La correlazione fra battiti al minuto (bpm, beats per minute) e consumi calorici viene determinata con il calcolo di una curva di calibrazione: il nostro omino è piazzato su una cyclette in cui è possibile settare una velocità massima di pedalata, gli appiccicano degli elettrodi per rilevare i battiti e gli piazzano un tubo sulla bocca per misurare il consumo di ossigeno poi un bel calcio e pedalare a varie intensità.
La misurazione avviene al raggiungimento di uno stato stazionario in cui sia il respiro che i battiti sono stabili: in questo modo è possibile determinare, come nel grafico a destra, la curva di calibrazione che, fortunatamente per quello che ci riguarda, è una retta.
E’ importante notare che la linearità della relazione vale oltre i 120bpm circa, sotto gli 80bpm non vi è correlazione fra pulsazioni e consumi di ossigeno, in quanto il comportamento del cuore viene influenzato da 1000 fattori diversi, dal tempo al vostro livello di incazzatura. Per questo motivo è necessario fissare, a priori, una frequenza cardiaca detta FHFLEX sopra la quale vale la relazione e sotto la quale il consumo calorico è assimilato al RMR, Rest Metabolic Rate, il consumo a riposo, superiore al BMR, Basal Metabolic Rate, il consumo metabolico basale, l’energia che spendete quando dormite.
Attenzione! Le curve di calibrazione:
Tutto questo implica che qualsiasi risultato dovuto a formule parametriche o i numerini dei consumi calorici che il vostro cardio vi mostra quando siete grondanti di sudore siano semplicemente delle stime il cui grado di attendibilità è tutto da dimostrare.
- Sono individuali
- Per lo stesso individuo variano in funzione del tipo di esercizio
- Per lo stesso individuo e lo stesso esercizio variano in funzione del vostro stato: transitorio, stazionario, in fase di recupero
Analogamente, anche tutti i numeri che troverete in questo articolo sono tutti da dimostrare, in quanto ho fatto molte ipotesi e assunzioni per arrivare ad un risultato fruibile.
Queste sono le formule che ho usato, nell’ordine:
I dati nelle tabelle sono relativi ad un soggetto di 80Kg alto 175cm, vecchio 41 anni e ad una percentuale di grasso dell’11%, cioè… io.
- La stima della massima frequenza cardiaca
- Il consumo energetico in KJoule/min per i maschi
- Il consumo energetico in KJoule/min per le femmine
- Il metabolismo basale di Harris-Benedict
- Il metabolismo basale di McHardle
Soffermiamoci un attimo sulle unità di misura, argomento pallosissimo ma importante: i consumi energetici sono misurati in Joule, J. La velocità di fornitura dell’energia, la potenza, in Joule al secondo, Joule/sec. Poiché ogni ambiente scientifico ha le sue particolarità, utilizzeremo invece le calorie, KCal e le calorie al minuto, KCal/min.
In un lampo di curiosità compulsiva ho misurato per un giorno intero le mie pulsazioni ad intervalli di 2-10 minuti, il grafico descrive la mia emozionate giornata in cui non mi sono allenato: praticamente… non faccio un *****! Quando sono al PC, come milioni di altri impiegati nel terziario avanzato, il mio cuore va veloce quanto una tartaruga zoppa.
A sinistra una bella torta con le fette ai consumi per fasce di pulsazioni: sono sempre a riposo ah ah ah. A destra, invece, una bella simulazione di una giornata lavorativa di 6 ore ottenuta dai miei dati e da quelli dei boscaioli di uno sperdutissimo posto dell’Africa, la cui simpatica attività è accatastare tronchi pesanti fino a 120Kg e lunghi fino a 10 metri: nel tempo che io consumo 124KCal loro ne bruciano quasi 20 volte di più! Stranamente, in questo posticino non esistono persone obese…
Raffinerie
Una delle maggiori difficoltà nell’apprendimento dei metabolismi energetici è la comprensione del loro comportamento dinamico, del susseguirsi delle varie reazioni. Il modello bioenergetico a tre compartimenti di Margaria-Morton è a mio avviso didatticamente intrigante e vi prego di andare oltre le quattro cose che ho scritto, provando a simulare molte altre situazioni.
Il modello è così strutturato:
In condizioni di riposo i serbatoi sono tutti pieni ma nel momento in cui è necessario compiere un’azione ad una certa potenza (l’omino che inizia a pedalare) T viene aperto per fornire ATP a sufficienza.
- Esistono 3 serbatoi, P relativo al metabolismo anaerobico alattacido, O relativo al metabolismo aerobico (un serbatoio di capienza infinita, nel senso che non si svuota mai) e L relativo al metabolismo lattacido (di capienza finita)
- I soffitti di O e P sono alla stessa altezza, quello di L è al livello del pavimento di O
- O è in comunicazione con P attraverso il condotto R1, L inuscita tramite il condotto R2 e in entrata tramite il condotto R3 che ha diametro più piccolo dell’altro
- In fondo al serbatoio P c’è un tappo T che permette il passaggio o meno del liquido che costituisce la materia prima per la sintesi dell’ATP. In pratica entra in T unamiscela costituita da percentuali diverse dei liquidi contenuti nei serbatoi ed esce da T sempre la stessa sostanza: ATP. T è una raffineria che sintetizza lo stesso prodotto finito a fronte di materie prime differenti.
