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Discussione: L'INTENSITA': nascita, crescita e possibili evoluzioni di un mito...

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    Ipertrofia, Intensità, Volume dicevamo…
    Come si ottiene l’ipertrofia? Noi tutti sappiamo che l’ipertrofia non può essere ricondotta ad un unico tipo di stimolo, ma è il risultato di un adattamento della parte delle unità motorie (alfaneurone/miofibrille) che, modificate nelle loro proteine contrattili, aumentano la loro efficienza e la loro capacità di contrazione contro una resistenza.
    Per comprendere in modo corretto il discorso occorre avere una minima padronanza della struttura fisiologica dell’apparato muscolare in tutte le sue strutture dinamiche: dalla nascita dell’impulso dal SNC (Sistema Nervoso Centrale), alla sua propagazione attraverso il SNP (Sistema Nervoso Periferico) sino alle placche motorie muscolari e, per ultimo, alle modalità di contrazione dei diversi tipi di fibre muscolari.
    Mi sforzerò di proporre un discorso semplice, in modo da non appesantire troppo il discorso teorico e fare in modo di appassionare l’eventuale lettore, spiegando la logica che soprassiede ogni passaggio.
    Spero che coloro che hanno avuto la pazienza di leggere alcuni miei vecchi contributi in altri siti non si annoieranno troppo se rispolvero qualche concetto, riportando alcune parti e magari ampliandole (chissà se riuscirò a postare qualche diagramma…) e approfondendo anche la parte relativa all’ipertrofia, dato che altri interventi erano più mirati ad illustrare i meccanismi neuromuscolari di base per l’espressione della massima accelerazione e della forza massimale.
    Partiamo dal presupposto che è alla base di tutta l'evoluzione del genere umano: il corpo umano è una macchina complessa in cui tutti i componenti interagiscono tra di loro restando comunque necessariamente in equilibrio (omeostasi). Per sua natura, il corpo umano attiva le sue risorse chimiche e meccaniche per mantenere tale equilibrio e salvaguardare la propria sopravvivenza. Qualunque cosa o evento intervenga ad alterare questo equilibrio, il corpo umano mette in moto una serie di processi atti a ristabilire l'equilibrio stesso nella maniera più efficace possibile in relazione alle energie a disposizione in quel momento, dando priorità agli aspetti vitali rispetto a quelli secondari.
    Altra particolarità, alla base della catena evolutiva, consiste nel fatto che, se attaccato nel proprio equilibrio, il corpo non solo ristabilisce l'omeostasi ma rafforza addirittura le sue capacità di difesa nei confronti degli elementi che hanno causato l'attacco.
    Tutte le reazioni del nostro corpo agli agenti esterni di vario genere possono essere letti ed interpretati in chiave di mantenimento dell'omeostasi, qualunque cosa possa alterare l'equilibrio viene vista come un potenziale pericolo alla sopravvivenza e quindi combattuta a vari livelli.
    L'obiettivo di qualunque programma di allenamento è senz'altro quello di migliorare le prestazioni di un atleta in una determinata disciplina: per un powerlifter l'obiettivo sarà l'aumento delle capacità di forza/accelerazione, per un bobybuilder l'obiettivo sarà invece quello di raggiungere la massima ipertrofia muscolare.
    Ricordando quanto detto sull'equilibrio, un corretto programma di allenamento dovrà "attaccare" quelle parti del corpo umano che sovrintendono alle capacità atletiche richieste, alterandone l'iniziale equilibrio. Il corpo umano concepirà tale allenamento come un rischio per la propria sopravvivenza ed innescherà tutta una serie di processi biochimici atti prima a ristabilizzare le parti attaccate (recupero), poi a portarle ad un grado di efficienza più elevato in modo da poter far fronte ad un eventuale ulteriore, più potente attacco esterno.
    Con questo semplice esempio serve ad illustrare uno dei cardini della teoria dell'allenamento, ossia il processo allenamentoaffaticamentorecuperosupercompensazione .
    Ma cosa accade all'interno del nostro organismo quando la nostra folle volontà lo sottopone ad uno sforzo di sollevamento?
