Citazione Originariamente Scritto da Karn Visualizza Messaggio
Interessante 3d come sempre Mister.
Ma un ipotetico coach dovrebbe cominciare a relazionarsi in questo modo all'atleta indipendentemente dal livello
dello stesso?
Poi ho una considerazione personale...non trovi che molti amatori del pl avendo a portata di mano e di pc
tutte le programmazioni di questo mondo non considerano questo aspetto importante?


Le percezioni che l'atleta può avere in relazione alla tollerabilità del carico ed alla sua gestibilità nella situazione specifica dove l'atleta vive e si allena vanno tenute sempre in conto, sia che si tratti di un ragazzo come di un veterano, di un neofita o di un esperto, di un atleta di medio o alto livello; questo perchè la teoria, le conoscenze e la carta sono basilari ma alcuni elementi sono soggettivi ed altri possono esser rilevabili solo dall'atleta.
Faccio qualche esempio: se l'atleta cambia il proprio turno di lavoro manuale ed è spossato, al tecnico chi lo dice se non lui? Se va in vacanza e trova una palestra con il bilanciere olimpico o un'attrezzatura fitness il tecnico come lo può sapere? Se è influenzato, attraversa un momento particolare, ecc sono tutti dati che deve comunicare.
Per queste ragioni Harre, prima ancora di altri, insisteva sull'importanza del dialogo tra coach ed atleta e sul feeling di collaborazione che dovrebbe instaurarsi per ottenere i migliori risultati.
E' altrettanto chiaro che altre valutazioni specifiche sulla gravosità dei carichi acquistano un'importanza diversa se a farle è un atleta esperto oppure un novizio: l'esperienza dell'allenatore dovrebbe poterlo valutare, come pure prendere in considerazione le attitudini caratteriali e le risposte emotive diffferenti tra atleta ed atleta e soppesare ciò che gli viene comunicato dandogli l'importanza che merita: in sintesi, come suol dirsi, dovrebbe "conoscere i suoi polli"


In relazione alla tua seconda riflessione, è indubbio che molti amatori non diano il giusto peso al rapporto bilanciato tra i due carichi e si limitino a scopiazzare i programmi che leggono su internet (una volta sulle riviste specializzate) e magari li adattano secondo loro logiche molto approssimate e discutibili.
Questa però è la differenza tra un amatore - come tu stesso lo definisci - che solitamente non ha coach ed un atleta agonista, aldilà del livello di quest'ultimo perché l'agonismo è una scelta, una mentalità, una disponibilità al confronto: Harre, però, non si rivolgeva agli amatori nella sua opera ma ai tecnici di agonisti, ai coach di team e squadre.
Sarebbe troppo semplice prendere il primo programma di ciclo russo, Smolov, Korte, Starr e quant'altro e provare ad applicarlo sperando di trasformarsi in atleti agonisti: si può essere uomini geneticamente dotati, con un buon background alle spalle ed in grado di ottenere risultati pure buoni in una specialità ma non per questo si è agonisti, come del resto sipuò essere agonisti di livello solo discreto.
Il tecnico che allena e prepara un atleta alla competizione, che ne pianifica la stagione agonistica e che segue il suo percorso atletico negli anni clou di una carriera sportiva, non può limitarsi a scaricare dei programmi dal web ed adattarne i carichi di lavoro come farebbe un qualsiasi amatore, sia pur in gamba.
Harre, già negli anni '60, quando certi concetti erano indubbiamente noti ma non ancora codificati e non se ne parlava con la stessa facilità di oggi ebbe il merito di raccogliere in un'opera compendiosa - e per forza di cose un po' generalizzante - molte delle conoscenze teoriche dell'epoca e delle esperienze pratiche raccolte e sperimentate su centinaia di atleti.