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Richiamiamo il Segreto dell’Acciaio ™©® (l’uso non autorizzato del marchio comporta la fucilazione sul posto dopo dolorose torture fisiche): il cervello è allenabile, cioè le esperienze lo cambiano. La memoria è la formazione nel cervello di “tracce neurali”, connessioni fra neuroni e alterazione della chimica di queste connessioni: il cervello è plastico e si adatta all’ambiente per sopravvivere.

Vi presento uno schema molto famoso quando si parla di apprendimento motorio o motor learning.


Lo schema rappresenta l’esecuzione di un movimento complesso. Sembra difficile, per questo ho messo un sacco di disegnini, come si fa con i bambini piccoli o con i giapponesi per intessarli all’argomento (alla fine anche uno zuccherino, come ai cavalli). Immaginate di stare eseguendo uno squat e mettete un dito sulla casella programma motorio:
  • Dovrebbe essere abbastanza intuitivo che il movimento del vostro corpo è gestito da una specie di “programma”, nel senso che il gesto complessivo è la somma coordinata di tanti piccoli gesti: i glutei indietro, la schiena contratta e così via. Di sicuro non alzerete la gamba destra o a metà discesa toglierete le mani dal bilanciere: esiste una “regia”, che è direttamente nella nostra testa.
  • Il programma impartisce le proprie direttive inviando “ordini” attraverso il midollo spinale (muovete il dito più in basso, non addormentatevi perché non lo dirò più, fate finta di giocare al Gioco dell’Oca). Vi è una semplificazione nel senso che il programma “gira” anche nel midollo spinale, ma per ciò che ci riguarda va bene così.
  • Gli ordini arrivano ai muscoli e il movimento inizia, interagendo con l’ambiente. In questo caso il bilanciere che scende.
Notate come il fatto di compiere un gesto sotto l’azione di ordini motori comporti l’attivazione di tutta una serie di sensori che forniscono informazioni:
  • L’ambiente attiverà una risposta uditiva o visiva, tramite i nostri sensi. Nel nostro caso, vedere che ci stiamo abbassando e che le barre del rack scorrono ai lati della nostra visuale.
  • Il movimento stesso fornirà indicazioni sulla posizione spaziale delle nostre singole parti corporee.
  • I muscoli, i tendini e le articolazioni segnaleranno il loro stato di tensione interna tramite i propriocettori quali gli organi del Golgi o i fusi neuromuscolari.
Queste informazioni sono dette di ritorno perché proprio tornano indietro tramite le terminazioni motorie sensive risalendo la spina dorsale per entrare nel cervello: tornare indietro, feedback.

L’intero set informativo costituisce ciò che si chiama “cosa è stato fatto” (non lo trovate sui libri, è una mia idea…) ed un ingresso del sommatore rosso con il “+” dentro. Il sommatore confronta cosa “è stato fatto” con “cosa andava fatto” per generare l’ordine successivo, il “cosa deve essere fatto” necessario per la scelta del successivo programma motorio e… il ciclo riprende.

Il disegno costituisce un cerchio perché tornate al punto iniziale con un nuovo comando: cerchio, loop. Il movimento è a catena chiusa o closed loop.

Tutti i movimenti che eseguiamo in palestea sono a catena chiusa perché vi è un continuo controllo della traiettoria essendo svolti lentamente a causa del carico elevato. La caratteristica fondamentale di un movimento a catena chiusa è il fatto che l’effetto influenza la causa, permettendo di riprendere eventuali situazioni anomale e di correggere se possibile le traiettorie.

I movimenti balistici sono invece a catena aperta: la velocità elevata impedisce il controllo della traiettoria con il ritorno delle informazioni e infatti ciò che conta in questo tipo di movimenti è settare bene le condizioni iniziali per poi eseguire il tutto più velocemente possibile, partendo dal presupposto che se “parto bene” il risultato non può che essere ciò che voglio.

I movimenti a catena chiusa o a catena aperta caratterizzano anche i vari stadi dell’apprendimento. Quando imparate un movimento nuovo state attenti a ciò che fate, cioè controllate che gli ordini del vostro cervello determinino l’effetto che cercate, proprio secondo lo schema descritto. Quando invece il movimento è stato assimilato lo eseguite con minor attenzione alle informazioni di ritorno, in automatico.

Ora, secondo me questo tipo di distinzione è un errore didattico perché induce il lettore in un pericoloso errore: se riesco a fare uno squat pensando a finire la serie piuttosto che alle singole ripetizioni il movimento è comunque closed loop poiché il controllo dello “stato” dell’atleta avviene lo stesso dato che i sensori sono sempre attivi e forniscono informazioni.

