La posizione finale sarà molto scomoda e penserete di stare usando i muscoli in maniera più produttiva, ma questo è tutto da dimostrare. I disegni in basso derivano dal mio simulatorino di parallele che mi permette di capire, proprio perché nemmeno io mi fido dei miei disegni, come si sposta il CM al variare delle posizioni.
Quello che accade è che la posizione più “comoda” nel punto inferiore è simile a quella centrale non perché sia ottimale o massimizzi l’uso dei muscoli o chissà quale altro motivo ma perché, andrebbe dimostrato ma alla fine confrontando le esperienze è così, è il miglior compromesso fra equilibrio e angoli del tricipite e del pettorale: a sinistra una esecuzione che enfatizza lo svantaggio meccanico aumentando il coinvolgimento muscolare, a destra una che enfatizza l’uso dei muscoli della schiena per mantenere in equilibrio il tronco a quella inclinazione.
Quale ipertrofizza di più? Impossibile dirlo, occorrerebbero delle elettromiografie, e poi, semplicemente, “fanno più massa” 3 ripetizioni con l’esecuzione a sinistra o 15 con l’esecuzione a destra? Poiché non esiste nessuna gara di parallele, non esiste un regolamento, semplicemente scegliete un posizionamento nel punto più basso che non vi costringa in posizioni impossibili, dolorose o che creano tensioni palesemente eccessive: quello è il vostro posizionamento e alla fine risulterà essere simile al centrale.
Pagine di scritte e disegni per dire che non dovete piazzarvi in quel modo perché sia “il migliore”, ma che se non ci pensate proprio alla fine sarete in quella posizione. Una vera sega mentale, ma almeno una volta nella vita secondo me dovevate vederla.
L’apertura delle parallele
Pur essendo il peggior modello della Storia del Fitness, questa ripresa posteriore mostra un aspetto interessante: gli omeri non solo ruotano sul piano sagittale, di lato, ma anche su quello frontale: chiudendo il movimento in risalita gli omeri si avvicinano al torace, cioè si adducono.
In una analogia con la panca, le parallele sono una panca stretta con l’omero che si estende molto più indietro: la panca stretta con i gomiti vicino al torace è un movimento che si schematizza abbastanza bene in due dimensioni, ma se allargate l’impugnatura la semplificazione diventa sempre meno veritiera e alla fine è necessario introdurre la terza dimensione.
Anche le parallele, come la panca, sono così un movimento sempre più tridimensionale man mano che le parallele sono distanziate fra loro e deve essere considerata l’adduzione dell’omero. Già comunque con l’impugnatura delle foto si “sente” il terzo muscolo motore del movimento: il grande dorsale e, se volete, il grande rotondo, il suo compagno nano.
Sul piano frontale anteriore il pettorale contrinuisce all’adduzione dell’omero, non solo alla sua flessione sul piano sagittale, mentre sul piano posteriore l’adduzione è dovuta proprio al grande dorsale che “tira” l’omero verso il torace. Potete sentire il dorsale in azione quando siete a braccia tese: avete un pacco di muscoli duri e tesi sotto l’ascella, il pettorale ed il dorsale.
Più aumentate l’apertura delle parallele, più il movimento di adduzione diventa rilevante e più il dorsale è così coinvolto. Il problema è che più le parallele sono larghe, più le leve diventano sempre più svantaggiose. Anche in questo caso, invece di scrivere montagne di conti, basta che voi proviate con una impugnatura sempre più larga: ad un certo punto il movimento diventa estremamente difficoltoso, scomodo, sensazione di pressione interna, escursioni limitate e impossibilità a muoversi secondo il buon senso delle normali escursioni articolari.
Il mio consiglio, pertanto, è di utilizzare una larghezza della presa pari a quella delle spalle o al massimo 5 cm per parte più larga per avere delle varianti all’esercizio. Se per allargare la presa siete costretti a diminuire la discesa, rivedete le misure che avete scelto.
Spingi anche se non devi spingere!
Come sempre, una esecuzione funzionale è quella che permette di posizionare il proprio corpo nell’assetto migliore per manifestare la sua forza in condizioni di sicurezza.
A sinistra la posizione di partenza: il peso corporeo schiaccia verso il basso, le reazioni vincolari delle parallele impediscono all’intera figura di traslare giù. Tutto questo si ripercuote sulla spalla, dato che la scapola è trascinata verso il basso mentre l’omero verso l’alto.
Provate a piazzarvi nella posizione stando, come si suol dire, “passivi” cioè facendo il minimo indispensabile per non muovervi, magari a braccia leggermente flesse. Sentirete proprio che il torace viene tirato verso il basso e le spalle compresse. Nel caso ciò non avvenisse non ci sono problemi: legatevi alla vita 30Kg di dischi di ferro e sicuramente proverete la sensazione descritta.
In questa posizione l’omero tende ad abdursi, a spostarsi lateralmente verso l’esterno, e ad elevarsi, a spostarsi verso l’alto. Se volete, è il resto del corpo che tende a spostarsi verso il basso ed è così la scapola che si deprime. Il risultato finale, comunque la mettiate, è che l’omero preme sulla volta acromiale schiacciando la cuffia dei rotatori mentre la scapola è indotta a ruotare proprio dallo spostamento dovuto al peso corporeo. Ovviamente, non è che siete fatti di prozac pertanto esisterà una contrazione muscolare a sostegno del tutto, però questa contrazione non è un atto cosciente.
A destra cosa invece dovete fare: anche nelle parallele è necessario addurre le scapole, non solo, è necessario anche utilizzare il dorsale per impedire volontariamente all’omero di spostarsi lateralmente.
Quando siete nella posizione di partenza dovete spingere sulle parallele anche se siete a braccia tese, sparare il petto in fuori, addurre le scapole e sentire il dorsale contratto: in questo modo stabilizzate la scapola sul torace e l’omero sulla scapola, cioè rendete l’articolazione più rigida e meno sensibile alle forze esterne. L’omero e la scapola non tenderanno a spostarsi e non avvertirete quella sensazione di pressione dentro la spalla. Dovete mantenere le scapole addotte, in questa posizione, per tutto il movimento.
Questa tecnica è ottimale, se non necessaria, per chi vuole cimentarsi nell’esercizio con sovraccarico: se è importante per la stabilità della spalla nella panca, a maggior ragione nelle parallele sovraccaricate dove il pettorale viene stretchato a livelli notevolmente superiori e sotto carico! E’ un attimo perdere la stabilità, pertanto dovete essere “duri” in tutto l’arco del movimento con questa enorme co-contrazione di tutti i muscoli della spalla.
Chi invece opta per il numero di ripetizioni troverà molto dispendiosa questo tipo di esecuzione, però invito tutti ad impararla per poi ottimizzarla: anche chi vuole raggiungere le 20 ripetizioni deve imparare ad addurre le scapole e a mantenerle addotte.
Come faccio io
La mia esecuzione non vuole certo essere quella classica da manuale: vi spiego semplicemente come faccio io. Cerco sempre di mantenere un assetto che abbia un certo vantaggio meccanico, senza esasperare la ricerca della tensione muscolare, la stimolazione o quant’altro: preferisco schiodare via una ripetizione in più o aggiungere Kg in più al sovraccarico.
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