Lo stress può essere positivo o eustress se causa una mobilitazione delle risorse del nostro corpo rivolte al raggiungimento di uno stato psicofisico migliore, o negativo o distress se accade l'opposto.

Noi siamo colpiti da innumerevoli stimoli esterni in quantità estremamente variabili. In più, ogni individuo ha una sua ben precisa capacità di reazione ai singoli stress. La somma di tutti gli stress è la domanda dell'ambiente a cui noi dobbiamo rispondere con la totalità delle nostre risorse organiche.

L'allenamento è una forma di stress. Sarebbe facile, adesso, affermare questo: l'OT è dato da un allenamento che non si inserisce correttamente nel quadro degli stimoli totali. Ok, in linea di principio è vero. Però l'OT colpisce atleti professionisti seguiti da team di persone come ragazzi di livello medio che si allenano, come addirittura il 20enne che va in palestra a farsi il fisico che di sicuro non deve andare alle Olimpiadi!

Come è possibile, cioè, sbagliare così tanto? Perchè ci sono persone che si fanno tanto male con l'allenamento? Perchè l'allenamento è la loro pistola alla tempia?

Virtuoso o vizioso?


Ecco un classico schema che in Teoria dei Sistemi si chiama sistema a retroazione. Possiamo anche chiamarlo “Schema Universale della Soddisfazione o dell'Insoddisfazione”, la via ingegneristica verso il Paradiso o l'Inferno. Questa volta è applicato all'allenamento ma se cambiate le due caselle centrali con quello che volete, vedrete che funziona sempre.

La casella a sinistra rappresenta le aspettative, i desideri, quello che ci farebbe piacere ottenere per essere come non siamo. La casella a destra rappresenta il mio stato attuale, come sono adesso.

Gli estremi risultano però in comunicazione dato che “vorrei essere” e “sono” finiscono dentro il pallino blu, che produce in uscita la differenza fra i due stati. Ovviamente, è una rappresentazione, non è che esiste un chip che fa queste cose! Più questa differenza è elevata e meno sono come vorrei essere.

La distanza dal desiderio causa delle reazioni psicologiche variabili in ognuno di noi, ma queste reazioni ci sono sempre. E queste reazioni causano delle azioni da parte nostra.

Nel nostro caso il “vorrei essere” è relazionato alla prestanza del nostro corpo: una velocità, dei Kg da sollevare, una distanza, un tempo, una quantità di massa muscolare o di grasso corporeo. Assegno perciò all'allenamento il ruolo di “strumento per migliorare”

A questo punto mi alleno, cioè metto in pratica l'idea che ho pensato per migliorare. L'allenamento provoca un effetto, e qui inizia il loop: l'effetto finale torna in ingresso tramite la freccia che scorre sotto le caselle, è il ritorno indietro o feedback, il risultato finale che viene nuovamente confrontato con il risultato sperato, e inizia un altro giro.

I sistemi retroazionati sono molto potenti, proprio perchè si autoalimentano permettendo di raggiungere l'obbiettivo finale, che in questo caso è il raggiungimento del “vorrei essere”.

Qualcuno adesso starà cercando l'errore in questo schema, quello che inevitabilmente porta all'OT. Ma... non c'è. Non c'è nulla di male in questo schema, anzi, è così che l'allenamento dovrebbe essere: una ricerca del risultato tramite un confronto continuo con il mio stato attuale, in un circolo virtuoso migliorativo.

Ma si capisce anche come un sistema del genere sia molto delicato e l'effetto può variare in funzione di quello che mettete nelle scatolette: se l'effetto finale è peggiore della situazione iniziale, aumenta la differenza fra come vorrei essere e come sono, perciò lo stimolo ad allenarsi cresce.

E' facile creare una spirale autodistruttiva, che stringe il malcapitato sempre più, come le spire di boa constrictor: è la presenza della retroazione che ha la capacità di amplificare i risultati. Perciò il problema è l'amplificazione degli errori, non gli errori in se.

Senza giro non c'è OT.

E' fondamentale che capiate due degli elementi che creano l'OT:
  1. un allenamento errato, cioè il contenuto della casellina relativa all'idea di come allenarsi non va bene
  2. del tempo per amplificare gli effetti negativi. Senza girare nello schema non si va OT
Quelli che si lamentano che non ottengono dopo due mesi di allenamento furioso e pensano di essere in OT stiano tranquilli, come quelli che gli consigliano sempre di rallentare perchè possono andare OT. I principianti in due mesi possono solo commettere le castronerie da principianti, fidatevi.

