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Discussione: I principi dell'allenamento sportivo nella "Teoria" di Harre.

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  1. #1
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    6) Principio dell’evidenza




    Il principio dell’evidenza si fonda sulla comprensione chiara e concreta dei fenomeni, sull’acquisizione delle immagini che fotografano il movimento e si rendono necessarie per sviluppare l’attività.
    Con esso ci orientiamo verso il grado più alto della conoscenza, con quelle che sono le forme più importanti atte ad offrirci i dati da cui partire per l’elaborazione mentale del gesto motorio: la sensazione e la percezione.



    Realizzare questo principio nel processo di allenamento richiede capacità funzionale e l’impiego della maggior quantità possibile degli organi di senso quali recettori complessi di movimento.
    Pertanto, lavorare secondo i canoni dell’evidenza nell’allenamento presuppone l’applicazione di molteplici mezzi della rappresentazione visiva, che contribuiscono a procurare una presentazione il più completa possibile nonché riproducibile del movimento e dell’azione tattica da assimilare, così da determinare le componenti essenziali e la misura utile di esse (es. quantità e intensità), in relazione al tipo di prestazione sportiva cui si mira.



    Quanto detto comporta l’importanza che il programma di allenamento sia chiaro alla comprensione dell’atleta, intellegibile e traducibile nella pratica quotidiana, tale che l’atleta possa comprenderne l’essenza, giustificarne il decorso, concordare sugli obiettivi e valutare insieme al tecnico le tappe ed i risultati intermedi.
    Al tempo stesso deve essere in grado di avere idee raffigurative che rispecchino il più possibile le immagini che potrà ripetutamente vedere, far proprie, ripetere ed assimilare nell’atto sportivo da compiere e perfezionare.



    Ne consegue che le regole base per la costruzione di un processo di allenamento, seguendo il principio dell’evidenza sono:

    a) Creare una rappresentazione esatta della struttura del movimento insegnato; ciò si verifica mostrando e precisando la gestualità ed affinando la percezione di essa, fornendo chiarificazioni suppletive, dando continue indicazioni e intavolando discussioni sul tema, facendo svolgere esercitazioni pratiche attinenti.
    Con una buona presentazione del piano di lavoro si può accelerarne l’acquisizione, e l’esatta rispondenza delle esercitazioni pratiche alle fattispecie di gara sono il presupposto per un rapido apprendimento della tecnica.


    b) Adottare una molteplicità di mezzi idonei di illustrazione: i particolari di un movimento e le rappresentazioni spaziali tramite figure, diagrammi, foto, video ma pure rilievi ottici ed acustici, accompagnamenti ritmici, lavagne magnetiche ed altri accorgimenti ciascuno più o meno adatto a seconda della specialità sportiva.


    c) Lavorare per la risoluzione di difetti, handicap, errori tecnico tattici e – in generale – per vari compiti educativi alla disciplina.
    Tra i modelli che agevolano la correzione di errori e posture nonché il miglioramento della biomeccanica, dell’approccio, del setup e il miglioramento nell’insieme dell’atto da compiere vi sono gli esempi pratici costituiti da altri atleti (o squadre), le prestazioni precedenti, le fattispecie analoghe, le trasferte per assistere a gare e stage, i raduni sportivi e le riunioni.



    Nella realizzazione del principio di evidenza si dovrebbe prestare particolare attenzione ai cambiamenti ed alle connotazioni diverse da assumere in rapporto alle diverse età.
    Nell’età giovanile domina infatti la percezione sensitiva, mentre con l’aumentare degli anni acquistano importanza maggiore le parole chiarificatrici e l’illustrazione di più ampio spettro.



    L’ambiente viene soggettivamente percepito mediante stimoli differenti a seconda delle circostanze e delle individualità: la percezione può aver luogo con gli occhi, le orecchie, il senso tattile e la sensazione muscolare e di movimento.
    In esito a ciò si è soliti suddividere il tipo di recettività: visivo, acustico e motorio. Queste tre tipologie di sensibilità sono presenti in ognuno di noi ma possono prevalere in modo diverso in un atleta rispetto ad un altro e in ciascuno a seconda della situazione contingente.



