Ok, ma non ci dicono nulla di come sto io. Il “mi sento bene” o “sono uno zombie” è monitorabile con:
Temperatura
Pressione
Umidità
Pressione sanguigna
Livelli ormonali
Azotemia
Glicemia
Ematocrito
Ferritina/Ferro
Livelli di adrenalina, cortisolo, delle catecolamine, delle prostaglandine (ok, invento, di preciso non so mica cosa sono, ma fa scena…)

Mi sembra ovvio che il vostro stato di forma non sia un qualcosa di aleatorio, ma di definibile in maniera più precisa. Altre variabili quali l’umore o lo stato d’animo possono essere definite se non altro su una scala di riferimento con dei voti, che so… da 1 a 10.

Cosa emerge da questi elenchi? Che le variabili sono innumerevoli. Tante. Vogliamo poi legarle tutte insieme fra loro, per trovare delle regole, degli algoritmi che ci permettano di prendere delle decisioni.

Faccio un esempio. Uno. Perché già così sarà un bagno di sangue. Prendiamo la famosa “legge” che lega il numero di ripetizioni alle percentuali del massimale. Google… ecco.
La “legge”, dedotta attraverso una statistica, lega insieme il numero di ripetizioni con il carico utilizzato. Grafico e formula et voilà. Lasciate fare la formuletta che mi serve solo come esempio, non è reale ma l’ha calcolata Excel con un algoritmo corretto ma che viene applicato nella maniera sbagliata.

Se io riuscissi a trovare tutte leggi di questo tipo, sarei a posto. Ma… analizziamo meglio la formuletta.

E’ vera per tutti gli esercizi? No, per la panca funziona in un modo, per lo squat in un altro. Diciamo che avremo almeno 2 formule, per la parte superiore del corpo e per la parte inferiore. Ad esempio, le formule di Maurice e Rydin
E’ vera per tutti i livelli di prestazione? Cioè: io con 100Kg di panca farò 8 rip con 70Kg, ma chi ha 200Kg ne farà 8 con 140Kg? No, ne farà 6. Introdurrò un coefficiente che mi tiene conto di questo, A

E’ vera per tutte le età? Ok, altro coefficiente, B

E’ vera in tutte le condizioni climatiche? Dài, un po’ di complicazione in più, C

E così via, fino a che la formulina diventa un qualcosa del genere, con tutti i parametri che possiamo mettere.


Abbiamo una formula che tiene conto di tutto. Ma… funziona? Ok, se io a parità di tutto faccio 137Kg di panca per 2 ripetizioni con un massimale di 150, mi dirà quanti Kg devo caricare per farne 7. Ma se ho un picco di testosterone però il mio capo mi ha trattato come una pezza da piedi, potrò caricare di più o di meno del caso in cui non ho dormito, mi ha lasciato mia moglie ma ho vinto un superenalotto e mi sto allenando alle Bahamas? Io dico che mettendo tutti questi numerelli dentro otterremmo dei risultati quasi casuali.
Questo è un caso semplice, ma quanti basano quello che fanno su “studi scientifici” che prendono in esame 2 parametri e basta su un set di 50?

Non è possibile determinare un modello meccanico del nostro corpo che ci permetta di avere dei risultati. Ci volevano migliaia di righe per dire questo? Sì, perché sembra scontato, ma non lo è. Ed è facile cascare nelle ricette preconfezionate. Ripartite dall’inizio con la “legge” del testosterone e del cortisolo: c’è chi dice che non ci si può allenare per più di 75’ pena il deperimento della prestazione. Perché? E’ come dire che c’è una legge che lega la durata dell’allenamento con un ormone. E l’età, lo stress, l’anzianità di allenamento e tutto il resto?

E quelli che dicono “3 ripetizioni sono per la forza e 8 per la massa”? Un legame fra ripetizioni e crescita muscolare. Oppure quelli che aspettano il picco della supercompensazione, un legame fra tempo e performance. O ancora quelli dello squat re degli esercizi: un legame fra esercizio specifico e risposta globale dell’organismo.

Il problema non è che sia impossibile determinare un modello. E’ impossibile determinare un modello gestibile. Le variabili sono troppe, e questo porta all’impossibilità di prevedere i risultati con precisione. E’ un problema di complessità.

