
Originariamente Scritto da
Fenix
Premessa: da pochi mesi stò collaborando con una piccola rivista locale che mi ha chiesto di curare la rubrica del fitness.i contenuti devono essere estremamente elementari per essere accessibile e comprensibili al lettore medio, di qualunque età e grado di istruzione.oltretutto tutto l' articolo deve stare in un A4.Ho aperto questa parentesi perchè per coloro che già qualcosa masticano di aliementazione o allenamento questi articoli sono ovviamente obsoleti, ma magari possono dare spunti ai niubbies.E poi tanto li ho già scritti quindi...
ENERGIA DA CONTROLLARE: I CARBOIDRATI.
Da sempre giustamente considerati la fonte energetica per eccellenza, questi macronutrienti hanno attirato l’attenzione di scienziati e nutrizionisti americani, tra il 1981 e il 1991. In questo decennio infatti il governo americano fece una campagna antiobesità, e per sensibilizzare i cittadini demonizzò i grassi, senza porre limiti al consumo di carboidrati. Il risultato?Il 18% di obesi in più. Da qui si cominciò ad indagare sulle proprietà degli zuccheri e sul loro funzionamento, per capire se questi potevano essere causa o meno dell’ingrassamento della popolazione. Cominciamo col dire che questo tipo di alimento, a seconda della sua composizione molecolare, può essere definito monosaccaride, disaccaride, oligosaccaride e polisaccaride. Ma tutti questi zuccheri,una volta ingeriti, vengono scomposti dal nostro organismo e trasformati in un unico zucchero, considerato per l’uomo la fonte energetica per eccellenza: il glucosio. A sua volta, il glucosio, viene trasformato e immagazzinato sotto forma di glicogeno nei “serbatoi” energetici prevalentemente delle cellule muscolari ma anche del fegato. L’ ormone che da vita a tale processo è l’insulina. Oltre al suo contenuto di zuccheri e kcal, va preso in considerazione un’altro fattore che determina quanto uno zucchero possa essere pericoloso per la linea e quindi il suo effetto ingrassante. Dopo la sua ingestione, infatti, a seconda di quanto lo zucchero è semplice o strutturalmente scomponibile dai nostri enzimi, entrerà più o meno velocemente nel nostro sistema cardiocircolatorio trasformato in glicogeno e pronto per essere impiegato come fonte energetica. Il tempo che un alimento impiega per essere trasformato viene espresso da un valore che si chiama Indice Glicemico (IG), ovvero la quantità di glucosio presente nel sangue.
Più questo indice è elevato meno tempo abbiamo per utilizzarlo. Possiamo quindi dire che ci da un’idea di quanto tempo abbiamo per consumarlo (bruciarlo come energia) prima che si trasformi in grasso. Come? Una volta riempiti i “serbatoi” che dicevamo prima, l’insulina trasformerà il glicogeno in trigliceridi e li immagazzinerà sotto forma di adipe. Al contrario se l'organismo avverte un calo glicemico (glicemia bassa, pochi zuccheri nel sangue),verrà prodotto Glucagone, un ormone che ha la capacità di spingere il fegato ed i muscoli a rilasciare la riserva nei propri serbatoi, trasformandolo poi in glucosio. Quando le riserve sono consumate spinge all'utilizzo dei grassi di deposito e alla loro trasformazione in grasso. Il glucosio ha IG pari a 100, ed è questo valore il riferimento per ogni alimento. Più alimenti combinati assieme modificano l’IG l’uno dell’altro. Ad esempio, prendiamo un alimento comune: la pasta. Scondita avrebbe IG pari a 60ca, ma condita può arrivare anche a 30/20 e seconda del condimento. Supponiamo di consumarla ad esempio in un pasto condita con un filo d’olio e con della carne (che ha IG pari a zero) ed ecco che il tempo a disposizione per consumare le scorte energetiche fornite dalla pasta si dilata perché impiegheremo più tempo per scomporla in glicogeno e assimilarla. Questo è un fattore assolutamente da non trascurare nella scelta degli alimenti e dei loro tempi di assunzione. Ad esempio un pasto ad alto IG è fortemente consigliato dopo un allenamento sportivo, ma del tutto inadeguato per un sedentario o per un pasto lontano da attività fisica. Attenzione anche alle varie diete che si trovano spesso sulle riviste. Queste diete sfruttano la capacità dei carboidrati di legarsi all’acqua (1gr di carboidrati trattiene 3gr di acqua). Considerando che normalmente le scorte di carboidrati di un uomo ammontano a 400/500gr, eliminandoli dalla dieta avviene che presto le scorte vadano esaurite e con esse l’acqua che trattengono (circa 3 volte tanto, quindi 1200/1500 gr di acqua) ed ecco che nel giro di pochi giorni si perdono circa 2kg. Peccato però che questo sia peso che va via dalla muscolatura scheletrica, lasciandoci non solo lo stesso grasso addosso, ma sbilanciando la massa corporea a favore dell’adipe. Questo crea una perdita di tessuto metabolicamente attivo (muscolo che brucia grasso per muoversi) e una forma fisica flaccida e tutt’altro che tonica. Oltretutto, in tali situazioni, il nostro organismo, per procurarsi l’energia che gli occorre, tenderà a scomporre tessuto magro e trasformarlo in zuccheri attraverso un processo chiamato gluconeogenesi, con tutti gli scarti metabolici nocivi che ne conseguono. Un piccolo doveroso accenno va al nostro cervello che, per lavorare, utilizza esclusivamente zuccheri, e una loro mancanza può causare la morte delle cellule celebrali.Perciò il segreto sta sempre nella moderazione, nel conoscere gli alimenti e le reazioni che scateneranno nel nostro organismo una volta ingeriti o eliminati dalla nostra dieta.
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