Paradosso del mentitore: gli albori
Le prime avvisaglie del paradosso sono attribuite ad Epimenide di Creta (VI secolo a.C.), che sembra aver detto: "i cretesi sono bugiardi". Di per sè questa affermazione è completamente innocua, ma la si può rendere insidiosa intendendo per `bugiardo´ qualcuno che dica sempre il falso, e per `i cretesi´ tutti i cretesi. In questo caso Epimenide intendeva dire: "tutti i cretesi dicono sempre il falso".
Ora questa frase non può essere vera, perché altrimenti Epimenide stesso sarebbe un cretese che a volte non dice il falso.
Allora la frase deve essere falsa, cioè qualche cretese deve dire a volte qualche verità, e la cosa finisce qui (non è detto che quel cretese debba essere proprio Epimenide, e se anche lo fosse, non è detto che quella verità debba essere proprio la frase in questione).
Eubulide di Mileto, della scuola megarica (IV secolo a.C.), andò oltre la formulazione di Epimenide, chiedendosi che cosa avrebbe risposto un mentitore alla domanda: "sei un mentitore?" Da una parte, qualunque cosa egli dica è una menzogna, proprio perché è un mentitore: in particolare, così è per la risposta "sì". D'altra parte, questa stessa risposta è vera, perché data da un mentitore. Si ha quindi una vera situazione paradossale.
Essa si può rendere ancora più pura nella forma detta pseudomenon, che considera semplicemente che cosa succede quando qualcuno dice: "io sto mentendo". Se ciò che dice è vero, allora sta mentendo; e se ciò che dice non è vero, allora non sta mentendo. In entrambi i casi si ha una contraddizione, ed anche questa affermazione è dunque paradossale.
Eliminando il riferimento a chi parla, si può considerare la versione "io sono falsa" o, volendo evitare l'abuso del pronome personale riferito ad una frase, "questa frase è falsa".
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