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Discussione: Diario di Achillevero

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  1. #1
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    Predefinito e quest'altra

    Nell’allenamento dei pettorali, si scontrano in maniera piuttosto energica due scuole di pensiero: da una parte abbiamo i seguaci della "multilateralità" che ci vorrebbero far utilizzare tutti gli esercizi e gli attrezzi conosciuti (avete mai letto quelle belle tabelle di allenamento, consigliate da qualche "campione", costituite da quattro serie di panca, quattro di croci, quattro panca alta e quattro di cavi incrociati?), dall’altra ci sono gli "integralisti hardgainer" che identificano l’allenamento dei pettorali con le distensioni su panca orizzontale e ..... basta!

    La cosa che mi sorprende però è che da entrambe le parti ci si intestardisce ad usare la tradizione piuttosto che la scienza. Come scrivo spesso nei miei articoli, gli esercizi giusti non si scelgono per caso, per "sentito dire" o per consuetudine. è mia convinzione che una delle condizioni indispensabili per poter risolvere un problema sia conoscere a fondo l’argomento trattato. Bisogna cioè liberarsi dagli empirismi, dal "sentito dire" e dai "facili" consigli dell’autoproclamatosi esperto di turno.

    Esiste una scienza, la Biomeccanica, che può fornirci molte informazioni oggettive sugli esercizi, sulla loro utilità ed applicazione. Vediamo allora di capire insieme, applicando un po’ di fisiologia, com’è che funzionano i pettorali:



    I muscoli pettorali, che si estendono nella regione antero-superiore del torace, si ripartiscono in due strati: uno superficiale, formato dai grandi pettorali ed uno profondo, formato dai piccoli pettorali. Vediamo di analizzarli in dettaglio (ma non troppo, se no vi annoiate):

    Il gran pettorale è un muscolo di forma triangolare, le cui fibre, partendo dalla linea mediana della parte superiore dell’omero, si distribuiscono a ventaglio in direzione della clavicola, delle costole e dello sterno. Ne consegue che il gran pettorale si divide in tre fasce: la fascia superiore che si inserisce sulla clavicola; la fascia media che si inserisce nella metà superiore dello sterno e le tre prime cartilagini costali; la fascia inferiore che si inserisce sulla metà inferiore dello sterno, sulle cartilagini costali della IV, V e VI costola e sull’aponeurosi addominale. Le tre fasce, come anticipato sopra, si riuniscono sull’omero in un tendine largo e piatto, formato da due fasce sovrapposte che si inseriscono una sotto il deltoide e l’altra al bordo anteriore della doccia bicipitale.

    Il piccolo pettorale, anch’esso di forma triangolare, si inserisce sulla fascia esterna della III, IV e V costola e sulla metà anteriore del bordo interno dell’apofisi coronoide. Benché sia poco visibile in quanto ricoperto dal gran pettorale, questo muscolo col suo sviluppo contribuisce alla forma rotonda della parte superiore del gran pettorale.

    All’atto pratico, ciò si traduce che il piccolo pettorale è responsabile dell’abbassamento della spalla, mentre il gran pettorale, oltre ad abbassare la spalla, adduce, antepone e intraruota il braccio.

    Fin qui, nulla di nuovo sotto il sole: c’è tutto scritto in qualunque testo di fisiologia. Quello che però desideravo mettere in evidenza era che il fascio alto del pettorale agisce più o meno allo stesso modo del deltoide anteriore. Vi siete mai chiesti perché nella panca alta, spesso il primo muscolo a stancarsi (e conseguentemente a bloccare l’esecuzione dell’esercizio) è proprio il deltoide? Il problema - con tutte le sue conseguenze - è che in parecchi atleti, ciò accade anche nella panca orizzontale. Il caso in questione si presenta in tutti coloro che hanno un’escursione antero-posteriore (in altri termini, le spalle sporgono in avanti) più accentuata della media. In tale situazione, quando si abbassano le braccia nelle distensioni su panca, il pettorale, al contrario del deltoide, non andrà mai in iperestensione e l’ovvia conseguenza di ciò è che i deltoidi si congestionano a dovere, mentre i pettorali non lavorano adeguatamente. Questo fatto dovrebbe, da solo, farci comprendere come sia quantomeno "consigliabile" analizzare la struttura morfologica di un atleta, prima di prescrivere gli esercizi, al fine di prendere le eventuali contromisure ai problemi articolari.

