Il campione di riferimento, il protocollo, la durata degli esperimenti.
Questo è un punto di attenzione importante. Quanta attinenza avete voi con il campione di riferimento? Solitamente si prendono soggetti non allenati. O, se sono allenati, non lo sono nel senso in cui intendiamo noi, né è mai descritto cosa significa “essere allenati”.
In altre parole, non troverete mai cose del tipo “abbiamo preso 10 grossi con 120 di panca con fermo al petto” o “sono stati selezionati 20 lanciatori di martello con minimo 60 metri”. Studenti, giocatori di pallacanestro, sedentari... gente che conosce i pesi meglio di me oppure che pensa che “manubrio” sia quello della bicicletta.
Del resto, non è che in tutti i college ci sono i vostri amici, i Guerrieri della Palestra. Sarebbe bello sperimentare su gente forte, sui primo 20 al mondo nel Powerlifting ma ognuno si adatta a quello che ha, con i soldi che ha: li pagate voi i 20 al mondo per venire dalle loro case sparse sul pianeta alla vostra università per 12 settimane a fare la leg-extension cronometrata...
Oppure, candidatevi per il prossimo esperimento con gli elettrodi inchiodati nelle cosce e i risultati saranno più interessanti.
A questa gente vengono fatte fare cose del tipo 4x6x6RM con 4' di recupero, oppure una serie con una gamba, una con un'altra, a varia frequenza settimanale. Certi studi prevedono una serie sola due volte a settimana, altri 4 serie 3 volte a settimana. Tutto questo ha poco a che vedere con quello che facciamo noi in palestra per il semplice motivo che ogni studio deve isolare precisamente un set di parametri, per determinare le correlazioni fra ciò che somministriamo alle cavie e ciò che otteniamo. Dopo ogni esperimento semi per tutti i partecipanti (che se li mettono nelle tasche ai lati delle guance), e 10 giri sulla ruota dei criceti per tutti.
Ancora, questi studi hanno tutti una durata relativamente breve. 1 settimana, 2, 3, 4... massimo 12 settimane. Spezziamo una lancia in favore dei nostri scienziati. Chiaro che uno studio di 2 settimane non sia poi molto significativo, ma... i fondi per l'esperimento permettono di portare avanti il monitoraggio per un periodo più lungo? E poi, siamo sicuri che uno studio su 1 anno sarebbe migliore, dato che è impossibile che i soggetti dello studio non mescolino altre attività alla singola serie di leg extension che ogni settimana andrebbero a fare? Come vedete, è difficile poter far durare un esperimento più a lungo di un certo periodo.
Tutto questo porta a dire che ogni risultato di cui vi parlano entusiasticamente debba essere attentamente vagliato: ne parlerò meglio in seguito, ma mi sembra evidente che due settimane di qualche cosa applicata a soggetti sedentari porti ad incredibili miglioramenti. C'è da chiedersi: e dopo 4 settimane su di me?
Frequenza di allenamento
Tutti gli studi dal 1970 al 2006 si sono concentrati essenzialmente su frequenze di 1-3 volte a settimana, in media. Non su 1-20... non è una finezza, ma un punto sostanziale. Se venisse che la frequenza ottimale fosse 3, non è che questa lo sarebbe in assoluto, ma su un intervallo di 1-3, magari ampliando il campione verrebbe fuori che 5 sarebbe il numero magico.
Anche qui, gli studi seguono la consuetudine, che prevede di allenarsi 1-3 volte a settimana.
Quello che si nota è che una frequenza maggiore di 1 volta a settimana porta ad incrementi superiori rispetto a 1 volta a settimana (beninteso, nella sezione dei bicipiti e dei quadricipiti, ora non lo dirò più).
Gli autori si chiedono perchè, allora, ci sono protocolli nel bodybuilding che portano ad ipertrofia allenando un gruppo 1 volta a settimana. Loro se lo chiedono in ambito scientifico, io posso dire che, sebbene allenino un gruppo a settimana, le sovrapposizioni muscolari degli esercizi fanno si che ogni gruppo sia allenato più volte, a meno che non pensiate che squat e stacco allenino muscoli differenti.
Perciò la “Scienza” afferma che 2-3 volte a settimana per gruppo sia la frequenza ideale.
Intensità
Si intende con questa parola quanto carico viene messo sul bilanciere (o, in questo caso, dove posizioniamo il selettore sulle macchine da allenamento).
La letteratura fornisce informazioni tali per cui di sicuro esiste una soglia minima per l'ipertrofia, ma quantificare questa soglia risulta difficile. Analogamente, gli studi fanno vedere che non è necessario un carico del 100% del massimale per ottenere una risposta ipertrofica, perciò l'intervallo di applicabilità risulta pari al 70%-85% dell'1RM.
