Cicerone

In Academica (II, 95) Cicerone (106-43 a.C.) racconta il seguente caso, attribuito agli stoici. Il filosofo Protagora accettò di avere come studente di legge un ragazzo che non poteva permettersi di pagarlo subito, con la clausola che egli l'avrebbe pagato dopo aver vinto la sua prima causa. Poiché, dopo gli studi, lo studente non si decideva a praticare l'avvocatura e quindi non lo pagava, Protagora lo citò in giudizio. Lo studente, che non poteva permettersi un avvocato, decise di difendersi da solo.

Protagora sosteneva che, se avesse vinto la causa, avrebbe dovuto essere pagato in base alla sentenza. E se avesse perso, avrebbe dovuto essere pagato in base all'accordo.

Lo studente sosteneva che, se avesse vinto la causa, non avrebbe dovuto pagare in base alla sentenza. E se avesse perso, non avrebbe dovuto pagare in base all'accordo.



Diogene Laerzio

Nelle Vite e opinioni dei filosofi illustri (II, 108) Diogene Laerzio (II secolo d.C.) narra la seguente storia, anch'essa attribuita agli stoici. Un coccodrillo rapì una bambina ma, commosso di fronte alle lacrime della madre, propose il seguente patto: se la donna avesse indovinato che cosa esso avrebbe fatto della bambina, gliela avrebbe restituita; se invece non avesse indovinato, se la sarebbe mangiata.

Il coccodrillo, si sa, ha sangue freddo, ma evidentemente anche la donna aveva mantenuto il suo: ella rispose infatti che il coccodrillo si sarebbe mangiata la bambina. Se esso l'avesse mangiata, la donna avrebbe dunque indovinato, ed avrebbe dovuto riavere la bambina; e se esso l'avesse restituita, allora la donna non avrebbe indovinato, e la bambina avrebbe dovuto essere mangiata.

La risposta della donna mette dunque il coccodrillo di fronte ad un impossibile dilemma: qualunque cosa esso faccia, non mantiene la sua promessa.

C'è da temere che, pur mostrando una sensibilità morale che non sospettavamo in un coccodrillo, esso abbia comunque potuto papparsi la bambina senza troppi rimorsi.



Buridano

Aristotele sostenne che il paradosso del mentitore e dello spergiuro erano analoghi, ma il suo oscuro commento dovette attendere la formulazione di Giovanni Buridano (morto nel 1358) per essere reso esplicito.

Questa volta i protagonisti sono dunque due, e ciascuno dice una sola frase. Ad esempio, Socrate sostiene che "Platone dice il falso", e Platone ribatte che "Socrate dice il vero". Ciascuna delle due frasi non è paradossale isolatamente, ma la loro congiunzione lo diventa. Se infatti Socrate dice il vero, allora Platone dice il falso, e dunque Socrate dice il falso. Se invece Socrate dice il falso, allora Platone dice il vero, e dunque Socrate dice il vero.


Tutto questo accattivante materiale è opera di Piergiorgio Odifreddi, grande logico e docente all'Università di Torino.

Se siete interessati fatevi un giro su:

http://www.vialattea.net/odifreddi/