Solamente movimenti estremamente veloci, più veloci del tempo di risposta dei sensori e di attuazione degli ordini, possono essere considerati veramente open loop, ma sono molto meno di quanto si possa pensare.
Amici martellisti mi raccontavano che durante un lancio riuscivano a percepire la correttezza dell’assetto per poterlo in qualche maniera correggere prima che il martello schizzasse via. Tentavano di correggere un errore in partenza: quando atleta e martello girano quest’ultimo deve sempre “stare dietro” l’atleta perché ciò significa che è l’atleta che comanda e non la palla di ferro.

Analogamente i saltatori in alto, con l’asta, triplisti e saltatori in lungo capiscono benissimo se l’istante della spinta a terra è “good” or “bad” e adattano la traiettoria in aria per quanto possibile.

Non fatevi fregare, i movimenti closed loop, a feedback o retroazionati sono quanto di più potente esista in Natura. La Natura stessa è closed loop, perché l’effetto di una causa è causa di un nuovo effetto…

Un programma motorio

A questo punto nella classica trattazione dell’apprendimento motorio inizierebbe una lunga trattazione su cosa sia un programma motorio, mentre noi liquidiamo questo in 30 secondi.


Un programma motorio è l’attivazione di una serie di tracce neurali, di percorsi dentro la corteccia cerebrale e il midollo spinale dovuti ai sensori esterni che permette l’invio degli ordini agli organi motori. Fine. Punto.
Come si crea un programma motorio? Ripetendo il movimento tante volte quanto è necessario perché si formino nuove connessioni che permettano di organizzare al meglio ciò che è richiesto. Anche qui, fine, punto.

Spero di riuscire a comunicare questo messaggio: allenare un movimento è alterare il proprio Sistema Nervoso come avviene in un qualsiasi fenomeno di apprendimento. In questo caso l’alterazione è dentro la corteccia motoria e l’allenamento diventa un caso particolare di apprendimento.

Practice makes you perfect?


Tutti conosciamo il detto “la pratica rende perfetti”: la pergamena virtuale ne è la rappresentazione ingegneristica con le forme per i bambini piccoli. Il programma neurale si crea ripetendo il movimento e confrontandolo con un movimento di riferimento, fino a che “non viene bene”.

Si può notare come l’apprendimento stesso sia un processo closed loop di continuo confronto fra ciò che è stato fatto e ciò che si sarebbe dovuto fare. Molti temono gli “errori” cioè il non eseguire un movimento in maniera corretta, ma in realtà gli “errori” sono un fenomeno inevitabile: l’”errore” è semplicemente una differenza con il riferimento preso, ed è necessario per avvicinarsi a questo!

Se non esistessero queste differenze sarebbe impossibile apprendere, perciò è possibile affermare che gli errori siano necessari o, estremizzando, che non esistono errori ma solo opportunità di miglioramento!

Problemi

Per quanto lo schema esemplifichi ciò che tutti facciamo, nasconde al suo interno una serie di subdole finezze che sono la causa del mancato raggiungimento della “perfezione”.

Un primo problema è che, ovviamente a mio avviso, le implicazioni dei concetti descritti non vengono spiegate correttamente allo studente, impedendogli di comprendere veramente la portata delle problematiche.


Nei vari studi sull’apprendimento motorio troviamo spesso questi tipi di grafico. A sinistra le “curve di apprendimento”. E’ relativamente facile quantificare l’apprendimento di uno schema motorio ad esempio contanto il numero di “gesti” eseguiti correttamente sul totale dei gesti: più questo numero aumenta, più si è appreso bene il movimento.

La curva B è tipica dell’apprendimento di movimenti complessi: all’inizio i gesti sono “scorretti” perché si devono proprio apprendere le basi, poi tutti noi abbiamo sperimentato una impennata di miglioramenti con una successiva decrescita. Ciò avviene perché superata la primissima fase in cui è necessario apprendere la coordinazione di base, quando si è formata una prima traccia motoria ogni successiva ripetizione porterà a rinforzarla sempre di più, fino a che non si sarà stabilizzata nella nostra corteccia. A quel punto il movimento è appreso e non ci sono più differenze esecutive.

A destra un altro classico grafico che mostra ciò che tutti sappiamo: i miglioramenti iniziali sono dovuti a potenziamenti neurali, quelli successivi a potenziamenti ipertrofici. Come si suol dire, la massa viene dopo la forza.
Il problema di queste rappresentazioni è che forniscono un modello semplice da ricordare ma… sbagliato perché parziale. Sembra, cioè, che il processo sia continuo ed uniforme, una bella S et voilà, si impara e poi… poi o massa o si è raggiunto il proprio limite. Sull’asse del tempo che unità di misura c’è? Secondi o eoni?