    Se il corpo viene "attaccato" da un sovraccarico, esso attiva tutta una serie di difese atte a salvaguardare la propria integrità: tali difese fanno capo principalmente all'apparato scheletricomuscolare (ossa, tendini, articolazioni, muscoli...) e al sistema nervoso centrale e, principalmente, quello periferico.
    E' ovvio che tali apparati, come avviene per tutti gli elementi del corpo umano, sono strettamente legati tra di loro in un'unione che è alla base dell'equilibrio omeostatico.
    Tutti noi sappiamo (o dovremmo sapere) che le cellule nervose "partono" dal midollo spinale per innervare tutte le parti del nostro organismo: nella fattispecie alcune di esse si ramificano per andare ad inserirsi nei vari distretti muscolari.
    Semplificando possiamo affermare che l'unità motoria muscolare è composta da una cellula nervosa (alfa-neurone) e varie miocellule muscolari ad essa collegate.
    La contrazione muscolare avviene attraverso la trasmissione di vere e proprie onde elettriche: ogni unità motoria (alfa-neuronemiocellula) viene attivata da un impulso avente una determinata e prefissata frequenza; quindi il sistema nervoso centrale, una volta valutata la portata del carico da sollevare attraverso degli appositi "sensori" periferici, fa partire un treno di impulsi dal midollo spinale sotto forma di onde elettriche. Tali onde si propagano attraverso i neuroni sino ad arrivare alle placche motrici delle singole unità motorie muscolari: la contrazione avverrà soltanto a carico di quelle unità motorie aventi una frequenza di risposta compresa tra quelle presenti nelle onde elettriche generate dal sistema nervoso centrale per far fronte al sollevamento del carico.
    Se consideriamo la contrazione sotto questo aspetto biochimico, possiamo comprendere come una unità motoria non possa contrarsi parzialmente: se viene stimolata con onde elettriche della giusta frequenza essa si contrae nel suo complesso (ossia si contraggono tutte le miocellule connesse all'alfa-neurone) e continua a farlo sino a quando le scorte energetiche a sua disposizione saranno esaurite, altrimenti non si contrae affatto.
    Il numero di miocellule legate ad un singolo alfa-neurone nervoso è infatti variabile in funzione dei diversi gruppi muscolari e della loro specificità di azione: un muscolo che ha la funzione di assolvere un lavoro poco oneroso ma di grande precisione, avrà poche miocellule per ogni alfa-neurone; al contrario un muscolo che compie un lavoro di forza ma grossolano avrà moltissime miocellule connesse ad ogni alfa-neurone.
    Già alla luce di queste semplici nozioni è possibile comprendere come gli stimoli allenanti possono essere indirizzati sia verso la parte contrattile dell'unità motoria (i muscoli), sia verso la parte neuronale.
    Nel primo caso la finalità principale sarà quella di adattare l'apparato muscolare facendo in modo che possa immagazzinare scorte energetiche e contrattili sempre maggiori (ipertrofia), nel secondo caso sarà invece quella di allenare il sistema nervoso centrale e periferico, stimolandolo a generare onde elettriche di frequenza sempre più ampia in modo che il numero delle unità motorie interessate alla contrazione sia il maggiore possibile.
    Nel primo caso ci troveremmo a progettare un programma di allenamento teso a sviluppare la massa muscolare (parte contrattile) e solo secondariamente la forza (parte neuronale), nel secondo caso l'obiettivo sarebbe principalmente un aumento della forza, intesa come numero di unità motrici coinvolte in una singola contrazione massimale, e solo in modo marginale la massa muscolare...
    Il muscolo come noi lo intendiamo, ossia nella sua interezza, è composto da una moltitudine di unità motorie (alfaneurone/miocellule). Ogni singola cellula muscolare (miocellula) ha un aspetto fusiforme, allungato ed è disposta parallelamente alle altre miocellule, il tutto è tenuto insieme e stabilizzato dal tessuto connettivo.
    A sua volta ogni miocellula, al suo interno, contiene una grande quantità di filamenti (detti miofibrille) che hanno la stessa forma affusolata della cellula muscolare e la stessa sua lunghezza: la miocellula è dunque paragonabile ad un grande cavo elettrico al cui interno vi sono tanti altri piccoli cavetti.
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