Io voglio capire le cose che mi interessano (e solo quelle eh…), perciò voglio capire quello che succede nel “mondo dei pesi”. Non mi accontento di spiegazioni preconfezionate, mi manda in bestia la frase “è impossibile”, sono critico su tutto. La supercompensazione, come detto in un precedente articolo, non mi ha mai convinto. Non tanto la teoria in se quanto l’utilizzo che ne viene fatto per spiegare TUTTO quello che accade. Sei stanco? Non hai supercompensato. Non spingi? Devi supercompensare. Poi si sentono frasi del tipo “ma avrò supercompensato?” Cioè: possibile che tutto si spieghi con questo modello?
Permettetemi di raccontare perché sono scettico. Prego di leggere tutto con mente aperta, non sulla difensiva…
Circa 10 anni fa mi spararono ad un corso che durò 27 settimane. Mi potevo allenare solo di sabato e di domenica. BII per forza. Finito il corso una delle prime cose fu una scheda folle: full body tutti i giorni. Perché… avevo una voglia masochista di massacrarmi. Veramente. Impostai il tutto per essere tritato, polverizzato. Per il puro piacere di potermi sfogare nella mia passione, come uno che ha fatto la fame e poi si ingozza al ristorante. Una ricerca volontaria dei DOMS. Sapevo in partenza che stavo facendo una str(beep)ta assurda. Ma del resto, chi non ne fa? E poi a noi piace svegliarsi come se ci avessero piallato con uno schiacciasassi, ci piace rantolare al bagno, no? Significa che “abbiamo lavorato”, che “ci siamo impegnati”, dài, i DOMS ci piacciono anche se sappiamo benissimo che non sono segno di buon allenamento bla bla bla… alzi la mano chi non la pensa così.
Bene, impostai una full body in 2x8 a cedimento alla morte, panca, trazioni, squat, stacco, altra roba che sinceramente non mi ricordo e il lunedì immediatamente successivo alla fine del corso iniziai. Il martedì stavo ancora benino dato che i DOMS più furiosi di solito arrivano 2 giorni dopo, ripetei senza aumentare i carichi. Il mercoledì ero piacevolmente invalidato, ma io avevo intenzione di picchiare duro, e anche a costo di strisciare fuori dal mio casotto avrei fatto tutto, cosa che puntualmente accadde.
Con incredibile sorpresa, il giovedì ero sì tutto massacrato, ma non più massacrato, non assolutamente massacrato, non terrificantemente massacrato. E completai di nuovo l’allenamento che, ripeto, era a cedimento supertirato sebbene fossi da solo. Il venerdì, miracolo, stavo MEGLIO del giovedì. Scassato ma meglio. E incrementai i carichi nella prima serie di tutti gli esercizi. In queste situazioni di solito mi scatta il task “e allora si continua”, cosa che puntualmente feci. Il sabato stavo… bene, poiché mi ero rotto del 2x8 passai ad un 2x6 e i carichi incrementarono. La Domenica rifeci il 2x6, altro incremento. Il Lunedì passai ad un 3x4, zero DOMS, solo qualche doloretto. Il Martedì nel 3x4 non incrementai, il Mercoledì feci il botto alla prima serie del 3x4.
Via via che i giorni dell’allenamento procedevano ero sempre più perplesso. In teoria mi stavo allenando del tutto fuori dell’intervallo di supercompensazione. Supposi che le sedute ravvicinate si stavano comportando come una mega seduta sola. Però nemmeno questa spiegazione mi convinceva: se la seduta era “unica” sarei dovuto andare comunque in peggiorare. Cristo, mega-seduta, mega-stanchezza, calo furioso delle prestazioni. Invece via via che passavano i giorni io incrementavo i carichi e stavo meglio! Possibile che “supercompensassi” in una notte?
Questo fu il primo “attacco” alla teoria della supercompensazione. Non riuscivo a spiegare quello che era accaduto A ME, non ad un altro, con questa teoria. Nel tempo ho letto, ricercato, mi sono affannato per comprendere. Onestamente non ho trovato una risposta “breve” soddisfacente ma credo di aver capito il perché. E infatti ogni tanto mi piace sfruttare dei periodi di strasupermegaallenamenti, fatti con criteri un po’ più scientifici dell’andare a caso.
Vi racconto perciò una teoria interessante in cui mi sono imbattuto. Non è una mia invenzione ma l’ho letta per la prima volta su un libro di Zatsiorsky (o come si scrive). Come sempre, non metto la bibliografia. Andate su Google e scrivete Dual Factor Theory e leggete, come ho fatto io. Non fidatevi di me, ma fatevi una vostra cultura personale.