    Una soluzione al problema appena esposto è quella di far precedere (in superserie o no) alle distensioni su panca, delle aperture con due manubri (nell’esecuzione dell’esercizio possono servire i seguenti accorgimenti: le palme delle mani devono sempre "guardarsi", le spalle devono essere piantate all’indietro e lo sterno deve essere ben proiettato in avanti). In tale maniera, a prescindere da problemi articolari, si risolve anche la questione dell’altro anello debole della catena cinetica coinvolta nelle distensioni su panca orizzontale: il tricipite (che essendo più piccolo e notoriamente più debole dei pettorali tende a bloccare l’esecuzione dell’esercizio e la conseguente stimolazione massimale del pettorale stesso).

    Cambiando argomento (ma non troppo) un’altra considerazione doverosa mi sembra necessaria per l’adeguato allenamento dei pettorali "alti": la panca alta a 45° mi sembra un po’ troppo "alta" per coinvolgere i fasci clavicolari del pettorale senza un’azione determinante del deltoide anteriore. Penso sia più opportuno utilizzare, per l’inclinazione della panca, angoli minori (20-30°), ma soprattutto, di volta in volta, variabili.

    La teoria, se non è seguita da applicazioni pratiche risulta alquanto inconcludente ed ecco quindi, per la gioia degli "spiriti pratici", una tabella di specializzazione (tratta dalla dispensa tecnica "biomeccanica degli esercizi e scelta ottimale degli stessi") particolarmente indicata per chi presenta le problematiche esposte in precedenza:



    1) Croci su panca: 2-3 x 6

    2) Panca orizzontale: 2-3 x 8/12

    3) Croci su panca inclinata a 20-30°: 2-3 x 6/8

    4) Panca con 2 manubri, inclinata a 20-30°: 2-3 x 10/12

    5) Parallele : 1-2 x il massimo delle ripetizioni + 1 negativa





    Per finire ecco qualche nota e le classiche, ma utilissime, raccomandazioni:



    Prima di iniziare l'allenamento della sezione muscolare è bene effettuare 1-2 set di riscaldamento per esercizio con il 50-70% del peso che userete nella prima serie effettiva.



    Ogni set effettivo deve essere portato al limite. Occorrerà quindi scegliere il peso in maniera tale che, almeno nella prima serie (nelle successive possiamo tranquillamente accettare il decremento di ripetizioni dovuto all’insorgere della fatica), ciò avvenga nel "range" di ripetizioni indicato.



    Gli esercizi 1 e 2, e gli esercizi 3 e 4 vanno eseguiti in superserie.



    Negli esercizi 3 e 4, nel primo set inclinate la panca (se è del tipo ad inclinazione variabile) a 30-40°; nei set successivi diminuite l’angolo fino a portarlo nell’ultimo set a circa 20°.



    Al solito, desidero però avvertirvi che quanto esposto è solo metà dell’opera, in quanto non ho accennato nulla di preciso né sull’alimentazione-integrazione, né sulle fondamentali, soprattutto se siete natural, strategie di periodizzazione: dovete convincervi che una semplice tabella di esercizi, di per sé, non ha molta utilità. è l’insieme ORGANIZZAZIONE DELL’ALLENAMENTO - ALIMENTAZIONE - INTEGRAZIONE che risulta "vincente" o "inefficace".

  2. #2
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    Predefinito ...

    Un gruppo muscolare molto importante per un aspetto complessivamente massiccio sono certamente i deltoidi, ma purtroppo pochi gruppi muscolari, si dice, sono così difficili da sviluppare. Forse solo i polpacci e gli avambracci presentano analoghe difficoltà, per cui la prima risposta potrebbe essere: è una questione di genetica. Questo in parte è sicuramente vero soprattutto per i deltoidi: un soggetto A con una buona distanza acromiale mostra apparentemente uno sviluppo dei deltoidi migliore rispetto a quello di un soggetto B con spalle strette; e il soggetto B non può pretendere di sviluppare diversi centimetri di deltoide per arrivare ad avere le spalle larghe come quelle di A.

    La condizione genetica di avere le spalle strette va accettata tanto quanto quella di essere più o meno alti, ma questo non deve impedire la possibilità di allenare proficuamente i deltoidi nel migliore modo possibile. Esaminiamo brevemente la struttura anatomica dei deltoidi.