    Compito dell’allenatore deve essere anche quello di capire e conoscere quale tipologia di stimolo predomini in assoluto nel singolo e quale sia più forte nel momento topico, al fine di indirizzare agli atleti le rappresentazioni ideali e volte al rispetto ed al risalto del principio dell’evidenza.
    ...i pesi pesano, non c'è niente che pesi quanto un peso...

  2. #2
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    7) Principio della razionalità




    L’allenamento moderno pone gli atleti di fronte ad esigenze e richieste sempre maggiori, sia per quanto riguarda l’allenamento giovanile e sia per quello degli alti livelli di prestazione e qualificazione.
    Le intensità attuali molto elevate rispetto al passato, il considerevole volume, la ricerca tecnica più raffinata, i mezzi ausiliari e tecnologici a disposizione, il grado di conoscenza e culturale raggiunto permettono di ottenere risultati un tempo impensabili.
    Tale realtà sottolinea l’importanza del principio di razionalità nella scelta dei mezzi allenanti, nelle programmazioni, nelle mobilizzazione delle riserve e nelle esigenze comportamentali.



    Il principio della razionalità impone quindi, da un lato, di stabilire un’idonea proporzione tra la capacità individuale e la disposizione alla prestazione con le pressanti richieste esterne che pervengono, dall’altro di trovare la soluzione logica dei compiti, creando gli stimoli allenanti verso i limiti della capacità di prestazione del momento.



    La contrapposizione tra capacità e richiesta agisce come fattore stimolante e richiede pertanto all’atleta l’impiego [B]totale di ogni aspetto della propria personalità.
    Cosicché, se egli riesce ad adempiere al compito prescritto, si concretizza l’avvenimento di successo ed in lui si manifesta la disposizione ed il desiderio ad intraprendere ulteriori e più difficili compiti.



    Chiaramente il metro di valutazione per considerare un risultato come successo o insuccesso dipende dagli obiettivi prefissati, dalla capacità di prestazione del singolo, dall’entità e dalle caratteristiche delle esigenze e delle richieste.

    Un piano di allenamento deve porre l’atleta nelle migliori condizioni affinché ciò si verifichi, obbedendo appunto ai criteri della razionalità e dunque:
    - analizzare a fondo la capacità di prestazione e lo sviluppo della personalità dell’atleta,
    - adattare il carico esterno (vd. capitoli precedenti) alla capacità di prestazione individuale,
    - tenere in considerazione alcune peculiarità e caratteristiche specifiche, quali la condizione femminile, l’età anagrafica, patologie pregresse, l’anabasi atletica del soggetto, ecc.,
    - osservare una precisa continuità nei mezzi di allenamento adottati,
    - seguire un programma che preveda tutte le fasi allenanti, a partire da quelle generali e prodromiche di capillarizzazione, potenziamento e adattamento fino a quelle più specifiche, specialistiche e proprie del periodo competitivo, secondo una successione e sequenza logica.

    Se ne deduce che il principio della razionalità è la base di qualsivoglia programma di allenamento costruito in maniera sistematica, ovvero che traduca dalla metodologia cui si ispira le linee guida e le sviluppi in modo logico e consequenziale.