Per l'ipertrofia utilizzare perciò un carico del 70-85%, e comunque dal 60% in su va bene.
Volume
Qui i risultati sono ancora più incerti, a causa dei diversi tipi di protocollo dei vari studi, delle diverse macchine utilizzate, dei diversi recuperi, delle diverse percentuali di carico. Chiaro che se uso un 4x6@6RM o un 3x10@10RM o un 2x8@8RM otterrò risultati differenti.
Segue che gli autori stabiliscono un approccio conservativo in 30-60 ripetizioni a seduta per ottenere un risultato ipertrofico, e lo chiamano “volume moderato”. Mi sembra ovvio che posso ottenere 30-60 ripetizioni in vario modo, con innumerevoli schemi di allenamento.
Recupero fra le serie
Gli autori di questa review fanno notare che in tutti gli studi al recupero venga dedicato un ruolo marginale, spesso nemmeno indicandolo o sottointendendo “recupero completo”. Questo rende molto problematica la quantificazione di questo parametro e gli autori si mantengono su delle indicazioni di massima del tipo “molto recupero per i lavori neurali, poco recupero per quelli metabolici”.
Su questo aspetto torneremo a breve
Interazione fra frequenza, intensità, volume
E' interessante notare che gli autori l'integrale tempo-tensione come un parametro importante, cioè quello che dico io ah ah ah. Ragazzi, sono intelligente, lo so... piano con le pacche sulle spalle... piano... PIANO! Quella non era una pacca, ma un pugno!
Sedentari ed allenati
Anche in questo caso, gli autori puntualizzano il fatto che scarseggiano risultati su soggetti ben allenati e che non ci sono elementi per estendere i vari risultati a questo tipo di soggetti se non con delle supposizioni o delle speculazioni.
Se voi fate palestra da più di 1 anno con costanza e un minimo di risultati accettabili, sicuramente ricadete nella definizione di “soggetto ben allenato”. Per questo dovete sempre porre molta attenzione quando leggete di incrementi considerevoli di qualcosa (forza, sezione trasversa, potenza) in archi di tempo di due settimane. Lo stesso incremento per voi può essere pari a zero, perchè voi siete ben allenati e un soggetto sedentario è zero-allenato. E passare da zero-allenato a uno-allenato è un incremento comunque incredibile.
Conclusioni, parziali...
Bene. Ragazzi, questo è quanto abbiamo. Se confrontiamo tutti gli studi che entusiasticamente vengono sparati sul web, questo è quanto: 2-3 volte a settimana, 6%-85% di carico, recuperi come sappiamo, 30-60 ripetizioni.
Cioè, un intervallo di variabilità immenso. Però, allo stesso tempo, non sono presenti eccessi. Non troverete cioè nessuno studio che afferma che 6 volte a settimana sia meglio di 3 o che le serie da 10 sono meglio di quelle da 6, che il buffer sia meglio della monoserie.
Questo è importante. Gli studi condotti fino ad ora mostrano che c'è un intervallo di metodiche, ma non assegnano a nessun metodo un posto privilegiato. Nella review è scritto che tutti i metodi funzionano se gli stimoli allenanti sono applicati correttamente. Poi, in questa frase è racchiusa l'arte dell'allenamento.
Il risultato è importante anche perchè vi fornisce un'arma critica quando avete dei dubbi: quello che viene affermato come certo in palestra, in realtà è accettato come incerto in ambito scientifico. Le certezze, infatti, sono ricercate da chi non conosce, perchè vede nella “certezza scientifica” una boa nel Mare della Complessità. Chi invece riesce a navigare, accetta questa incertezza come una sfida e la considera parte del percorso da affrontare. Anzi, la sfida è proprio domare le tempeste di questo mare, per arrivare a destinazione. In ambito scientifico è così.
Ancora sul recupero
Quando si parla di recupero ho sempre quella sensazione come se qualcosa fosse fuori posto, senza però capire cosa.
Ho trovato una tesi interessante che ha confermato questa mia sensazione.
Il titolo è “The kinematic, kinetic and blood lactate profiles of continuous and intra-set rest loading schemes”, invitante quanto un documentario sulla crescita delle stalattiti in tempo reale, tanto che lo stavo per cestinare.
Però, dovete sapere che tutte le tesi hanno una parte iniziale discorsiva e una parte finale sperimentale. La parte discorsiva serve per fare volume di pagine, con un sacco di cose ripetute 50 volte e che non fregano niente a nessuno all'interno dell'ambiente accademico (lo so, anche io ho fatto una tesi). Però questa parte è utile a tutti i tapini come me perchè si possono trovare cose interessanti.
In questa tesi si trova un punto della situazione sulle prescrizioni del recupero fra i set. Perchè si consiglia un recupero “lungo” per le serie neurali e uno “corto” per le serie metaboliche?