Si dice che la Supercompensazione è troppo semplice per funzionare bene. E infatti è così. I principali punti di difficoltà di questa teoria sono:
1)Stress e adattamento sono visti come monolitici. L’intero corpo reagisce nel suo insieme con la tipica curva che tutti conosciamo. Non c’è cioè specificità, quando sappiamo che ci sono molti sistemi energetici, ognuno stressabile e stressato, ognuno con la sua capacità di recupero. Banalmente, se faccio panca pesante oggi domani posso fare squat pesante oppure se faccio squat 3x3 oggi potrò fare squat 4x10 domani. Stimoli diversi.
2)C’è il problema del timing. La teoria postula dell’esistenza di un picco di supercompensazione, ma in pratica non ci sono indicazioni di come settare il giusto timing. Se esiste, prima o poi si dovrebbe trovare un metodo per determinarlo. Ma in realtà non ci sono elementi empirici che permettono di determinare quando sia il momento ottimale di allenarsi. Inutile dire “provi, se incrementi hai supercompensato”. Mi alleno e poi vedo se avrei dovuto allenarmi?
3)La criticità più grossa è proprio sulla base fondante della teoria: si suppone che ci sia una correlazione fra il comportamento di certe sostanze (cioè puntuale) e il corpo nel suo complesso (cioè globale). Se è vero che la deplezione e il reintegro del glicogeno muscolare seguono a pieno la curva della supercompensazione, questo non è vero per tantissime altre sostanze. In altre parole, esiste questa correlazione?
fig 1 - supercompensazione
http://img240.imageshack.us/my.php?i...oneim04pw6.gif
In altre parole, la Supercompensazione è UN MODELLO. Fino a che il modello è buono, si usa, se non riesce a spiegare più il mondo che ci circonda, il modello è sbagliato, si cambia o si modifica. Del resto, quello che esiste è la realtà, non il modello di essa, no?
La supercompensazione non esiste, come non esistono le derivate, gli elettroni che come palline girano intorno agli atomi, le onde sinusoidali. Sono, appunto… modelli.
Mi raccomando: non c’è nulla di male in questo, il pensiero scientifico accetta tutto ciò come un processo in divenire. Per questo non dovete vacillare se qualcuno dice che quello in cui avete sempre fatto affidamento non funziona… è normale che negli anni l’evoluzione delle conoscenze porti all’evoluzione dei modelli.
In generale, il modello che sostituisce o modifica il precedente è sicuramente migliore, perché, se non altro, spiega più cose. Come non ci deve essere resistenza al cambiamento, è sbagliato osannare il nuovo come nuova “luce di conoscenza”. Il futuro viene dal passato, quasi mai come una rottura drastica. Odio l’atteggiamento che il “nuovo” è tutto eccezionale e il “vecchio” è solo *****. Attenzione, il rivoluzionario è l’estremo opposto del reazionario.
Detto questo, c’è una teoria nuova che è una evoluzione della supercompensazione. E’ la cosiddetta Dual Factor Theory (DFT)
fig 2 - Dual factor theory
http://img187.imageshack.us/my.php?image=dftul8.jpg
Nella teoria della Supercompensazione, fatica e miglioramento della performance sono correlati da una relazione temporale. Direi proprio causale: la performance (il “picco”) viene a seguito di una condizione di fatica, sono intimamente legati da questa relazione.
Supponiamo invece che siano del tutto correlati: nella DFT a seguito di uno stress allenante i due fenomeni sono indipendenti e contemporanei, come in figura: vi è una componente negativa di fatica (fatigue) e una componente positiva di prestazione (fitness). Infatti la DFT è anche detta Fitness-Fatigue Theory. La somma algebrica delle due componenti dà il livello di prestazione complessiva.
La componente di fitness ha un effetto positivo inferiore al corrispondente effetto negativo della componente di fatica (si ipotizza che sia un terzo dell’effetto negativo) ma dura di più nel tempo (si ipotizza 3 volte l’effetto negativo). In altre parole, a seguito di un allenamento c’è subito un miglioramento che è “nascosto” dalla fatica. Stimoli allenanti successivi hanno comunque un effetto migliorativo, mentre la fatica è vista come un effetto negativo mascherante. Dissipata la fatica, compare il miglioramento.
Ci sono anche delle formulette con delle esponenziali che però detesto: danno un che di quantitativo a una cosa che in realtà è un modello. Se le vedete, sappiate che non hanno alcuna base numerica.
Segnalibri