Ti riporto, per brevità, quanto ho già scritto in merito nel forum di Giancarlo Scimeca e Silvia Matta.
Il problema che intendevo proporre non è quello di giudicare la naturalità di tutti gli atleti o l'attendibilità assoluta dei controlli antidoping: non siamo certo dei novellini e quindi sappiamo benissimo che il peso specifico di un controllo è praticamente nullo se lo si guarda nell'ottica della bontà della prestazione atletica, purtroppo il discorso cambia radicalmente se lo si giudica con gli occhi imboniti dell'opinione pubblica.
Se ai miei occhi e a quelli degli addetti ai lavori l'eccezionalità dei risultati di Gianpiero, di Simone e di Carla non è minimamente intaccata da questo inconveniente, per i media è un attimo passare da eroi a truffatori: il caso di Marco Pantani è l'esempio più lampante.
Purtroppo, se vorremo avere almeno l'aurea di liceità per il nostro Bodybuilding e quindi sopravvivere come fenomeno di massa, dovremo in futuro abituarci all'idea di effettuare i controlli antidoping con gli stessi - magari discutibili - standard del CIO.
Questo purtroppo comporterà in un primo momento l'aumento del budget necessario per affrontare la preparazione ad una competizione: secondo il mio personale punto di vista tale aumento sarebbe poi ampiamente compensato dal valore aggiunto che assumerebbe una eventuale vittoria, opportunamente pubblicizzata ponendo la giusta enfasi sul controllo antidoping superato.
Non dobbiamo pensare che sia così difficile, con una mirata campagna, fare presa sulla naturale tendenza delle persone a voler credere a tutti i costi nell'eroe buono della situazione: basta pensare che ancora molte persone, addirittura in palestra, credono nei 500Kg di panca di Bruno Danovaro solo perchè ne hanno parlato televisioni e giornali oppure il grande successo del TestMed associato all'immagine di Costantino Galeazzo.
Dovremmo nel tempo un po' tutti cercare di fare un salto di qualità guardando oltre le iniziali difficoltà e cogliendo poi i frutti di un eventuale buon esito della trasformazione: gli atleti dovranno rivedere e programmata in maniera mirata le proprie preparazioni; oggi conta solo il massimo risultato assoluto, domani occorrerà guardare al massimo risultato relativo, tenendo conto di qualche restrizione da adottare nella scelta dei prodotti e nella posologia temporale.
I preparatori, che tanti risultati hanno raggiunto in questi ultimi anni, dovranno affinare le proprie conoscenze ponendosi nuovi obiettivi ed armonizzandoli con il livello di conoscenza già acquisito: sarebbe tra l'altro una sfida penso stimolante e, tra le altre cose, anche ben rivendibile in altri campi (leggasi altri sport...).
Onestamente credo che di strade non ce ne siano molte altre: occorre fare buon viso e cattivo gioco, del resto viviamo in questa società con tutti i pro ed i contro che questo comporta...
La colpa sarebbe di Weider e Santonja se al controllo antidoping (che tutti gli sport fanno...) il 40% degli atleti testati è risultato positivo? Mi sembra eccessivo.
Le regole ci sono da parecchi anni e, se si intende partecipare alle competizioni dilettantistiche in cui è previsto tale controllo, vanno rispettate dagli atleti, punto e basta! Altrimenti si evita di andare, non che manchino altre possibilità di gareggiare in giro per il mondo.
Neanche a dire che l'antidoping sia stato eseguito a sorteggio: l'hanno fatto tutti e cinque i finalisti di ogni categoria di peso! E, a controllo eseguito, la classifica è stata modificata di conseguenza: per cui il primo classificato non sarà natural, ma comunque ha superato il controllo antidoping previsto dal regolamento.
Al di là del riconoscimento olimpico che potrà essere ottenuto o meno (difficilmente visti i risultati, ma vedrai ora le bacchettate alle federazioni incriminate...), se analizziamo con lucidità ed un minimo di lungimiranza il problema, il salto di qualità del Bodybuilding nei confronti dell'opinione pubblica di massa non potrà non passare per una capillare, pubblicizzata, anche se forzatamente ipocrita campagna antidoping nelle competizioni.
Tanto vale prenderne atto e cominciare a lavorare in maniera seria ed autocosciente sul problema piuttosto che subirne solo le conseguenze.
Chi è il più penalizzato in questa situazione, l'atleta che subisce la squalifica o la federazione che vede infangata al propria immagine e credibilità in campo internazionale per di aver portato, quale proprio rappresentante, un atleta non conforme ai regolamenti vigenti?
Senz'altro la federazione è molto danneggiata: già all'epoca di Panzeri l'IFBB international, dopo il caso di Enzo Ferrari e non solo quello, richiamò duramente la dirigenza italiana minacciandola addirittura di estromettere l'Italia dalle competizioni internazionali.
Il problema fu risolto in maniera molto semplice, ossia - come hai ben detto - non portando più gli atleti a gareggiare all'estero oppure portandone alcuni che, visto il livello medio, non avrebbero mai fatto il controllo con l'ovvia conseguenza di far perdere l'appetibilità di base dell'IFBB Italia.
Io penso invece che, sotto sotto, diano una mano agli atleti a monitorare le preparazioni in maniera tale da evitare di essere colti in fallo...anche in questo siamo d'accordo!
Si ritorna quindi al solito discorso: aumentano i costi e l'impegno tecnico di una preparazione, chi potrebbe permettersi di sostenere da solo, per primo tali oneri? Non servirebbe a nulla imporre clausule vassatorie agli atleti eventualmente positivi (anche perchè non servirebbero a ridare candore alla credibilità internazionale perduta), tanto vale provare ad aiutare preventivamente gli atleti che saranno portati all'estero e farsi una cultura di base del problema (a buon intenditor...).
E forza Betto e tutti gli altri che si daranno da fare per creare un'unica forza nazionale.
Ciao Luca.