Ho avuto modo di vedere questo film-documentario che tanto scalpore ha suscitato nel nostro piccolo ambiente. Il film è incredibile, pazzesco. Non polemico, non rissoso, non moralizzatore, ma cinico. E… sì, triste. Quello che posso dire è di aver provato una enorme sensazione di squallore, e di tristezza per questo squallore. Fantastico.
Invito tutti a guardare il film e a non fidarsi di quello che scrivo. Perché per quanto mi possa sforzare di essere obbiettivo, ognuno “vede” le cose filtrandole attraverso il proprio vissuto. Nessuno storico è veramente imparziale, la cronaca non esiste e gli eventi raccontati sono sempre, seppur in minima parte, interpretati da chi li racconta.
Quello che scriverò sono mie considerazioni su quello che a me ha colpito. A me. Non a voi. Perciò… fatevi la vostra copia di backup e guardatelo.
Sociocazzate
Il film è per una platea americana, non europea né tanto meno italiana. Dovete tenere a mente sempre questo, e fare lo sforzo di calarvi nella realtà di questo strano paese che è l’America. Non potete, cioè, scindere il film dall’ambiente che racconta, né fare paragoni, perciò è necessaria una analisi “sociologica” del Fenomeno America.
Ovviamente, io non sono titolato per farlo, e vi fornisco la mia personale visione, le mie sociocazzate. Poiché sembrerà che sono anti-americano, premetto questo: mi proponessero un lavoro identico a quello che ho, una casa media come quella che ho, una macchinaccia di ***** come quella che ho, il mio tenore di vita medio traslato in qualche sperduto paese dell’Indiana, io mi fionderei immediatamente in America.
L’America, un paese in cui tutti pagano le tasse e contribuiscono al benessere di tutti e chi non le paga o froda il Fisco finisce in galera per secoli, portato dentro dall’FBI che gli mette le fascette ai polsi mentre gli vengono letti i diritti. L’America, un paese dove fa i soldi chi ha merito, dove si punta sul merito, dove si ostentano i soldi perché chi li ha fatti ha meritato di farli, dove si ottengono mutui per le idee, dove si investe nei giovani e nella ricerca. L’America dove la pena è certa (di sicuro se sei nero, meno se sei bianco), dove i gay hanno un enorme peso politico, dove un presidente che mente alla popolazione viene scaraventato fuori a calci.
Prendiamo il buono dall’America, invece di fissarsi sempre sui soliti refrain con gli antiamericani che citano la sanità a pagamento e l’assenza di ammortizzatori sociali (verissimo e mai vorrei essere uno senza soldi, malato, in America) e con i filoamericani che vogliono importare la possibilità di licenziare sui due piedi e il liberismo assoluto.
Noi, gli europei cinici e disincantati, noi, gli italiani furbi che non fanno la fila con l’assenza totale di senso dello Stato nel DNA guardiamo con sufficienza a questo popolo semplice che canta l’inno nazionale alle partite del Liceo e mangia la torta di mele dopo il barbecue.
Proviamo un attimo a metterci nei panni di un americano che osserva i Km interminabili di rifiuti a Napoli visti in televisione, o un Tanzi che si lamenta del fatto che gli è stata inflitta una pena esagerata quando lo scandalo della Parmalat è stato enormemente più grande di quello della Enron. Cosa penserebbe del nostro sistema giudiziario dove la pena si perde nei meandri delle lungaggini burocratiche e dove un mafioso può uscire per decorrenza degli arresti preventivi, o del nostro sistema politico dove persone condannate in via definitiva continuano a rimanere murate alle loro poltrone.
Non voglio fare della stupida demagogia, lo dico solo perchè voglio che il lettore sappia che mi sforzo di essere quanto più possibile imparziale, e di capire come stanno le cose.
La storia
Il film è la storia di 3 fratelli che da piccoli guardavano Hulk Hogan combattere sul ring, in pieno Reaganismo quando la retorica dell’America portatrice di Libertà contro il Comunismo era al massimo.
I 3 ragazzi vorrebbero essere grandi e forti, vorrebbero essere come Hulk Hogan ma in realtà sono i soliti americani grassi provenienti da una famiglia di gente sovrappeso. Crescono, vengono a contatto con gli steroidi, li prendono. La loro storia si interseca con quella del “fenomeno steroidi” e ne affronta tantissime sfaccettature.
