Cosa sono i tendini
Il tendine rappresenta la struttura anatomica interposta tra muscolo ed osso deputata a trasmettere la forza generata dal muscolo alla struttura ossea. Ogni ventre muscolare è dotato di due tendini, uno prossimale e uno distale.

Come sono fatti
Si presenta come una tessitura fibroelastica di colore bianco brillante, dotata di grande resistenza a carichi di natura tensiva ma con scarsa elasticità.
E in grado di resistere a grandi forze di trazione ma non a forze di taglio o compressione.
La forma dei tendini può variare notevolmente secondo la funzione. Tendini corti e ampi (es: quadricipite) servono a trasmettere grandi forze mentre tendini lunghi e sottili (es: flessori delle dita) servono per trasmettere movimenti precisi con forze piccole.
I tendini sono costituiti da un tessuto connettivo fibroso la cui principale componente e rappresentata da fibre di collagene. L’architettura è assimilabile a quella di una corda.
La guaina tendinea è costituita da due strati, uno esterno fibroso e uno interno chiamato guaina sinoviale costituito da due foglietti contenenti un liquido che agevola lo scorrimento del tendine all’interno della guaina stessa.
Le entesi sono le zone di ancoraggio di tendini, legamenti e fasce con la struttura ossea e rappresentano dei siti soggetti a grande stress meccanico poiché rappresentano il punto centrale di trasmissione della forza di un tendine o un legamento al corrispondente segmento osseo.

Apporto sanguigno
L’apporto sanguigno al tendine, che avviene attraverso i vasi che circondano la struttura e attraverso le sue inserzione muscolari, è molto limitato e tende ad impoverirsi gradualmente con l’età. Durante l’esercizio fisico, il flusso sanguigno all’interno del tendine aumenta da 3 a 7 volte rispetto alle condizioni a riposo ma rimane molto limitato rispetto al flusso assorbito dal muscolo.

Innervazione
Il numero di nervi all’interno del tendine è relativamente ridotto ma riveste un ruolo molto importante. La terminazioni nervose a livello dei tendini, dei legamenti e delle capsule articolari restituiscono importanti informazioni convertendo gli stimoli di tipo pressorio e tensivo in segnali nervosi necessari per il controllo del movimento corporeo.
I corpuscoli di Ruffini rilevano la pressione sulle cute, I corpuscoil di Pacini rilevano le variazioni della velocità mentre gli organi del Golgi inibiscono la contrazione muscolare quando rilevano una tensione eccessiva sul tendine. Si comportano come veri e propri sensori.
Il numero delle terminazioni nervose è maggiore nei piccoli tendini coinvolti nel controllo del movimento fine (es: le dita) mentre è minore nei grossi tendini deputati a trasferire grandi forze (es: il tendine di Achille o quadricipitale).

Comportamento biomeccanico del tendine
Il tendine svolge anche una importante ruolo nell’ambito dell’assorbimento dell’energia elastica che avviene durante il suo allungamento. Si comporta come una molla che carica energia durante l’allungamento (fase eccentrica) per poi restituirla in accorciamento (fase concentrica).
Il muscolo al contrario non possiede grosse capacità di immagazzinamento di energia elastica inoltre la sua rigidità varia in funzione del suo livello di attivazione mentre quella del tendine rimane costante.
Un muscolo contratto è rigido, un muscolo non contratto è elastico per cui in caso di allungamento passivo (stretching) sarà il muscolo a subire l’allungamento maggiore mentre in caso di allungamento attivo (salto da un rialzo) sarà il tendine ad allungarsi accumulando quindi energia.
La capacità del tendine di immagazzinare energia è molto più alta di quasi tutti i materiali biologici ma esiste una differenza tra uomo e donna.
Nella donna il tendine è più elastico e questo comporta una minore trasmissione di forza tra muscolo e segmento osseo.
Il tessuto collagene di cui è composto il tendine risponde all’aumento della temperatura accorciandosi e riducendosi. Oltre i 37°C le proprietà meccaniche vengono alterate in maniera sostanziale e il cedimento può avvenire con allungamenti del 3-4% mentre in condizione normale la rottura avviene all’8% di allungamento rispetto alla sua lunghezza totale.
In ambito sportivo dove i tendini subiscono aumenti repentini di temperatura questo aspetto riveste particolare importanza.


Sistemi di auto-protezione del tendine
Il tendine resiste a sforzi tensivi enormi e adotta degli accorgimenti per preservarsi da rottura:

  1. La sua struttura è formata da tanti fasci di fibre di collagene paralleli tra loro e collegati in maniera debole in modo che una fessura non possa propagarsi attraverso il sistema.
  2. Il collegamento del tendine alla struttura ossea avviene attraverso numerose piccole giunzioni in modo che, in caso di sforzi violenti, possono anche cedere senza che questo comporti danni irreparabili all’insieme.
  3. Invia sensazioni di dolore in caso di allungamento eccessivo della sua struttura per generare una soppressione del carico


Lesioni tendinee
La maggior percentuale delle lesioni tendinee avviene a causa di un meccanismo di overuse.
Il sovraccarico e tale e tanto da provocare un’incapacità, biologico-strutturale, del tendine stesso a sopportare ulteriori sollecitazioni sino ad arrivare al cedimento parziale o totale.
In passato, tali eventi erano ascritti a quadri clinici di tipo infiammatorio (chiamati tendiniti) mentre oggi si parla di tendinopatia riferendosi a un quadro degenerativo che coinvolge l’intera struttura biologia del tendine.
Le lesione da overuse si verificano quando i processi distruttivi eccedono su quelli autoriparativi e possono essere causati da attività di endurance con piccoli carichi ma ripetuti moltissime volte (corsa, nuoto, ciclismo, ec..) o da attività che richiedono gesti esplosivi e con grandi carichi (salti, tennis, basket, sollevamento pesi, ec..).
Aggravanti sono l’età anagrafica dell’atleta e fattori intrinseci tipo asimmetrie, disallineamenti e squilibri muscolari.
Il processo infiammatorio rappresenta solo la fase precoce del processo tendinopatico a cui poi segue una fase di tipo degenerativo.
L’esercizio fisico fino ad un certo limite migliora la resistenza meccanica del tendine ma oltre una certa soglia innesca un meccanismo microtraumatico che successivamente può evolvere in diversi quadri.
Se viene concesso adeguato riposo i processi riparativi possono prevalere su quelli traumatici, viceversa la struttura tendinea si avvia verso una tendinopatia conclamata con comparsa a breve di dolore (tendinopatia).