    I deltoidi sono costituiti da tre capi: frontale, laterale e posteriore che si originano rispettivamente dalla clavicola, dall’acromion della scapola e dalla spina ancora della scapola. Tutti e tre i capi convergono in unico tendine che si inserisce sull’omero.
    La funzione dei tre capi frontale, laterale e posteriore è quella di spostare rispettivamente il braccio in avanti, lateralmente e dietro, ma non da soli: in ognuno di questi movimenti i capi dei deltoidi sono sempre assistiti da altri muscoli. In altre parole non è possibile isolare nè l’azione del solo deltoide poiché esso lavora sempre in sinergia con il pettorale, il trapezio, il dorsale e il grande rotondo né l’azione di uno dei tre capi del deltoide poiché essi confluiscono in un unico tendine sull’omero. In fisica un tipo di leva come quella della spalla è detta svantaggiosa in quanto la potenza (muscolo deltoide) è posta vicina al fulcro (articolazione) e lontana dalla resistenza (braccio con eventuale peso). Ecco un altro motivo per cui il deltoide non lavora da solo ma è sempre assistito.

    Ciò premesso, vediamo l’esercizio per eccellenza che viene usato per sviluppare "solo" i deltoidi e "solo" in larghezza: alzate laterali con manubri.

    a) abbiamo visto che è impossibile isolare il deltoide e ancora più impossibile è isolarne addirittura un solo capo, per cui nelle alzate laterali interverrà sempre tutto il deltoide e il trapezio e variabilmente con l’inclinazione del busto durante l’esercizio anche il pettorale, il dorsale e il grande rotondo.

    b) a chi ha le spalle "a bottiglione" ovvero strette e cadenti vengono consigliate le alzate laterali invece del lento avanti o delle portate al mento, perché si sostiene che sviluppando solo il deltoide non si incrementerà lo sviluppo del trapezio che acuisce la forma a bottiglione. Il trapezio è sicuramente il muscolo che lavora sempre in sinergia con i deltoidi.

    c) l’impatto complessivo di questo esercizio è abbastanza alto a livello articolare a causa del fulcro della leva; l’accorgimento di piegare le braccia ad L per evitare sovraccarichi articolari su gomiti e polsi e sollevare più peso, appare sensato in quanto diminuendo la lunghezza della leva diminuisce sicuramente lo stress sui polsi e i gomiti e aumenta il carico sollevabile, ma non altera il meccanismo di intervento degli altri muscoli "assistenti" ed il sovraccarico sull’articolazione scapolo-omerale.

    Credo a questo punto, risulti abbastanza evidente l’impossibilità di isolare il deltoide o addirittura svilupparne il capo laterale. L’esercizio fondamentale per sviluppare i deltoidi rimane il lento avanti o military press o shoulders press nelle varianti seduti, in piedi con bilanciere o con manubri.

    Posso permettermi solamente di proporre una variante esecutiva del military press, che ritengo ottimizzi per quanto possibile il sovraccarico sui deltoidi.

    Se analizziamo il military press vediamo che il bilanciere dalle clavicole (posizione di partenza) viene sollevato sopra la testa fino alla completa distensione delle braccia (posizione di arrivo). Durante la traiettoria intervengono i deltoidi, i pettorali, il trapezio, il grande rotondo ed i tricipiti. Ma i deltoidi lavorano in maniera concentrica solo fino a quando le braccia sono parallele al suolo e perpendicolari al busto, oppure il bilanciere è circa all’altezza degli occhi. Oltre questa posizione i deltoidi rimangono contratti isometricamente e la distensione viene svolta in maniera concentrica solo dal trapezio e dai tricipiti. Pertanto per ogni ripetizione di military press avremo mezzo movimento concentrico che produce ipertrofia sul deltoide e mezzo movimento isometrico che non produce ipertrofia sul deltoide. Sarà pertanto sufficiente eseguire l’esercizio sollevando il bilanciere fino circa all’altezza degli occhi. Eseguendo tale variante parziale del military press, si noterà poi una cosa importante: nonostante il movimento sia dimezzato il carico sollevato sarà minore! Questo perché il military press è un esercizio composito. La sinergia della maggior parte dei muscoli della parte superiore del corpo consente di sollevare carichi notevoli, che verranno però sostenuti dai muscoli più potenti (trapezi, pettorali, romboide, gran dentato, tricipiti) che "copriranno" l’anello debole (i deltoidi). Ma se limitiamo l’escursione degli altri muscoli, i deltoidi si troveranno, non soli poiché è impossibile, ma poco assistiti e quindi più sovraccaricati, oltre che continuamente sotto tensione.

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