1) Principio della progressività del carico.
L’importanza di una somministrazione progressiva del carico di allenamento è un concetto remoto noto pure agli atleti dell’antichità, come dimostra la leggendaria storia del celebre Milone di Crotone, conosciuto per aver trasportato per anni sulle proprie spalle un vitellino, divenuto nel tempo un manzo adulto e pesante. 
Prescindendo dai racconti mitologici, l’importanza del concetto in questione ha indotto il collettivo di Harre a considerare e trattare la progressività come il primo dei principi del carico.
Come già in precedenza ricordato, per carico nella scienza dell’allenamento non si intende esclusivamente quel “quantum”, espresso in cifre convenzionali, che l’atleta di una certa disciplina si trovi a dover affrontare nelle sessioni di allenamento (chilometri, chilogrammi, ripetizioni, serie, ecc.) ma tutto il complesso degli stimoli applicabili ad un’attività sportiva dosati in maniera da avere effetti allenanti e contribuire così allo sviluppo, consolidamento e mantenimento di uno stato di allenamento.
Questi stimoli allenanti (stressor) somministrati dall’esterno (carico esterno) sono determinati e misurabili per entità ed intensità.
Inoltre – e si evince da quanto già detto in precedenza sull’argomento – affinché il carico sia efficace deve trovarsi in una relazione precisa con la capacità individuale di prestazione tale da sortire gli effetti desiderati; per cui carichi standardizzati perdono gradualmente ma fatalmente la loro efficacia allenante dal momento che concorrono in maniera insufficiente al miglioramento della prestazione.
Non deve pertanto essere accettato il concetto, invero piuttosto diffuso, che raggiunto un elevato livello prestativo il carico possa stagnare o persino ridursi: di regola, le prestazioni migliori ed i record sono stati ottenuti da atleti i quali - aldilà dello sviluppo tecnologico, delle migliorate condizioni di vita e dei passi avanti nelle scienze biologiche – avevano guarda caso incrementato il proprio carico di allenamento rispetto ai campioni e detentori del passato, allenandosi cioè con maggior intensità o quantità o frequenza.
Esistono varie possibilità di incrementare gradualmente il carico.
Nell’addestramento tecnico tattico il carico è aumentato mediante richieste più esigenti riguardo alla coordinazione del movimento (ritmi, partenze, apprendimenti e risposte motorie, combinazioni varie ecc.); invece, nello sviluppo delle qualità di forza, resistenza e velocità l’influenza sul carico è principalmente ascrivibile ai parametri di quantità ed intensità.
Poiché è tuttavia controverso tra le varie scuole di pensiero e difforme tra le differenti discipline sportive stabilire con precisione in che misura sia opportuno agire sull’uno o sull’altro elemento, possiamo comunque stabilire con una certa dose di convinzione che:
con l’aumentare della prestazione necessita che il carico divenga tanto più esteso quanto più intensivo.
E’ importante che tale postulato, che implica il progredire dello stressor su entrambi i parametri, rispetti giocoforza i requisiti di gradualità e progressività, affinchè gli aumentati stimoli siano ben tollerati, metabolizzati e reindirizzati a finalità specifiche di progresso.
Nell’allenamento riservato alle categorie giovanili è stato riscontrato come si pervenga ad un adattamento più stabile e ad un maggior effetto finale sulla prestazione se si assume un comportamento prudente nell’elevare l’intensità ed al contrario si privilegi:
a - elevazione della frequenza (spingendosi addirittura a quella giornaliera per talune attività),
b - elevazione della quantità del carico per seduta nel rispetto della densità (rapporto di tempo tra fasi di lavoro e di recupero),
c - elevazione della densità.
Ciononostante, le analisi dei risultati tecnici hanno consentito di rilevare che un’elevazione lineare e perfettamente progressiva (quale quella dell’esempio del vitello di Milone, di cui si è fatto cenno all’inizio) non sia così efficace per lo sviluppo dell’allenamento, fermo restando i progressi iniziali di neofiti e giovanissimi, quanto dimostra invece esserlo l’aumento a sbalzi in intervalli di tempo determinati.
Infatti, il carico aggiunto deve riuscire a disturbare l’equilibrio psicofisico, paradossalmente opporsi momentaneamente alla capacità di prestazione ed obbligare altresì l’organismo ad un nuovo conseguente adattamento.
Questo processo è favorito dall’ elevazione quantitativa a sbalzi che prevede appunto intervalli di tempo durante i quali si crea l’adattamento; l’intervallo di tempo degli “sbalzi di carico” sufficiente ad innalzare il carico stesso e necessario per l’adattamento relativo ad esso è stabilito a priori, in base alle esigenze individuali e di calendario agonistico.
Ciononostante, come dimostrato da Hettinger, il processo di adattamento e quello successivo di consolidamento non sempre camminano in parallelo: qualora ad un rapido aumento di prestazione - che sia dunque testimonianza di un veloce adattamento - dovessero seguire instabilità di risultati, predisposizione agli infortuni ed altri indici sintomatici di sovraffaticamento, vorrebbe presumibilmente significare che il carico è stato elevato con eccessiva rapidità e dunque ad un pur discreto adattamento iniziale (forse dovuto alle caratteristiche dell’atleta ed al suo livello prestativo) non è comunque seguito un’altrettanto stabile ed imprescindibile fase di consolidamento.
In ogni caso, è difficile produrre indicazioni esatte sulle quote e percentuali ottimali di elevazione del carico.
Matvejew ad esempio ha accertato, peraltro in specialità parecchio differenti, un’elevazione della quantità di carico oscillante tra il 20% ed il 50% da un anno all’altro.
I valori consuetudinari sono però condizionati più dalle situazioni e contingenze di allenamento nonché dal tempo a disposizione che non dall’effettiva capacità di sopportazione e sfruttamento di carico dell’atleta.
Ne consegue che in coloro che sono in grado di allenarsi in condizioni favorevoli si registreranno verosimilmente livelli temporanei di carico annuale maggiori di quanto riportato nelle statistiche sui valori medi.
D’altronde l’esperienza insegna che esiste una stretta correlazione fra il ritmo di elevazione della prestazione e l’aumento annuale del carico, per cui si rivela senza dubbio proficuo sfruttare in tal senso, ovvero con l’ottimizzazione dei carichi in ascesa, le riserve di tempo a disposizione di tecnico ed atleta.
...i pesi pesano, non c'è niente che pesi quanto un peso...
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