L'autore della tesi evidenzia che sulle indicazioni di recupero che vengono normalmente utilizzate c'è molta confusione e poca base scientificamente provata.
Anche il buon Zatsiorsky che tutti noi citiamo sempre assegna dei tempi ma poi non li giustifica. Ho trovato infatti indicazioni del genere in Scienze and Practice of Strength Training (libro fantastico), dove lui dice che anche se non riporta gli studi, questi ci sono. Ovvio, mi sono fidato. Però alla fine questi studi non ci sono, magari in qualche archivio del KGB oltrecortina sono custoditi questi studi insieme ai codici di lancio degli ICBM.
In altri casi ci sono studi che citano i recuperi presenti in altri studi, ma leggendo gli studi concatenati si scopre che i recuperi sono quelli normalmente utilizzati nella prassi da palestra.
In altre parole, la regola di 60”-90” per le serie per l'ipertrofia e 180”-240” per la forza è così formulata... perchè alla fine funziona, ma non sappiamo “scientificamente” perchè.
Ok, ovvio che mica brancoliamo nel buio... il recupero neurale necessita di più tempo perchè lo stress indotto dal carico è maggiore, mentre quello metabolico a carico inferiore necessita dell'eliminazione dei prodotti di scarto che impiega meno tempo.
Questa è la teoria, e la teoria regge. Anche perchè, a fare il contrario funziona di meno. Ma il motivo preciso non è noto, perchè se fosse noto potremmo isolare i singoli contributi al recupero e determinare un recupero ottimale. Ancora, ribadisco che “non noto” è valido in ambito scientifico dove non si riesce a determinare con esattezza una relazione che lega il recupero ad altri parametri dell'allenamento.
Ma noi cosa possiamo fare?
Non deve pertanto meravigliarci che la Scienza non trovi risposte univoche e che siano più le ipotesi da dimostrare che quelle dimostrate. Il corpo umano è complesso, le reazioni in gioco centinaia, la variabilità dei costituenti queste reazioni enormi quanto le individualità.
La Scienza ci permette di confinare i valori ottimali per l'allenamento all'interno di un intervallo. Per quanto ampio, questo intervallo è limitato: è necessario un po' di volume, un po' di intensità, un po' di recupero. Nessun eccesso delle variabili in gioco paga, questo è assodato sulla base dei risultati che abbiamo.
Il disegno sopra riportato ha la pretesa di rappresentare con la macchia gialla l'intervallo di variabilità dei parametri dell'allenamento. Non è che tutto funziona, ma solo quello che si trova all'interno e, per quanto sia ampio questo intervallo, non è così semplice capirci qualcosa.
Ad esempio, gli amici A, B, C si allenano in modi inizialmente simili, poi però scelgono strade diverse. A ottiene, B no. Perchè si è spostato, senza saperlo, al di fuori dell'ottimale. Basta poco eh... che so... mettersi a fare un 3x3 alla morte con carichi altissimi per troppo tempo stallando di brutto. Ma addirittura C che si allenava “quasi uguale” agli altri due, in realtà era già fuori dall'ottimale. Viceversa, D che si allena in maniera del tutto diversa, apparentemente assurda, ottiene come e quanto A. Perchè, pur utilizzando parametri diversi, è sempre dentro questo intervallo.
Possiamo dire che questa situazione si reale, e supportata da studi scientifici.
Perciò, se vi piace un metodo esotico e lo definite “l'unico che funziona”, va tutto bene. Basta che non giustifichiate tutto questo citando articoli con scientifica certezza. Perchè se lo fare, state percorrendo il flowchart dello scienziato del bodybuilding. Perciò, state toppando, e di brutto.
Detto questo, compito della Scienza è determinare delle relazioni causali fra variabili, in modo deterministico o fornendo le chiavi per identificare gli aspetti indeterminati. Quello è uno dei suoi compiti. Ma noi non siamo scienziati, e gli studi scientifici sono un mezzo per ottenere i risultati che vogliamo. Un mezzo importante, ma non il solo.
Un altro mezzo è osservare quello che accade intorno a noi. Essere supportati dalla Scienza in tutto quello che facciamo è puerile e denota insicurezza. *****... a fare i pesi ci siamo noi, no? Mica altri! Siamo in grado di darci delle spiegazioni riguardo quello che facciamo, mediando le conoscenze scientifiche. Poiché gli elementi in gioco sono innumerevoli, è possibile trarre conclusioni anche interessanti.
Una regola tratta dall'esperienza è questa: se si stalla, si sta sbagliando. Per “stallare” intendo il non migliorare nell'allenamento. Ogni seduta deve essere in qualche cosa migliore della precedente. Se si sta fermi per più di 2-3 sedute, c'è qualcosa che non funziona.
I conti fatti nell'articolo precedente cosa sono se non prendere un po' di informazioni e frullarle sulla base della mia esperienza?
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