Proseguo il discorso iniziato ieri riguardo la tipologia di preparazione scelta e come essa denoti in tutta evidenza da parte mia una predilezione per il parametro del volume.
Chiaramente ponendo in opera una programmazione siffatta sull'esercizio base non è opportuno e ne sarebbe agevole tenere analogo volume sulle esercitazioni complementari, a maggior ragione per quanto concerne quelle sinergiche alla lift di gara.
E' a tutti noto come la bench press sia uno dei grandi esercizi multiarticolari; ne consegue che 10/12 serie ed oltre di lavoro non consistono esclusivamente in altrettante serie "di petto" (come nella filosofia del bb) ma, contestualmente, perlomeno in 12 serie di spalle e in 12 serie di tricipiti. Pertanto, tutto il lavoro aggiuntivo d'isolamento su questi ultimi gruppi porta inevitabilmente ad incrementare proprio i sets dedicati a muscoli di dimensioni più ridotte rispetto al gran pettorale.
Diverso è il caso in cui venga prescelto un metodo di lavoro in cui ci si concentri maggiormente sui parziali di movimento o sulle esercitazioni ausiliarie e speciali: in tal caso, l'enfasi cade sui cosiddetti complementari (che a quel punto non sono più considerabili tali) e si riduce, in termini di volume, sull'esercizio base a vantaggio di una maggiore intensità del carico.
Questo appena descritto è il caso del Westside o del 5/3/1 di Wendler, mentre la linea che ho seguito e che solitamente adotto somiglia molto più ai principi metodologici del Korte o dello Smolov, pur se con consistenti differenze anche rispetto a tali sistemi.
Il lavoro incentrato sulle esercitazioni specifiche è stato svolto con moderazione nei microcicli più distanti dalla competizione e si è poi accompagnato a quello fondamentale sulla panca equipped: in tal senso la priorità è stata data alla board press ed alla floor press, che ho descritte in precedenza.
Nel corso del macrociclo che precedeva gli Assoluti di fine 2013, che poteva contare su di un maggior numero di settimane tra l'evento agonistico di partenza (il trofeo Bertoletti) e quello finale (gli Italiani appunto), sono stati pure inseriti alcuni esercizi di complemento per spalle e tricipiti, soprattutto durante le settimane introduttive di condizionamento generale e proprio in coincidenza ed in proporzione inversa ai bassi carichi allora previsti sulla panca, che consentivano così di affrontare alcune serie pesanti integrative per deltoidi, trapezio e tricipiti.
Le serie ovviamente non superasvano le 4 ad esercizio per i motivi suesposti ed evitare un sovraccarico di lavoro.

Allo stesso tempo è stato portato avanti il lavoro sui muscoli del dorso considerato fondamentale, non solo sull'equilibrio posturale e per il bilanciamento dei movimenti di trazione rispetto all'abuso che da decenni svolgo su quelli di spinta e distensione ma anche perchè il dorso svolge un ruolo basilare nella fase eccentrica della bench press e nella ripartenza dopo il "fermo al petto".
La fase iniziale quindi mi doveva servire anche ad individuare le peculiarità su cui lavorare e la tipologia di esercizio da preferire in ragione dei punti deboli da rafforzare, dei problemi articolari e muscolari da non sollecitare e stuzzicare ed infine - cosa non certo irrilevante - del tempo complessivo a disposizione per una preparazione che risultasse il più possibile proficua ma che si incastrasse altrettanto adeguatamente con gli impegni ed il tempo a disposizione nelle mie giornate tipo, già abbondantemente messi alla prova dalle sconsiderate scelte "tonico volumetriche"


Spero di non aver comunque dato una visione troppo dogmatica dei workouts, che obbediscono senza dubbio a leggi fisiche di biomeccanica dell'esercizio e di fisiologia umana ma risentono di una molteplicità di varianti e situazioni (più volte peraltro menzionate) personali e storicizzate dell'individuo, dell'obiettivo e del momento.
In linea generale occorre sottolineare che i sistemi di allenamento sono codificazioni dei metodi a cui si ispirano e devono quindi essere elastici, pur nella aridità e rigore dei numeri e degli elementi che li compongono nonché espressione di una filosofia di lavoro rappresentata appunto dal metodo stesso.
Lo studio dei metodi e delle possibili applicazioni sta alla base di queste ultime e richiede l'apertura mentale per una continua evoluzione che, lungi dal fossilizzarli in dogmi stantii, li sottoponga con frequenza al vaglio dell'esperienza vissuta che ne attesti o ribadisca la validità.
Ecco perchè a me, come a chiunque, è fatto sempre obbligo di procedere con prudenza, non come un maestro che insegna ma come un uomo di campo che affronta molteplici esperienze su stesso e su altri e, di seguito, le offre affinchè siano giudicate, seguite, modificate, interpretate o respinte.

In tal senso mi sento di condividere appieno il pensiero del filosofo Cartesio:
"il mio scopo non è quello di insegnare il metodo che ciascuno deve seguire per ben condurre la propria ragione ma di far soltanto vedere in quale modo ho cercato di condurre la mia"