In ambito sportivo i siti anatomici maggiormente interessati a tendinopatie sono la cuffia dei rotatori, l’epicondilo laterale dell’omero, il polo inferiore della rotula, il tendine di Achille, la fascia plantare e i muscoli adduttori degli arti inferiori.

Effetti dell’attività sui tendini
A causa della ridotta vascolarizzazione, il tessuto tendineo reagisce agli stimoli in modo meno marcato rispetto al muscolo. Nell’adulto, il tendine risponde allo stimolo meccanico solamente attraverso un miglioramento della sua architettura interna ma non si verifica ipertrofia come accade negli individui ancora in crescita.
L’allenamento con sovraccarico porta quindi ad un aumento delle dimensioni dei ventri muscolari ma non dei tendini, che invece subiscono un aumento della loro rigidità.
Questo genera un aumento della velocità (fino al 25%) con cui viene raggiunto il picco di forza.
Un aumento della rigidità può essere positivo laddove sia necessario esprimere grandi variazioni di forza in tempi molto rapidi.

L’aumento della sezione del tendine può invece verificarsi in seguito ad attività di endurance che provoca un aumento di sintesi del collagene.
Nota: su questo tema non vi è in letteratura unanimità di consenso.

L’immobilizzazione protratta per lungo periodo porta ad un assottigliamento delle fibre di collagene e ad una perdita del loro orientamento oltre che una riduzione della rete capillare.
Anche una improvvisa interruzione dell’attività può, a breve termine, influenzare negativamente la morfologia tendinea.
Gli adattamenti del tendine al carico di lavoro sono molto lenti mentre i cambiamenti indotti dal periodo di de-training sono senza dubbio più veloci.


Effetti dell’invecchiamento sui tendini
Durante l’invecchiamento tutti i componenti del tendine subiscono un profondo cambiamento qualitativo e quantitativo. Dalla nascita all’età adulta aumenta il contenuto di collagene ma cala il contenuto di acqua ed elastina causando una perdita di elasticità e capacità di resistere al carico. L’invecchiamento tissutale inoltre provoca una riduzione del flusso sanguigno e di conseguenza una diminuzione della capacità del tendine di autorigenerarsi.
Tali cambiamenti iniziano a manifestarsi attorno ai 30 anni di vita e aumentano notevolmente il rischio d’incidenza di danni da overuse o di natura traumatica.

Processi di guarigione
La guarigione del tessuto tendineo avviene attraverso la formazione di un’area cicatriziale che si presenta di natura connettivale e pertanto con caratteristiche meccaniche inferiori a quelle del tessuto tendineo originario.
La scarsa vascolarizzazione del tessuto tendineo comporta scarsa capacità di autoriparazione poiché viene a mancare ossigeno e nutrimento per i tessuti.
La riparazione passa attraverso tre fasi:

  1. Fase infiammatoria che inizia nell’immediato periodo post-traumatico. Sangue, plasma e fluidi si riversano nell’area e le piastrine stimolano i meccanismi di coagulazione. Dopo un ora si crea una sorta di struttura simil-collosa che agisce come un vero e proprio ‘’tappo’’, molto fragile ma che argina l’emorragia locale e supporta meccanicamente le fibre tendinee danneggiate. La fase infiammatoria prosegue per circa una settimana con la rimozione completa dei tessuti di rifiuto e necrotici dall’area lesa.
  2. Fase proliferativa in cui si verifica una produzione di collagene che continuerà fino alla fine del processo.
  3. Fase di maturazione, è l’ultima e prosegue fino ad oltre un anno dall’evento lesivo. In questa fase avviene la sostituzione del tessuto di riparazione con nuovo tessuto tendineo.

A guarigione avvenuta tuttavia la forza tensile del tendine può risultare inferiore anche del 30%.

Molti studi riportano dell’efficacia di programmi conservativi basati su esercizi eccentrici e sulla somministrazione di onde d’urto che provocano un aumento della vascolarizzazione.
Anche se ormai è accettato che la tendinopatia sia un processo degenerativo e non infiammatorio è ancora spesso usata la pratica di somministrare sia farmaci anti-infiammatori che cortisonici.

Recentemente sono state sviluppate metodiche che prevedono l’immissione in loco di fattori di crescita che sono proteine secrete da differenti tessuti (tessuto connettivo, globuli bianchi, piastrine, cellule staminali eritoproietiche). La terapia basata sulla nota tecnica PRP (plateled rich plasma) prevede anche la contestuale somministrazione di fattori di crescita (IGF-1) oltre ai suddetti fattori.
Le pubblicazioni scientifiche inerenti l’uso della PRP nell’ambito della riparazione tendinea, su modello umano, sono ancora scarse ma nessun autore riporta complicazioni rilevate durante la sperimentazione. Anche in bibliografia il livello di evidenza è piuttosto modesto ma in termini clinici la tecnica PRP ha ancora in serbo un enorme potenziale per il futuro.