbs" e in "neocarbs": i paleocarboidrati sono costituiti da verdura, frutta e tuberi. Viceversa i neocarboidrati, introdotti da meno di 10.000 anni, sono costituiti da granaglie, legumi e,
generalmente, farinacei (ovviamente, in epoche più recenti, zuccheri e farine raffinate).
Ed, al di là del concetto di Indice Glicemico, l'assunzione di paleocarboidrati è caratterizzata da alte fibre, altà densità nutrizionale (vitamine e sali minerali) e, naturalmente, basso IG.
Parallelamente, alcuni etnologi, sociologi e nutrizionisti hanno studiato a fondo i comportamenti alimentari di alcuni popoli (i Pima dell'Arizona, gli Eskimo, i Masai e i Giamaicani) che hanno subìto una (relativamente) scarsa evoluzione dal punto di vista alimentare essendo cacciatori (hunter-gathers), poiché le loro diete sono fondamentalmente
basate su alimenti animali. Gli studiosi sono concordi nel sostenere che le aspettative di salute di questi popoli sono di gran lunga migliori delle popolazioni occidentali.
Diete iperlipidiche
Sappiamo ormai da tempo, benché il marketing pubblicitario li stia ancora combattendo, come i grassi siano essenziali. Ciò che è ancora controverso è il rapporto fra gli O6 e gli O3. Mentre alcuni indicano che il rapporto ottimale sia 4-3 a 1, altri, soprattutto studiando i costumi alimentari di quelle popolazioni concludono che il miglior rapporto possa essere stabilito in 1 a 1 (biologically optimal).
Diete iperpoteiche
Non ho trovato indicazioni specifiche sulle grammature studiate. Tuttavia ho letto che una sostituzione isocalorica dei carboidrati a favore delle proteine, contestuale ad un'assunzione di grassi, ha comportato un beneficio sotto il profilo dell'aumento dell'HDL, una diminuzione dell'LDL e dei trigliceridi.
Wolfe prima e Wu successivamente hanno condotto uno studio su 80.000 donne che ha dimostrato come diete altamente proteiche siano state efficaci nell'abbassare i rischi di ischemia, indicando nella dieta iperproteica un fattore di cardioprotezione.
Ciò nonostante il rischio di osteoporosi, dovuto essenzialmente all'acidificazione che sottrae calcio biodisponibile a scopi di virare il ph sanguigno a livelli basici. Si è visto che l'assunzione di maggiori quote di bicarbonato di potassio e magnesio potevano evitare la sottrazione di calcio dalle ossa.
Effetti su reni e fegato
Anche in questo caso non esistono dati a supporto di problemi a reni e fegato in presenza di diete iperproteiche. Mentre è ormai assodato che, in caso di danni pre-esistenti, il lavorio indotto da assunzioni di alte dosi di protidi possa peggiorare le loro condizioni.
In particolare, si pensa che TEORICAMENTE l'apporto calorico delle proteine, in caso di reni e fegato sani, possa arrivare anche al 30-40 % del totale delle calorie.
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