Chi è una vita che si allena riesce a dominare la complessità tramite l’esperienza. Come dire… le ha provate un po’ tutte. La somma di tutte le proprie conoscenze e di tutte le prove empiriche determina la capacità di controllare le variabili in gioco, perché il nostro amico ha esplorato il causa-effetto delle varie “leggi” che sicuramente esistono tramite la variazione, negli anni, delle variabili d’ingresso. Il nostro amico sa benissimo che 10 anni fa riusciva a fare 8 rip con l’80% e ragionava così per i suoi allenamenti, ora sa che con il nuovo 80% più elevato riesce a farne 6. Perciò riesce a dominare una parte delle variabili di questa legge.

La teoria permette di selezionare dei valori di partenza quanto meno accettabili, la pratica di anni ha permesso di comprendere, variando i parametri, come questi sono legati.

L’istintività, perciò, è la capacità di determinare a fronte di un’analisi più o meno accurata di tutti i fattori ambientali, quello che è meglio per me o per i miei allievi. Non c’è nulla di viscerale, di umorale, di mistico. E’ la capacità che avete voi di scegliere quello che è meglio sulla base delle vostre conoscenze teoriche e pratiche.

La semplice teoria non è però sufficiente, sebbene necessaria. Esempio: la teoria per sviluppare la forza dice che dovete utilizzare carichi massimali. L’esperienza vi porta a comprendere quale sia la strategia migliore per voi. C’è chi utilizzerà un 5×1, chi un carico ad onda, chi un massimale secco. E sempre l’esperienza vi porterà a determinare se il 5×1 sia meglio farlo 2 o 1 volta a settimana in quel dato momento della vostra vita. Voi “sentite” proprio quello che è meglio per voi!

Questa è l’istintività. Il resto è andare a caso, a sensazione, con la pancia e con le visceri. L’istintività è l’arte di sapersi allenare: teoria e pratica. Non esiste una istintività che agisce sulla base delle sensazioni corporee, questo è animalesco. Esiste invece una conoscenza così assimilata da diventare quasi subcosciente, che vi fa giudicare gli input sensoriali in maniera mediata.

Quanti si possono allenare così con risultati? E voi? Perciò il mio consiglio è di studiare ed informarsi. E di provare. Ma provare con criterio: un metodo dovete portarlo fino in fondo, nella sua formulazione originaria. Non dovete metterci del vostro. Perché state cambiando i parametri. Che funzioni o che non funzioni,

***** quanto ho scritto… e non c’è nemmeno una figurina. Dài, ora ce la metto. So che molti stanno storcendo il naso, non li ho convinti (ed è giusto che sia così del resto, altrimenti parlerei a me stesso).

Per ora ho solo distrutto, senza costruire nulla. Nessuna idea su come fare se non “leggete, studiate, praticate”.

Comandamento numero cinque: definire quello che vogliamo. Se non definiamo questo in maniera comune, parliamo lingue diverse.

Il BB è la costruzione di un corpo “armonico” ed “esteticamente bello”. Ma queste tre paroline possiamo riscriverle così: noi vogliamo, essenzialmente, essere più forti, più grossi e più definiti di quanto eravamo X giorni fa. E’ plausibile e vi ci ritrovate: questo è quello che vogliamo.

Perciò vogliamo determinare delle strategie per incrementare i carichi, incrementare il tessuto muscolare e decrementare il nostro grasso corporeo. Noi associamo questa condizione oggettiva a quella soggettiva di “essere più belli”. Nessuno di noi si sognerebbe di cambiare il colore degli occhi con un esercizio o di avere la faccia di Brad Pitt con uno schema di allenamento. Eppure è sempre “essere più belli”.

Noi vogliamo questo, essere forti, grossi e definiti. Visualizzate questo: se in palestra conoscete uno nuovo, cosa gli chiedete? Quanto fa di panca e quanto ha di bicipite. Giusto, sbagliato. Non è rilevante. Un parametro di forza, uno di estetica fisica, entrambi secondo i “nostri” valori. Non gli chiedete quanto ha di push press o quanto misura di quadricipite. Né quanto ha sui 100 metri. Tutti noi siamo ancorati all’idea di forte-perché-è-grosso e grosso-perché-è-forte. Non negatelo. Strong as you look. Mi fermo qui.