Immediatamente il liquido nel serbatoio P scende del livello h, a significare che il metabolismo anaerobico alattacido entra subito in gioco. Poiché la richiesta di potenza è soddisfatta dal metabolismo, c’è tempo a sufficienza per far entrare in funzione il metabolismo aerobico che “inietta” liquido nel serbatoio P stabilizzando il livello del liquido in esso contenuto.
La colonna di altezza h rappresenta il deficit di ossigeno, non reintegrato durante l’esercizio ma che andrà recuperato al termine: l’iniezione di liquido a seguito dell’abbassamento del livello di P vuole rappresentare il ritardo del metabolismo anaerobico e l’aumento del cuore/”fiato” dell’atleta.
Al termine dell’esercizio il tappo T viene chiuso ma vi è un ulteriore afflusso dal serbatoio O per compensare l’altezza h: questo flusso è la rappresentazione dell’EPOC, Extra Post-Exercise Oxygen Consumption, consumo extra di ossigeno a seguito di un esercizio, a riposo un consumo calorico ulteriore.
Se invece di fermarsi il nostro atleta blu avesse insistito, aumentando la velocità e poi trovando una salita, il comportamento dei metabolismi sarebbe stato differente.
Un ulteriore consumo anaerobico alattacido per erogare più potenza (il tappo T viene aperto di più) porta una diminuzione del liquido in P fino al livello dell’iniettore di O: il flusso da O diventa perciò massimo, il VO2Maxdell’atleta. Se non variano le condizioni ambientali, il flusso di liquido da O è tale da garantire un afflusso senza soluzione di continuità attraverso il tappo T. Il VO2Max è perciò il massimo consumo di ossigeno in condizioni stazionarie a cui corrisponde la potenza massima erogabile con continuità.
Una ulteriore richiesta di potenza (il tappo T ancora più aperto) fa scendere il livello del liquido in P sotto il livello di riempimento di L che perciò inizia a far affluire il suo contenuto in P: il metabolismo lattacido entra in gioco ed inizia la produzione di acido lattico come prodotto di scarto. Da O continua a fluire liquido costantemente in quanto la portata non può aumentare ulteriormente.
Al termine dell’attività O permette il veloce reintegro del liquido in P ma anche L partecipa, almeno fino a che i livelli di P e L non si sono pareggiati: esiste perciò, al termine di ogni esercizio in cui viene coinvolto il metabolismo anaerobico lattacido, una produzione ritardata di acido lattico.
Pareggiati i livelli è P che tramite l’afflusso da O reintegra L: il riempimento di L avviene molto più lentamente rispetto a quello di P a causa dello stretto condotto R3. L’esercizio è perciò stato più intenso e il recupero necessita di più tempo.
Motori
Per spiegare come i muscoli erogano potenza, mi sono permesso di “inventare” un modello motorizzato delle fibre muscolari.
In realtà l’ATP che fluisce tramite T nonviene fatto colare a terra, ma alimenta gli iniettori dello strano motore disegnato qua sopra:
La striscia di disegni in alto rappresenta la legge di Henneman: più forza è richiesta e più fibre muscolari si attivano, a partire da quelle meno potenti, perciò il sistema nervoso centrale, la centralina di questa macchina, apre gli iniettori in funzione della potenza da erogare, accendendo motori sempre più potenti.
- Le fibre muscolari si differenziano per la forza e la velocità con cui possono contrarsi, pertanto andando da quelle di tipo I a quelle di tipo IIb aumenta la potenza (che è data dalla forza per la velocità) erogabile.
- I pistoni rappresentano le fibre, più queste sono “potenti” e più pistoni sono presenti. La potenza finale del muscolo è data dalla potenza, coppia in questo caso, generata da tutte le fibre.
- Come tutte le cose belle, c’è un prezzo da pagare: per erogare tanta potenza è necessario fornire tanta energia: gli iniettori sono di dimensione variabile per alimentare correttamente le fibre motorizzate.
La striscia di disegni in basso rappresenta invece una condizione di affaticamento muscolare progressivamente maggiore: la colonna che inietta carburante ha capienza finita, perciò se troppi motori troppo potenti ciucciano ATP, alla fine questo scende sotto il livello tale da alimentare i motori più potenti che, spegnendosi, fanno diminuire la potenza erogata.
In altre parole, dal tappo T sovrastante non perviene un flusso di carburante alla velocità tale da garantire l’alimentazione di tutti i motori necessari al movimento. Nel momento in cui il carburante viene reintegrato, secondo la modalità descritta in precedenza, i motori vengono riaccesi secondo l’ordine inverso con cui si sono spenti, a salire dal meno potente.



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