Mi permetto di dire che non dovete cadere nella trappola di vedere il film centrato sugli steroidi in maniera “tecnica”, sul bodybuilding o sul powerlifting. Perché è una visione riduttiva del tutto.
Il film mostra quello che già abbiamo affrontato moltissime volte: che non ci sono poi prove sulla tossicità, su effetti disastrosi per gli utilizzatori, che l’alcool e il fumo uccidono più persone di quanto non ne facciano le bombe. Classica carrellata con “morti da alcool 100000 persone l’anno” (invento il numero ma il senso è questo), “morti da tabacco 70000 persone l’anno, morti da steroidi, 3 persone l’anno”.
Il film fa anche vedere come sia legale riempirsi di protesi, prendere medicine di tutti i tipi, tranquillanti a pioggia, emblematico è l’uso dei betabloccanti da parte dei musicisti. Viene fatto vedere come l’aviazione militare americana sia l’unica al mondo che fa utilizzare ai suoi piloti le go-pills, stimolanti per migliorare le prestazioni in combattimento (ok, qualche volta si fa un po’ di friendly fire, e qualcuno dei nostri schianta, ma si sa che i danni collaterali siano comuni a tutte le guerre, no?).
Viene mostrato come, con l’approccio tipico americano, la soluzione al problema-steroidi sia stata la proibizione totale con pene impressionanti per chi detiene e spaccia. E lì in galera ci si rimane eh… e tutto questo, come sempre, non funziona perché l’uso di steroidi è in crescita.
Il film, perciò, invita alla legalizzazione? O vuol derubricare l’uso delle bombe tramite il solito “ne uccide più l’alcool delle bombe?” o “non ci sono dati che gli steroidi facciano morire?”. Non avendo visto il film, avevo una opinione sbagliata.
Mi permetto di dirvi: non fatevi fregare. Perché sebbene si parli di steroidi, il film permette molte altre considerazioni. L’intento è di denunciare quella che è una pazzesca stortura del Sistema.
Perché le bombe sono socialmente condannate, denigrate, bandite quando poi il loro utilizzo è endemico? Perché un musicista, un artista non viene sminuito dall’uso dei suoi steroidi, betabloccanti, stimolanti, e un bodybuilder invece si? Perché un ballerino (di fatto un “atleta artistico”) che usa tonnellate di chimica per reggere allenamenti e spettacoli non viene svilito del suo ruolo mentre un powerlifter o un atleta di qualsiasi sporti viene chiamato cheater?
E poi, perché vengono usate, le bombe? Solo il 15% degli utilizzatori è un atleta e il resto è il recreational gym rat, il tizio della palestra senza velleità competitive. Perché?
Il film non risponde pienamente a queste domande, ma direttamente o indirettamente la risposta c’è. O, almeno, io me la sono data.
Il pezzo che mi ha colpito di più è l’intervista ad Harrison Pope, uno psichiatra che ha studiato il bodybuilding. Mostra come, nei decenni, le action figures di G.I.Joe (i pupazzetti del ***** che a me non sono mai piaciuti, nemmeno da piccolo) sono diventati via via più muscolosi e grossi.
Internet è meravigliosa e sudando un po’ su Google ho trovato l’articolo, assolutamente geniale. Però sono ancora alla ricerca di una risposta: i pupazzini, nel tempo, diventano più muscolosi. Perché? Chi inizia cosa?
Mi sono sforzato, nella visione di questo film come nella lettura di tutta quella roba sull’uso e l’abuso di steroidi, di scindere la parte tecnica dalla parte delle motivazioni, il “come prendere gli steroidi” per capire se sia possibile un uso ed un abuso dal “perché prendere gli steroidi”.
Bene, alla fine mantenere questa divisione mi è sempre più difficile, perché le bombe fanno parte di un meccanismo più grande, profondo, introspettivo. Sto scaricando materiale, leggendo tesi, articoli, e mi sto accorgendo che il bodybuilding è un tassello di un puzzle molto più grande che è la percezione di se stessi, e le bombe sono solo la punta di un problema più ampio: l’occidentalizzazione del Mondo crea eserciti di obesi ma al contempo crea un ideale di mascolinità sempre più “bodybuilder”, ma chi è la causa e chi l’effetto, ancora non l’ho capito.
Provate a darvi voi la risposta. Forse, anche voi proverete la stessa sensazione di squallore e di tristezza.
Segnalibri