E' proprio il fatto che l'OT richiede tempo che lo rende subdolo, perchè si confonde con i normali effetti dell'allenamento. Paradossalmente è peggio un allenamento “quasi errato” che uno toppato del tutto. Perchè quello del tutto illogico porta rapidamente a sgamare gli errori, mentre è possibile sostenere un allenamento “un po'” al limite. Sarà la retroazione, cioè tutte le volte che ripercorrete lo schema alla ricerca di un miglioramento che amplificherà i piccoli errori, ma quando ve ne accorgerete sarà troppo tardi.

I principianti difficilmente possono arrivare all'OT perchè esagerano così tanto da abbattersi da soli dopo pochissimo.

A questo punto abbiamo un mezzo per percorrere la via del miglioramento, ma questo mezzo è molto delicato. Vediamo chi è il perfetto pilota verso l'OT.

Il profilo psicologico, meglio dell'FBI di Quantico

Ho chiesto ai miei amici dell'FBI di Quantico che lavorano per fare il profilo dei Serial Killer di identificare i tratti tipici del candidato all'OT. Non ci sono riusciti nemmeno loro. Vabbè, ci provo io. Ecco il candidato perfetto per l'Overtraining.

I nuovi standard

Mi spiace dover fare il sermone sociologico, ma la Società di oggi impone una grossa pressione psicologica sul corpo, su come questo appare agli altri. Standard estetici sempre più irraggiungibili, a cui dedicare sempre più tempo, livelli di prestazione sempre più elevati, informazioni prima confinate in ambito specialistico e oggi diffuse alle masse.

In questo quadretto è chiaro che le aspettative di ognuno di noi diventano sempre più elevate, anche se non vogliamo. L'eccesso è sempre dietro l'angolo, e questo eccesso colpisce tutti, sia quelli che vogliono raggiungere il proprio ideale di fisico, sia quelli che lo rinnegano. Nessuno è così asceta da non essere influenzato dal bombardamento mediatico dei nuovi supercorpi.

Le aspettative crescono e ognuno di noi pensa che l'accettazione sociale sia legata all'essere o non essere in un certo modo. C'è chi si butta nella carriera, chi nel fare i soldi in qualsiasi modo, chi desidera il SUV per farsi vedere, chi vuole che la propria ragazza sia in un certo modo per esibirla il sabato sera.

Ognuno ricerca “qualcosa”, ognuno può farsi molto male con quel “qualcosa”. Perchè quel “qualcosa” è l'oggetto delle proprie aspettative, su cui riversiamo energie, su cui puntiamo tutto.

Per alcuni quel “qualcosa” è il proprio corpo, inteso come forma corporea e come prestanza fisica. Se l'oggetto delle proprie aspettative è ottenere qualcosa dal proprio corpo, l'allenamento diventa il mezzo con cui soddisfare queste aspettative.

Questo è il cambiamento sociale: 20 anni fa si chiedeva sempre di più agli atleti, oggi si chiede sempre di più agli atleti MA ANCHE all'uomo comune. L'addominale tassellato 20 anni fa era un appannaggio esclusivamente di chi faceva un qualche sport, oggi è ritenuto necessario semplicemente per andare al mare.

La pressione psicologica non è più propria degli atleti, ma anche del ragazzino sfigato che vede nell'allenamento un modo per ottenere quello che desidera.

La percezione di se stessi.

Il nostro candidato è una persona che ha delle aspettative su se stesso. Vuole, desidera fortemente ottenere certi risultati. E' irrilevante se siano prestativi o estetici, è irrilevante lo sport che pratica o il livello a cui lo pratica. Questi obbiettivi sono il “voglio essere” rispetto al “sono”.

Il raggiungimento di questi obbiettivi è per lui fonte di gratificazione, perchè associa ad essi un “riconoscimento sociale”. Associa a questa gratificazione il significato di “essere bello”. Ripeto: di per se non c'è nulla di male in un automiglioramento, anzi, la volontà di migliorarsi è la chiave primaria che muove coloro che ottengono risultati nella vita.

Chi non pensa di avere possibilità, che solo gli dessero una occasione “gli farebbero vedere”? Ognuno di noi ha un ben preciso giudizio di se stesso, peccato che molte volte sia errato e porti a decisioni errate.

Incredibilmente, il candidato perfetto per l'OT è colui che ha una buona percezione di se stesso, non il gasato cazzaro o quello che pensa di essere una *****ccia (uso termini molto tecnici, chiedete se non capite).

Chi è eccessivo non può andare OT, non ci riesce. Se l'opinione di se stessi è troppo elevata, le aspettative saranno di conseguenza così elevate che dopo poco i risultati faranno capire che si è sbagliato. Sse l'opinione è troppo scarsa, la distanza fra il proprio stato attuale e il risultato finale verrà percepita come immensa e non si proverà nemmeno ad allenarsi per ottenere risultati considerati non fattibili.