    Nella linea da seguire per una programmazione che rispetti il principio di razionalità vanno tenuti altresì in debita considerazione alcuni fattori che possono influenzare in modo significativo, in positivo o in negativo, il carico individuale.
    Tra questi:
    - l’età cronologica dell’individuo,
    - l’anzianità di allenamento,
    - il rapporto tra la capacità di prestazione individuale in gara e quella di carico in allenamento, che non corrisponde in tutti i soggetti nella stessa percentuale,
    - lo stato di salute,
    - lo stato di allenamento nel corso del macrociclo e nel momento della stagione agonistica,
    - le capacità soggettive di recupero,
    - le differenze di sesso,
    - le differenze morfologiche, psicologiche e mentali.
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  3. #3
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    8 ) Principio della stabilità




    L’ultimo dei principi del carico enunciati nella “Teoria” di Harre vuole intendere che, nel corso del processo di allenamento, gli atleti si allenano in maniera tale che le abilità educate ed affinate, la capacità costruite e migliorate nonché le nozioni tecniche apprese divengano stabili lungo il percorso della preparazione e possano poi darsi per acquisite nel momento in cui si dovrà stabilire un nuovo start da cui impostare la pianificazione successiva.
    In tale contesto, il termine “stabile” significa appunto che tutte le anzidette abilità, capacità e nozioni non si limitino a poter essere concretamente applicate in ogni momento ed in modo duraturo ma siano messe in condizione di emergere ed eccellere in senso produttivo e creativo nelle specifiche condizioni della competizione.


    Proprio per questo motivo, l’obiettivo di costruire uno stereotipo dinamico-motorio di gara, che si riveli efficace e costante non lo si raggiunge mediante esercitazioni sistematiche standard ed abituali ma apportando varianti che contemplino molteplici eventualità nelle differenti fattispecie che potrebbero presentarsi nell’evento sportivo.


    Soltanto assicurando la stabilità delle capacità fisiche e delle abilità motorie conseguite si otterrà un rapido e continuativo oltre che regolare progresso nella prestazione.
    Allo stesso modo per cui i risultati educativi in un processo di crescita individuale e di gruppo (fondamentale negli sport di squadra) necessitano di un periodico consolidamento, affinché le abitudini gradualmente costruite nei comportamenti e nelle risposte dell’atleta alle diverse richieste di performance non si interrompano ne subiscano forme involutive e l’atleta sia in grado di reagire con efficacia ad influssi negativi o a difficoltà di differente tipo.



    In pratica ed in sintesi occorre prestare particolare attenzione a:

    - Evitare le interruzioni di allenamento; poiché esse danneggiano non soltanto la stabilizzazione degli adattamenti ottenuti ma conducono ad una celere regressione delle capacità psico-fisiche e delle abilità tecnico-tattiche, soprattutto per quelle non ancora sufficientemente consolidate nel tempo;

    - Consolidare la cultura acquisita inserendo il nuovo solo allorché il vecchio sia stato già sperimentato nella sua solidità, assicurando un sicuro fondamento per il prosieguo del processo formativo;

    - Monitorare con frequenza gli effetti dei carichi sugli atleti, registrandone e valutando le rispettive reazioni, affinché la menzionata stabilità non sia compromessa da un aumento eccessivo di detti carichi;

    - Inserire saltuariamente forme di esercitazione di richiamo e controllo, pure negli atleti più evoluti, al fine di rinsaldare le abilità pregresse, rafforzare i punti deboli e mantenere così elevato il livello di attenzione dei singoli, facilitando in essi il processo di consolidamento del passato, l’inserimento di nuovi input, la stabilità e l’omogeneità dell’insieme delle informazioni fisiche e tecniche mediante il ripasso e l’aggiornamento
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Siamo nati nel 1999 sul Freeweb. Abbiamo avuto alti e bassi, ma come recita il motto No Pain, No Gain, ci siamo sempre rialzati. Abbiamo collaborato con quella che al tempo era superEva del gruppo Dada Spa con le nostre Guide al Bodybuilding e al Fitness, abbiamo avuto collaborazioni internazionali, ad esempio con la reginetta dell’Olympia Monica Brant, siamo stati uno dei primi forum italiani dedicati al bodybuilding , abbiamo inaugurato la fiera èFitness con gli amici Luigi Colbax e Vania Villa e molto altro . . . parafrasando un celebre motto . . . di ghisa sotto i ponti ne è passata! ma siamo ancora qui e ci resteremo per molto tempo ancora. Grazie per aver scelto BBHomePage.com
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