Certo, ognuno di noi ricercherà più o meno questi elementi, cioè la situazione può rappresentarsi in questo modo.
Non ci sarà mai una assenza di una componente, anche in quelli che vogliono smodatamente avere il massimo volume corporeo. Chi vorrebbe essere enorme ma ricoperto di grasso come un tricheco e forte come la sega che fa la panca con 50Kg. Dài…
Perciò “bello” equivale a “più coordinazione neuromuscolare, più miofibrille, adipociti meno carichi di molecole di grasso”. Abbiamo eliminato un bel pezzo di soggettività, no? Meno romanticismo.

Quello che differenzia le varie “correnti” è il “come” ottenere questo risultato. Qui i pensieri divergono. C’è chi dice che l’80% è genetica, oppure chi dice che l’80% è l’alimentazione. Queste, se permettete, sono giustificazioni che frenano i progressi. Tornate al capoverso precedente: quelle cose lì si ottengono tramite l’applicazione di stimoli per ottenere un adattamento. Mero adattamento nulla di più. La genetica è ad esempio lo zoccolo di partenza, poi CHIUNQUE può ottenere qualcosa.

Iniziamo a limitare l’ambito di questa trattazione. Se Dio vuole, possiamo considerare l’allenamento e l’alimentazione come correlati in maniera molto lasca. In nessun’altro “sport” è presente una cura certosina dell’alimentazione come nel culturismo. Mangiare pulito, integrare per recuperare gli allenamenti, non avere grasso in eccesso sono dei punti cardine di qualunque programma dietetico per gli sportivi. Ma dato che il proprio peso corporeo è un qualcosa da portarsi dietro, una volta che si rientra nel peso forma o nella propria categoria di peso ben difficilmente ci sarà una ricerca della massa magra. Negli sport dove gli atleti devono essere “pesanti” è ricercato spessissimo il peso corporeo, indipendentemente dalla massa.

Se vogliamo essere grossi e definiti è necessario curare la nostra alimentazione. Banale, ma tanto per puntualizzare: il cibo è un aiuto ergogeno (cioè non creato dall’interno) necessario per creare l’ambiente adatto alla crescita muscolare. L’allenamento è lo stimolo che determina la crescita. Il risultato finale è la somma dei due. Mi raccomando: lasciate stare Lee Priest che fuori gara è un obeso con i trigliceridi alti e in gara è squartato e definito.
A me non interessa l’alimentazione, mi concentro sull’allenamento. Per quello che vedo, ritengo che anche nell’alimentazione valgano i vari “livelli” del videogioco della palestra. Nell’alimentazione la costanza (non la maniacalità) paga. Sono convinto che tanti viaggino in un regime ipocalorico costante. Ma questo è un altro film.
Comandamento numero sei: imparate a considerare le variabili dell’allenamento in maniera globale. Se le variabili sono tutte interconnesse, dobbiamo rappresentarle in qualche maniera. Diamo anche una rappresentazione della accommodation law.
Il diagramma sottostante è una rappresentazione delle principali variabili di carico.
In questo modo si ha una visione complessiva del vostro allenamento. In realtà dovete immaginare un diagramma con tantissimi “lati”, uno per ogni variabile.

Nel caso in esame, Tizio fa un numero esagerato di serie per pochissimi esercizi, ad intensità media, Caio invece esegue più esercizi, alla morte e per molte sedute. Notate come le spezzate diano proprio l’idea della diversità degli schemi. Diamogli un po’ di movimento
Questa è la situazione di un tizio che utilizza questo criterio di incremento del carico: eseguo un 3×6 e cerco di incrementare il carico un pochinino ad ogni seduta. Tutti i parametri sono fermi meno quello del carico. La fine del ciclo è decretata dall’accommodation law: l’incremento di carico diventa sempre più piccolo e poi cessa.

La rappresentazione su un piano (cioè una visione “globale”) fa capire che non stiamo esplorando tutte le combinazioni interessanti: ci muoviamo su una retta. Se scarichiamo e ricominciamo, siamo sempre sulla stessa retta, cioè in un mondo unidimensionale