Alcuni chiarimenti sulla periodizzazione in fasi.
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Talvolta mi è capitato di veder rivolte alcune domande nei vari siti dove ho postato gli articoli del topic di cui trattiamo. Alcune di queste sono ben poste ed indubbiamente interessanti, per cui cerco di racchiuderle in poche righe, raggruppandole per argomenti e riporto anche quì delle risposte sintetiche che ho provato a formulare.

Relativamente, ad esempio, alla distribuzione in fasi di una routine di allenamento e quindi con riferimento al cosiddetto Sistema a fasi, mi sono state posti alcuni quesiti che ho cercato di riassumere come segue.

- dato che le sessioni previste nel sistema a fasi sono monosettimanali, con wo di volume, si può incentrare un programma su un wo a fasi e un wo ad onde? (il primo dunque a volume, il secondo più intenso/submassimale + complementari)?

- che caratteristica deve avere una fase? Nel passare delle settimane deve esserci uno sviluppo su tutte le fasi ... ma quali caratteristiche deve avere? Può esserci una fase intensa e una di volume? O devono entrambe essere di volume?



Provo a chiarire.
Direi che alla prima domanda la risposta è affermativa. Lo schema a fasi viene normalmente attuato in 1xweek, per cui nulla impedisce di ricorrere, in una seconda sessione, ad altro sistema che sia utile per varie necessità e programmazioni e, quindi, portarlo avanti contemporaneamente.
Del resto questo è possibile in tutte quelle applicazioni che privilegiano o consentano una singola sessione allenante nel microciclo o, comunque, più sessioni ma nell'ambito di una pianificazione generale più ampia dove le sedute complessivamente possibili, relativamente all'alzata prescelta, siano previste in numero ancora maggiore.
Per cui potremmo trovare, in un microciclo, 1 o 2 sedute organizzate a fasi e altrettante ad onda oppure 1 a fasi, 1 a onda ed 1 con sistema a numero di serie e ripetizioni costanti a carico variabile, come pure al contrario a carico invariato e serie crescenti.

Passiamo al secondo quesito, dove la risposta è leggermente più lunga.
Il sistema a fasi è, appunto, un...sistema, cioè un'applicazione pratica di un metodo ma non è l'unica bensì una possibile, una delle tante. Insomma un contenitore congegnato in una certa maniera, un modo di procedere nell'attuazione di un qualcosa. Ma cosa è dunque questo qualcosa? Nient'altro che la metodologia prescelta, nella fattispecie, per lavorare e che si ritenga possa, in quel determinato periodo e su quell'atleta, regalare i suoi frutti migliori, grazie all'applicazione pratica a fasi anzichè a onde o così via.
Allora, stando così le cose, alla domanda su quali caratteristiche deve avere una fase, segue la controdomanda su quale sia il metodo di lavoro a cui ci si vuol dedicare e che si pensa possa essere estrinsecato al meglio mediante appunto una suddivisione del lavoro nelle menzionate fasi.
Se si è off season e si ricerca il volume, si darà dunque alle fasi un connotato precipuo in tal senso, se invece si è geared e si sta puntando sulla massima esplosività, potenza e qualità tecnica, allora si riempirà quello scatolone-contenitore delle fasi con altri elementi che più interessano, al momento, e si presume facciano alla bisogna .

Allo stesso modo, rispondo per la domanda conseguente. Certo che può esserci una fase intensa ed una di volume, perchè come al solito dipende da quello che serve all'interessato e che, ovviamente, io in questa sede non conosco.
Posso riportare - come mi accade spesso in questi casi - un piccolo esempio pratico.
Stiamo preparando una competizione importante e, nella bench press, uno dei miei ragazzi segue una distribuzione del lavoro in fasi.
Ho previsto 2 fasi, una in 3x3 e l'altra che va dalle 3 alle 5x5. Bene, la prima fase è incentrata sul fermo e mira ad un' intensità piuttosto elevata, poichè deve abituare l'atleta ai carichi ed alle modalità esecutive che troverà in gara. La seconda fase è basata su un volume di mantenimento a ripetizioni più alte e percentuali di carichi inferiori.
Coerentemente cambiano anche gli sviluppi e le progressioni nei microcicli tra le due fasi, che percorreranno un cammino parallelo nel corso delle settimane. La fase da 3x3 - basata sull'intensità e la tecnica - prevederà sempre 3 serie da 3 col fermo ma all'interno cresceranno i carichi settimanalmente e, comunque ciclicamente. La seconda fase, incentrata sul volume, avrà invece come costante un carico prefissato ma varierà nel numero delle serie da svolgere, che saranno 5 quando i carchi del 3x3 sono più bassi, poi 4 e poi 3 man mano che cresce l'intensità del 3x3, poi nuovamente 5 quando il carico del 3x3 - dopo 3 settimane - scende per non raggiungere un precoce stallo, fino a tornare a 3 sole serie di volume con l'avvicinarsi della competizione.
In questo modo, l'applicazione del sistema a fasi si incrocia con le onde intese, però, non nello sviluppo seriale all'interno della sessione - tipo 3/2/1 - ma come pendulum dei microcicli all'interno del mesociclo.
E' forse in contrasto tutto ciò? No, perchè sono state semplicemente scelte diverse applicazioni o sistemi per contenere tutte le variabili e le tipologie di esercitazione che si intendevano effettuare per quell'alzata e su quell'atleta, in linea - beninteso - con il metodo di lavoro precedentemente stabilito.
Chiaro che questo discorso non si ripete pedissequamente con tutti gli atleti, neppure per la stessa alzata, nè per lo stesso atleta in relazione a tutte le 3 alzate. Quanto sopra, in conseguenza di diversi fattori e peculiarità che distinguono atleta ed atleta ed altrettanto differenti attitudini per il medesimo tra specialità e specialità.

Volendo, è possibile anche variare il contenuto tra le fasi non soltanto nei riguardi di carichi, ripetizioni, esecuzioni o modalità di sviluppo ma persino nella tipologia di esercitazioni prescelte.
Se si vuole, ecco un altro esempio nel merito.
Qualche volta ho sistematizzato in fasi il lavoro per lo stacco da terra, in questo modo: 3X2 - 3X3 - 3X5, tot. 3 fasi di 3 serie l'una per complessive 9 serie.
La caratteristica però era che il 3x2 si svolgeva sui rialzi, allenando le partenze, il 3x3 sul movimento completo e il 3x5 al pin pull per le chiusure, quindi tre esercitazioni distinte tra loro dallo stacco in se per se.
Inutile soggiungere che ciascuna fase aveva uno sviluppo diverso nel corso dei microcicli, pur restando collegate nell'ambito della sessione singola, con recuperi variabili all'interno di ciascuna fase e tra fase e fase.

Non per niente, all'inizio del 3D, accenno infatti alla differenza tra il metodo di lavoro e l'applicazione pratica dello stesso che se ne fa, privilegiando un sistema attuativo rispetto ad un altro, magari solamente in quel periodo della stagione ed in quella fase della carriera dell'atleta e non necessariamente replicabile tout court in futuro.
Spero di essere stato utile e mi auguro, soprattutto, di aver reso in termini sufficientemente chiari alcune idee che potevano costituire un logico sviluppo ad argomenti in precedenza trattati.